Come Inter e Milan hanno giocato la Supercoppa
Un'analisi della finale di Supercoppa Italiana e delle ripercussioni tattiche che può avere su Inter e Milan
Chi dice che l’Inter avesse poco da perdere non aveva tutti i torti, i nerazzurri erano (sono?) una squadra in formissima e arrivavano a questo appuntamento con la consapevolezza di chi sa di essere forte. Vogliosi, dunque, di vincere il primo trofeo stagionale, ma non disposti a svenarsi per farlo, come dimostrato dalle scelte di formazione di Inzaghi durante lo svolgimento della coppa. Un esempio su tutti è la gestione di Thuram, uscito a fine primo tempo della partita con l’Atalanta per precauzione, rientrato (a sentire i report) a disposizione, è comunque rimasto in panchina per la finale.
Il Milan invece arrivava in Arabia con poche aspettative e tanto da sperimentare, visto il cambio repentino di allenatore ed eravamo tutti curiosi di vedere che impatto avrebbe avuto un allenatore carismatico come Conceiçao in un gruppo su cui si sono posate tante ombre negli ultimi mesi. Una Supercoppa, dunque, che ci preparava a vivere partite divertenti e senza la paura che solitamente contraddistingue queste sfide importanti, eppure i nerazzurri tornano a Milano con qualcosa da ricostruire, un punto da cui ripartire, come ammesso dallo stesso Inzaghi. Qualcosa può essersi rotto? Se sì, cosa?
Per snocciolare tutte le questioni, partiamo proprio dalla finale disputatasi la sera dell’epifania, che ci ha lasciato tanti spunti tattici e non, parlando di quella ci verrà più facile "aggredire" alcuni punti.
Conceiçao ed il suo impatto
Trovarsi catapultato in una squadra nuova, con un ambiente nuovo e pressioni nuove, dovendo subito preparare le due partite più importanti del panorama calcistico italiano, di certo non dev'essere facile. Come spesso accade, tuttavia, il cambio in corsa può aver aiutato sotto vari aspetti il tecnico portoghese. Durante questa prima settimana, Conceiçao ha avuto la possibilità di lavorare sottotraccia e senza troppe aspettative, senza offrire agli avversari spunti tattici precisi a cui attingere né indicazioni sul piano gara: proverà a far giocare il Milan come il Porto? Continuerà momentaneamente sulla strada tracciata da Fonseca? Come ci si poteva aspettare, il risultato è stato un compromesso tra i due estremi.
Il Milan nella sfida di lunedì ha applicato un pressing di difficile attuazione, in cui erano fondamentali le corse prolungate (da centrale a portiere o da centrale a braccetto) soprattutto di Pulisic e Morata: non il classico pressing uomo su uomo di cui abbiamo sentito parlare, perché un giocatore - Fofana - veniva lasciato privo riferimento. Conceiçao da Fonseca ha "rubato" proprio questo aspetto, ovvero la negazione di palle dirette verso le punte, ma non solo.
I rossoneri infatti si sono schierati con un 5-4-1/5-3-2/5-2-3 a seconda della struttura interista, nel 5-4-1 Musah e Pulisic erano gli esterni che uscivano sul portatore di palla del loro lato (5-3-2); se l’Inter costruiva a 3 potevano uscire entrambi (5-2-3), con Jimenez che si aggiungeva alla linea difensiva. Anche Fonseca utilizzava questa difesa a 5 ibrida con Musah largo e, così facendo, gli accoppiamenti con i giocatori dell'Inter sono stati abbastanza controintuitivi.
Queste erano le intenzioni del Milan: coprire il centro con Musah che poi scalava su Bastoni una volta che il giro palla andava verso lui, con Fofana che rimaneva sul riferimento centrale e Reijnders che attaccava o Barella o il centrocampista che si abbassava sulla linea. Per questo motivo l’Inter ha costruito a 4 per tutta la partita, cercando di stanare Morata e/o Fofana e giocare alle loro spalle. Il centrocampista francese aveva principalmente il compito di coprire le tracce centrali, scelta che è diventata chiara osservando almeno un paio di azioni in cui Çalhanoğlu, a differenza del solito, si abbassava sulla linea dei difensori.
Una volta che la palla si muove da Bastoni, però, si scopre la linea di passaggio verso le punte e, nonostante il regista il turco fosse ancora basso tra i centrali, Fofana preferisce ripiegare verso Lautaro Martinez anziché che seguire lo smarcamento avversario.
Questo lavoro è ovviamente molto dispendioso, perché non è la classica copertura su un singolo avversario da seguire con attenzione, ma comporta - oltre al dispendio fisico - anche una raffinata capacità di lettura che permetta di prendere il riferimento solo nel caso in cui questo passi per determinate zone di campo.
Prendiamo un altro esempio.
Palla sulla sinistra, Barella è sulla linea degli attaccanti come è capitato spesso durante la partita, visto che il 23 interista ha cercato più volte di agire da invasore nella metà campo avversaria. Fofana copre il centro come sempre, ma l’Inter torna indietro costruendo, di nuovo, con quattro giocatori. Così Barella si abbassa sulla destra, ma Fofana è distante e viene costretto a fare una lunga scalata.
Così il centro resta scoperto e Barella ne approfitta servendo l’ottimo smarcamento di Bisseck. Da notare anche la posizione di Taremi e quella di Musah, che ha stretto molto la sua posizione.
Conceiçao ha sempre sofferto l’ampiezza, anche perché ha cercato di orientare il pressing lasciando spazio nel secondo terzo di campo. In questo caso però, con l’Inter che gioca con gli esterni molto alti, è riuscito a ripararsi da eventuali cambi gioco in profondità una volta superata la prima pressione. Il gameplan ha funzionato alla perfezione fino al secondo tempo, ma di questo ne riparleremo approfondendo la finale dell'Inter.
Per quanto riguarda la fase di possesso credo i tempi siano ancora prematuri per analizzare approfonditamente - figuriamoci giudicare! - le idee del nuovo allenatore del Milan e la loro applicazione in campo. Tuttavia, è curioso il diverso utilizzo dei centrocampisti tra la partita con la Juve e quella con l’Inter. In semifinale contro i bianconeri ha scelto di far giocare Bennacer e di costruire con due centrocampisti; contro l’Inter, invece, ha scelto Musah per lavorare pressione su Bastoni e, soprattutto, per sfruttare le sue corse lunghe in profondità attirando il braccetto interista e creando quello spazio poi attaccato fruttuosamente da Leão in occasione del gol vittoria segnato da Abraham.
Il Milan, in ogni caso, ha già mostrato di voler giocare molto lungo le corsie laterali, con uno sviluppo centrale quasi nullo. Anche per questo, non mi è parso di riscontrare la verticalità esaltata da tanti, se non nell'ultima mezzora, più figlia di una cattiva gestione della gara interista che per una scelta tattica vera e propria.
Inzaghi e i problemi dell’Inter
Simone Inzaghi è stato spesso criticato per mancanza di capacità di lettura della partita in corso, di cambiare l'andamento di una match attraverso i cambi. Nella partita di lunedì, invece, ho trovato ci sia stato un chiaro mutamento di strategia tra primo e secondo tempo, deciso in risposta al sopracitato pressing del Milan.
Come detto, l'obiettivo dell’Inter era stanare Morata e/o Fofana. Della funzione del centrocampista francese abbiamo già parlato, ma perché Morata? Lo spagnolo doveva rimanere su de Vrij, ma spesso allungava la corsa per pressare Sommer. Così facendo si liberava un uomo. Proprio la gestione del pallone da parte del portiere è nettamente migliorata tra primo e secondo tempo, facendo spesso la scelta più giusta sotto pressione. Quando Morata rimaneva più centrale e non c’erano centrocampisti interisti ad occupare il centro dx, però, non si liberava solo un giocatore, e Pulisic era costretto a dover pressare quella zona lasciando più spazio a Bisseck largo. Per tutta la partita il braccetto tedesco è stato il "sacrificato" di Conceiçao, infatti si trovava spesso libero in ampiezza con Theo che non poteva uscire su di lui perché bloccato da Dumfries.
Nelle prime due immagini utilizzate per mostrare il lavoro di Fofana abbiamo visto come questi abbia abbandonato la marcatura di Çalhanoğlu che è così rimasto solo. Qui sotto, l’evoluzione di quella stessa azione.
Morata lascia de Vrij per andare sul turco, abbandonando Pulisic da solo contro due avversari. Nel secondo tempo l’Inter ha cavalcato molto di più questa opzione, trovando Bisseck libero tra le linee. Quando un giocatore attaccava Sommer, dunque, si liberavano ben due uomini: il Milan rischiava di subire una transizione artificiale.
Non solo: lo stesso Bisseck ha cominciato a capire come far male in queste situazioni, con accentramenti con e senza palla, puntando la linea difensiva per poi scaricare il pallone sull’esterno.
Detto cosa ha fatto di buono Inzaghi, passiamo alle note dolenti dal lato interista.
Il piano gara sembra essere cambiato nel corso della partita, ma la gestione della stessa non è stata ottimale. In primis attraverso i cambi, e non è la prima volta che succede in un big match. Già contro la Juve e con lo stesso Milan in campionato l’Inter, da situazioni apparentemente di controllo, ha perso la gestione del ritmo, cominciando a preferire attacchi più veloci, allungando la squadra e rendendola più vulnerabile alle transizioni. Contro il Milan, questo stratagemma non è realizzabile: la formazione rossonera è piena di giocatori di strappo, che si esaltano in campo aperto.
Il Milan stesso ha questo difetto: vedere una transizione e buttarcisi senza criterio è uno dei motivi per cui si sono perse partite come il 2-1 di Parma, ma la strategia può essere redditizia contro squadre come l’Inter, molto meno atletiche dei rossoneri, costrette a gare dalle coperture preventive perfette per non slabbrarsi completamente.
Un esempio: Sommer raccoglie un cross di Emerson Royal e trova Taremi pronto a partire in contropiede. Non una scelta sbagliata, ma è da considerare che tutti i compagni, reduci da un prolungato possesso difensivo, sono attorno a lui.
La transizione è innescata, ovviamente le posizioni sono mischiate: Dumfries è più accentrato. L’Inter perde palla: la squadra è lunga e messa male. Leao si fa vedere sull’esterno, Bisseck è troppo lontano: l'esposizione all'1vs1 in situazione dinamica non è qualcosa che Simone Inzaghi avrebbe mai voluto vedere.
Anche il gol del 2-2 parte da una situazione in cui l'Inter è messa molto male in campo: Carlos Augusto batte una rimessa laterale in profondità nonostante i compagni siano molto lontani dall’azione! La verticalità del Milan è stata dunque dettata più dalle brutte scelte dell’Inter e dalle gestioni delle sue transizioni che da una determinata strategia dell’allenatore.
La brutta gestione dei cambi di Inzaghi è emersa in tutta la sua forza: col Milan che ha messo in campo Loftus Cheek e Abraham, lo staff nerazzurro non ha comunque puntato prima su Frattesi, sfruttando il suo dinamismo e arginando le sovrapposizioni interne di Theo. A posteriori sorge il dubbio anche sull'avvicendamento tra Dumfries e Darmian, che negli ultimi 5' ha saputo fermare due volte Leao prima che qualsiasi transizione potesse scaturire.
Spesso il mister ex Lazio è stato elogiato per i cambi "scientifici", decisi a tavolino per preservare il gruppo a livello fisico. Esistono alcune partite, però, in cui si potrebbe andare un po’ fuori dagli schemi.
Da segnalare inoltre il feeling coi big match quest’anno contro squadre italiane: vittorie con Atalanta, pareggi con Juve e Napoli (partite in cui l’Inter si era messa in condizione di vincere) e due sconfitte contro il Milan. Uno score che comincia a preoccupare, soprattutto considerando che nessuno di questi è stato giocato in trasferta.
I cotitolari
Inzaghi e Marotta hanno spesso parlato di "cotitolari": Asllani, dopo 3 anni all’Inter, non ha ancora convinto appieno; Frattesi rimane una riserva di lusso, ma poco integrato nei meccanismi; Arnautovic e Correa, spesso infortunati, non danno garanzie di rendimento.
L’Inter ha una panchina lunga in difesa (Bisseck, de Vrij e Carlos Augusto sono più che affidabili); Taremi rimane una riserva che pochi possono vantare in Serie A; Zielinski ha tutte le potenzialità per essere uno dell'11 iniziale, ma il polacco deve ancora integrarsi in questo sistema di gioco.
Prendiamo come esempio il gol della vittoria milanista: per tutta la partita l’Inter ha seguito i tagli profondi ai lati con i braccetti, scoprendo lo spazio verso il perno centrale. Da notare è la differenza di atteggiamento tra Barella...
..e Zielinski.
L’italiano è già sul raddoppio e chiude la linea di passaggio, l’ex Napoli è molto più passivo. L’errore più grave rimane comunque quello di Asllani, ma sono piccolezze che contano molto.
Anche Bisseck è un potenziale titolare, ma avere lui o Pavard in finale di Supercoppa avrebbe fatto tutta la differenza del mondo. Il francese probabilmente sarebbe stato più incisivo come uomo libero sulla fascia rispetto al compagno, vista la qualità di passaggio differente (il tedesco è formidabile nel condurre, ma poco pulito nella trasmissione e quando deve crossare).
The duality of a Supercoppa
Da una Supercoppa in cui nessuno aveva molto da perdere, il Milan torna con una ritrovata fiducia e un entusiasmo alle stelle, mentre l’Inter con qualche crepa da sistemare e le grane Frattesi e Asllani. Il primo sembra cercare insistentemente una sistemazione già a gennaio; il secondo, già scaricato dalla tifoseria e in tutta probabilità sfiduciato, non rientra nelle belle notizie nerazzurre, soprattutto vedendo gli acciacchi frequenti di Çalhanoğlu.
Parlando di Milan, ci sarà ora molta curiosità su come Conceiçao imposterà la squadra sul lungo periodo. Ci si aspetta comunque un’impronta più marcata in fase di possesso (tra Juventus e Inter si è visto ancora poco) e senza palla, dove l’intensità del pressing e la densità sembrano già tratti identitari. Da capire se si insisterà con la difesa di reparto o riprenderà il riferimento sull’uomo, un aspetto fondamentale per capire anche quale sarà il futuro di alcuni interpreti importanti come Tomori.
Di certo Conceiçao si è già dimostrato un leader adatto a guidare una squadra spaesata, con il carisma giusto per trascinare anche una tifoseria che, negli ultimi mesi, si è goduta poco la propria squadra del cuore.
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