L'oscurità di Nosferatu ci ha stregato
Il remake di Eggers regala un Nosferatu immersivo, col potenziale di ridefinire il genere dell'horror grottesco.
Il 2024 cinematografico di Sportellate era iniziato con Il ragazzo e l'airone all'insegna della magia e della leggiadra poetica dello Studio Ghibl; il 2025, anche per colpa delle notizie dal mondo che ci rendono più tetri e pessimisti, prende l'abbrivio con un film completamente speculare, Nosferatu. Robert Eggers torna al cinema 2 anni dopo l'interlocutorio The Northman con un remake d'eccezione e assolutamente non banale. A 102 anni di distanza dall'originale, a quasi mezzo secolo dalla prima rivisitazione di Werner Herzog, la storia del vampiro più famoso della cinematografia europea torna nelle sale con un film che restituisce in modo superbo le atmosfere grottesche, le sensazioni di disagio e le ambientazioni disturbanti sia dell'originale che dell'opera letteraria capostipite dell'intero filone vampiresco, il Dracula di Bram Stoker. Forse il giudizio più positivo nei confronti del Nosferatu di Eggers potrebbe arrivare proprio dagli amanti della letteratura dell'orrore ottocentesca e delle sue penombre, delle sue ambientazioni borghesi e della sua capacità di esaltare il connubio tra ordinario e raccapricciante.
Il vero punto di forza di questo film è la sua forza evocativa, la capacità di restituirci scene e ambientazioni altamente suggestive, fedeli all'immaginario collettivo imposto dal genere e capace di rielaborare con efficacia anche sul pubblico moderno quelle scelte di regia del Nosferatu di Murnau rispetto alle quali Eggers offre un elegante e mai pedissequo tributo. Il legame col film del 1922 - Eggers lo ha sempre citato come punto di riferimento essenziale della sua formazione - emerge in alcuni strettissimi primi piani, nei giochi d'ombra e nella riproposizione dell'iconica scena degli artigli del Conte Orlok, che si stagliano ora sulle cupole indifese della città di Wisborg ora sui visi inerti dei protagonisti.
Al di là di tributi e riferimenti, sono la sapiente gestione di scenografia e fotografia a fare la differenza e a permettere di raggiungere risultati così efficaci e coinvolgenti. Nosferatu è un film oscuro, buio, che aiuta Eggers a catapultare lo spettatore nello stesso stato di smarrimento e inquietudine dei protagonisti; è un buio che confonde e stimola allo stesso tempo, utile ad esaltare i caratteri volutamente esagerati e grotteschi della fisionomia e della recitazione dei protagonisti. Ma il meglio di sé Eggers lo dà nella resa delle scene della prima parte del film, in particolar modo in quelle ambientate nei boschi fitti e remoti della Transilvania. Chi vedrà Nosferatu rimarrà per molto tempo, probabilmente, segnato dalle scene del viaggio di Thomas Hutter verso l'irrazionalità e l'ignoto simboleggiate dalla natura selvaggia dei luoghi ritratti nel film, una metafora che Eggers è estremamente abile nel riproporre e rivisitare.
A proposito di Thomas Hutter e del suo viaggio, tra e note più positive di Nosferatu c'è sicuramente la prestazione attoriale del cast, a partire da quella di Lily-Rose Depp, brava e versatile nel caratterizzare al meglio la complessità del suo personaggio. Recitazione solida anche da parte di Willem Dafoe, ormai vero e proprio attore-feticcio del regista newyorkese e di Aaron Taylor-Johnson, mentre colpisce la bravura, pur in un ruolo più defilato, di Ralph Ineson nei panni del dottor Sievers, forse il personaggio che sembra essere tratteggiato e calato al meglio rispetto al periodo storico del film. Ma la differenza la fa tutta la prestazione di Nicholas Hoult: intenso, complesso, trascinante e commuovente, il periodo d'oro dell'attore americano continua dopo la bella prova delle sue capacità date in Juror #2 che abbiamo potuto apprezzare appena pochi mesi fa e ci spinge a ringraziare quella serie di coincidenze e indisponibilità che hanno portato Eggers a scegliere lui per interpretare il protagonista di un film che aveva bisogno della sua espressività.
Ci risulta dunque difficile trovare note negative in un film che ci ha colpito in modo estremamente favorevole sia per idea che per resa, cosa davvero non scontata per un remake né tantomeno per un horror. Nosferatu è una pellicola che non ha paura di essere greve e opprimente, di portare lo spettatore nel campo del disagio e dell'inquieto, stimolandolo a riflettere e ad affrontare il proprio Orlok che striscia nell'oscurità di ognuno di noi, ricordandoci che l'incrollabile e indiscutibile fiducia nella fiducia e nella scienza può poco quando ci ritroviamo a tu per tu con l'irrazionale, che sia incarnato da un vampiro o più semplicemente dalle nostre paure. Eggers firma una pellicola che non rende facile la vita allo spettatore soprattutto per il modo in cui confonde e sovrappone i piani della realtà e dell'incubo, riprendendo anche in questo caso in mano il lungo filo che lo lega al capolavoro del 1922, ma risultando proprio in questo modo più interessante e avvincente di tanti altri horror degli ultimi anni. E la speranza, che apre questo 2025 cinematografico, è che Nosferatu possa contribuire ad alzare l'asticella del genere nel prossimo futuro.
Ti potrebbe interessare
Dallo stesso autore
Newsletter
Iscriviti e la riceverai ogni sabato mattina direttamente alla tua email.