Nicolò Barella, you know the rules
Il centrocampista dell’Inter è da anni il primo della classe in Serie A.
16 dicembre 2024, 50° del big match del lunedì sera Lazio-Inter. I nerazzurri conducono per 0-2 dopo una prima frazione molto complicata, dove i ragazzi di Baroni hanno dato parecchio filo da torcere. Per arrivare al punteggio tennistico con cui termina la gara, il punto di svolta è il terzo gol. Mkhitaryan e Calhanoglu si portano sulla destra, l’armeno apre sul turco che, raddoppiato da Guendouzi, torna al centro da Barella, lasciato solo fuori dall’area. Il passaggio non è rasoterra e la sfera si alza al momento del controllo. Il centrocampista lascia rimbalzare, poi esplode il destro violento dai 25 metri che non si abbassa e si insacca sotto la traversa.
Sicuramente è un gesto tecnico impressionante, un gol degno di essere ricordato, ma non certo un’eccezione quando si parla di Barella. Dunque perché partire dal suo ultimo gol, da un evento così recente e al quale il giocatore stesso ci abitua così frequentemente? Il tentativo è quello di ripercorrere le tappe della sua carriera in nerazzurro per comprendere la sua evoluzione (per non dire trasformazione). In altre parole, l’obiettivo è scovare i motivi che hanno reso Nicolò Barella il prototipo di centrocampista totalizzante, nonché il primo della classe in Serie A per continuità di rendimento. Da diversi anni.
Pre-metamorfosi: Cagliari
Sarebbe un errore, tuttavia, dimenticare gli inizi a casa sua e non considerare che il suo talento era già “universalmente” riconosciuto fin dai tempi del Cagliari. Dopo l’esperienza di sei mesi in prestito al Como nel 2016, Barella trascorre tre anni in Serie A con i rossoblù. Ed è tutt’altro giocatore rispetto a come lo conosciamo adesso.
Fa del recupero palla la sua arma principale, lo sbandiera anche lui nelle prime interviste: “Quando il pubblico si alza e urla dopo un mio contrasto, mi esalto. Amo sentire il loro boato nel momento in cui mi rialzo con la palla tra i piedi. In campo mi piace essere uno spirito libero”. Per altro, tenete da parte l’ultima frase per dopo. In ogni caso, con la maglia del Cagliari si fa riconoscere per le capacità sui contrasti, tentati e vinti, dove spicca anche nei dati.
Con i sardi taglia e supera il traguardo delle 100 presenze, in totale saranno 112 al momento dell’addio. Arrivano anche le prime grandi soddisfazioni personali, come la chiamata della Nazionale targata Roberto Mancini, con la quale debutta nel 2018 contro l’Ucraina, e il “Premio Bulgarelli” che elegge la miglior mezzala del campionato, vinto nell’ultima annata rossoblù. Le aspettative del club e del tifo si centralizzano sulla sua figura; contemporaneamente, una larga fetta dell’opinione pubblica sostiene che sia arrivato il momento del salto in una big. Cagliari sembrava già stargli stretta, combattendo però con un senso di appartenenza che in Sardegna è un valore robusto e radicato.
Poi bussa alla porta l’Inter e arriva il momento di lasciare casa: operazione in prestito con obbligo di riscatto da 50 milioni di euro complessivi, con 37 milioni di parte fissa (cifra onerosa + obbligo) più 13 milioni addizionali di bonus condizionati. Una chiamata grande, che però non metterà più di tanto in difficoltà il calciatore. Di stagione in stagione, aggiungerà sempre qualcosa di nuovo al suo comparto di caratteristiche.
2019/2020: il posto da titolare e l’unico caso zero tituli
Barella debutta con l’Inter alla prima occasione utile, in campionato contro il Lecce, ma fatica ad affermarsi immediatamente come titolare indiscusso. Entra però nelle gerarchie di Antonio Conte: davanti a un irremovibile Marcelo Brozovic, si gioca il posto con Matias Vecino e un sorprendente Stefano Sensi. L’impatto dell’ex Sassuolo, arrivato per 25 milioni di euro tra prestito e riscatto, è spumeggiante e galvanizza la Milano nerazzurra. Ma al contrario di Cenerentola, il sogno realtà non diverrà e la sorte non gli arriderà: da ottobre in poi gli infortuni e i problemi fisici prolungati, soprattutto agli adduttori, non lo lasceranno più in pace. Ciò aiuterà il sardo a trovare il campo sempre più frequentemente.
Su di lui pendono aspettative importanti: al momento del suo arrivo a Milano è l'acquisto più costoso della storia nerazzurra, segnato dalla forte volontà di Suning di metterlo a disposizione del nuovo tecnico. Che però nei suoi confronti, almeno nei primi mesi, usa più il bastone che la carota.
Ma il classe '97 è un diesel e, una volta messosi in moto, Barella spunta traguardi a vista d’occhio: l’esordio in Champions League con tanto di primo gol, contro lo Slavia Praga, l’assist nel primo derby vinto, la prima rete in Serie A contro il Verona. In maglia azzurra, nelle qualificazioni per EURO2020, dimostra di essere insostituibile al fianco di Jorginho e Tonali.
Poi è costretto a fermarsi anche lui, per un mese e mezzo a causa di un infortunio al ginocchio; spoiler, tuttora è lo stop più lungo mai registrato finora. Tornerà e contribuirà a una stagione importante per l’Inter, la prima dopo un decennio dove la piazza torna a respirare l’aria della vetta della classifica. Ma l’esito sarà amaro, tra il secondo posto in campionato e la finale di Europa League, persa contro il Siviglia a Colonia.
Barella chiuderà la prima stagione nerazzurra con 4 gol e 8 assist, facendosi apprezzare per grinta e qualità tecniche, decisamente migliorate e “sgrezzate” rispetto a quanto visto a Cagliari. Resta negli occhi una prestazione in particolare, nei quarti di finale di Coppa Italia contro la Fiorentina, dove è il migliore in campo. Le statistiche ricalcano i suoi tratti, con un netto miglioramento offensivo: spicca per tocchi (81), passaggi lunghi (6) e contrasti a terra (12).
È ovunque e si allunga a giro per il campo, concentrando il suo posizionamento al limite delle due aree; ciò evidenzia il contributo in entrambe le fasi. Ultimo, ma non per importanza, un biglietto da visita che presto farà suo: Barella non è abituato ai gol brutti, anzi, spesso li fa da togliere il fiato.
2020/2021: Scudetto ed Europeo, consacrazione
L’Inter si rafforza e Conte rimescola le carte in tavola, consapevole delle armi a disposizione per puntare al bersaglio grosso. Barella scivola sul centrodestra del centrocampo a tre, in cohabitation con Brozovic e Gagliardini/Vidal/Eriksen; dall’altro lato si concentra gran parte della produzione offensiva, con Perisic. Ma anche il classe ‘97 non rinuncia al contributo, in tandem con Hakimi a tutta fascia costituisce un pericolo costante. Agisce da centrocampista interno, inserendosi fra le linee e cercando il dialogo con la coppia Lukaku-Lautaro. Insomma, già sotto la guida di Conte è un interprete tutt’altro che statico, anzi, non perde occasione per attaccare la profondità o trovare l’inserimento giusto.
Con 3 gol e 7 assist in campionato, Barella offre la sua partecipazione a una cavalcata trionfale annunciata in tutto il girone di ritorno, così l’Inter torna a vincere lo Scudetto dopo undici anni. La notte in cui l’Italia realizza la volata è la stessa in cui i nerazzurri restituiscono alla Juventus il 2-0 subito un anno prima nello scontro diretto di marzo. Decisivo l’ex Cagliari, con assist per il colpo di testa di Vidal e gol che nasce da controllo delizioso su apertura da antologia di Alessandro Bastoni.
In estate arriva anche la gioia dell’Europeo vinto con l’Italia, dove non si afferma come uomo copertina al pari di Donnarumma e Chiesa ma si fa comunque sentire. Nell’unica gara della fase a eliminazione diretta giocata per intero (1-2 al Belgio, quarti di finale), sforna gol e assist.
2021/2022: l’assist-man di Simone Inzaghi
Fuori Antonio Conte, dentro Simone Inzaghi. L’Inter cambia faccia in panchina e l’arrivo del demone di Piacenza sarà solo un timido assaggio su quanto il tecnico riuscirà a esaltare le qualità dei singoli, Barella compreso. Sempre con Brozovic vertice basso, nasce un nuovo trio di centrocampo con il nuovo arrivato Hakan Calhanoglu, ancora in versione pseudo-trequartista. Il dato del classe ‘97 sui tocchi a partita resta invariato, come a confermare la centralità nell’impianto nerazzurro anche a guida tecnica cambiata, ma aumenta la produzione di passaggi e occasioni chiave. Migliorano anche le percentuali sulla precisione, nell’indice sul corto (da 58% a 61%) e nelle palle lunghe (da 63% a 66%).
Barella conferma anche le sue qualità di assist-man: ripete i 13 assist della stagione precedente, stavolta realizzati solo in campionato; arriva secondo in graduatoria, dietro Berardi. Risulta la miglior stagione per contributo offensivo rispetto alla precedente. Dovrà comunque digerire il dramma dello Scudetto perso nel famoso tête-à-tête contro il Milan, aperto fino all’ultima giornata. Premio di consolazione: un bellissimo timbro, rigorosamente da fuori area, nella finale di Coppa Italia vinta contro la Juventus.
2022/2023: ulteriore conferma e sogno infranto
Non cambiano le fondamenta del centrocampo nerazzurro e Barella parte fortissimo con uno dei suoi gol più belli in carriera, al volo dal vertice destro dell’area contro la Cremonese. Si toglie anche lo sfizio dell’unica punizione segnata con l’Inter, a Udine. In più il suo mese di ottobre, con quattro gol e un assist, è un picco strepitoso. Ma non sarà una stagione facile: i ragazzi di Inzaghi viaggiano a distanza siderale dal Napoli poi campione d’Italia e devono convivere per larga parte dell’annata con critiche pesanti. Sul banco degli imputati ci va anche il caratterino frizzante del sardo, accusato di reazioni esagerate e incontrollate, forti di un atteggiamento poco collaborativo.
La verità è che Barella paga soprattutto la totale assenza di equilibrio di quell'Inter nella gestione degli spazi e delle transizioni, cui di sicuro il suo rendimento sottotono contribuisce ma che è figlia soprattutto della disorganicità della seconda Inter Inzaghiana. In un contesto disfunzionale e carico di nervosismo, un giocatore elettrico come lui cala inevitabilmente di rendimento e diventa il facile bersaglio di critiche e rimostranze.
I tifosi nerazzurri avranno dei buoni motivi per rivalutare l’andamento della stagione, ma anche il peso dello stesso Barella. Nello 0-3 del derby vinto in Supercoppa Italiana, il primo dei famosi sei di fila, ci mette l’assist, così come in finale di Coppa Italia contro la Fiorentina, in occasione del cross per la decisiva semichilena di Lautaro. Tra le montagne russe di un rendimento meno continuo del solito, il classe ‘97 ha il modo di confermare la sua indiscussa centralità: è lui il miglior centrocampista della stagione scelto dalla Lega Serie A. Presente anche nella cattiva sorte, che infrangerà il sogno dell’Inter a Istanbul, in finale di Champions contro il Manchester City.
2023/2024: seconda stella a tutto campo
Con l’addio di Brozovic, Barella diventa vice-capitano dell’Inter e si carica di responsabilità sempre maggiori. Sono le premesse di un anno importante: se non si avverte più la necessità di misurare le sue qualità tecniche, il comportamento e l’atteggiamento sono attesi da una nuova prova di maturità. Simone Inzaghi consolida Calhanoglu vertice basso e rimonta il centrocampo della sua Inter, senza smuovere dal centrodestra il suo fedelissimo.
Che, atteso al varco, risponde presente. I cartellini gialli diminuiscono e Nicolò Barella dà la concreta impressione di essere più maturo, evolvendosi in un leader capace di guidare i compagni con leadership e limando i lati più spigolosi del suo comportamento in campo: “Ho cambiato il modo di vivere il calcio. Sento la stessa voglia di vincere, ma ho anche più serenità e meno arroganza. Penso molto di più ad aiutare la squadra, credo la gente lo stia vedendo e lo riconosca. Ha un ritorno personale, da giovane non ci pensavo”.
La presenza in campo è totale: alla terza stagione sotto la guida di Inzaghi, Barella raggiunge il picco di rendimento atletico. Sulla destra è sempre attivo e dialoga frequentemente con Dumfries, ma si accentra molto e segue con intensità entrambe le fasi; si spinge fino al limite per offrire uno scarico e andare potenzialmente al tiro, oscilla sulle linee in non possesso per tentare di sganciarsi e anticipare.
Regala anche un frammento “insolito”, un gol dai tocchi più sensuali rispetto a quelli a cui ci ha abituato, ovvero lo slalom nella vittoria per 0-3 a Napoli. Inutile ribadire come finisce la stagione: l’Inter alza la seconda stella in faccia ai cugini rossoneri e si regala una delle notti più indimenticabili della sua storia.
Ah, a proposito. Serve un esempio di continuità? Alejandro “Papu” Gomez. Luis Alberto. Franck Kessie. Federico Chiesa. Marcelo Brozovic. Sergej Milinkovic-Savic. Hakan Calhanoglu. Stanislav Lobotka. Teun Koopmeiners. Cos’hanno in comune questi nove centrocampisti? Nelle ultime cinque edizioni del Gran Galà del Calcio, dalla stagione 2019/20 alla 2023/24, sono stati inseriti all’interno della Top XI dell’Associazione Italiana Calciatori. Tra loro l’unico bis l’ha fatto il turco, nelle ultime due annate. Con una piccola grande eccezione. L’unico calciatore (non solo fra i centrocampisti, in generale) presente in tutte queste edizioni, dal 2019 a oggi, è proprio Nicolò Barella.
Il risultato del lavoro di Inzaghi: Nicolò Barella oggi
Giunti alla stagione attuale, a fine 2024 l’Inter è in piena corsa Scudetto e tra le prime otto nel maxi-girone di Champions League. Ha una media gol in Serie A di quasi 3 reti a partita, che ne fa il miglior attacco del campionato, ma è anche la seconda miglior difesa dietro al Napoli di Conte e al pari di Juventus e Fiorentina. Adesso arriverà la Supercoppa Italiana, dove i nerazzurri cercano il quarto successo consecutivo. Ma più che ai risultati del momento, occorre badare alla metamorfosi dell’Inter sotto la guida di Simone Inzaghi, che ha reso la sua squadra un’imprevedibile banda di assaltatori feroci.
L’Inter attacca mandando in cortocircuito le marcature a uomo. Ogni giocatore può potenzialmente trovarsi in qualunque zona del campo; legge che vale, a maggior ragione, per i centrocampisti chiamati a un lavoro doppio, che permetta loro di sganciarsi per attaccare o di arretrare per ricevere palla. Il principio di Inzaghi si discosta dalle recenti tendenze adottate da molti allenatori, saldamente aggrappati a idee particolarizzate e radicate nel proprio credo, senza badare alle caratteristiche dei singoli. Sono concezioni che non prevedono in alcuna circostanza la scomposizione del sistema.
Qui, al contrario, subentra il grande tratto caratteristico dei nerazzurri. La parola d’ordine del tecnico già la conosciamo, rotazioni: i giocatori assaltano gli spazi rimasti vuoti e si scambiano di posizione continuamente, rendendo particolarmente complicati l’ordine tattico e la serenità degli avversari.
È un calcio rapido, dove palla e interpreti sono in costante movimento, eppure paradossalmente l’Inter è tra le prime squadre della Serie A per percentuale di possesso. Ciò ne fa un collettivo rarissimo per gestione della sfera: le azioni condotte sembrano dei contropiedi, per rapidità e posizionamento delle difese avversarie, ma in realtà è la costruzione che porta ad avere una palla gol. I passaggi cambiano direzione su asse verticale, un modo efficace per attirare la pressione; se gli attaccanti scendono e si avvicinano al centro del campo per legare il gioco, ecco libero lo spazio che un altro interprete potrà attaccare, presumibilmente alle spalle della difesa.
Il modus operandi offensivo dell’Inter coinvolge lo stesso Barella, che non a caso si trova nel novantacinquesimo percentile della Serie A per azioni da tiro. Lasciando un piccolo spazio alle statistiche, risultano un ottimo indicatore per comprendere il suo peso specifico in fase di possesso: i dati riflettono la sua qualità, già nota e ribadita, nei passaggi progressivi. E non solo.
Citando gli ABBA, “You know the rules, you know the game”. E a centrocampo, in Serie A, Barella le detta almeno da quando veste la maglia dell’Inter. L’avventura in nerazzurro, senza nulla togliere al passato cagliaritano, è una rappresentazione sontuosa: il classe ‘97 si è imposto con autorità in pochissimo tempo. Non solo è risultato irrinunciabile per Conte e Inzaghi, ma ha saputo modificare i suoi compiti e ampliare la sua lista di competenze. Tutto questo senza mai scalfire la sua continuità, ai limiti dell’irraggiungibile. Migliorando e senza mai dare la sensazione di intraprendere la tendenza opposta. Una stoffa da primo della classe.
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