Fonseca se ne va ma gli altri, purtroppo, rimangono
A 4 giorni dalla semifinale di Supercoppa, il Milan ha comunicato l'esonero a Paulo Fonseca. Al suo posto Conceiçao.
È accaduto l’inevitabile. Non dovrebbe sorprendere nessuno, eppure il cuore ingenuo e irrazionale di chi ama i colori rossoneri oggi soffre più che mai. Lo diciamo senza mezzi termini, esprimendo un pensiero che prescinde dalla valutazione sul lavoro e la figura di Fonseca nel Milan 2024/25: questa società dovrebbe vergognarsi. Visto che nessuno ha il coraggio di metterci la faccia, tocca ai tifosi assumersi pure quest’onere. Vergognarsi per conto di Furlani, Scaroni, Ibra, Cardinale e compagnia, che hanno smontato pezzo per pezzo l’opera certosina di Gadzidis, Maldini e Massara, insomma di quelli che - mai esenti da errori - si sono spesi con passione e competenza per risollevare questi colori dall’abisso in cui erano precipitati negli ultimi anni della gestione Berlusconi e nella folle e mai chiarita parentesi cinese.
La sequenza di sbagli è quasi penosa e fin troppo lunga da ricostruire, ma di sicuro la scelta di Fonseca - che qualcuno avrà pur ponderato - non è mai stata sostenuta a dovere: quest’uomo è stato lasciato solo in mezzo ai pescecani, esautorato in ogni modo (mercato, comunicazione, chi più ne ha più ne metta) dal momento in cui è atterrato a Malpensa. Questo comportamento non è da Milan e non è da azienda seria. Ora che la sua testa è caduta, sarebbe bello che qualcuno si assumesse la responsabilità del percorso involutivo intrapreso dalla vergognosa cacciata di Maldini in avanti - spoiler: non succederà, questi personaggi sono troppo bravi a nascondersi, e il prossimo capro espiatorio è già in rampa di lancio.
L'arrivo di Paulo Fonseca a Milano era stato accolto da subito con una certa diffidenza da parte del popolo milanista. Il benservito dato a Stefano Pioli alla fine del campionato '23 arrivava come una ventata d'aria fresca in un ambiente ormai logoro. Nessuno avrebbe mai dimenticato il lavoro fatto dal tecnico parmense, capace, dopo anni di oblio di riportare uno scudetto - da underdog - a Milanello. Il 2022/23 post scudetto ma soprattutto il 2023/24 che ha consegnato la seconda stella ai cugini interisti avevano visto una preoccupante involuzione della squadra. Era giusto cambiare e, magari, fare il salto di qualità. La nuova società di Gerry Cardinale, con Zlatan Ibrahimovic, elevato a ruolo di Senior Advisor della Proprietà e del Senior Management di AC Milan - ricordate il "Sono il boss e comando io, tutti lavorano per me" -, a fare proclami di un Milan di nuovo vincente. Perso Conte, vero sogno dei tifosi, e perso anche Thiago Motta, dopo un criptico post sui social che recitava "4-3-3", veniva annunciato, un po' a sorpresa, Paulo Fonseca, a raffreddare le velleità di vittoria dei tifosi.
Qualche risultato eccellente in tournee a mascherare i problemi che cominciavano a insinuarsi ancor prima dell'inizio della stagione. Le indicazioni dell'allenatore sul mercato, infatti, non solo non venivano seguite ma venivano puntualmente ribaltate dalla società: le cessioni di Saelemakers e Kalulu, su tutte, rappresentano quanto scollamento ci fosse tra la guida tecnica e la società. Ceduto anche Adli ("avrebbe avuto poco spazio" anche a detta del portoghese), ad aggiungersi a Morata, scelto come sostituto di Olivier Giroud, sono arrivati Emerson Royal, Fofana e Abraham, nomi non da Mille e una notte. Non che ci si aspettasse tanto di meglio, a dirci la verità. Lo stesso ingaggio di Fonseca lasciava trasparire quanto la proprietà volesse lasciare il controllo delle operazioni di mercato alla dirigenza (Furlani, Moncada e Ibrahimovic), delegando al tecnico esclusivamente l'aspetto tattico. Insomma, un rapporto, quello tra l'attuale Milan e Fonseca, che sembrava logoro già prima di cominciare.
La società, la grande assente in tutto questo marasma a tinte più nere che rosse. Dal proprietario Gerry Cardinale, che ha da poco rifinanziato il debito con Elliott versando subito 170 milioni di euro e riducendo il prestito da restituire a €489 milioni con scadenza a luglio 2028 anziché ad agosto 2025, a Scaroni, presidente fantoccio, alla triade Ibrahimovic, Furlani, Moncada, assenti ingiustificati anche il giorno dell'esonero del proprio allenatore, che, ricordiamo, solo 4 mesi fa e "l'uomo giusto" che avrebbe portato il Milan ad "affermarsi in Italia e in Europa nel lungo periodo". Una società evidentemente scollata con la realtà milanista, con qualche episodio particolarmente significativo a evidenziarlo. Su tutti le dichiarazioni sui debiti dell’Inter che Cardinale ha rilasciato durante una visita a Harvard. Caro Gerry, per guadagnarsi il rispetto dei tifosi del Milan che, negli anni, hanno avuto a che fare con tutt’altro tenore di dirigenti, non basta andare a Harvard e uscirsene con “L’Inter ha vinto lo Scudetto l’anno scorso e poi è andata in bancarotta”. Anzi, tutto questo, se non accompagnato da risultati almeno avvicinabili rispetto ai nerazzurri, risulta essere parecchio cringe, aggettivo meraviglioso tanto in voga tra i Gen Z.
Il destino, in più, ha fatto in modo che proprio sotto questa proprietà venisse celebrato il 125mo anniversario da quando Herbert Kilpin fondò la "squadra di diavoli", il 16 dicembre 1899. Una festa senza tradizione, tra cui spiccavano le assenze “rumorose” di Rivera, Maldini, Boban, Shevchenko. Niente presentazione ai totem presenti (tra cui Franco Baresi, gli olandesi, Filippo Inzaghi) ci si è limitati ad una passerella, niente inno del Milan (troppo berlusconiano) o Freed from Desire (troppo maldiniano); gli ottimi Meduza, invitati per l’occasione giusto per arruffianarsi ulteriormente il popolo dei non interessati, si sono limitati a passare qualche pezzo commerciale. In perfetto American style. Il tutto mentre, qualche ora dopo, la squadra usciva dal campo dopo uno scialbo 0-0 casalingo contro il Genoa. In perfetto Cardinale style.
Resta il fatto che la rosa del Milan, oggi, nel panorama calcistico italiano non è certamente l’ottava forza in termini di qualità. I valori numerici spesso non rispecchino la realtà ma, secondo Transfermarkt, il Milan è la 3ª squadra per valore complessivo della rosa dopo Inter e Juventus. Fonseca, da subito, nonostante i risultati tardassero ad arrivare, stimolava tutto l’ambiente a credere nello scudetto. Mossa quantomeno azzardata, inutile buttare fumo negli occhi ad un popolo abituato a vincere - e rialzarsi dopo dolore cadute - da 125 anni. Era lecito, però, aspettarsi un percorso da tranquilla qualificazione in Champions che, con i 27 punti all'attivo in 17 incontri, difficilmente sarà raggiungibile.
In mezzo allo sconforto dovuto alle sconfitte con Parma, Fiorentina, Napoli e Atalanta e ai pareggi contro Torino, Cagliari e Genoa, Fonseca è riuscito ad ottenere due risultati clamorosi in stagione: la vittoria del derby, dopo una striscia di 6 sconfitte consecutive, e il clamoroso 3-1 del Bernabeu contro il Real, che aveva fatto rivivere a tutti i tifosi rossoneri una serata da vecchio Milan. L’esperienza di Fonseca verrà ricordata, però, quasi esclusivamente per i litigi con Theo Hernandez e Leao. Prima capitani, poi esclusi per settimane, poi di nuovo capitani. Scelte coraggiose, non c’è dubbio. Ma siamo sicuri che mettere un muro tra sé e i propri senatori (che, come i familiari, non si possono scegliere) sia stata la strategia migliore? Col senno di poi, forse, una gestione piolistica avrebbe, per lo meno, consentito ai giocatori migliori di rendere al meglio, vicende extra campo permettendo. Detto questo, l'assenza di Christian Pulisic - unico, vero, uomo squadra - nelle ultime partite ha messo a nudo una squadra caratterialmente fragile, disposta male in campo e incapace di non prendere gol.
Ora la patata bollente passa nelle mani di Sergio Conceiçao, ex bandiera di Inter e Lazio, che, da tecnico del Porto, ha vinto 3 campionati su 7 anni di militanza. Non vogliamo incastrarci con spiegazioni su "come giocherà" Conceiçao. Innanzitutto perché probabilmente verremmo smentiti già tra tre giorni, poi perché finiremmo col proporre le solite frasi fatte. L'unica cosa che ci sembra assai probabile, in questo momento così delicato per il Milan tutto, è che il lavoro di Conceiçao sarà particolarmente complicato. Innanzitutto, l'ex tecnico del Porto, avrà appena 6 mesi per dimostrare di meritare una panchina prestigiosa come quella del Milan. Il suo contratto, infatti, scadrà a giugno e gli garantirà €1 milione di ingaggio. Ma farebbe bene a non sentirsi troppo comodo su quella panchina fino all'ultimo secondo di contratto.
L'esonero del suo predecessore, avvenuto il 29 dicembre, è stata soprattutto un'opportunità economica: il Milan, infatti, ufficializzando l'operazione a 3 giorni da Capodanno, ha scongiurato il rinnovo automatico fino a giugno 2027, risparmiando, di fatto €5 milioni. In più, Conceiçao al Milan troverà un ambiente demolito nello spirito, senza nessuno a cui aggrapparsi, né in squadra né in società. Il Milan non ha un'identità di gioco, il Milan non ha più un capitano, il Milan non è più una squadra.
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