Cosa ci ricorda "Hanno Ucciso l'Uomo Ragno: la leggendaria storia degli 883"
La serie di Sky Original ci riporta indietro di un trentennio in un viaggio tra pop e idealizzazione degli anni Novanta.
A due giorni dal concerto revival di Max Pezzali in Fiera a Padova, i miei colleghi più grandi mi hanno avvertito che i biglietti erano tornati disponibili. Avevo deciso di non fare caso alla cosa. Tornare indietro a Hanno Ucciso L'Uomo Ragno, Gli Anni e tutto il resto, non ero in vena. Poi mi sono detto che sarebbe stato un sabato di marzo vuoto, senza alcun programma particolare visto lo stop dei campionati dovuto alle Nazionali: trasportato da uno strano entusiasmo di fuga dalla noia e influenzato dall’energia positiva dell’ufficio, ho deciso di acquistare il biglietto insieme a loro.
Il 25 marzo 2023 mi ritrovo a Padova per il concerto di Max Pezzali: gli 883 non ci sono già da circa vent’anni, è rimasto solo il frontman con la sua band che ha provato più volte a reinventarsi con dei feat., senza mai tornare ad avere la stessa forza ritmica che ha fatto le sue fortune e quelle di Mauro Repetto praticamente per tutti gli anni Novanta. Il concerto, per me che conoscevo il duo pavese come lo conoscevano tutti, è stato molto divertente e ballabile. In questa occasione ho scoperto una cosa che è di dominio pubblico e che quindi, notoriamente, non avevo ancora colto: il loro primo album, Hanno ucciso l’Uomo Ragno, è uscito il 10 febbraio 1992. Praticamente lo stesso giorno della mia nascita, gli 883 incidevano il loro primo disco. Questo me li ha ulteriormente avvicinati, come se la mia comparsa sul pianeta Terra fosse altrettanto pop quanto il loro disco.
In realtà, tralasciando quella che può ritenersi una considerazione di scarso interesse, guardando la miniserie targata Sky - il cui titolo integrale è Hanno ucciso l’Uomo Ragno: la leggendaria storia degli 883 - ci si rende facilmente conto dei motivi per cui si è davanti a un prodotto televisivo molto apprezzato. Partendo da un filone narrativo lineare, utilizzando un linguaggio altrettanto genuino e sobrio, la storia di due ragazzi dal carattere diverso come Pezzali e Repetto si incrocia su uno sfondo di provincia, combinandosi con un’alchimia difficile da realizzare se non in negli anni Novanta, dove tutto sembrava possibile. L'energia frizzante di quel periodo era visibile sotto tanti punti di vista: l’Italia aveva ospitato il primo Mondiale dal dopoguerra, Silvio Berlusconi aveva cambiato radicalmente la politica italiana inserendosi in uno scenario disilluso e tumultuoso come quello del post-Tangentopoli, la Serie A di calcio era al pari, se non superiore, alla Premier di oggi. Forse per questo, insieme a tutta la produzione musicale dell’epoca in cui si inseriscono gli 883, tendiamo a ricordare i '90 con un senso di nostalgia, nonostante il concetto stesso di nostalgia sia il più delle volte un appiglio, un qualcosa di immateriale pronto a risalire se correttamente stimolato. Hanno ucciso l’Uomo Ragno: la leggendaria storia degli 883 riesce molto bene in questo senso: non scade mai nella furba banalità con cui è stato spesso veicolato il messaggio della nostalgia, fino a renderlo un concetto aggrappato a qualcosa che è in realtà spesso idealizzato.
La prima stagione serie di Sky Original - ne è già stata annunciata una seconda - fa leva su questo sentimento, aderendo però perfettamente al momento storico: i due ragazzi rappresentano in modo plastico due membri del club dei perdenti, ma si ritrovano improvvisamente ad avere un successo strabiliante e strabordante. Si parte da quella che era considerata una provincia, Pavia, ben lontana dall’hype milanese, seppur situata a poca distanza. Gli 883 sono stati la proiezione musicale perfetta del loro tempo, in cui è possibile fare grandi cose pur partendo da realtà così piccole: è successo nel calcio, con l’esempio più eclatante del Parma di Scala e Malesani che va a vincere la Uefa nel 1995 e nel 1999; il Vicenza, capace di una cavalcata ai limiti dell’inverosimile in Coppa delle Coppe nel 1998, terminata solo in semifinale dopo aver messo in difficoltà il Chelsea, non prima di aver vinto la Coppa Italia l’anno precedente; il Bologna di Baggio e Mazzone capace di vincere l’Intertoto sempre nel 1998.
Anche il calcio italiano vive questo periodo per tramandarsi al futuro come una golden age, gli anni d’oro - in questo caso non sono propriamente del grande Real, bensì di una serie di province e sorelle (7, ndr) che hanno dominato l’Europa. Gli 883 sono legati indissolubilmente al calcio e al contesto che ne fa da sfondo, amalgamandosi in maniera perfetta. Il ricordo che suscita è la leggerezza, concetto la cui percezione è chiara in Hanno ucciso l’Uomo Ragno: la leggendaria storia degli 883. Fermandosi a ripensare, ci si domanda se questa spensieratezza fosse reale o solamente idealizzata, proprio come l’immagine della nostalgia. Spesso si rimpiangono cose senza un reale e nitido ricordo di tutti gli eventi, dalle grandi sfide del Parma passando per il Karaoke di Fiorello, dalle imprese del Vicenza di Guidolin per terminare con le esibizioni degli 883 al Festivalbar. Zygmunt Bauman chiamava questo fenomeno inusuale la “retrotopia”: la tendenza a fuggire dal presente percepito come incerto, per rifugiarsi in un passato confortante, praticamente idealizzato. Sulle ali di questa mitizzazione degli anni Novanta, la serie Sky pone basi importanti per essere apprezzata da un pubblico over-30, andando a fondarsi su un gruppo musicale che con la sua produzione discografica aveva già cantato di nostalgia (Gli anni, La dura legge del gol ...) volgendo lo sguardo ancora più indietro rispetto ai Novanta, dando praticamente vita ad una sorta di übernostalgia.
Con un post su Instagram, il regista Sydney Sibilia ha ringraziato followers e spettatori per essersi appassionati a questa storia e confermando l'uscita della parte finale Nord Sud Ovest Est. Considerando la struttura della serie - un viaggio circoscritto agli albori della carriera di Pezzali e Repetto, dove entrambi riescono a divertire e divertirci mentre cercano la loro identità musicale ed anche un po' sé stessi -, il regista campano è senza dubbio riuscito a creare un buon livello di hype tra il suo pubblico. Sarà da comprendere se il tono genuino della narrazione rimarrà immutato, così da preservare questo ottimo prodotto fatto di musica e semplicità, tenendosi a distanza da quel sentimento nostalgico dal carattere retrotopico e ridondante.
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