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Nadal Tennis
, 9 Dicembre 2024

Le quattro vite sportive di Rafael Nadal


A qualche settimana dal ritiro, ripercorriamo i tanti Nadal che abbiamo vissuto.

La carriera di Rafa Nadal, giunta al termine durante l'ultima Davis Cup, è stata senza dubbio una delle più vincenti della storia del tennis. Insieme ai due compagni di quell'esclusivo club chiamato big three, è stato in grado di vincere 66 degli 84 slam disponibili, ovvero il 79%, tra l'Australian Open 2003 e lo Us Open 2023, definendo un'era di dominio sportivo senza precedenti. La sua eredità, riflessa nelle parole di chi lo ha idolatrato, tanto da scegliere di giocare a tennis anche per lui, è però qualcosa di difficile da valutare. Non esiste infatti, nell'opinione di chi scrive, un solo Rafa Nadal, come non esiste un'unica fase della sua carriera da ricordare. La sua vita sportiva, o meglio le sue vite sportive, sono stati emblemi di cosa voglia dire dover cambiare nello sport, doversi adattare ai tempi che corrono e che costringono a modificarsi, soprattutto quando il corpo, martoriato e flagellato dal tempo, non segue più la mente, gladiatoria e incrollabile come sempre. Nadal è stato la definizione di eroe sportivo, l'erede di un'epica che nello sport non esiste quasi più, il perfetto protagonista di un articolo di Gianni Clerici; ma è stato soprattutto il protagonista di una carriera probabilmente impossibile da replicare, durante le sue quattro vite sportive.

There's a new man, 2004-2008

Il momento in cui Nadal conclude il regno di Federer a Wimbledon

La prima delle vite sportive di Nadal è stata quella meno terrena. Nei suoi primi anni lo spagnolo era un vero e proprio cannabile. In questo periodo, pur mettendo già in mostra i primi sprazzi della completezza di gioco che avrebbe maturato in seguito, il suo era un tipo di tennis semplicemente impossibile da replicare per chiunque altro, perché richiedeva doti fisico-atletiche sovrumane. Destro naturale, Nadal da bambino serviva con il sinistro e giocava il dritto, così come il rovescio, con entrambe le mani. Essere o, per meglio dire, diventare mancino ha preparato il terreno per quella che sarà, almeno nei primi anni, una delle armi principali del suo gioco, capace di sorprendere gli avversari con l'ormai leggendaria curva mancina.

L'arrivo di Nadal nel circuito è infatti un letterale tornado. Dopo le prime avvisaglie arrivate nel 2004, tra cui la clamorosa vittoria ai danni del numero uno del mondo Roger Federer nel Master di Miami, il 2005 è l'anno prescelto per l'esplosione definitiva del campione maiorchino. Durante quell'anno Nadal vince praticamente tutto su terra, lasciando per strada, parlando di big titles, solo il torneo di Amburgo, a cui non partecipa. È anche l'anno durante il quale, dopo la sconfitta arrivata nei quarti di finale del torneo di Valencia contro Igor' Andreev, inizia una serie di vittorie consecutive sulla terra battuta che porterà fino a 81, prima di perdere nella finale di Amburgo contro Federer, nel 2007.

Quelle tre stagioni, dal 2005 al 2007, sono anche quelle in cui Nadal si avvicina di più allo stereotipo di "terraiolo" che tanto avrebbe faticato a scrollarsi di dosso nel corso della carriera. La verità è che il maiorchino, durante quel periodo, porta a perfezionamento l'eredità del tennis spagnolo, rendendosi letteralmente imbattibile su terra, grazie a un gioco manialcamente modellato per vincere su questa superficie. Lo scotto da pagare, almeno per un po', è il fatto di doversi adattare agli altri campi. Nadal non colpisce quasi mai la palla in anticipo, non utilizza in modo efficace il back di rovescio o altre variazioni che potrebbero aiutarlo nello scambio e non ha ancora raggiunto i miglioramenti al servizio che lo porteranno al successo nel decennio 2010. Il risultato? Nonostante tre vittorie consecutive a Parigi, non riesce mai a superare i quarti di finale nei due slam su cemento.

Questi sono gli anni in cui il tennis mondiale è interamente definito dalla rivalità tra Nadal e Federer. Lo svizzero è il dominatore incontrastato del circuito, capace di vincere 11 dei 16 tornei dello slam a disposizione tra il 2004 e il 2007. Il maiorchino però, si insinua piano piano nella mente del rivale. Un match dopo l'altro, Nadal convince Federer che l'unico giocatore che non può battere del circuito sia proprio lui, vincendo sei dei primi sette incontri tra di loro e concludendo il 2007 con un vantaggio di 8-6 negli scontri diretti. Il gioco dello spagnolo si incastra in modo perfetto con quello del rivale, soprattutto sulla lenta terra battuta. Come un trattore Nadal ara il campo, costringendo Federer agli straordinari sul rovescio per rimanere nello scambio, per poi attaccare negli spazi liberi e concludere il lavoro.

Il definitivo salto di qualità, però, arriva nel 2008. Durante quella stagione Rafa batte Roger quattro volte su quattro, segnando uno degli anni con più distacco tra i due della loro intera rivalità. In giugno Nadal impone un dominio senza precedenti sul Roland Garros, ormai diventato il suo regno incontrastato, battendo Djokovic e Federer senza perdere nemmeno un set. Il cambio del trono arriva però in luglio. Dopo aver perso due finali consecutive a Wimbledon, proprio contro lo svizzero, Nadal si presenta a Londra con una rinnovata consapevolezza. La finale, ricordata da tanti come la partita migliore di sempre, è forse uno dei passaggi più iconici della storia del tennis. Lo spagnolo va avanti 2 set a 0, Federer recupera vincendo due tybreak e rimette le cose in pareggio. Il match, considerate anche le interruzioni per pioggia, dura 7 ore e 15 minuti, dalle 14 alle 21:15. Per 4 ore e 48 minuti di gioco si confrontano ad un ritmo altissimo; è lo scontro tra i due giocatori più diversi di sempre, la rivalità più antitetica mai vista. Alla fine, nella penombra del Campo Centrale, l'eleganza del Re si infrange in rete, mentre la chioma e l'indomabilità del rivale crollano di gioia sull'erba sacra del giardino londinese. Le decine di telecamere che circondano il campo si riflettono con i flash sulla bianca maglia smanicata di Nadal. "There's a new man", sentenzia Andrew Castle in telecronaca.

The history maker, 2009-2016

Rafael Nadal
Nadal raggiunge lo storico record di Borg di sei titoli al Roland Garros

La stagione 2009 è quella in cui Nadal deve confermare il suo primato. Dopo aver scavalcato Federer al primo posto del ranking mondiale in estate e aver vinto la medaglia d'oro olimpica a Pechino, lo spagnolo è indiscutibilmente il tennista più forte del mondo. Quello che manca è aggiungere qualcosa al suo gioco che lo possa portare al trionfo anche sui campi che non sono stati troppo fortunati, su tutti quelli del primo e dell'ultimo slam dell'anno, Australian Open e Us Open. Fino a quel momento, infatti, il maiorchino non ha ancora superato le semifinali in questi tornei, senza nemmeno mai incontrare Federer. Così, con il passare dei mesi, Nadal e il suo team cominciano a costruire sul suo gioco, con l'obiettivo di creare un giocatore capace anche di imporre il suo tennis sugli altri e non solo basato sul portare allo sfinimento il suo avversario. Non lo sanno ancora, ma da lì a un anno questa sarebbe stata una scelta quasi obbligatoria.

Il numero uno del mondo si presenta all'Australian Open in una versione che lascia già intravedere alcuni dei miglioramenti. Nadal ha aumentato la percentuale di prime in campo, oltre che di game vinti al servizio e sta cominciando a usare la rete come luogo ideale per raccogliere quanto costruito da fondo. Il dritto di Nadal, inizialmente pensato per un gioco che si spostasse quasi solo in orizzontale per il campo, è ora anche un colpo che porta a una propensione verticale, aggredendo gli avversari negli spazi lasciati a disposizione. Un altro colpo su cui gradualmente lo spagnolo sta lavorando è lo slice di rovescio, ma soprattutto lo stesso rovescio non coperto, che diventa sempre più solido con il passare dei mesi. Queste motivazioni, insieme al fatto che Nadal si trovi in questo momento all'apice della sua forma atletica in carriera, rendono la sua versione di inizio 2009 una delle, se non la, miglior versione di sempre.

Il torneo, ancora una volta, finisce per essere segnato dallo scontro tra Federer e Nadal. La versione 2009 dello svizzero è a sua volta ricordata come una delle migliori della sua carriera, tanto che in Australia elimina Juan Martin Del Potro e Andy Roddick tra quarti e semifinale, lasciando 15 game in totale ai suoi avversari. Lo spagnolo dal canto suo incappa in una delle partite più estenuanti fisicamente che il tennis ricordi, una battaglia muscolare con Fernando Verdasco di 5 ore e 14 minuti. Nonostante questo, in finale il copione si ripete, e dopo 4 ore e 23 minuti Nadal batte nuovamente Federer, che si è più volte detto convinto di aver pensato di essere il favorito al tempo. La cerimonia di premiazione è forse la più iconica della storia del tennis, con lo svizzero che piange sulle spalle del rivale, crollato emotivamente dopo una battaglia così dura.

Il migliore dei Fedal secondo Federer

Si tratta del picco dell'anno per Nadal, perché il resto della stagione sarà, per la prima volta, condizionato dagli infortuni, nello specifico da una tendinite al ginocchio. Nel mezzo Federer ottiene il suo primo trionfo al Roland Garros, aiutato dalla clamorosa vittoria di Robin Soderling contro il maiorchino, e supera Sampras nel numero totale di slam, riprendendosi di forza la corona di Wimbledon e raggiungendo quota 15 titoli major. Nadal è costretto a guardare da spettatore una parte di questi tornei e non riesce a esprimere il suo miglior livello negli altri.

Questo passaggio, fondamentale per la sua carriera, certifica il primo momento in cui lo spagnolo si accorge di due elementi fondamentali che caratterizzeranno i successivi anni. Da un lato il fatto che nel tennis non esistano più, o quasi, i passaggi di consegne. Laddove in un'altra era sportiva una vittoria come quella di Wimbledon 2008 sarebbe stata la fine del dominio Federer e l'inizio di quello Nadal, il tennis targato big three ha rivoluzionato le regole. Come Nadal, Federer e Djokovic impareranno a turno a loro spese, il ritorno dei propri rivali è sempre da tenere in considerazione come una concreta possibilità. L'altro elemento con cui Nadal si trova a fare i conti per la prima volta è il suo fisico. Consumato da mille battaglie, pur avendo solo 23 anni, il corpo di Nadal comincia gradualmente a smettere di essere in grado di schizzare da una parte all'altra per il campo, presentando un conto salato. Così, costretto a proseguire ulteriormente nel lavoro iniziato gli anni precedenti, sviluppa la sua versione successiva, cominciando dalla stagione 2010.

È quello l'anno in cui Nadal mette a frutto in modo definitivo quando costruito, raggiungendo una maturità sportiva che gli permette di giocare un tennis a tutto campo. Durante quella stagione lo spagnolo alza vertiginosamente la velocità della prima, raggiungendo un impressionante 90,1% di game vinti al servizio. Il risultato è il miglior anno della sua carriera in termini di slam. Per la prima e unica volta ne vince 3 su 4, tra cui lo Us Open, l'ultimo major che gli mancava, diventando così il più giovane giocatore di sempre a concludere il career grand slam, a 24 anni. È l'ultima stagione, almeno per un certo periodo, in cui il principale rivale di Nadal è Federer. Lo spagnolo chiude l'anno al primo posto del ranking per la seconda volta in carriera, lo svizzero in seconda posizione; per il sesto anno consecutivo i due finiscono un'annata in testa alla classifica.

I primi anni 2010 sono principalmente caratterizzati, da qui in avanti, dalla rivalità tra Nadal e Djokovic, esploso tennisticamente all'inizio del 2011. Durante questo periodo i due giocano 7 finali slam, con un bilancio totale che vede lo spagnolo in vantaggio 4 a 3, soprattutto grazie ai due trionfi sulla terra parigina. Si tratta di un periodo di successi per Nadal, che diventa l'"history man" del rosso. Raggiunge infatti i record di Borg, quello di 5 titoli consecutivi in Francia e prima ancora quello di 6 vittorie totali, quando nell'edizione del 2011 batte Federer, nella loro quarta e ultima finale al Roland Garros. Questo è però anche il primo periodo in cui lo spagnolo comincia a dover accettare a più riprese la sensazione di poter perdere in una finale slam. Tra il luglio del 2011 e il febbraio del 2012 Djokovic lo batte in tre finali consecutive, concludendo il periodo con una delle partite più epiche che la storia del tennis ricordi, la finale dell'Australian Open 2012. Qui, dopo 5 ore e 53 minuti, il serbo sconfigge Nadal, in quella che lo spagnolo ricorda come la sconfitta più struggente della sua carriera.

La finale slam più lunga della storia

Nonostante i dolori sportivi, il lavoro del maiorchino continua, contribuendo a costruire quello che diventerà il giocatore completissimo visto nella seconda parte degli anni 2010. Nadal diventa in modo graduale uno dei migliori giocatori a rete del circuito, lavorando soprattutto sull'efficacia dei suoi colpi. Nel gioco di Rafa non c'è infatti nessuna follia, nessun affidamento all'istinto, più tipico del genio tennistico di Federer, bensì una capacità di leggere il gioco assolutamente fuori dal comune. Nadal diventa il prototipo del giocatore a rete moderno, un tennista che sfrutta quella zona del campo solo quando ce n'è bisogno, consapevole di avere sì un'ottima mano a disposizione, ma non quella dei giocatori più istrionici del circuito. Il risultato di questo lavoro viene raccolto principalmente durante l'estate del 2013, quando Nadal domina incontrastato, concludendo il summer slam con le vittorie di Toronto, Cincinnati e, infine, dello Us Open, battendo Djokovic e trionfando in america per la seconda volta in carriera.

L'anno si chiude con la finale persa alle Atp Finals, la sua seconda e ultima in questo torneo, l'unico che resterà per lui un mistero irrisolvibile. Per la terza volta conclude l'anno da numero uno del mondo, davanti a Djokovic. Quello che sembra il suo secondo picco, però, prelude in realtà al suo primo vero periodo di crisi.

Nonostante gli enormi miglioramenti fatti nel completare il suo gioco, infatti, il Nadal del 2014 è ancora un giocatore che fa principalmente affidamento sul suo gioco da fondocampo. Pur non avendo più la prorompente fisicità dei primi anni, lo spagnolo resta uno dei migliori giocatori al mondo nello scambio e continua a rimanere nella fascia altissima dei tennisti con una propensione principalmente difensiva. Gli anni, però, stanno passando e il fisico di Nadal alterna periodi di relativa tranquillità ad altri di infortuni. L'avvento di una serie di nuovi giocatori nel circuito, tutti abilissimi nello scambio e capaci di giocare a una velocità di palla molto elevata, contribuisce a far perdere graduale terreno a Nadal nelle gerarchie. Così, dopo un ultimo anno di grandi successi, il 2014, durante le due stagioni successive il maiorchino comincia a faticare a star dietro ai nuovi ritmi del circuito. L'ascesa di Murray e il dominio di Djokovic, entrato nella migliora fase della carriera, segnano un momento di passaggio definitivo per Rafa, ormai non più il giocatore capace di battere chiunque altro giocando da fondocampo.

Paradossalmente è una fase molto più favorevole al suo storico rivale, Federer, capace di trovare un modo per adattarsi al tennis moderno più velocemente di Nadal. Lo svizzero, dal 2014 in avanti, sviluppa una propensione offensiva ancora più estrema, abbandonando spesso e volentieri la linea di fondocampo, per modellare un nuovo gioco che si proietta in verticale per il campo. La naturalezza e la mano di Roger, pur non abbastanza da scalzare Djokovic dal trono, gli permettono di rimanere al massimo dei livelli anche in questa così delicata fase di assestamento; al contrario Nadal sembra non essere più adatto, per la prima volta, all'evoluzione dei tempi. Anche in quelle due stagioni, le peggiori della carriera, arrivano comunque dei momenti di splendore, come la magnifica finale vinta a Montecarlo contro Monfils, nel 2016, o ancora la vittoria nello stesso anno a Indian Wells ai danni del nuovo talento del tennis mondiale, Sascha Zverev. Non è più però il Nadal capace di imporsi, nemmeno sulla tanto cara terra battuta, che diventa il territorio di giocatori come Djokovic o Wawrinka.

In estate arriva il successo in doppio alle Olimpiadi di Rio, la medaglia d'oro centrata insieme al compagno Marc Lòpez, ma un infortunio al polso condiziona la maggior parte della stagione, costringendolo addirittura al ritiro durante il Roland Garros, dopo essere stato sconfitto da Djokovic, per la prima volta, l'anno precedente. Le sue doti a rete sono sempre più evidenti, ma non bastano. Nadal non fa più male come una volta con il dritto e le sue medie al servizio, dopo aver toccato i picchi nella stagione 2010, sono ai minimi in carriera. In sei stagioni il maiorchino passa da un 90,1% di game conquistati e un 59,5% di seconde di servizio vinte, al 80,9% e 52,8%. La stagione finisce con l'inaugurazione della Rafa Nadal Academy, durante la quale presenzia anche Federer, fermo a sua volta ai box per il primo degli interventi al menisco. A fine anno Murray e Djokovic occuperanno le prime due posizioni del ranking mondiale, con Nadal alla nona posizione e lo svizzero addirittura fuori dai primi dieci. Sembra davvero la fine di un'era.

"I will never, never forget this rally", 2017-2021

Lo scambio più iconico degli ultimi dieci anni di tennis

L'arrivo di Carlos Moya nello staff di Nadal cambia tutto. Il campione dell'edizione 1998 del Roland Garros porta una ventata di aria fresca in un team che stava faticando a trovare delle soluzioni per riportare alla grandezza lo spagnolo. Così, dall'inizio del 2017, la sua carriera prenda una nuova piega, una letterale seconda giovinezza che lo porterà a vincere, da quel momento fino al ritiro, altri otto slam, un numero impensabile fino a pochi anni prima per un tennista che avesse superato i trent'anni. Ancora più incredibile considerata la narrazione che aleggiava intorno alla carriera di Nadal, ovvero quella di un giocatore che stava martoriando a tal punto il suo corpo da non potersi permettere una longevità paragonabile a quella dei suoi rivali.

Le cose, invece, prendono una direzione ben diversa. Moya e zio Toni, all'ultimo anno da coach del nipote, spingono Nadal a lavorare per perfezionare ulteriormente il suo gioco. La cura maniacale del team porta lo spagnolo a miglioramenti netti sulla seconda di servizio, utilizzata ora anche per salire a rete, e a un utilizzo ancora superiore di variazioni. In questa fase il campione di maiorca comincia a imporre il suo tennis, con un utilizzo di colpi come le smorzate o di vari cambi di ritmo che tolgano riferimenti all'avversario. A completare il quadro un nuovo lavoro di rinforzo della muscolatura che, come discusso di recente da The Athletic, aveva l'obiettivo di tornare a fare in modo che Nadal facesse paura agli avversari, anche quando si trovasse impelagato nella battaglia fisica da fondocampo. Si tratta probabilmente della fase di maggior completezza tennistica della carriera dello spagnolo, considerato tutto tondo.

La ciliegina sulla torta di questa neo giovinezza, almeno per chi il tennis lo segue dagli spalti, è il ritorno ad altissimi livelli anche di Roger Federer. Lo svizzero, rientrato in Australia dopo mesi di assenza, travolge come una mateora uno sport che lo aveva ritenuto ormai superato, mettendo in mostra una versione di sé stesso che fonde il meglio del tennis contemporaneo a quello del tennis di una volta. Proprio su questo ritorno di rivalità tra i due si fondano per la maggior parte le stagioni 2017 e 2018, con Nadal e Federer che si spartiscono sei slam consecutivi, tre a testa, e tornano a dominare il circuito, strappando le prime due posizioni del ranking a Djokovic e Murray, entrambi alle prese con problematiche fisiche.

Il 2017 segna anche una singolare inversione di rotta nel confronto tra i due fenomeni di Basilea e Manacor. Dopo anni di netta supremazia negli scontri diretti da parte di Nadal, Federer prende improvvisamente il sopravvento. Lo svizzero, grazie al lavoro fatto con il nuovo coach Ivan Ljubicic, diventa la criptonite dello spagnolo, dopo un durissimo lavoro fatto sul lato del rovescio, ora un colpo capace di togliere il tempo agli avversari; un colpo persino in grado di rispondere alla devastante curva mancina di Nadal, che per anni aveva tenuto in ostaggio il lato sinistro del suo avversario.

La situazione tra i due si inverte quindi rispetto ai primi anni di carriera, con Nadal ora capace di battere chiunque nel circuito, a esclusione proprio dello svizzero. Negli scontri diretti tra i due, andati in scena negli ultimi anni di carriera, il bilancio è 6 a 1 a favore del secondo. Federer ha però già 35 anni e non è più in grado di giocare una stagione completa mantenendo la stessa continuità di livello, lasciando dei varchi a disposizione dello spagnolo, che diventa così, di nuovo, il padrone del tennis mondiale. In questo periodo, dal 2017 al 2020, Nadal vince quattro volte consecutive il Roland Garros, ma ancora più notevole trionfa due volte agli Us Open, battendo Kevin Anderson e Danil Medvedev, rispettivamente nelle edizioni 2017 e 2019.

Il ritorno di Djokovic ai livelli più alti segna un'ultima breve fase di convivenza tra i big three, durante la quale, per l'unica volta esclusi i primissimi anni 2010, tutti e tre si trovano a un livello molto elevato di forma. Durante quel periodo vincono 14 dei 15 slam disponibili, cancellando ogni voce di dissidenza e dominando un circuito in cui i nuovi rivali sono appena ventenni. Nonostante l'incapacità di tornare a imporsi a Wimbledon, Nadal ritorna ai massimi livelli in tutti e quattro i Major. L'apice arriva durante la stagione 2019, quando lo spagnolo trionfa al Roland Garros e allo Us Open, ma è anche in grado di raggiungere la finale in Australia, dove viene sconfitto da Djokovic, e la semifinale a Londra, dove perde l'ultimo dei Fedal, che farà da preludio alla storica finale di Wimbledon 2019. Il simbolo di quell'annata è la finale americana tra Nadal e Medvedev, quando nel quinto set, incapace di stare dietro al ritmo da fondocampo imposto dall'avversario, lo spagnolo mette in scena uno showcase di astuzia tennistica, aprendo la cerniera di un bagaglio colmo di soluzioni.

Nadal batte Medvedev a New York nell'edizione 2019

I frutti del lavoro del suo team si vedono chiaramente, visto che il maiorchino ritrova una solidità impressionante al servizio e aumenta l'aggressività in risposta. Nel 2019 Nadal tocca il picco in carriera di game vinti al servizio, ovvero il 90,8%, mentre nel 2017 scollina la soglia del 60% percento di punti conquistati sulla seconda, raggiungendo il 61,5%. In risposta le sue medie risalgono in modo vertiginoso, toccando quota 36,9% di game vinti nel 2018, salendo di sei punti percentuali in un solo anno. Il periodo si conclude con la stagione 2020, quando la pandemia globale Covid costringe il circuito a stravolgere la sua scaletta, posticipando il Roland Garros 2020 a Ottobre. Ancora una volta, sotto un tetto chiuso che avrebbe potuto comprometterne la prestazione, Nadal risponde presente, spazzando via Djokovic in una delle finali più senza storia della rivalità tra i due, doppiamente simbolica perché segna anche il momento in cui lo spagnolo raggiunge a quota 20 slam Federer.

La stagione 2021 è quella che chiude definitivamente la carriera di Nadal per come ce la ricordavamo fino a quel momento. La sindrome di Müller-Weiss che gli era stata già diagnosticata a inizio carriera, torna a colpirgli il piede, costringendolo a chiudere la stagione in anticipo, saltando praticamente tutta la seconda metà dell'anno. Nonostante lo spagnolo non sia nuovo a situazioni di questo tipo, quella è una circostanza diversa. Il fisico gli sta portando il conto definitivo di una carriera in cui Nadal ha vinto tutto, pur essendo stato costretto a gestirsi sin da giovanissimo. Per lui è rimasto poco tempo.

It's a miracle in Melbourne, 2022-2024

Una delle rimonte sportive più incredibili della storia

L'ultima delle vite sportive di Nadal, in modo antitetico alla prima, è quella più terrena, più umana, e quindi più epica. La fine del 2021 e gli infiniti anni passati a battagliare senza sosta nei campi di tutto il mondo hanno lasciato le macerie di quello che una volta era il fisico più invidiato del circuito tennistico. Dopo mesi di lavoro lontano dai campi, durante i quali il maiorchino manifesta una certa prudenza nelle dichiarazioni, Rafa rientra in Australia, ancora dentro ai primi dieci del mondo anche grazie al ranking congelato durante il covid, ma sicuramente non tra i favoriti per la vittoria del primo slam stagionale. Dopo un primo segnale positivo, arrivato con la vittoria del torneo Atp 250 di Melbourne, Nadal si presenta all'Australian Open, nel momento in cui il mondo dello sport è sconvolto dalla vicenda Djokovic, escluso dal torneo dopo giorni di caos.

Il suo cammino inizia quindi con prudenza. Come detto, del Rafa dominante da fondocampo non è rimasto quasi nulla. Qualche colpo è ancora lì: il dritto a tratti continua a fare male e i grandi miglioramenti maturati in quindici anni di meticoloso lavoro gli permettono di potersi confrontare con giocatori molto più giovani di lui con un arsenale tennistico decisamente superiore a loro, ma il corpo magro e consunto che riempe il completo viola targato nike sembra solo un lontano ricordo dello splendore di qualche anno prima. Il 2022 però, per lui, è l'anno della sofferenza sportiva portata ai massimi livelli. Con autorità lo spagnolo si spinge fino in finale, approfittando di un tabellone più aperto del solito, dove si confronta con Danil Medvedev.

Qui, come prevedibile, emerge tutta la differenza tra i due. Il russo è probabilmente nel miglior momento della carriera, reduce dal suo primo slam vinto, e comanda da fondocampo. Nadal ci prova in ogni modo, soprattutto nel secondo set, ma non sembra capace di tenere botta. Poi improvvisamente tutto cambia e nella mente dei due giocatori scatta un click, un click che prende due tendenze opposte. Consapevole di non avere le armi per reggere una partita di questo tipo, lo spagnolo capisce che l'unico modo per vincere è mettere insieme ogni soluzione, ogni sforzo fatto fino a quel momento nella sua carriera, e decide di cambiare le regole. Per le successive tre ore di gioco il maiorchino costringe Medvedev a soluzioni per lui scomodissime, portandolo allo sfinimento con il back di rovescio e richiamandolo con continuità a rete, terreno angusto per il russo. La partita, così facendo, cambia, un passo alla volta, con Nadal che prende gradualmente il sopravvento tattico e mentale sull'avversario.

Di quella partita, chiusasi dopo più di 5 ore, rimangono soprattutto le immagini finali, quando un Nadal incredulo lascia crollare la racchetta a terra e si porta le mani in faccia. Sembra la descrizione di un momento drammatico, invece ha appena vinto, componendo quello che in telecronaca verrà brillantemente descritto come "the miracle in Melbourne", il suo ventunesimo slam.

Nei successivi mesi Nadal mette insieme tutto quello che gli è rimasto, cercando di spingersi più in là possibile. Visto da fuori sembra il prototipo di un giocatore a fine carriera, tanto che quasi nessuno lo dà favorito per i tornei principali, eppure continua a battere ogni avversario. Per la prima volta Nadal impara a vincere anche senza essere dominante, nè da fondocampo nè imponendo il proprio tennis, comprendendo che quel poco di energie che gli sono rimaste sono abbastanza per essere messe al servizio del suo enorme bagaglio tenico e di esperienza. Il tennis degli anni 2020, infatti, non è più quello in cui lo spagnolo aveva mosso i primi passi, che lo aveva ripudiato in quanto lontanissimo dall'eleganza tecnica ed estetica di Federer. Ora Nadal è uno dei giocatori più vari e puliti del circuito, un corpo estraneo in uno sport che si dirige verso un'altra direzione.

Così, in una delle fasi più surreali che questo sport ricordi, un quasi 36enne costantemente alle prese con infortuni di ogni tipo diventa il dominatore del circuito, senza che gli avversari riescano a trovare delle soluzioni per batterlo, tanto da concludere la stagione con un'impressionante 100% di vittorie contro i top 5. Nei primi sei mesi del 2022 Nadal supera sé stesso, raggiungendo il record personale di partite vinte consecutivamente da inizio anno, spingendosi fino a venti, prima di perdere da Taylor Fritz nella finale di Indian Wells; match che porta a termine nonostante una frattura da stress al terzo arco costale, riportata probabilmente durante la semifinale contro Carlos Alcaraz. Il capolavoro, però, arriva a Parigi.

Lo stato fisico in cui Nadal si presenta in Francia non è buono. Il suo piede sinistro sta peggiorando di settimana in settimana e lo spagnolo ne è consapevole. Vista la situazione, decide quindi di sperimentare la soluzione definitiva: per vincere è necessario sacrificare tutto, anche la propria salute. La scelta è quella di compiere iniezioni regolari al nervo del piede per intorpidirlo, sacrificando la sensibilità a vantaggio del dolore. Il sacrificio ultimo dello spagnolo produce gli effetti sperati. Nadal diventa campione al Roland Garros per la quattordicesima volta, aggiornando il conto degli slam a 22. Durante il torneo elimina anche Djokovic, nel corso di un'epica partita nei quarti di finale. La finale, contro Casper Ruud, è forse l'ultima dimostrazione di onnipotenza tennistica della carriera del maiorchino, capace di dominare dall'inizio alla fine, insegnando a un avversario di altissimo livello cosa voglia dire giocare su terra battuta. Il giorno dopo, ritratto da alcuni video circolati sui social, sarà in stampelle.

La carriera di Nadal, o almeno del grande Nadal, si conclude qui. Un momento che tanti immaginano potesse coincidere con il suo ritiro, visto lo stato fisico in cui il campione si trova, diventa invece l'ennesimo tentativo di ripartenza per lo spagnolo. Questa volta, però, il tempo è scaduto.

Rafael Nadal
Una delle immagini più iconiche della storia recente dello sport, dopo l'ultima partita di Federer

I mesi successivi, anzi gli anni successivi, sono un calvario costante tra un infortunio e l'altro. Con un nuovo metodo di infiltrazioni Nadal risolve in parte il problema al piede, ma degli strappi addominali lo condizionano per il resto della stagione 2022. Poi nel 2023 si procura una lesione a un altro muscolo, l'ilepsoas della gamba destra, infortunio per il quale decide di operarsi e saltare tutta la stagione. L'ultimo tentativo arriva durante il 2024, che diventa una passerella di saluto per un campione che, forse, avrebbe meritato una fine diversa. Una stagione priva di particolari sussulti, con giusto lo spazio per qualche momento toccante, come l'addio al Master di Madrid, e un ultimo duello con Djokovic, il sessantesimo, simbolicamente perso sulla sua terra rossa, quella parigina.

Durante l'ultimo anno da professionista, conclusosi poche settimane fa, Nadal ha regalato l'insegnamento finale allo sport che ha dominato per più di quindici anni, ovvero la capacità di sapersi illudere, di sognare. Il Rafa del 2024 è davvero stato un giocatore a fine carriera, ma è stato anche l'emblema di cosa voglia dire non arrendersi; dire dare tutto, ma letteralmente tutto, per provare a regalarsi un'ultima grande gioia. Alla fine, la sua ultima vita sportiva si è spenta proprio per questo, perché non è arrivato un altro successo.

Durante un'intervista rilasciata dopo il ritiro di Federer, Ivan Ljubicic, interrogato su un'ipotesi di addio anticipato dello svizzero nel caso avesse battuto Djokovic a Wimbledon 2019, aveva risposto che questo non sarebbe mai capitato. Nelle righe precedenti abbiamo scritto che Nadal avrebbe meritato una fine diversa, ecco questa era una bugia, o almeno lo era in parte. Nadal non avrebbe meritato una fine diversa, perché questa non sarebbe mai stata possibile. L'amore e l'ossessione che lui e pochi altri campioni hanno dimostrato per il tennis non prevedeva di lasciare nulla incompiuto, nemmeno un singolo torneo. La sua è, nell'opinione di chi scrive, la carriera con meno rimpianti di sempre, perché non avrebbe potuto vincere nemmeno una partita in più di quello che ha fatto. La speranza, per noi che lo abbiamo osservato dagli spalti o dalla televisione, è che Rafa lasci il tennis così, consapevole di essere stato un testamento per il suo sport, di aver trasformato una carriera che sarebbe potuta anche non partire in una delle pagine sportive più monumentali di sempre. Nadal è stato l'eroe epico definitivo.


  • 23 anni. Segue lo sport da prima che ne avesse memoria. Assiduo frequentatore di stadi, ha sviluppato una forte passione per l'epica sportiva, soprattutto quella tennistica.

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