8 Spicchi #4 - La NBA Cup finalmente entra nel vivo
I quarti di NBA Cup, il ritorno di Dončić, gli Wizards che non vincono più e altro ancora dal magico mondo NBA.
Benvenuti su 8 Spicchi, la rubrica che uscirà ogni settimana per raccontarvi le cose più importanti e interessanti successe in NBA, la lega cestistica più affascinante al mondo. La struttura è molto semplice: quattro o cinque avvenimenti degni di nota e relativo commento. Buona lettura e buona NBA a tutti!
Sorprese e conferme
Con la conclusione dei gironi dell’In-Season Tournament NBA abbiamo finalmente il quadro completo del tabellone ad eliminazione diretta della seconda edizione dell’NBA Cup. I grandi esclusi sono ovviamente i Boston Celtics che pagano la sconfitta all’esordio contro gli Atlanta Hawks che si sono qualificati primi in virtù degli scontri diretti a favore contro Tatum e compagni.
Insieme a Boston la grande sorpresa di questo inizio di stagione NBA in negativo è quella dei Cleveland Cavaliers che, in vetta alla Eastern Conference, dovranno guardare da casa le Final Eight della NBA Cup perdendo di fatto l’occasione per volare a Las Vegas. Ad ovest rimangono fuori dalla corsa i Denver Nuggets ed anche i campioni in carica dei Los Angeles Lakers che di fatto abdicano. Ci sarà quindi una nuova vincente, ma chi sarà?
Nel lato Western Conference andrà in scena una sfida che è stata un classico della NBA cinque o sei stagioni fa ed un’altra che potrebbe diventarlo. Si affronteranno infatti i Golden State Warriors e i sorprendenti e giovani Houston Rockets allenati da Ime Udoka. Nell’altro quarto di finale i protagonisti saranno gli Oklahoma City Thunder che saranno opposti ai Dallas Mavericks di Luka Doncic che si sono qualificati come wildcard e daranno vita così ad una rivincita secca delle scorse Western Conference Semifinals.
Ad est il quadro è sorprendente: da una parte gli Orlando Magic da migliore seconda si contenderanno un biglietto per Las Vegas contro i Milwaukee Bucks e dall’altra gli Atlanta Hawks sfideranno New York. Sì sarà di nuovo Trae Young contro i Knicks.
Washington No Win-zards
Eh sì, perché dalle parti della capitale sembrano essersi dimenticati come si fa a vincere. Zero vittorie nell'intero mese di novembre e record attuale che si attesta sul 2-17. Senza grande sorpresa stazionano già stabilmente all’ultimo posto della lega, e se da una parte certamente c'è la volontà di tankare in vista del prossimo Draft NBA, dall'altra la situazione si fa sempre più desolante. Gli Wizards più che una squadra al momento sembrano un parcheggio per giocatori in attesa di riscatto.
L'attacco basato su Jordan Poole e Kyle Kuzma - per ora non pervenuto - sta tutt'altro che funzionando, e l'unicorno Alex Sarr, sul quale pendevano tante aspettative la notte del Draft NBA, pare essersi completamente bloccato in Summer League e non essere più mentalmente riuscito a ripartire. Offensivamente per ora ha sta incontrando davvero tanta ma tanta difficoltà, e il 37.7% dal campo in stagione lo conferma; tra i pari ruolo è nettamente il peggiore per percentuali. Stanno emergendo però altri nomi meno chiacchierati, come i due rookie Bub Carrington e Kyshawn George, ma anche il francese Bilal Coulibaly si sta ritagliando il suo spazio nelle rotazioni.
Al di là del numero delle sconfitte, che per una squadra che punta anche quest’anno a un buon posizionamento in lottery va anche bene, l’impressione è che sembra mancare un leader, un trascinatore che forse la dirigenza sperava di trovare in Sarr pescandolo alla #2, ma sul cui futuro al momento è davvero difficile fare speculazioni. Nel frattempo la domanda che ci poniamo è: ce la faranno i nostri eroi a superare il record disastroso di 28 sconfitte consecutive stabilito dai Pistons la scorsa stagione?
Luka is back!
Su Luka Dončić erano già partite le critiche. Lo sloveno non stava dando seguito alle ottime stagioni a cui ci aveva abituato. Il tiro da tre punti faticava ad entrare, tante palle perse e soprattutto la condizione fisica non era delle migliori. Luka ha saltato poco più di una settimana di Regular Season NBA a causa di un infortunio al polso, ma a quanto pare questo stop forzato gli ha fatto bene.
Dal suo ritorno ha segnato 36 punti contro i Portland Trail Blazers con il 63% dal campo ed anche 13 assist, ed anche 37 punti contro i Memphis Grizzlies nell’ultima gara di NBA Cup con il 56% da tre punti ed il 50% dal campo. Dallas si è ripresa dopo un avvio di stagione abbastanza incolore ed ora è attesa da un mini road trip ad est tra Washington e Toronto, ma con la consapevolezza di avere di nuovo il vero Luka Doncic dalla sua parte.
Donovan Clingan sta ingranando
A proposito di Portland, è doveroso spendere due parole per la settima scelta dei Blazers allo scorso Draft. Nonostante un piccolo fastidio che lo ha tenuto fuori dal campo nell'ultima settimana, l'inizio di stagione del giraffone Clingan nell'Oregon è stato più che positivo, riuscendo a impattare fin da subito nel gioco di Portland e soprattutto creando tanto spazio di cui si nutrono le guardie della squadra: Anfernee Simons, Scoot Henderson e Shaedon Sharpe.
Solo 6.3 punti di media in stagione, ma guardate il dato dei rimbalzi: più di 3 rimbalzi offensivi di media a partita, è tra i migliori in NBA e quelli che ne prendono più di lui giocano mediamente il doppio dei suoi minuti. Contro Houston poi ha sfornato una prestazione di rodmaniana memoria da zero punti segnati in 26 minuti ma con 19 rimbalzi conquistati, 9 dei quali in attacco.
La vera differenza però Clingan la fa in difesa, soprattutto grazie alle sue straordinarie doti di rim protector. È terzo per rim defense field goals vs expected con -17.1%: questa particolare statistica dal nome molto complesso calcola quanto peggio (-) o meglio (+) gli avversari tirano al ferro quando sono contestati dal giocatore in questione. In buona sostanza calcola l’impatto che un giocatore ha in difesa sulle percentuali degli avversari nei pressi del canestro.
Davanti a Clingan ci sono soltanto Wembanyama (-19%), la cui sola presenza spesso costringe gli avversari a girare al largo (e questo sul foglietto delle statistiche non lo trovate scritto) e Jonathan Isaac (-18.1%), che senza gli infortuni si candida tranquillamente tra i migliori lunghi difensivi della lega.
Guardate come è in grado di dominare contro qualsiasi tipo di attaccante: Randle, Gobert, McDaniels o DiVincenzo, per lui cambia poco.
La concorrenza nel suo ruolo è agguerrita, dal momento che deve contendersi i minuti con Robert Williams III, che grazie al suo soprannome "Time Lord" che vince a mani basse il premio come miglior nickname della lega, e un Deandre Ayton – prima scelta assoluta nel Draft di Dončić, SGA e Trae Young, lo ricordiamo – che però continua ad avere problemi di infortuni. Una cosa la possiamo dire: Portland ha trovato il suo centro del futuro.
Brooklyn Nets: che cosa fare da grandi?
Rapido salto indietro di qualche mese: i Brooklyn Nets, che avevano ipotecato il proprio futuro nella trade per James Harden ormai tre anni e mezzo fa, si riprendono in mano “la propria vita” e prima scambiano Mikal Bridges ai New York Knicks per cinque prime scelte ed una seconda, successivamente scambiano le pick che avevano dei Suns con Houston ottenendo in cambio le proprie scelte. I Nets hanno abbracciato la strada del rebuilding accettando qualche anno di ranking con l’intenzione di costruire via Draft sperando nella fortuna di ottenere la prima scelta assoluta in modo da portare a Brooklyn Cooper Flagg, gioiello in forza a Duke quest’anno.
Per intraprendere questo nuovo percorso si sono affidati a Jordi Fernandez, giovanissimo coach della nazionale di pallacanestro del Canada. Cosa c’è che non va? Che i Nets stanno vincendo più del previsto. Al momento si trovano ottavi nella Eastern Conference e stanno giocando fin troppo bene. Si, sembra assurdo lamentarsi di questo, ma è così. I Nets hanno bisogno di perdere e di scendere di seed per aumentare le proprie chance di avere la pick più alta possibile al prossimo Draft NBA.
Occhio alla clausola
Zion Williamson è di nuovo alle prese con un infortunio. Questa volta la causa è uno stiramento muscolare, è Zion al momento è fuori a tempo indeterminato. Il rapporto tra l’ex Blue Devil e gli infortuni è un po' come quello tra Balotelli e i limiti di velocità in autostrada: non scorre buon sangue. In più di 5 anni di carriera in NBA Zion ha giocato soltanto 190 gare per i Pelicans, non ha mai preso parte a una partita di playoff e ha una percentuale di gare saltate sul totale superiore al 60%.
Nel 2022 Zion è uscito dal suo contratto da rookie e ha rinegoziato un nuovo contratto con la franchigia della Louisiana, che ci ha tenuto ha inserire all’interno dell'accordo delle clausole quantomeno particolari.
Non avendo giocato nelle scorse stagioni il numero minimo di partite stabilito, il contratto di Zion per i prossimi 3 anni non è garantito, ma dipenderà in parte dalla sua forma fisica e dal suo peso. Per 6 volte nel corso di questa e delle prossime stagioni dovrà salire sulla bilancia e pesare un massimo di 295 libbre, cioè circa 133 chili, e se non dovesse rispettare questi parametri Zion potrebbe dover dire addio al 20% del contratto del 2025-26.
Un altro 40% del contratto è legato a se riuscirà a scendere in campo per almeno la metà delle partite di quest'anno e un ulteriore 20% se riuscirà a giocarne 61, ma già ora quest'ultima opzione sembra molto improbabile da raggiungere.
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