Anora vuole essere il film del 2024
Con una protagonista che buca lo schermo, Sean Baker sente l’odore degli Oscar grazie ad Anora.
Piccolo excursus. Il 2023 si era segnato del fallimento, da un punto di vista puramente critico e non certo degli incassi, del film su cui l’Academy aveva riposto molte delle proprie speranze: Barbie, film della non più emergente Greta Gerwig, si proponeva come volto per la notte degli scorsi Oscar. Politicamente, tutti speravano di poter premiare un manifesto della donna forte, indipendente, che rivendicava il proprio posto nel mondo. Alla fine, i giudizi quantomeno contrastanti sulla pellicola hanno obbligato l’industry a un improvviso dietrofront. Chi ha saputo sfruttare questo clamoroso flop a proprio vantaggio è stato nientemeno che quel filmone controverso e femminista di Povere Creature!, diretto da Yorgos Lanthimos, che con le statuette è riuscito in un autentico successo. Da questo percorso, il 2024 si è impreziosito anche di quelli che puntavano ad essere i prosiegui spirituali del film con Emma Stone. Di questi tempi il cinema prende le difese delle donne e sceglie di metterle in luce. Su tutti, Kinds of kindness (altra impresa titanica di Lanthimos con Emma Stone) non sembra voler essere un continuo tematico della sua opera precedente, ed anche per questo non è stato capito; Joker: Folie à deux, da alcuni definito “femminista”, si chiude indiscutibilmente senza affrontare i possibili snodi del personaggio di Lady Gaga; un altro film dai toni rosa come Emilia Pérez si fa attendere nei cinema per gennaio. Chi è ambizioso e si batte per esaltare il mondo delle donne risulta già essere Coralie Fargeat, creatrice audace di una perla come The Substance, pellicola che sfrutta il linguaggio del body horror per comunicare le pressioni di tutti i giorni che, particolarmente, vengono affrontate dalle signore. Eppure, a spuntarla definitivamente ecco l’ultima fatica di quel neoverista di Sean Baker, regista noto per lungometraggi che denotano contesti sociali dei personaggi ai margini. Finalmente, è Anora a incarnare la pesante eredità in palio dai tempi di Povere creature. Fine excursus.
Anora - adesso nelle sale italiane - è la storia di una sex worker di Brooklyn (Mikey Madison è immensa nel ruolo), inchiodata a uno strip club notturno che la priva dell’ambizione di diventare altro. È la narrazione di una ragazza senza famiglia che capisce che la vita non ha in serbo opportunità per lei, che crede che non potrà mai vivere diversamente. 23 anni, Anora non immagina di poter venire fuori dal proprio ambiente, dai propri clienti. La presenza di Ivan, 21enne russo, figlio viziato di un oligarca miliardario, sembra però poter portare altro, mettendo in discussione l’intera vita della giovane - che, tra l’altro, ha proprio origini russe. Nei primi 40' di film si consuma la relazione tra i due, densa quasi esclusivamente di scene di nudo e sesso. Lui, senza alcun tipo di giudizio, dice di essersi innamorato di lei e di non poter fare a meno della compagnia della ragazza, solitamente corporea, ed arriva a chiedere ad Anora di sposarlo dopo appena due settimane. Lei, per la verità, sfrutta sì l’occasione, ma non sembra “raggirare” l’immaturo Ivan, ed alla proposta di matrimonio naturalmente accetta. L’unione matrimoniale sembra regalare all’esistenza di Anora, incredibilmente, nuove speranze. Infatti, da subito le permette di abbandonare lo strip club e la lancia verso una vita più dignitosa e finalmente felice, riuscendo a farla sognare in grande. Eppure, inversamente alle attese, il matrimonio con il ragazzo russo porta con sé soltanto conseguenze avverse, in primo luogo la contrarietà della ricchissima famiglia del nuovo marito, un nuovo mondo pronto a scontrarsi violentemente.
Per tutto l’arco della pellicola, Sean Baker si muove negli ambienti di cui ha grande familiarità: le rincorse tra i sobborghi newyorkesi ricordano gli universi - sempre molto veri - tipici del regista. Le strade sono sconosciute, il fantasma del sesso facile è ovunque, e la Grande Mela non si riconosce. La metropoli finisce per assomigliare al microcosmo di Tangerine, opera del 2014 dello stesso Baker, a cui si aggiungono, poi, le suites e gli attici, autentici teatri di lussuria. L’autore americano resta nella comfort zone, senza allontanarsi da quei luoghi che sa fotografare tanto bene, muovendo spesso la telecamera e lasciandosi andare a licenze che oscillano tra i toni più didascalici di Un sogno chiamato Florida e i contorni più estrosi di Red Rocket, le sue ultime due pellicole. Baker trova così il suo equilibrio e firma certamente il suo lungometraggio migliore, riservandosi anche delle auto-citazioni: “Il mio sogno è sempre stato di andare a Disneyland” o “Mia madre vive in Florida” sono espressioni pronunciate da Anora che, di gran segreto, suggeriscono un gran collegamento tra la protagonista e la Moonee di Un sogno chiamato Florida.
Allo stesso modo, non si può non notare il grosso rimando a Quei bravi ragazzi, riposto in bocca al giovane Ivan ad inizio film, che domanda: “Sono buffo? Ma buffo come? Nel senso che ti faccio ridere?”. Alla fine, nonostante i tantissimi momenti tipici della commedia, Baker assicura un dramma incisivo e emozionante, dove i personaggi sanno far ridere spesso, ma restano sempre nella loro aura burrascosa, afflitta, seria, perfino tenera, senza mai sfociare nel ridicolo o nel comico. Sotto la guida di Baker, ogni frase, ogni insulto, ogni malizia, ogni trucco, ogni indecisione di Anora, questa sex worker, riesce a diventare paradossalmente qualcosa di candido e immacolato, sincero e, tra le mille peripezie del suo percorso, il personaggio resta vivido e sopravvive nei confronti: è più forte delle logiche consumistiche, degli oligarchi russi e della potenza dei soldi. La ventitreenne non si fa comprare ed è, fino alla fine, forte.
In definitiva, per la persona che è e per quello che la pellicola esprime, Anora è la donna che il mondo merita. Ma allo stesso tempo è una prostituta. Sean Baker non mente mai, ma riesce a scavare dentro lo spettatore più in là di qualsiasi pregiudizio, e centra ogni colpo. Il finale del film, intensissimo, farà parlare di sé. Dopo l’incoronazione di Povere creature, l’Academy è chiamata ad una scelta, e non potrà non premiare un’altra pellicola sì colma di sesso e nudo, ma che eleva infinitamente la dignità di qualsiasi donna: Anora si merita tutto. Infine, una minuscola menzione: a metà film le sequenze cominciano a posarsi con una certa frequenza negli occhi di un certo Igor (interpretato da Jurij Borisov), sgherro dalla parte dei russi, e non più su quelli di Anora. Senza dire niente, è lui che comunica emozioni, sentimenti. Mantiene onore, ed è uno di quei pochissimi uomini che meritano di essere salvati, oltre a essere un grande personaggio. Struggente.
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