Juventus-Torino 2-0, Considerazioni sparse
Solito copione sotto la Mole: alla Juve basta il compitino contro un Torino inoffensivo.
È il derby con più diseguaglianza tra le contendenti, più a senso unico del nostro campionato: negli ultimi 19 anni, da quando il Toro è diventato Torino FC, è riuscito a vincerne una sola edizione (2015), certificando il dominio cittadino della Juventus. All’Allianz Stadium va in scena il consueto copione, con un Torino che indossa mestamente il ruolo da vittima sacrificale e la Juventus che manco deve fare fatica per portare a casa l’intera posta in palio. Finisce 2-0, con delle considerazioni che potrei copiare da annate precedenti ed una sensazione di noia per buona parte della partita, come in un film di cui non solo si conosce il finale, ma anche lo svolgimento è tecnicamente bruttino. Tre punti d’ordinanza per i bianconeri, mentre i granata sprofondano mestamente e pericolosamente: al di là della sconfitta, per i granata si tratta dell'ennesima prestazione preoccupante.
Motta sceglie un 4-2-3-1 con Yildiz, Koopmeiners e Weah a supporto di Vlahovic: nel primo tempo, il bel lavoro arriva dall’impostazione da dietro che salta la prima linea di pressione avversaria, soprattutto sul lato destro, dove Cambiaso la fa da padrone. Proprio da un’incursione di quest’ultimo, gentilmente concessa da una dormita avversaria, nasce il gol di Weah, lesto ad insaccare la respinta di Savic. Altre due volte i bianconeri arrivano al tiro da posizione favorevole nella prima frazione, e poi, dall’inizio della seconda inseriscono la modalità stand-by accorgendosi dell’inoffensività granata ed addormentano la gara, chiudendola infine grazie ad una bellissima combinazione Conceicao-Yildiz a 10’ dallo scadere. Una gara magari non perfetta, ma certamente matura della squadra di Thiago Motta, che ha meritato senza mezzi termini i tre punti sfruttando due lampi nella disarmante pochezza avversaria.
Il Torino arrivava al derby in crisi nera, 6 sconfitte nelle ultime 7 e l’infermeria piena zeppa: non ci sono segni di miglioramento, ed il simbolo della confusione di Vanoli è il tentativo di inizio “a la Juric”, con un pressing molto alto ma eseguito male, così male che la Juve salta sistematicamente la prima linea e si ritrova con praterie aperte. Se il passivo, a fine gara, non sarà più pesante è più per via del fatto che la Juve decide di intorpidire la gara piuttosto che per reali meriti granata: anche per quanto riguarda l’attacco, il Torino conferma la pochezza mostrata nelle ultime uscite, con un tiro in porta arrivato al 91’ e la sensazione di una sterilità dovuta tanto ad una manovra inefficace quanto alla scarsa vena degli interpreti. Vlasic è fuori condizione e da seconda punta è leggero quanto un fuscello nel vento, Sanabria troppo isolato, nessuno dei centrocampisti si inserisce (Ilic disastroso, Gineitis acerbo), nessun laterale salta l’uomo (Pedersen, sostituto di Bellanova, è impresentabile in Serie A, infatti è retrocesso a Sassuolo). Insomma, la prestazione dei granata è imbarazzante in tutte le fasi, tecnicamente anche i passaggi più elementari sembrano utopici, i cambi sono incomprensibili, con l’aggravante che queste difficoltà perdurano da più di un mese.
Promossi e bocciati. Il Torino è una squadra oggettivamente troppo in difficoltà per annoverare tra le sue fila qualcuno di sufficiente: è evidente come i granata siano in una fase di regressione in cui anche i singoli interpreti sembrano individualmente peggiorati, senza alcuna eccezione. Tra i bianconeri, invece, i migliori sono Thuram e Cambiaso: la presenza ed i muscoli del francese giganteggiano a centrocampo, e le scorribande del laterale sono un coltello caldo nel burro granata. Non fa più notizia, ma la difesa si conferma solida e non concede praticamente nulla ai granata: se si cerca qualcuno sottotono, gli imputati sono Koopmeiners, ancora non a suo agio nella posizione disegnata da Motta ed un Vlahovic volenteroso ma spuntato. Infine, nella pochezza del secondo tempo, spicca la prima rete in un derby di Kenan Yildiz e la sua dedica ad Alex Del Piero, un numero 10 che di derby ne ha decisi parecchi, proprio nel giorno del suo cinquantesimo compleanno.
Era la prima stracittadina torinese per Thiago Motta e Paolo Vanoli: la vince senza mezzi termini il brasiliano, con la sua Juve che domina il match benché sembri ancora una creatura spuria, con grandi margini di miglioramento. Vanoli, dopo un inizio promettente, sta mostrando molti limiti: alle prime sconfitte, ha rannicchiato il suo Torino in un sistema ultra difensivo, che ha il doppio difetto di sottrarre identità e di esser eseguito in maniera terrificante, tanto che vien da chiedersi cosa venga allenato in settimana. La sensazione è che l’avventura del neo-tecnico granata potrebbe già esser vicina al capolinea, con il presidente Cairo che troverebbe un altro capro-espiatorio perfetto per le sue nefandezze continue ed incessanti: non bisogna mai dimenticarsi la grossa attenuante di un mercato che ha consegnato al tecnico ex-lagunare una squadra peggiorata in tutti i reparti e depauperata di alternative (oramai sono costretti in campo i primavera Njie e Gineitis), ma di certo, d’altro canto, la squadra non può andare avanti su questo binario e Vanoli non sembra al momento aver la barra del timone ben salda per trovare una rotta che impedisca di finire nelle sabbie mobili.
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