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Marc Casadó New Wave
, 4 Novembre 2024

Marc Casadó, il pensatore


Senza fare rumore, Marc Casadó è diventato fondamentale per il Barcellona di Hansi Flick.

Tra il 1513 e il 1514 Niccolò Machiavelli, un ex segretario della Repubblica Fiorentina caduto in disgrazia e costretto all'auto-esilio, scrive la sua opera più famosa e una delle più rilevanti nella storia della politica mondiale: il De Principatibus, meglio conosciuto come Il Principe. In questo saggio, dedicato prima a Giuliano e poi a Lorenzo de' Medici, Macchiavelli analizza le caratteristiche e i meccanismi politici necessari a conquistare e, soprattutto, mantenere il potere, introducendo il concetto della ragion di stato. È un’opera rivoluzionaria, che rompe con la tradizione e che più di cinquecento anni più tardi resta ancora contemporanea e fondamentale. Ne Il Principe, Niccolò Macchiavelli espone anche la sua visione ciclica della storia: "Tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi".

Nel mondo del calcio contemporaneo, l'idea di ciclicità della storia sembra la metafora più calzante per descrivere il funzionamento del settore giovanile del Barcellona, La Masia (che curiosamente prende il nome da una villa situata all'interno del centro sportivo blaugrana esteticamente piuttosto simile a quella in cui Niccolò Machiavelli scrisse Il Principe). Passano i decenni, cambiano giocatori, allenatori e dirigenti, ma La Masia continua a sfornare talenti pronti come se non ne potesse fare a meno.

Negli ultimi anni, sembrava che La Masia stesse perdendo qualcosa, che non riuscisse più a creare nuove generazioni di blaugrana pronti a diventare la spina dorsale del Barcellona del futuro. Questo periodo di magra durato quasi un decennio è arrivato in seguito al momento d'oro delle giovanili del Barcellona, quello della generazione dei nati negli anni Ottanta - Messi, Iniesta, Xavi, Piqué, Busquets, Pedro, Puyol (nato nel '78) Fabregas, Jordi Alba, Victor Valdes, Arteta e si potrebbe andare avanti - che corrisponde a grandi linee alla prima presidenza Laporta.

La banter era della Masia, invece, si sovrappone al regno di Sandro Rosse prima e Josep Bartomeu poi. Durante il decennio 2010-2020, Il Barcellona sembrava avesse lentamente perso la sua identità, la fiducia nei ragazzi appena usciti dalla Masia. Ha optato per mercati faraonici che spesso non hanno ripagato e ha lasciato partire molti giovani che poi si sono affermati altrove, come Thiago Alcantara e suo fratello Rafinha, Icardi, Adama Traorè o Dani Olmo. Con il ritorno sul trono culé di Joan Laporta, la visione di un Barcellona fondato innanzitutto su giovani catalani o cresciuti in Catalogna sembra tornata predominante. Molti di questi ragazzi si sono già affermati nelle ultime stagioni con Xavi in panchina - Gavi, Lamine Yamal, Cubarsì e Fermín su tutti - ma il nuovo corso targato Hansi Flick ha fatto emergere un giocatore che forse non ruba l’occhio né ha la precocità di alcuni suoi compagni, ma si sta rivelando altrettanto fondamentale: Marc Casadó Torras.

Dopo avere scomodato uno dei più importanti pensatori politici della storia per parlare de La Masia, prendiamoci il lusso di tirare in ballo anche uno degli scultori più straordinari per descrivere la finezza del gioco di Casadó. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, Auguste Rodin realizza la sua opera più celebre: Il Pensatore. L’artista parigino vuole raffigurare un eroe michelangiolesco che racchiuda insieme gli ideali di intelletto e poesia. Proprio come la simbologia che ispirò Il Pensatore, Casadó in campo riesce a esprimere contemporaneamente profonda intelligenza e attimi di alta poesia. Ben prima che gli arrivi il pallone tra i piedi, Marc Casadó dà sempre l'impressione di sapere la giocata da fare. Poi, con pochissimi tocchi delicati e puliti, passa corto o lancia lungo con la visione e la precisione di un veterano. Grazie alla sua intelligenza tattica, gli basta una frazione di secondo per comporre il gesto poetico di cui i compagni seguiranno la metrica. Vederlo giocare è una gioia per gli occhi, le sue verticalizzazioni millimetriche paiono di una semplicità innata, proprio come quando godiamo della claritas di alcuni grandi poeti e versi su cui hanno lavorato per anni che ci suonano naturali, spontanei.

Chi non ha seguito assiduamente il Barcellona in questo inizio stagione, probabilmente si sarà sorpreso godendo della prestazione da Pensatore di Casadó al Clásico, il suo primo Clásico, nella cornice non semplicissima del Santiago Bernabeu. Al 53’ il risultato è ancora fermo sullo 0-0. Nel primo tempo i blaugrana hanno tenuto a lungo il controllo del pallone ma, tolto un tiro di Lamine Yamal, non hanno creato granché. Iñigo Martinez batte velocemente una punizione sulla linea di centrocampo, passandola all'indietro verso Casadó. Mbappé abbozza un timido tentativo di pressing, ma ormai è già troppo tardi: il 17 del Barcellona sa già esattamente cosa fare, quell’azione nella sua testa l’ha già vista. L'ha già pensata. Alza la testa, con tre tocchi entra nel cerchio di centrocampo e, quattro secondi dopo aver stoppato la palla, rompe le due linee difensive del Real Madrid con un tagliante perfetto che passa tra Valverde e Tchouameni, punisce l’anticipo errato di Militão e mette Lewandowski davanti al portiere.

Marc Casadó nasce il 14 settembre del 2003 a Sant Pere de Vilamajor, uno dei tantissimi borghi medievali che punteggiano la Catalogna, neanche tremila anime a metà strada tra Barcellona e Girona. Come quasi tutti, si avvicina al calcio da piccolissimo. Trascorre i primissimi anni nelle giovanili di squadre locali e poi, a tredici anni, arriva la chiamata che gli cambia la vita. Entra a La Masia e inizia a vestire quotidianamente la camiseta blaugrana, che ben presto diventerà più di una seconda pelle. L’esordio in prima squadra arriva sei anni dopo quella chiamata, il 1º novembre 2022, quando subentra a Franck Kessié nella gara di Champions League vinta contro il Viktoria Plzen. Xavi, però, non lo vede come un titolare e anzi spesso non lo convoca neanche. Con l'ex capitano in panchina gioca pochissimo: solo quattro presenze, due in Liga e due in Champions, tutte da subentrato, per un totale di 58 minuti giocati. Quest'estate, però, arriva Hans-Dieter Flick a sostituire Xavi e la sua carriera prende una piega tanto inaspettata quanto meravigliosa. Con il tecnico tedesco diventa un titolare inamovibile, un pezzo fondamentale della sua scacchiera. Il Barcellona ha cominciato benissimo la stagione, si trova in testa alla Liga e in Champions League ha reagito benissimo alla sconfitta all’esordio contro il Monaco: 5-0 contro lo Young Boys e, soprattutto, 4-1 contro il Bayern Monaco.

Non è semplice descrivere in poche righe le idee del tecnico di Heidelberg e delle relative applicazioni in campo. Innanzitutto, cosa notevole, Flick ha abbandonato il 4-3-3 e la versione più rigida del gioco di posizione, ormai diventati parti integranti del DNA barcellonista, abbracciando invece sulla carta un 4-2-3-1 interpretato in maniera molto particolare. La linea difensiva è tenuta sempre molto alta, praticamente sulla linea di centrocampo, tanto che il difensore centrale Cubarsí e il centravanti Lewandowski si trovano spesso a non più di 25-30 metri l'uno dall'altro, cosa che permette di usare il fuorigioco come arma tattica costante e al contempo permette alla squadra di restare sempre corta e compatta, capace di riaggredire immediatamente appena perso palla. Una volta recuperata, il Barcellona cerca di occupare gli spazi centrali lasciando spazio sulle fasce per la velocità e la fantasia di Lamine Yamal, Raphinha, Ferran Torres o chi per loro.

Marc Casadó sembra nato per muoversi nella densità di un centrocampo in sovraccarico, come se recuperare palla e verticalizzare rapidamente fossero un automatismo, un istinto ancestrale. Il 17 non è solo un giocatore di classe, dotato di grande pulizia tecnica palla al piede e nei passaggi, ma è anche straordinariamente capace di scegliere i tempi giusti per le chiusure. In questo avvio di Liga, confrontato con gli altri centrocampisti del campionato, è contemporaneamente primo per tackle e per precisione nei passaggi progressivi; quinto per la precisione dei passaggi in generale e per i passaggi realizzati nell’ultimo terzo di campo. Secondo FBref, invece, che lo mette a confronto con i pari posizione nei cinque campionati europei più importanti nell’ultimo anno solare, lo colloca nel novantanovesimo percentile per assist e nel novantaduesimo per G+A.

La sua "scheda passaggi", poi, fa invidia a mezza Europa: solo per citare qualche voce è nel novantaquattresimo percentile per precisione passaggi medi, nell’ottantottesimo per passaggi nell’ultimo terzo di campo e percentuale di passaggi riusciti. A tutto questo si possono aggiungere altri dati sparsi che aiutano a dare la misura della sua intelligenza calcistica: non ha mai servito un passaggio per un compagno in fuorigioco, si trova nel miglior 14% per contrasti vinti, nel miglior 6% per quelli effettuati a centrocampo e nel miglior 6% per numero di contrasti realizzati nella trequarti offensiva.

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Per comprendere ancora meglio che giocatore completo sia Casadó, oltre all'assist nel Clásico conviene rifarsi a quello messo a segno nel derby catalano vinto per 4-1 a Girona lo scorso 15 settembre. Anche in questo caso, la rapidità di pensiero, l'abilità nel vedere la giocata ancora prima di avere il pallone tra i piedi, è ciò che colpisce maggiormente. È il 62'. il Barça sta già vincendo 3-0. L'azione parte da Iñigo Martínez che si alza palla al piede e, superata di un paio di metri la centrocampo, serve Raphinha nel mezzo spazio di sinistra. Il brasiliano riceve spalle alla porta, lascia scorrere la palla sull'esterno del piede sinistro e di prima fa arrivare il pallone a Marc nella fascia centrale, di fronte ai due difensori centrali avversari. Casadó, distante almeno 30-35 metri dalla porta, vede che Pedri sta tagliando rapidamente dal mezzo spazio destro verso il centro dell'area mentre i due centrali del Girona sono attirati dalla boa Lewandowski. Pedri controlla al limite dell'area, salta il portiere con un tocco di destro e con il sinistro spinge la palla in porta. Un secondo, un tocco e manda il compagno in porta. A Marc Casadó non serve altro.

Insomma, a La Masia sono sempre stati molto esperti nella costruzione di centrocampisti dal tocco fino e dall'intelligenza di gioco di Deep Blue. Come abbiamo già detto, il settore giovanile del Barcellona ha trovato, estratto, sgrezzato e sfaccettato alcuni dei migliori interpreti del ruolo nella storia del calcio: in primis, Xavi, Iniesta e Sergio Busquets. Finalmente, circa vent'anni dopo l'esordio dei Big Three del centrocampo catalano, sta arrivando un ricambio generazionale che promette di essere non alla pari, ma quantomeno degno erede di una tradizione tanto sofisticata. Pedri, Gavi, Fermín e Marc Bernal (purtroppo, come il secondo della lista, già vittima di un grave infortunio al crociato) hanno già dimostrato di essere giocatori in grado di competere ai massimi livelli del calcio mondiale e di farlo grazie agli insegnamenti de La Masia. Quest'anno alla lista si è aggiunto un nome inaspettato, quello di Marc Casadó, forse ritardatario rispetto ai suoi precocissimi compagni ma che nel giro di pochi mesi è diventato un fulcro fondamentale per il gioco di Hansi Flick, un pensatore del quale sentiremo parlare ancora molto, molto a lungo.


  • Nato nel nuovo millennio in provincia di Torino. Appassionato di sport, romanticismo, scrittura e di tutto ciò che è argentino. Juventino con ogni fibra del proprio corpo, ha un’adorazione sfrenata per La Masia e per i mancini di Lionel e Lamine oltre che per la Madrid dei Colchoneros, in più perde il sonno grazie ai Boston Celtics.

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