Fiorentina-The New Saints 2-0, Considerazioni Sparse
Esordio in chiaroscuro per la Fiorentina nella fase campionato della Conference League.
Per la Fiorentina la Conference League ha oramai assunto tinte fosche, sinistre, di traumi difficili da dimenticare. Bi-finalista (perdente) in carica, tra le favorite in pectore (ma non la favorita in assoluto, vista la presenza del Chelsea, impostosi 4-2 sul Gent), la Viola si affaccia alla sua competizione europea dopo un preliminare ben più sudato del previsto e in un momento di condizione modesta, dove ai picchi di alcuni singoli non corrisponde un'armonia generale di gioco. E se questa sfida doveva anche portare rassicurazioni in tal senso, l'obiettivo può dirsi mancato. Restano quantomeno i tre punti della seconda vittoria stagionale (su 9 gare), pronosticati e indispensabili nell'ottica di un passaggio diretto agli ottavi.
Doveva essere un impegno semplice e senza troppi patemi per la Fiorentina, quello che vedeva arrivare al Franchi The New Saints of Oswestry Town & Llansantffraid Football Club, più semplicemente The New Saints, campione di Galles ma soprattutto prima squadra cimbrica di sempre ad aver superato i preliminari di una coppa europea. Invece la gara si trasforma in un assalto al fortino durato più di un'ora, con i gallesi che al primo minuto spaventano i viola nell'unica loro incursione offensiva, prima di trincerarsi in un rigidissimo blocco basso. Assalto nel quale la Fiorentina raccoglie letteralmente feriti (Mandragora, che al 44' si fa male calciando un pallone destinato a stamparsi sull'incrocio dei pali) e che vede la squadra di Palladino, soffocante e al contempo soffocata, imporsi solo con l'uso dell'artiglieria pesante: gli ingressi di Dodô, Kean e Gudmundsson al 58' propiziano lo sfondamento dei viola, che in quattro minuti con Adli e Kean archiviano la pratica.
Non sappiamo dire se il tecnico del The New Saints, l'inglese Harrison, avesse meticolosamente studiato la partita della Fiorentina contro l'Empoli, o si fosse limitato a rivedere alcune delle prestazioni sottoritmo dei viola nello scorso anno, o ancora in maniera più banale avesse (a ragione) ritenuto la difesa a oltranza l'unica via per non sfigurare al Franchi, visto l'abisso tecnico che separa le due squadre. Fatto sta che i gallesi qualche applauso se lo sono meritato, quantomeno per aver mostrato una lucidità mentale perfino maggiore dell'avversario. Mentre, lato gigliato, l'annoso, antico problema della viola sul come affrontare avversari compatti e che le tolgono la profondità, si è manifestato appieno anche stavolta. Con un copione, complici gli interpreti iniziali, fin troppo noto: le difficoltà di Beltran nel farsi spazio, gli ineluttabili errori finali di Ikoné, l'inconsistenza di Sottil. E ancora, la manovra lenta, macchinosa, dove la ricerca spasmodica dell'ampiezza si sfalda in imprecisioni e poco movimento senza palla. Complice la scelta del 4-2-3-1 come modulo di partenza, e forse per quel senso di revival dato dalla titolarità (nel quadro di una squadra rivoluzionata) di 9 elementi su 11 reduci dall'annata passata, è parso di rivedere una delle versioni più scialbe, brutte e criticate della Fiorentina di Vincenzo Italiano.
La questione modulo in fondo non può essere così centrale nei malanni della Fiorentina, per quanto definire se la disposizione di partenza sia a tre o a quattro - specialmente se si difende, volente o nolente, di reparto - spesso è la base per fissare in che modo la squadra debba occupare il campo. Eppure, in una serata all'insegna del turnover, dove il reparto difensivo viola è decapitato (fuori Comuzzo Ranieri e Quarta per squalifica, e Pongracic per infortunio), vedere Biraghi affiancarsi all'esordiente Moreno per formare la coppia centrale fa sospettare una certa confusione della testa dell'allenatore. Non tanto per la prestazione in sé del capitano gigliato, ordinata e senza sbavature (né particolari sollecitazioni), quanto per l'abiura di un'idea provata con insistenza e convinzione, quella della possibilità di riciclare tanto Biraghi quanto Kayode come braccetti della difesa a tre. Idea all'apparenza consolidata, al punto da rendersi necessario il correttivo sul mercato con l'arrivo di Gosens, ovvero di un quinto più strutturato fisicamente e maestro nell'attacco dell'area. Dopo le difficoltà di inizio stagione e il primo, modesto tentativo di ritorno al passato contro l'Empoli, la gara contro i The New Saints poteva essere il tipo d'impegno adatto a riprendere il filo di un'identità da costruire: non è stato così, forse all'insegna della paura, forse del rigetto di parte della squadra ad assimilare nuovi principi di gioco.
Cosa resta di questo esordio di Conference League, oltre ai complimenti di rito per gli avversari? Ben poco. L'argentino Moreno ha commesso più di un passo falso nell'incertezza generale, i giocatori finora meno utilizzati hanno quasi tutti mancato l'appello, e al netto della formazione rimaneggiata, non ci sono stati segnali molto incoraggianti a livello tattico e di principi di gioco. Nonostante il gol del 2-0 si è perfino insidiato il dubbio sulla capacità di Moise Kean di superare le sue prove di maturità calcistica, nel momento in cui ha mollemente appoggiato da un metro la palla del 3-0. Lo stesso esordio dal primo minuto di Adli, primo marcatore della partita, se da un lato è valso a mostrare le sue qualità di palleggio e visione di gioco, dall'altra lasciano dubbi sulla sua efficacia senza palla specialmente laddove il campo si allunga. All'apparenza, non una soluzione molto spendibile in vista del Milan.
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