Juventus e Napoli hanno molto su cui lavorare
Sia la Juventus che il Napoli hanno fatto vedere idee interessanti, ma ancora troppo acerbe.
Specialmente nell'ultimo decennio, grazie alle rivalità sugli spalti e in campo, Juventus-Napoli è diventata un "classico" tra big di Serie A, partita spesso decisiva capace di infuocare gli animi e il campionato. Tuttavia, quest’anno si ha avuto l’impressione che la partita arrivasse un po’ in sordina, fosse meno sentita, probabilmente complice la presenza del derby di Milano nel palinsesto della giornata, il fatto che si tratti di due squadre rinnovate e ancora in fase di costruzione e il minore valore emotivo di una sfida alla 5° giornata. Per tutti questi motivi, si poteva sospettare che questo Juventus-Napoli non sarebbe stato un confronto a viso aperto, acceso ed entusiasmante come altre volte.
La nuova Juventus guidata da Thiago Motta, infatti, ha trovato - ha confermato, in linea con la sua tradizione - una grande solidità difensiva, non avendo subito nemmeno un gol nelle prime 5 di Serie A (e avendone subito uno soltanto, ininfluente e all'ultimo minuto, in Champions League) a fronte di 1,92 xG concessi. Al contrario, però, la fase offensiva bianconera non stava spiccando per brillantezza: 6 gol fatti ma concentrati nelle prime due partite contro Como ed Hellas Verona, seguiti da tre 0-0 consecutivi per un totale di 3,10 xG costruiti su azione con un picco di 1,36xG nella vittoria al Bentegodi.
La Juventus è risultata ancora piuttosto sterile, riuscendo a consolidare il possesso con efficacia ma trovando difficoltà nel portare il pallone in zone pericolose per un fraseggio poco dinamico. Antonio Conte invece - per la prima volta all’Allianz Stadium col pubblico da avversario - non si è mai distinto per fasi offensive spumeggianti o spettacolari, specie contro difese molto organizzate. Ci si trovava quindi davanti a una sfida che, anche prima del fischio d'inizio, conteneva già tutte le premesse per uno 0-0. Entrambe le squadre hanno rispettato le attese, regalando però qualche sorpresa interessante.
Il Napoli, infatti, ha schierato una formazione inedita (particolarmente per uno come Conte, che sulla difesa a 3 ha saputo compiere lo step decisivo della carriera) che non stupirebbe rivedere spesso nel prossimo futuro. L'allenatore leccese ha optato per la a difesa a 4 alle spalle di una sorta di 2-2-2 con McTominay chiamato a fare quasi la seconda punta vicino a Lukaku e col duo Politano-Kvaratskhelia a supporto. Thiago Motta, al contrario, sorprende confermando confermando la fiducia a McKennie al posto del nuovo acquisto Douglas Luiz, lasciando in panchina Gatti per Kalulu e schierando Savona come terzino destro come nelle prime tre uscite stagionali.
Fin dall'inizio la partita ha seguito il copione preannunciato: una partita di possesso palla, con un palleggio lento e prevedibile e difficoltà a superare le linee di pressione da parte di entrambe. La Juventus ha cercato di ottenere un vantaggio posizionale inserendo McKennie e Koopmeiners nei mezzi spazi dietro la seconda linea di pressione del Napoli, senza mai creare grattacapi. Il Napoli, a sua volta, si è organizzato con un 4-5-1 ordinato e compatto in fase di non possesso, con Lukaku che rimaneva su Locatelli e i quattro di centrocampo uscivano sui portatori di palla: le mezzali sui centrali e le ali sui terzini, con Lobotka a galleggiare dietro i suoi compagni.
Quando la Juve cominciava la costruzione, Lukaku aveva la libertà di salire in pressione su uno dei centrali, costringendo Lobotka ad abbandonare la sua posizione per andare su Locatelli; al contrario, McTominay e Anguissa non stringevano sul centrocampista bianconero per non permettere passaggi verso gli uomini nei mezzi spazi. Quando il pallone arrivava direttamente in fascia alle ali juventine, il terzino aggrediva il portatore di palla e l’esterno occupava la linea di passaggio verso la mezzala (Politano su Koopmeiners, Kvaratskhelia su McKennie).
Quando invece gli esterni del Napoli venivano tagliati fuori in pressione, se la palla rimaneva sulle fasce, erano i centrali a rompere sulle mezzali della Juve e Lobotka ripiegava per occupare lo spazio lasciato vuoto dal compagno.
Il problema della Juventus, chiarissimo contro il Napoli ma già sofferto nelle precedenti uscite, è stato riuscire a portare col fraseggio il pallone nelle zone dove i suoi giocatori migliori sono più pericolosi. Yildiz si trovava spesso largo, occupando l'ampiezza e aspettando il pallone sui piedi per puntare l’uomo, quando probabilmente sarebbe più a suo agio a ricevere nel mezzo spazio; Nico Gonzalez, giocatore bravissimo quando si trova a fare movimenti in profondità e che ha dimostrato di saper attaccare benissimo il secondo palo, giocava possessi troppo statici; Koopmeiners e McKennie, invece, non hanno quasi mai ricevuto palla nel mezzo spazio, giocata che avrebbe potuto fruttare una promettente superiorità numerica sul terzino avversario.
Questa difficoltà nel progredire centralmente si è tradotta in pochi attacchi in profondità ma soprattutto in troppo pochi uomini ad attaccare l’area avversaria. Quando il pallone si trovava sulla fascia di Yildiz, infatti, la Juve aveva possibilità di fare male perché Koopmeiners, Vlahovic e Nico occupavano l’area marcati da Rrahmani, Buongiorno e Olivera, e sul secondo palo restava spazio per gli inserimenti di Savona o Cambiaso. I cross, però, arrivavano quasi sempre da situazioni statiche, nelle quali il terzino non trovava mai l’inerzia per attaccare la retroguardia azzurra. La causa principale di questa mancata verticalità è sembrata una scarsa propensione dei centrali difensivi nella trasmissione della palla.
Bremer, in particolare, allargandosi a sinistra quando Cambiaso saliva a formare il 3+2 in costruzione o ad occupare il mezzo spazio, "castrava" la costruzione giocando troppo semplice in orizzontale e non verticalizzando mai. Kalulu, che non è un grande playmaker ma ha ottime doti in conduzione, si trovava spesso a giocare come centrale, costretto a restare bloccato senza potere sfruttare questa sua dote.
Con l’andare avanti dei minuti, Koopmeiners - inizialmente poco coinvolto - ha cominciato ad muoversi per ricevere largo, facendo spostare Yildiz nel mezzo spazio o agendo proprio da terzino al posto di Cambiaso. Questo adattamento ha migliorato l’uscita palla sulla sinistra della Juve, ma al contempo la ha privata del vantaggio posizionale che aveva una volta superata la seconda linea di pressione. Gli smarcamenti dell’olandese hanno acquisito molto più senso quando Cambiaso ha stretto la sua posizione da esterno basso per favorire lo smarcamento fuori linea del centrocampista, facendo perdere i riferimenti agli avversari.
Dopo alcune ricezioni solitarie di Koopmeiners in quella zona di campo, il Napoli ha cominciato ad accorciare su di lui, o con Anguissa (nel secondo tempo è stata la soluzione preferita) o con Di Lorenzo, lasciando a Rrahmani il compito di accorciare su Yildiz. Attirando Anguissa fuori posizione si svuotava il centro del campo e, nel secondo tempo, la Juventus è riuscita a creare un paio di situazioni interessanti proprio grazie a questi movimenti.
Come dicevamo, se la Juventus si è dimostrata sterile e non ha creato grandi occasioni, il Napoli non si è dimostrato particolarmente più pericoloso. Di certo Conte ha capito meglio di Thiago Motta come poter far male alla retroguardia avversaria e ha creato diversi presupposti interessanti, arrivati soprattutto dalla costruzione dal basso, fase in cui la Juve aggrediva uomo su uomo. A inizio partita Motta ha organizzato la pressione con Koopmeiners e Vlahovic sui centrali, le ali sui terzini e la coppia Locatelli McKennie sui mediani. Il problema principale però era il mismatch fisico tra McTominay e Kalulu, oltre che la grande distanza tra centrocampo e difesa derivato da questo tipo di pressione. McTominay, infatti, scendeva portandosi dietro Kalulu e il trio Savona-Bremer-Cambiaso rimaneva isolato con i tre attaccanti azzurri, una situazione ricercata da Conte e si è ripresentata più volte nei primi minuti di gara.
Dopo circa un quarto d’ora, Thiago Motta ha provato a porre rimedio a questo problema cambiando gli accoppiamenti in fase di pressing: Nico González su Buongiorno, Savona su Olivera, Kalulu su Kvaratskhelia e Locatelli su McTominay.
Motivo ulteriore di questo cambiamento era la struttura del Napoli, che, come spiegato in precedenza, in fase di sviluppo diventava un 4-2-2-2 con i terzini molto larghi e Kvara-Politano più stretti, praticamente in linea con Lukaku e McTominay che fungevano entrambi da punte centrali. Quando Koopmeiners rimaneva su Anguissa mentre Yildiz stava su Di Lorenzo, le fasce erano spesso sguarnite perché i terzini dovevano seguire Kvaratskhelia e Politano nelle loro posizioni più accentrate.
Quando invece Kvaratskhelia e Politano venivano incontro ai centrocampisti, attiravano i propri marcatori e permettevano ai terzini di attaccare lo spazio alle spalle, obbligando gli esterni bianconeri a fare lunghe corse all’indietro e proteggendosi da eventuali transizioni positive dopo ipotetici recuperi del pallone da parte della Juventus. Spesso, Anguissa si abbassava sulla linea di difesa da "terzo" di destra e così facendo riusciva ad attirare Koopmeiners svuotando gli spazi centrali che servivano non solo agli esterni, ma anche a McTominay che, oltre a fare la seconda punta, spesso tornava per aiutare la manovra.
Questo ci riporta al cambio di accoppiamenti deciso da Thiago Motta: quando lo scozzese scendeva molto in basso, Kalulu smetteva di seguirlo innescando una reazione a catena. McTominay riusciva a posizionarsi alle spalle dei Koopmeiners attirando la marcatura di Yildiz, che quindi mollava il suo uomo (Di Lorenzo). Cambiaso a sua volta vedeva il terzino libero e, istintivamente, lo aggrediva lasciando Politano da solo alle sue spalle.
Nonostante questi inconveniente, grazie ai nuovi riferimenti Locatelli era libero di rompere sull’ex United, mentre Kalulu non lasciava la linea difensiva sguarnita. L’unico modo in cui il Napoli sembrava poter fare male alla Juventus, in ogni caso, era la manipolazione di queste marcature a uomo grazie alla posizione atipica degli esterni. Con scambi veloci i giocatori del Napoli riuscivano ad attaccare gli spazi che venivano lasciati vuoti dagli smarcamenti dei compagni e se la palla arrivava sulla fascia c’erano tanti uomini ad attaccare l’area.
Un grosso problema per entrambe le squadre, inoltre, sono state le magre prestazioni dei rispettivi attaccanti. Da un lato Vlahovic, che certamente è stato servito poco ma che ha anche sofferto i problemi tattici citati pocanzi. Il serbo è stato ben poco attivo nel mettere sotto pressione la linea avversaria, ma ciò è certamente dovuto anche alle poche volte in cui la Juve ha superato la seconda linea di pressione. Inoltre, è stato molto ben schermato dalla posizione di Lobotka, autore di un'ottima partita difensiva. Dall’altro Lukaku, di certo molto più coinvolto nella manovra rispetto all'omologo avversario, ma fermato spesso da un Bremer perfetto in marcatura che non gli ha mai concesso lo spazio e il tempo di una giocata.
Entrambe le squadre, come detto nell'introduzione, sono da considerarsi ancora dei cantieri aperti, come è normale avendo entrambe percorso la strada di una grande rivoluzione estiva, che ha comportato enormi stravolgimenti tattici e tecnici, e il cui mercato si è chiuso meno di un mese fa. La Juventus ha ancora grossi problemi in uscita palla che difficilmente saranno risolvibili in breve tempo visti gli interpreti, ma è chiaro come Thiago Motta debba ancora costruire le relazioni necessarie a far progredire il gioco in maniera fluida e più verticale: i suoi giocatori faticano a creare situazioni dinamiche pur ruotando tanto. Il problema non sono tanto i movimenti, quanto la velocità con cui vengono eseguiti - spesso troppo lenta e prevedibile - e le posizioni a cui sono legati. Per esempio, in alcuni casi ali e mezzali si invertivano, ma i giocatori del Napoli non fanno una piega: sono movimenti che non creano scompiglio nelle linee avversarie.
Conte, invece, ha affermato che il nuovo modulo non è stato creato ad hoc per la sfida contro la Juve e che verrà riproposto in altre partite. Tuttavia, questo nuovo schieramento tattico è tutt'altro che rodato e anche per gli azzurri c'è molto su cui lavorare. La posizione di McTominay si è dimostrata interessante e ha creato difficoltà agli avversari, ma Kvaratskhelia costretto in mezzo al campo è parso abbastanza avulso dal gioco, o meglio è stato costretto a giocare con pochi tocchi e con pochi tentativi per saltare l’uomo, rendendo la vita facile ai suoi marcatori.
Sia il Napoli che la Juventus, dunque, hanno ancora molto da fare ma i margini di crescita sembrano molto ampi per entrambe le squadre, che comunque hanno mostrato nella prima partita "di livello" di non avere assimilato del tutto le novità portate dalle rispettive rivoluzioni estive, ma di stare lavorando sodo per tradurre sul campo di gioco le idee di Conte e Thiago Motta. Intanto, nessuna delle due squadre sembra scontenta del pareggio, consapevoli che ci saranno altre occasioni per farsi male a vicenda.
Ti potrebbe interessare
Dallo stesso autore
Newsletter
Iscriviti e la riceverai ogni sabato mattina direttamente alla tua email.