Il flag football ai Giochi Olimpici
A Los Angeles 2028 ci sarà anche il flag football e ovviamente c'entra l'NFL.
Le Olimpiadi di Parigi sono da poco finite: la cerimonia di chiusura ci ha tenuto a ricordare, con uno spazio decisamente più ampio del solito riservato alla prossima città ospitante, che nel 2028 la fiamma olimpica si accenderà a Los Angeles. Come fossimo in astinenza, a poche ore dall’indigestione sportiva dalle due settimane di Giochi, ci si è subito iniziati a concentrare su quello che sarà, su cosa ci aspetterà in California, prima ancora che potesse subentrare la nostalgia delle prestazioni degli Steph Curry, delle Paola Egonu o dei Leon Marchand.
Nel paese che quelle Olimpiadi le ospiterà, la fiamma del braciere olimpico non ha fatto in tempo a spegnersi che si è subito riaccesa quella delle polemiche tra la base degli atletici olimpici, effettivi o potenziali - che vivono nell’ombra del mainstream salvo per quelle due settimane di estasi a cinque cerchi - e le grandi leghe professionistiche statunitensi, che l’attenzione la cannibalizzano per il resto del quadriennio. A ereditare questa fiamma, come un tedoforo, da Noah Lyles, che pure ha saputo trascinarla per un periodo discretamente lungo, è stato Darrell Doucette, soprannominato Housh, che atleta olimpico al momento non lo è, ma spera ardentemente di esserlo in California tra 4 anni.
Darrell Doucette è il quarterback della nazionale statunitense di flag football, una delle discipline che entreranno a fare parte del programma a Los Angeles – insieme a squash, cricket, baseball/softball e lacrosse – vincitore dell’ultimo campionato del mondo e dell’edizione inaugurale dello sport ai World Games – Olimpiadi per sport non (ancora) nel programma olimpico – di Birmingham, Alabama 2022.
Nella disciplina – a cui è arrivato senza un passato nella versione più celebre dello sport, perché troppo piccolo per fare il quarterback già dai tempi del liceo – Doucette è uno dei giocatori migliori al mondo, e in qualsiasi altra nazione sarebbe, salvo infortuni o crolli fisici – non irrealistici visto che ha trentacinque anni – la pietra angolare su cui costruire le speranze di medaglia. Ma il suo è il paese delle luci del venerdì sera, dei 300.000.000 di head coaches e delle trovate pubblicitarie: la NFL ha celebrato l’arrivo del flag football nel programma olimpico così.
Jalen Hurts lights the Olympic torch with a perfectly placed ball.
— Bootleg Fantasy Football (@BootlegFantasy) August 5, 2024
If you don’t move him up in your rankings, you’re just a hater. pic.twitter.com/neuUpA1DvI
Jalen Hurts, il quarterback dei Philadelphia Eagles, accende la fiamma al LA Memorial Coliseum con un lancio, annunciando come sia arrivato “il turno” suo e dei suoi colleghi NFL.
La reazione di Doucette è stata, prevedibilmente, negativa: “Penso che sia poco rispettoso dare per scontato che debbano automaticamente entrare a far parte della squadra olimpica solo sulla base di chi sono, non hanno aiutato a far crescere il gioco fino alle Olimpiadi”, ha detto Housh al Guardian, specificando di non essere del tutto contrario alla partecipazione di alcune stelle NFL alla nazionale, purché “vadano là fuori e competano” per ottenere il posto come tutti gli altri.
Il sentimento espresso dal quarterback è legittimo, ma guardando più attentamente dietro lo spot promozionale di NFL capiremmo che il tema non è - o lo è solo in minima parte - conseguenza di un ragionamento più ampio (le stelle della NFL parteciperanno ai giochi olimpici?), ma piuttosto il lavoro fatto dalla lega per rendere questa partecipazione ai giochi una realtà.
Flag football vs tackle football
Prima però di parlare del perché il flag football alle Olimpiadi sia così importante per la NFL, è giusto fare una panoramica sulle maniere in cui questo differisce dalla sua versione tackle, anche e soprattutto per i neofiti. La differenza fondamentale è che nel flag football, per fermare l’avanzamento della squadra avversaria, non è necessario buttare a terra con un tackle chi è in possesso del pallone, bensì semplicemente sfilandogli il fazzoletto, o flag, che indossa sui fianchi.
L’obiettivo di questa regola è ridurre i contatti e la consunzione fisica dei giocatori, specifica che ne favorisce l’ingresso nel programma olimpico perché riduce i tempi di recupero degli atleti, velocizzando i tornei, ma che pare anche essere la ragione fondante della nascita di questo sport. Il movimento può definirsi organizzato solo da veramente poco tempo (i primi mondiali sono del 2002) – il flag football avrebbe infatti avuto origine durante la seconda guerra mondiale, quando i militari statunitensi avevano bisogno di un passatempo, ma allo stesso tempo non potevano rischiare gravi infortuni.
Partendo da questa distinzione, talmente fondamentale da essere il sistema di classificazione che divide la nomenclatura delle due discipline, i due sport seguono princìpi identici, sia pure con differenze date dal minor numero di giocatori in campo – 5 contro 11 – e dalle dimensioni più ridotte del campo – praticamente dimezzate.
Il pallone viene messo in gioco con uno snap dalla linea di partenza dell’attacco: ogni squadra ha 4 tentativi, detti down, per avanzare e, nel caso non riesca a segnare, quantomeno conquistare altri 4 tentativi di farlo una volta guadagnata una specifica posizione più avanzata sul terreno di gioco – nel tackle sono ogni 10 yards, nel flag football si deve arrivare a metà campo –; si può fare solo un passaggio in avanti per azione; l’obiettivo è di realizzare un touchdown, valido sei punti, entrando con il possesso del pallone nella end-zone avversaria – uno spazio di dieci iarde alle due estremità nord-sud del campo.
Altra differenza riguarda l’assenza delle fasi di calcio del pallone, note nel tackle football come punt e kick. Nel punt, le squadre non possono cedere l’ultimo tentativo di conquistare il down per calciare il pallone per far partire l’attacco degli avversari da una posizione di campo più svantaggiosa – d’altronde il terreno attivo di gioco, end-zone a parte, è poco più grande della lunghezza media di un punt nella NFL.
Nel kick, non esistendo nel flag football – il cui obiettivo è anche di essere più facilmente accessibile a livello di pratica di base – le grosse porte da rugby per le trasformazioni con i piedi, dopo ogni touchdown la squadra ha la possibilità di giocarsi un altro possesso per entrare nella end-zone per acquisire uno – e in quel caso parte dalle 5 yards avversarie – o due punti extra – partendo dalle dieci.
Flag football e NFL
Negli ultimi anni, la lega statunitense ha investito pesantemente sul flag football. Dal 2022, per contrastare le polemiche sul basso livello del proprio All-Star Game, la NFL ha trasformato il Pro Bowl, accusato di scarsa intensità e di disinteresse degli atleti, nei Pro Bowl Games, una serie di sfide a tema football, concluse con una partita di flag football tra i migliori atleti di NFC e AFC, le due conference in cui si divide la NFL.
La partita delle stelle rappresenta la punta dell’iceberg di un investimento più profondo: lo scorso maggio, la lega ha assunto Stephanie Kwok come - nuova posizione esecutiva nel suo organigramma - “head of flag football”. Il mese precedente aveva inaugurato una partnership (Vision2028), con la federazione internazionale di football americano (IFAF), per continuare a promuovere la pratica dello sport; da qualche anno la stessa NFL opera un’organizzazione giovanile (NFL Flag), che gestisce leghe di flag football per ragazze e ragazzi di tutte l’età in Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Germania – e vuole espandersi anche in altri territori.
Ma non si tratta solo di iniziative: anche solo che si parli del flag football come di un’entità organizzata e che vuole andare da qualche parte, con delle regole finalmente unificate, racconta dell’operazione della NFL nel prendere quello che, come scritto da Daniel Kaplan per The Athletic, per molti è solo il “felice ricordo dei campi estivi passati”.
Dati recenti raccontano come a livello scolastico il flag football sia praticato da sette milioni di studenti in tutti gli Stati Uniti – e la NFL parla di 20 milioni di giocatori in tutto il mondo – un numero inimmaginabile anche solo 15 anni fa. Nella NAIA, la seconda organizzazione di sport universitario più importante dopo la NCAA, il flag football femminile è sport tanto importante da permettere alle atlete di ricevere borse di studio.
Questa crescita non è casuale: viene da chiedersi perché NFL abbia deciso di puntare così tanto su questa crescita, dedicarci così tante risorse e spendere una parte importante della sua influenza anche presso il CIO così da far entrare il flag football nel carniere olimpico.
La prima, e forse più cinica, ragione, è che i numeri della pratica giovanile del tackle football stanno calando, lo stanno facendo in maniera sensibile, e la ragione è quella che per anni è stata la negligenza della NFL riguardo ai gravi danni cerebrali provocati dal football. Nel decennio tra 2010 e 2019, il numero di studenti praticanti del football a livello liceale è calato del 12% rispetto al picco massimo, e il football è stato superato dalla pallacanestro per partecipazione.
In stati come New York e la California, alcuni legislatori locali si sono posti addirittura l’obiettivo di vietare la pratica del football tackle ai più giovani, e il flag sembra destinato ad essere il principale benefattore di questi sforzi, anche perché uno studio del CDC, l’agenzia federale per il controllo delle malattie e la prevenzione, ha trovato che chi pratica il tackle football in giovane età subisce 23 volte più impatti alla testa ad alta intensità rispetto a chi pratica il flag football.
Un’altra ragione fondamentale per capire la crescita del flag football è che, a differenza della versione tackle, è praticato anche al femminile. Per ragioni riconducibili al sessismo e all’idea che le donne siano troppo “delicate” per uno sport così violento, il tackle è sempre stato una faccenda esclusivamente maschile, anche se - curiosamente e per vie traverse - proprio questo sessismo di fondo può aiutare a spiegare l’enorme successo – e gli investimenti in dosi sempre maggiori rispetto al resto del mondo – degli Stati Uniti nello sport femminile.
Il momento che ha cambiato per sempre la traiettoria della pratica femminile viene unanimemente riconosciuto nel Title IX 1972, che stabilì che ciascuna università dovesse assegnare un pari numero di borse di studio atletiche a donne e uomini. Essendo già all’epoca il football lo sport dominante a livello universitario, ed essendo le squadre di tackle nell’ordine delle cinquanta/sessanta persone, tutte coperte da borse di studio, l’assenza del football femminile creò – e continua a creare – la possibilità di sostenere un numero decisamente consistente di atlete negli sport più vari, flag football incluso.
Il flag non pone questi problemi: è stato pensato fin dalla nascita come sport praticabile senza distinzione di sesso – ai primi mondiali, nel 2002, vennero assegnati titoli sia al maschile che al femminile – e vede proprio le donne come alcuni dei volti principali del movimento e tra le principali artefici della crescita di questo sport.
Nel momento in cui, dopo decenni di disinteresse totale se non attiva discriminazione, nella maggior parte dei casi, il mondo sembra finalmente interessato a dare allo sport femminile – soprattutto di squadra, quello più rimasto indietro nel corso degli anni – l’attenzione che merita, la NFL, non potendo contare su alcun legame con lo sport femminile – a differenza, ad esempio, della NBA, fondatrice della WNBA – ha deciso di investire sul flag football anche perché offriva già una base su cui lavorare, anziché partire da zero.
La NFL ha coinvolto fin da subito nei suoi sforzi quella che è molto probabilmente l’atleta più famosa: Diana Flores, 27enne quarterback della nazionale messicana, con cui ha esordito nel 2014, a 16 anni, come giocatrice più giovane di sempre a partecipare a un Mondiale, nell’edizione svoltasi a Grosseto. Durante il Super Bowl LVII 2023, Flores è stata scelta dalla NFL come protagonista di uno spot per promuovere il flag come sport olimpico, e quello stesso anno la sua maglietta da gioco è diventata il primo artefatto legato al flag football ad essere introdotto nella Pro Football Hall Of Fame di Canton, in Ohio.
L’ultimo, e forse più fondamentale aspetto a cui guardare per comprendere la strategia NFL è che la lega vede il sogno di un proprio “Dream Team Moment” come fondamentale per i suoi piani di espansione internazionale. Forse perché resasi conto che la lega, o quantomeno lo sport del football, non può fisicamente diventare più grande di come già sia negli Stati Uniti, da anni la NFL ha individuato nel resto del mondo uno spazio in cui accrescere l’interesse per uno sport fino ad ora semi-inesistente in quei contesti.
Quest’anno, la NFL ospiterà partite di stagione regolare, oltre che in Regno Unito e Germania, dove è presente oramai da qualche stagione, anche in Brasile – Philadelphia Eagles e Green Bay Packers si sfideranno a San Paolo, nello stadio del Corinthians – mentre dal 2025 sarà il rinnovato Santiago Bernabeu a vedere arrivare un altro tipo di football. Inoltre, a partire dal 2022 ha aperto un programma che permette a ciascuna franchigia di avere diritti esclusivi di marketing su alcune nazioni e territori, e che continua ad espandersi ogni anno, arrivando recentemente a includere Ghana, Argentina, Irlanda e Corea del Sud, tra gli altri.
Ed è per questo che, con sommo dispiacere di Damon Doucette, la NFL spinge così tanto per vedere le proprie stelle – che, per altro, non sembrano aver bisogno di essere convinte – nello scenario delle Olimpiadi, arrivando già ad aprire le trattative con l’associazione giocatori per facilitare la loro partecipazione trovando un margine nei complessi grovigli di clausole del contratto collettivo.
L’idea della lega è che l’interesse internazionale che circonda le Olimpiadi, unita alle personalità magnetiche delle proprie stelle, possa genuinamente amplificare l’interesse del mondo nei confronti della lega professionistica statunitense in maniera non dissimile da come Michael Jordan, Magic Johnson, Larry Bird e soci fecero per il basket NBA dopo il loro approdo ai giochi di Barcellona. Se ci riesca o no, questo è ancora troppo presto per capirlo. Intanto, la NFL ha raggiunto il suo obiettivo principale, e vedrà dei giocatori e delle giocatrici di football sfilare, per la prima volta, insieme ad atleti di tutto il mondo e di tutte le discipline nella cerimonia inaugurale di Los Angeles 2028.
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