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Sinner US Open
, 9 Settembre 2024

Sinner-Fritz (US Open 2024), Considerazioni Sparse


La costanza di Sinner nei tre set finali a Flushing Meadows contro Fritz è la conferma dello status da n°1.

Finisce con le lacrime di Taylor Fritz e con l’esultanza composta di Jannik. Le mani al cielo e i primi sorrisi che fanno breccia nella tensione. La delusione del pubblico e dello sconfitto sono palpabili e l’atmosfera rappresenta bene il testacoda di emozioni che si condensa nel tennis. Nelle parole e nello sguardo di Sinner c’è tutto il sollievo per questa missione compiuta, una vittoria agli US Open attesa ma per nulla scontata, d’altra parte come può esserlo uno Slam? Jannik, lo sappiamo, ha in genere un faccia da poker che non lascia troppo trapelare i sentimenti ma qui ci lascia intravedere ciò che c’è dietro la copertina. È un trionfo maturo, nato dal duro lavoro e della sofferenza. L’ultimo Sinner è un po’ meno scanzonato - e non nasconde le difficoltà attraversate, anzi ne parla volentieri - ma profondamente devoto al tennis, interprete di un amore contagioso e coinvolgente.

La finale degli US Open 2024 è lo specchio di questa maturità. Compatibilmente con la posta in palio, il numero uno è più sereno e sciolto dell’avversario, più abituato a giocare match di questo tipo. Parte bene e poi riesce a gestire la gara da cima a fondo, compresa la fase più oscura, quando l’americano, già sotto di due set, si porta avanti di un break e minaccia di riaprire le danze, con l’aiuto emotivo del pubblico. La saggezza di Sinner sta anche nell’accettare i momenti sbagliati in attesa di quelli giusti. La percentuale di prime non è stata alta, problema piuttosto ricorrente nel torneo di Sinner, ma la sua capacità di governare i momenti determinanti alzando il livello, gli ha permesso di superarlo come se niente fosse.

Sarebbe limitante identificare questa vittoria soltanto con la finale. Gli Slam nascono sempre da un percorso sapiente, da una gestione oculata delle energie e da uno sforzo fisico-mentale non banale, distribuito su 2 settimane al meglio dei 5 set. Una buona parte di questo successo, va detto, è nata da partite in cui Sinner non era nemmeno in campo, dolci sorprese notturne per chi seguiva dall’Italia. La doppia eliminazione a stretto giro di posta di Alcaraz e Djokovic ha letteralmente aperto un tabellone che doveva essere severissimo nella teoria. Si sa che in questi casi è pericoloso rilassarsi e guardare troppo in là, o al contrario finire schiacciati dall’obbligo di cogliere l’occasione. Invece Sinner ha saputo valorizzare le circostanze favorevoli, ha domato l’ostico Tommy Paul e ha superato quasi facilmente i quarti con Medvedev, una sorta di finale anticipata. La maggiore sofferenza, a dispetto del 3-0 rotondo, è stata quella vissuta in semifinale: Draper si è confermato un ottimo giocatore, non solo servizio e colpi da fondo ma anche un’ottima mano a rete. Partita dura, scorbutica, con tanto di malori e cadute, ma Jannik è stato più duro ancora. In fondo l’impressione che lo accompagna nell’ultimo anno è che sì, lui affronta sfide difficili ma senza paragone con la difficoltà di chi affronta lui: come giocare contro un muro di gomma inattaccabile e dotato di un’intelligenza creativa in grado di rispedire al mittente quintuplicato qualsiasi tentativo di offesa. Fenomeno ulteriormente marcato in corrispondenza di tiebreak e punti decisivi. Dev’essere un vero incubo trovarselo dall’altra parte della rete.

La maldicenza insiste, batte la lingua sul tamburo. L’ombra del Clostebol non sarà mai del tutto cancellata. Nonostante la sentenza di assoluzione, ci sarà sempre chi sfrutterà l’argomento e lo tirerà fuori a sproposito, così come la residenza a Montecarlo e i forfait olimpici. È inevitabile. Sinner però si è dimostrato più forte di tutto ciò. Non si è lasciato andare, non si è fatto travolgere, non ha mai risposto per le rime a chi lo ha attaccato anche malamente. Si è isolato, ha ampliato il sacrosanto principio tennistico di pensare un quindici per volta, applicandolo alla vita intera. Per mesi ha giocato con lo spettro di poter perdere ogni cosa, perché nonostante la buona fede è inevitabile temere, eppure non ha mollato di un millimetro e ha avuto ragione lui.

Jannik e gli altri. Non che ci fossero troppi dubbi in proposito, ma Sinner - 23 anni - si sta affermando sempre di più in un circolo ristretto, per non dire elitario. Al momento, lui e Alcaraz appaiono padroni indiscussi di un futuro ancora da scrivere. Ma visto che prevedere è piuttosto complicato, ha forse più senso concentrarsi su ciò che è stato già fatto e che nessuno potrà cancellare. Due Slam in un solo anno, una continuità impressionante, numeri che ormai hanno davvero pochi termini di paragone. Insomma è chiaro che l’obbiettivo sia quello di fare la storia, di fare una carriera simile a quella dei tre innominabili. Per farcela ci vorranno fortuna e salute, e quella fame che porta a migliorarsi continuamente, presupposto fondamentale per uno sport tanto logorante da ogni punto di vista. Jannik sembra nato per questo, noi possiamo solo ringraziarlo e goderci tutto ciò che sarà in grado di regalarci.

  • Nicola Balossi Restelli, annata 1979, vive a Milano con una moglie e tre figli e si divide tra scrittura e giardinaggio. La sua insana passione per lo sport ha radici pallonare e rossonere, anche se la relazione più profonda e duratura è stata quella con la palla a spicchi, vissuta sui parquet (si fa per dire) delle minors milanesi dagli otto ai quarant’anni, quando ha appeso le scarpe al chiodo. Gravemente malato anche di tennis e di Roger Federer, ne scrive talvolta su https://rftennisblog.com/.

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