Nonostante tutto, vince il Toro
Il Torino batte 2-1 l'Atalanta nonostante cessioni pesanti e tifosi in rivolta.
Torino ed Atalanta si sfidano sul campo dopo l’operazione clou del mercato settimanale di Serie A: la cessione di Bellanova (oggi non sceso in campo) ha di fatto aperto un casus belli in casa granata e certificato definitivamente le nuove ambizioni del club orobico. Sul terreno di gioco, però, il Torino non si mostra affatto una squadra depressa e va a prendersi tre punti in rimonta, con gioco, organizzazione e cuore. A dirla tutta, gli uomini di Vanoli rischiano il secondo 2-2 consecutivo nel recupero concedendo un rigore ingenuo, ma Vanja Milinkovic Savic oggi riesce a respingere anche quello. Probabilmente, visto il secondo tempo della Dea, un pareggio sarebbe stato anche corretto, ma gli Dei del pallone stavolta premiano i granata, che si sono mostrati squadra in una situazione difficile sia nella rosa impoverita dal mercato, sia nel contesto ambientale, con una tifoseria in subbuglio, una marcia anti-Cairo per le vie della città ed un’aria di contestazione smossa solo da una performance piena di personalità ed orgoglio.
Paolo Vanoli ha già cambiato questo Toro: lo ha fatto in primis perché gli ha dato un’idea di gioco in fase di possesso, con il centrocampo che fraseggia in doppio play (diversamente dal manuale del suo maestro Conte) e la coppia d’attacco Adams-Zapata che si cerca in combinazioni continue. Proprio da questi fattori nascono le occasioni e le reti granata, prima con un pregevole inserimento di Ilic coronato da un sontuoso cucchiaio, e poi con un tap-in dello scozzese, già nel cuore della tifoseria, su tiro di Duvan. Il bello è che Vanoli ha fatto tutto questo tra mille “nonostante”: nonostante le cessioni importanti, il poco tempo a disposizione, lo scetticismo iniziale e l’ambiente infuocato: la conferenza stampa di ieri in cui aveva mostrato con grande eleganza il suo disappunto ma anche la sua fiducia verso la squadra, è stata semplicemente perfetta per mettere il primo passo verso la prestazione odierna.
L’Atalanta che si presenta all’Olimpico è meno precisa del solito, soprattutto in non possesso: troppo spesso, i bergamaschi lasciano giocare il Torino, soprattutto in ripartenza, concedendo delle occasioni importanti e di fatto cadendo con troppa facilità nella rete delle combinazioni granata. Con la palla tra i piedi, la squadra di Gasp in realtà vola come al solito, trascinata dalla qualità di De Ketelaere, e dalla buona spinta di Zappacosta, che sulla fascia sembra voler dare risposte all’arrivo di Bellanova: da queste situazioni nascono le occasioni da rete, e sono molte, tanto che a salvare il Torino sono i legni ed un paio di interventi determinanti di Milinkovic Savic, oltre all’errore di Pasalic dal dischetto al 96’. Il secondo tempo della Dea è in realtà un manuale di fase offensiva, fatto di filtranti, di lavoro eccellente sulle corsie, di presenza in area di rigore: i bergamaschi colpiscono due pali, conquistano un rigore, vanno due volte alla conclusione da posizione molto favorevole, ed anche se non centrano mai la porta, oggi non devono cercare nel reparto offensivo con la matita rossa.
La sfida è stata bella e intensa a tutto campo, ma i duelli rusticani tra attaccanti e difensori mettono il pepe sul match. Saul Coco, dopo la prima apparizione eccellente a S. Siro, fatica contro Retegui, mostrando che si trova molto più a suo agio nella zona pura che nella marcatura a uomo: va detto però che l’oriundo sfodera un’altra prestazione da attaccante vero e vecchio stile, difendendo tutti i palloni ed insaccando di testa un altro gol portentoso. Fatica nel Torino anche Tameze, che pur non avendo avversari diretti rischia più volte la frittata: d’altro canto, il mercato ha smantellato la difesa granata, e Vanoli si trova a chiudere la gara adattando un esterno della primavera (Dembélé) a fare il braccetto, costringendo i suoi ad annaspare da quel lato e difatti concedendo un penalty evitabilissimo. Dall’altro lato del campo, i marcatori atalantini patiscono il duo Adams-Zapata sia per combinazioni sia per fisicità, e se ne trovano le misure sulle palle alte, molto meno riescono a farlo sulle ripartenze corali granata: ne risulta che lo scozzese è il MVP della gara, spina costante nel fianco orobico, mentre al colombiano manca solo il gol dell’ex a coronare una gara eccellente di sacrificio, generosità e presenza scenica.
Anche se il campo ha dato questo verdetto, la settimana ha certificato la differenza di ambizioni dei due progetti e dei due presidenti: Percassi, con l’acquisto di Bellanova dopo le tante altre operazioni onerose condotte in questa sessione, ha mostrato che è arrivato definitivamente il momento della ricerca di un salto di qualità per l’Atalanta, che vuole uscire definitivamente dai panni di outsider. Dall’altra sponda, Urbano Cairo ha mostrato invece, con la cessione del laterale ex Inter, esattamente il contrario: per lui il Torino è un’azienda nella galassia delle sue aziende, che vuole aver i bilanci in ordine, galleggiare sulla soglia della sufficienza e non voler ambire a nulla di più. Peccato che il calcio non sia finanza, non sia economia, e che Cairo stia giocando, oramai da quasi un ventennio, con il sentimento di una piazza che non è tanto delusa dai risultati, quanto dalla mancanza di un progetto futuribile che possa entusiasmare. Prima della gara, la tifoseria è scesa in piazza a manifestare tutta la sua frustrazione: tifoseria a cui lui venderà, da abile mercante qual è, questo risultato, quasi a mostrare che non c’è bisogno di nulla di più. Nulla di più, esattamente ciò a cui ambisce Urbano Cairo per il suo Torino.
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