Il Napoli è vivo, il Bologna non segna
Il Napoli cambia la faccia e batte 3-0 un buono ma poco incisivo Bologna.
È una partita che, per la piazza incandescente di Napoli, significa già molto nonostante sia solo la seconda del campionato: il tremendo avvio col Verona ha riaperto vecchie ferite, fatto tornare a galla interrogativi irrisolti dalla passata stagione e messo alla prova sin da subito il nuovo tecnico Antonio Conte, arrivato con i proclami di uomo della provvidenza dagli slogan pervasivi come l'inflazionato "amma faticà". Il lavoro però richiede tempo e sacrifici, che una settimana in più di allenamenti hanno nei fatti fruttato molto alla sua squadra.
Dal punto di vista tattico infatti si è intravisto qualcosa del Conte-pensiero, dopo le prime due uscite che sono parse semmai le appendici tristissime e mortificanti della passata stagione. Una svolta che passa da un dato, quello del possesso palla, nettamente inferiore rispetto a quello degli avversari: una ragionevole contromossa da attuare di fronte a una squadra che fa proprio del palleggio un suo marchio di fabbrica, ma anche una timida rivelazione della rivoluzione in atto in casa Napoli, che dopo 12 anni (dall'arrivo di Benitez) di gioco di possesso e palleggio prova a cambiare pelle per cambiare marcia dopo il naufragio della passata stagione. Ed ecco quindi una squadra che non solo non disdegna di abbassare il baricentro per avere poi tanto campo da aggredire in ripartenza, ma che ricerca e sfrutta questa filosofia, forte di una fase difensiva che oggi funziona come un meccanismo perfetto. Di certo scopriremo l'acqua calda, ma poter contare su Buongiorno piuttosto che su Juan Jesus ha certamente influito.
È un Napoli che quindi cede spesso il possesso di palla, ma che non resta passivo a soffrire gli avversari: gli azzurri per la prima volta dopo tanto tempo tornano infatti a essere squadra, difendendo e attaccando in blocchi compatti e distanti il giusto, soffrendo il pressing avversario quando c'è da farlo ma senza mai perdere la bussola, guidato da un duo di centrocampo finalmente affiatato a dare equilibrio e a innescare gli attaccanti. Prezioso, in questo senso, il lavoro oscuro di Politano e Raspadori in fase di raccordo, ma soprattutto quello abbagliante nel suo splendore e nella sua efficacia di Kvaratskhelia, ancora una volta l'uomo in più per i partenopei.
Per il Bologna di Italiano, chiamato a raccogliere il pesante testimone di Thiago Motta, una prova più che buona penalizzata oltre misura dal passivo finale. I rossoblù hanno infatti mostrato ottime cose in campo specialmente nel primo tempo e nelle prime fasi della ripresa, prima che il raddoppio di Kvaratskhelia indirizzare definitivamente la sfida. È piaciuto molto il pressing in avanti della squadra, caratteristica cardine degli emiliani che non è andata persa, molto meno la scarsa pericolosità della manovra offensiva negli ultimi metri, neo che Italiano si trascina da Firenze e che sembra non abbandonarlo, così come una certa fragilità in transizione negativa, concedendo gli spazi che il Napoli ha cercato e saputo sfruttare. Negativo infine il contributo di Odgaard e Karlsson, chiamati a dare il cambio di passo sulle fasce con la loro freschezza e qualità e invece rimasti perlopiù in ombra.
Un Napoli che ha mostrato decisivi passi in avanti dal punto di vista del gioco, nonostante 10 titolari oggi in campo fossero gli stessi della passata fallimentare stagione. Una squadra che però può essere ancora migliorata dal mercato, come dimostra anche l'ingresso brillante dell'ultimo arrivato Neres: l'ex Benfica, nei pochi minuti a disposizione, ha fatto intravvedere un'incredibile energia che ha trascinato il Napoli al 3-0 e che, nel corso dell'anno, servirà tantissimo agli uomini di Conte. Un innesto che, paragonato a ciò che è stato Lindstrøm lo scorso anno, appare un altro enorme motivo di ottimismo per l'ambiente partenopeo.
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