Semifinali a Parigi: una partita e una Leggenda
Germania-Francia e USA-Serbia non potevano essere sfide qualunque per il basket maschile: una rimarrà nella memoria di chi l'ha vista.
Una delle cose più belle delle Olimpiadi è che ogni giorno è quello buono per fare la Storia, con la S maiuscola, almeno in senso sportivo. Si tratta di momenti che immediatamente acquistano confini eterei: gli americani adottano la definizione instant classic, ma non è esattamente la stessa cosa. Una partita di basket, un incontro, una gara può essere bellissima, di livello altissimo, ma esiste un livello più alto, quello in cui si entra nel campo della Leggenda.
Restando nel basket, possiamo citare la semifinale Lituania-USA a Sydney 2000, la prima occasione in cui il mondo intero ha capito che era possibile insidiare gli americani.
Anche in quel caso si trattava di una semifinale, anche in quella occasione gli americani si presero un grandissimo spavento, e anche in quell'Olimpiade li avrebbe attesi una finale contro la Francia.
Germania-Francia
A prescindere dallo sport in questione, anche se si parla di basket, Germania-Francia non è mai una partita normale. I tedeschi partivano favoriti: appena 6 giorni prima avevano schiantato i padroni di casa in un modo non testimoniato appieno dal 85-71 finale. La Germania aveva dominato, fermando un attacco francese davvero statico e all'apparenza privo di punto di riferimento, quasi improvvisato. Quella sconfitta, a posteriori, ha scatenato gli sviluppi che poi hanno condannato i tedeschi: la Caporetto ha fornito carta bianca a Collet e al suo staff per terremotare la squadra, negli uomini e nella filosofia.
Parlando dei quarti di finale del basket maschile, ci si chiedeva se la Francia vista contro il Canada fosse una nuova versione dei padroni di casa o solamente un counter ai canadesi: barrare assolutamente A. Nuovamente Gobert tenuto ad appena 5'09" sul parquet, e attacco nelle mani di Isaia Cordinier: dopo la superba prestazione con il Canada, il virtussino tira fuori una gara da 16 punti con 6/13 dal campo e una creazione dal palleggio che toglie d'impaccio molto spesso l'attacco dei transalpini.
Lessort ha indubbiamente vinto il duello con Gobert nel ruolo di sparring partner di Wembanyama, cheat code prestato al basket anche in una serata da 1/8 al tiro: la presenza sotto canestro condiziona chiunque e a farne le spese sono Wagner e Schroder, i due principali attaccanti teutonici, che non riusciranno mai a mettersi davvero in ritmo. La stella dei Magic, dopo un primo quarto da 3/5 metterà insieme solamente un canestro su 5 tentativi nei restanti tre, mentre l'MVP degli ultimi mondiali termina con un 3/11 da 3 punti, figlio delle difficoltà di concludere al ferro.
Uno Yabusele finalmente dominante ha poi garantito alla Francia un livello di fisicità che nessuno nella Germania poteva arginare. La sconfitta interrompe una striscia di 12 partite in competizioni FIBA da imbattuti per i ragazzi di Coach Herbert, che giocheranno per il bronzo nella mattinata di sabato (11.30, ndr). Qualora centrassero l'obiettivo sarebbe la terza medaglia consecutiva dopo il bronzo Europeo 2022 e l'alloro mondiale 2023. Un qualcosa a cui il basket tedesco non è abituato, ma arrivati a questo punto le speranze erano altre. Anche il futuro è comunque dalla loro: solo Theis e Voigtmann sembrano cominciare la parabola discendente della carriera.
Serbia-USA
Si dovrebbe provare un grandissimo senso di gratitudine nell'avere - subito dopo una partita di basket intenso, sporco, combattuto come Germania-Francia - una dimostrazione di talento estremo e diffuso come è stata la semifinale tra i serbi di Nikola Jokic e Team USA vero e proprio, uno in cui Jayson Tatum (Jayson Tatum!!!) fa N.E.
I serbi partivano con il peso della sconfitta per 110-84 della prima giornata (e un altro +26 incassato nell'amichevole di Abu Dhabi in preparazione), da cui però si era desunta una statistica interessante: nei minuti con Jokic in campo il parziale era 81-81, che diventava di 30-3 (!) senza il Joker sul parquet.
Pronti via e una sassaiola di triple: 14 dei primi 15 punti di Team USA sono di marca Curry, che quando comincia una partita di basket con 3/3 solitamente prosegue; la Serbia tutta parte un con 5/9 dall'arco che le permette di chiudere con 31 punti segnati la prima frazione. Soli 23 i punti messi a segno dagli USA, che da quelli che non si chiamano Curry segnano un unico canestro dal campo su 7 tentativi, una tripla di LeBron dall'angolo.
Il vecchio adagio recita che condizione necessaria ma non sufficiente per battere gli americani è sfoderare una grande prestazione al tiro: l'Argentina 2004 tirò col 50%, la Grecia del 2006 a Saitama con il 44%, tanto per nominare le due sconfitte più celebri degli USA.
I serbi finiscono il primo tempo con un 10/19 che sa di squadra in missione: Avramovic e il suo 4/6 sono il manifesto più chiaro. Il parziale di metà partita è 54-43: gli USA continuano a non avere alternative offensive all'infuori di Curry. La parola che comincia a serpeggiare è ansia.
Quando il panico è dietro l'angolo, si capisce la differenza di livello tra i giocatori di una squadra, anche di una piena di stella. Il secondo tempo americano è cosa di Curry, Lebron, Durant ed Embiid: l'enfant prodige Edwards si perde, Davis subisce come sempre la supremazia di Jokic, Adebayo non entra mai in partita. Verrebbe da chiedersi come mai Kerr non provi Tatum, mentre dall'altra parte inspiegabile il poco minutaggio concesso ad Avramovic a vantaggio di un Micic buono ma non eccezionale.
Il terzo periodo è vinto ancora dai serbi, che arrivano all'ultimo quarto sul +13 respingendo diversi tentativi di rientrare: negli occhi di chi guarda sembra delinearsi l'upset storico.
Si arriva a 7'20" dalla fine, con la giocata che decide la partita e che rimarrà un grandissimo what-if negli anni a venire: LeBron scarica per Durant, fin li a zero canestri dal campo, che tira da 3 e sigla il 70-78. Problema, ma non gravissmo: il vero guaio è che contemporaneamente Jokic forza il blocco di Davis, commettendo il 4° fallo e regalando un possesso ulteriore agli USA.
Dalla rimessa arriva un'uscita dai blocchi di Booker che insacca il 73-78. Da -11 a -5 in 2" netti, Jokic a 4 falli e 7 minuti da giocare. Un disastro totale per i serbi, che da li in poi non riescono a contenere il rientro americano, basato essenzialmente su palloni a Embiid contro uno Jokic impossibilitato a difendere appieno.
Per la verità, la Serbia avrebbe ancora un'occasione d'oro sull'86-84 a favore e 2'35" da giocare: la tripla apertissima di Dobric, nata da una palla vagante dopo un rimbalzo, finisce sul secondo ferro. Dall'altra parte Curry firma la tripla del sorpasso e gli americani non si guarderanno più indietro: un canestro prodigioso dalla punta di Durant in palleggio-arresto-tiro permettono agli USA di gestire il finale, nonostante un 2+1 di un Bogdanovic commovente ed uno Jokic che non si arrende mai.
Per la squadra serba è l'occasione della vita che va in fumo. Gli USA tirano un sospiro di sollievo grande come una casa e devono ringraziare un Curry che ha salvato la baracca nel deserto del basket del primo tempo, un James dominante fisicamente alla distanza alla tenera età di 40 anni ed un Durant che si è destato nel momento del bisogno.
La finale con la Francia, con tutta la Bercy Arena a spingere i suoi beniamini (e fischiare Joel Embiid), sarà una prova estrema di prestazione in ambiente ostile. Queste Olimpiadi hanno certificato che oramai la distanza nel basket maschile è minima, che gli americani si possono battere: la Francia di Wembanyama sarà all'altezza della Leggenda?
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