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Italvolley
, 8 Agosto 2024

Italvolley femminile per il sogno olimpico


Le ragazze riportano in finale Julio Velasco alla guida di un'Italvolley, i ragazzi di De Giorgi lotteranno per il bronzo.

Sì, è tutto vero. L’Italvolley femminile si giocherà domenica quella medaglia d’oro olimpica che nessuna nazionale italiana di pallavolo ha mai vinto: le Azzurre avevano già battuto il record olimpico femminile superando i quarti, e ora possono riscriver la storia del volley italiano. Le ragazze di Julio Velasco hanno sconfitto la Turchia per 3-0 in semifinale, ripetendo lo stesso risultato centrato nei gironi iniziali, e volano in finalissima, certe della prima medaglia nella storia dell'Italvolley femminile. Nei giochi maschili, invece, a giocarsi l’oro saranno i padroni di casa francesi, contro la Polonia: mai in partita i ragazzi di Fefè De Giorgi in una semifinale che i Bleus dominano senza se e senza ma, vincendo sonoramente e meritatamente di fronte all’arena di Versailles gremita in ogni ordine di posto. Torneremo da Parigi sicuramente con una medaglia (oro o argento femminile), forse con due: in entrambi i casi, gli avversari saranno gli Stati Uniti, nazionali esperte e quadrate, che alle Olimpiadi hanno sempre ben figurato. Parigi 2024, per il volley azzurro, sarà difficilmente dimenticabile.

Che affrontare la Francia detentrice dell’oro olimpico tra le proprie mura di casa fosse complicato era cosa nota, nessuno immaginava però potesse diventare un incubo così buio per i nostri ragazzi. L’Italvolley maschile è stata letteralmente surclassata dai francesi, superiori in qualunque fattore di prestazione: tecnicamente in tutti i fondamentali, tatticamente dove non è mai stato trovato un grimaldello per riaprire la contesa, soprattutto emotivamente, dove gli esperti transalpini ci hanno letteralmente travolto, trascinati da dodicimila persone festanti. La brutta sensazione è che gli azzurri abbiano fatto la figura delle vittime sacrificali, con Ngapeth e compagni a ballarci sopra: a proposito di Monsieur Magique, è bello vedere come un giocatore che di fatto ha cambiato per sempre questo sport con il suo talento sia ancora in grado, a 33 anni, di suonare la carica e trascinare la sua squadra. Al suo fianco, prestazione sontuosa di Clevenot in attacco, letteralmente infermabile, e Brizard in regìa. Nella nostra metà campo, stavolta, non si salva proprio nessuno, in una serataccia che conferma la storia complicata tra l'Italvolley maschile e l’Olimpiade.

Siamo comunque tra le migliori quattro nazionali al mondo, con una medaglia da giocarci contro gli USA: non sarà quella più pregiata, ma se si guarda nel complesso, non si può dare un voto insufficiente alla spedizione maschile a Parigi. Abbiamo affrontato un girone terribile superandolo nel migliore dei modi e giocato un quarto di finale indimenticabile, che probabilmente ha lasciato molte scorie e poche energie nervose. In fin dei conti, se molte altre squadre sono arrivate a questi giochi a fine ciclo (USA stessi, Polonia e Francia che si contenderanno l’oro, ma anche Brasile, Serbia, Argentina) e con molta esperienza, l'Itavolley ha ancora davanti molti anni ad alto livello (e probabilmente quella doppietta europeo/mondiale è stata un peccato originale che le ha puntato sopra riflettori e attese enormi e costanti): Michieletto e Lavia sono giovani certezze (22 e 24 anni), Giannelli sembra un veterano ma ha solo 27 anni (e si dice un palleggiatore dia il suo meglio dopo quell’età), così come Romanò, Balaso, Russo e Galassi, mentre la panchina è tutta ancora più verde. Insomma, se accantonando la delusione di queste ore guardiamo a Los Angeles 2028, le prospettive sono molto competitive: prima però, c’è un oro da prendersi, contro una squadra che storicamente all’Olimpiade si trasforma e dà il suo meglio.

https://www.youtube.com/watch?v=MhPhhzClvso

La semifinale disputata dall’Italvolley femminile è stata, invece, praticamente perfetta: le azzurre hanno replicato il 3-0 inflitto alla Turchia nella fase a gironi con un’altra prestazione superlativa. Daniele Santarelli le ha provate tutte per impensierirci e cambiare le sorti del match, ma ha dovuto fare i conti con alcune atlete in non perfette condizioni fisiche (Gunes e Karakurt su tutte) e con un'avversaria in grande spolvero: non sono bastate la solita Vargas e l'orgoglio di Erdem, perché le turche si sono trovate di fronte una Italia a tratti insuperabile. Prima o dopo, tutte le nostre atlete hanno avuto cali individuali, ma ne sono uscite alla grande grazie al supporto tecnico delle compagne e di un collettivo funzionante: Egonu è stata devastante all’inizio e ha subito un lieve calo nel secondo parziale per poi tornare a macinare punti, Sylla ha iniziato male ma è diventata decisiva sul finire della prima frazione e poi ha mantenuto un livello altissimo, Fahr è stata quasi invisibile in principio ma è salita in cattedra diventando mattatrice dei punti finali di match. A mantenere una impeccabile costanza ci hanno pensato De Gennaro, Danesi, e Bosetti, e così la partita ha avuto un copione scritto: la Turchia ci provava ed arrivava davanti fino al 18 o 20 di ogni set, salvo poi soccombere sotto la pressione dell'Italvolley. D’altro canto, le statistiche della nazionale italiana fanno paura: a parte nella partita d’esordio con la Repubblica Dominicana, le azzurre non hanno perso un set, vincendone 12 consecutivi, sconfiggendo per 3-0 in serie i Paesi Bassi (8° del ranking), la Turchia, la Serbia (campione del mondo) e di nuovo la Turchia (campione europea). Un ruolino di marcia incredibile, che comunque vada garantirà la prima storica medaglia olimpica del volley femminile italiano: ci vediamo domenica, sogni d’oro.

https://www.youtube.com/watch?v=pp39PCrZ83U

Cosa spinge un uomo di 72 anni che in carriera ha vinto quasi tutto a tornare sulla panchina di Italvolley? Cosa lo spinge a farlo se quella nazionale è in mezzo alla bufera e deve ancora qualificarsi all’Olimpiade? Diciamoci la verità: quando Julio Velasco ha accettato questo incarico, conosceva benissimo le potenzialità di questa squadra. Di più: sapeva benissimo che, in mezzo alla tempesta, ci si sarebbe riferiti a lui come ad un guru, e nessuno avrebbe potuto metterlo in discussione, condizione necessaria per ottenere un risultato istantaneo. Se, da un lato, tutto questo è vero e legittimo, va detto che arrivare a giocarsi una finale olimpica, nella situazione in cui il tecnico di La Plata ha ereditato la nazionale, era tutt’altro che scontato. Anzi, era proprio un’impresa eccezionale, che però lui sapeva di poter compiere. La verità è che questa squadra era sommersa da macerie di autodistruzione, ma aveva la forza per uscirne scavando in profondità, e lui sapeva bene di avere gli strumenti per aiutare in quel processo. Se prima si cercavano problemi con la lanterna oggi si cercano soluzioni (stiamo disputando le Olimpiadi senza un top player mondiale, Elena Pietrini, e un'attaccante tra le migliori in VNL, Alice Degradi); se prima si discuteva di individui ora si gioca di squadra, e si gioca alla grande; infine, se davvero gli alibi, per quanto possa sembrare trito e ritrito, non hanno trovato più spazio, il giusto merito a Velasco va dato. Quell’uomo di 72 anni domenica si giocherà quello che insegue da una vita, quello che è riuscito solo a sfiorare in una notte americana di 28 anni fa (sì, ventotto): di fronte si troverà gli Stati Uniti campioni in carica, guidati da un'altra leggenda, Karch Kiraly, che con gli ori olimpici ha un rapporto speciale (ne ha vinti 4: 2 da giocatore sul taraflex, 1 da giocatore di beach, 1 da tecnico). Il resto della storia lo scriverà lo sport, quello sport che Velasco e Kiraly, con le loro carriere incredibili, hanno cambiato per sempre: un finale, anzi una finale migliore, non poteva esserci.

  • Torinese e granata dal 1984, dopo una laurea in Filosofia, opto per diventare allenatore professionista di pallavolo, giusto per assicurarmi una condizione di permanente precarietà emotiva e sociale. Questa scelta, influenzata non poco dalla Generazione di Fenomeni che vinse tutto a cavallo degli anni 90', mi porta da anni a girovagare per l'Europa inseguendo sogni e palloni, ma anche a rinunciare spesso a tutto il resto di cose che amo fare nella vita: nei momenti di sconforto per fortuna esistono i libri, il mare, il cioccolato fondente e le storie di sport in cui la classe operaia va in paradiso.

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