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CT federali
, 21 Luglio 2024

Il ritorno dei CT federali


Southgate, de la Fuente, Scaloni, Lorenzo: stanno tornando in voga i CT formati "in casa" dalle federazioni?

Uno spettro si aggira per il mondo del calcio: lo spettro dei commissari tecnici federali. Si tratta di quegli allenatori con una certa esperienza nelle nazionali giovanili o come assistenti dei CT che le federazioni calcistiche scelgono per guidare la nazionale A. Figure che sembravano desuete e spesso senza una buona nomea - c’è chi li prende per mediocri con qualche aggancio ai piani alti - ma che ultimamente sembrano aver ritrovato vigore: tutti e quattro i selezionatori finalisti di Euro 2024 e Copa America, seppur con delle differenze, rientrano infatti nella categoria dei CT federali.

Luis de la Fuente, prima di diventare CT della Spagna - con cui ha vinto Nations League e Euro 2024 in due anni - ha vissuto una lunghissima trafila nelle nazionali giovanili delle Furie Rosse: vittoria di Europeo U19, Europeo U21 e i Giochi del Mediterraneo. Gareth Southgate, da poco dimessosi da CT dell’Inghilterra, è stato per 3 anni l’allenatore della nazionale inglese U21 prima di prendere il posto di Sam Allardyce alla guida dei Tre Leoni. Lionel Scaloni - il CT campione del mondo - è stato per un anno assistente di Jorge Sampaoli nella Seleccion prima di subentrargli nel luglio 2018. Nestor Lorenzo, invece, è stato per quasi 20 anni l’assistente di José Pekerman, che ha seguito alla guida di Argentina e Colombia prima di diventare, nel 2022, CT proprio dei Cafeteros.

Tecnici con traiettorie diverse, ma tutti con un tratto comune: non sono diventati CT della propria nazionale senza avere prima una certa esperienza in questo mondo. Sono state scelte particolarmente impopolari, perché non erano certo nomi altisonanti al momento del loro ingaggio, ma che hanno pagato.

Andiamo con ordine: Luis de la Fuente era subentrato a Luis Enrique dopo Qatar 2022, da cui la Spagna uscì contro il Marocco al termine di un ottavo di finale in cui l’enorme possesso palla aveva portato solo a un palo di Sarabia nel recupero dei tempi supplementari. In un primo momento è stato giustamente criticato per la sconfitta per 2-0 in Scozia alla seconda giornata delle Qualificazioni a Euro 2024 e ha ricevuto altrettanto giustificate critiche per ragioni extra-calcistiche legate al caso Rubiales, ma la vittoria della Nations League - primo trofeo della Spagna dopo 11 anni - e i sempre più convincenti risultati hanno portato i tifosi spagnoli ad avvicinarsi all’Europeo con moderato ottimismo. Più che ripagato: dopo la conquista del titolo continentale, nessuno si sognerebbe di mettere in discussione il tecnico di Haro, pronto a rinnovare con un cospicuo aumento.

Poi Gareth Southgate, giunto alla guida dell'Inghilterra nel 2016 al posto di Sam Allardyce. L’ex allenatore del Middlesbrough è stato assunto nel pessimismo generale, ma è riuscito a portare l’Inghilterra in semifinale al Mondiale 2018 e in finale a Euro 2020 e 2024. Non ha vinto niente e ha fatto giocare la sua squadra troppo male in relazione alla qualità di cui disponeva, si può pensare. Tutto vero, in effetti: ben pochi inglesi si stanno disperando per il suo addio, ma sarebbe impossibile non riconoscergli il merito di aver sempre saputo tenere coeso il gruppo e di aver ridato vigore a una nazionale che non giocava una semifinale dal 1996 e una finale addirittura dal 1966, quando l'Inghilterra vinse il suo primo e unico Mondiale. Non casualmente, oltre a Eddie Howe e altri manager in uscita dalla Premier League, tra i nomi menzionati per sostituirlo figura anche quello di un altro dei CT federali anglosassoni come Lee Carlsey, l’anno scorso alla guida dell'U21 che ha vinto l’Europeo di categoria.

Lionel Scaloni, invece, è subentrato a Jorge Sampaoli dopo il Mondiale 2018, uno dei peggiori commissari tecnici di sempre per l'Argentina. Inizialmente tecnico ad interim dell'Albiceleste, dopo 4 vittorie nelle prime 6 partite è stato confermato. La Copa America 2019, chiusa al 3° posto dopo aver perso la semifinale contro il Brasile, gli è costata l’antipatia della stragrande maggioranza dei tifosi argentini, che avrebbero voluto la sua testa, ma la striscia di vittorie che ha portato prima alla conquista della Copa America 2021 e poi a quella del Mondiale 2022 ha messo a tacere ogni diffidente rendendolo, con pieno merito, un eroe nazionale.

La Copa America 2024 è l’ennesimo sigillo sul ciclo più vincente della storia della nazionale argentina, che mai nella sua storia aveva raggiunto una tale costanza di vittorie: negli ultimi 4 anni l'Argentina ha più trofei vinti (3 o 4 se si include anche la Finalissima vinta contro l'Italia a Wembley) che sconfitte in singola gara (2).

https://twitter.com/carlosbravo0/status/1813632296093904982

Nestor Lorenzo, infine, è diventato CT della Colombia nell’estate 2022, in seguito al congedo con disonore di Reinaldo Rueda per la mancata qualificazione al Mondiale. Reduce da una sola esperienza da primo allenatore ai peruviani del Melgar, anche Lorenzo venne accolto con freddezza: il giornalista colombiano Carlos Antonio Velez, a dicembre 2022, parlò di un fantomatico “CT X” di alto e altro livello che sarebbe dovuto diventare il nuovo selezionatore colombiano a pochi mesi dall’ingaggio del tecnico argentino. Tra i nomi fatti trapelare dalla stampa c’erano Didier Deschamps, Lionel Scaloni e Zlatko Dalic, ma alla fine non se ne fece nulla. Poco male, perché Nestor Lorenzo, da quando è arrivato, ha saputo confezionare una striscia di imbattibilità - che ha visto la Colombia sconfiggere, tra le altre, Germania, Brasile e Spagna - conclusasi solo ai supplementari della finale di Copa America contro l’Argentina. Nessun trofeo, ma un rinnovato entusiasmo e la promessa di sorprendere tutti al Mondiale 2026.

https://twitter.com/WinSportsTV/status/1812720373277810688

Sarebbe sbagliato, comunque, dire che la "rivincita" dei CT federali sia una tendenza globale: la Germania è stata autrice di un grande Europeo avendo alla guida un CT, Julian Nagelsmann, che il mondo delle nazionali prima del 2023 lo aveva visto solo da spettatore. Allo stesso modo il Brasile ha scelto come selezionatore Dorival Junior, che in carriera ha girato un sacco di squadre di club verdeoro e il Belgio sta dando fiducia a Domenico Tedesco, che ha costruito le sue fortune nella Bundesliga.

Eppure qualcosa sta cambiando. Anche il Portogallo, a modo suo, ha voluto seguire questa tendenza: invece di attingere dall'assai florida scuola lusitana, si è preferito andare su Roberto Martinez, tecnico del Belgio dal 2016 al 2022. Forse è ancora presto per dire se sia stata una scelta giusta o meno, ma l’idea di base è chiara: puntare su CT che conoscono il mondo delle Nazionali invece di investire su allenatori specializzati nel calcio di club, che non è detto possano replicare i loro successi anche in un contesto totalmente diverso.

Negli ultimi anni va segnalato qualche tonfo eccellente di allenatori di successo nei club ma che in nazionale hanno arrancato. Primo su tutti Luis Enrique, mai riuscito a imporre il gioco del Barcellona nella nazionale spagnola (anche durante Euro 2020, dove le Furie Rosse in semifinale giocarono meglio rispetto all'Italia poi vincitrice, la Spagna non fu certo la selezione più solida del lotto). Situazione simile per Hansi Flick, scelto per sostituire Joachim Löw dopo Euro 2020, che è sembrato un lontano parente dell’allenatore che conquistò il sextete con il Bayern Monaco: esonerato a settembre 2023 dopo 4 sconfitte e 1 pareggio nelle ultime 5 amichevoli, nonostante fosse stato confermato in seguito all'uscita ai gironi del Mondiale 2022.

O ancora Fernando Diniz, salito alla ribalta nel 2023 grazie ai princìpi di calcio relazionale con cui ha vinto la Copa Libertadores alla guida del Fluminense e ha influenzato l’evoluzione tattica del calcio europeo, che a gennaio 2024 è stato estromesso senza troppi complimenti dal ruolo di CT del Brasile dopo aver ottenuto solo 1 vittoria in 6 partite.

I vantaggi di optare per CT federali possono essere molteplici. Partiamo da una premessa: l’allenatore di club e il CT sono due lavori diversi. Un tecnico deve avere nel suo bagaglio una serie di capacità, ma questo varia moltissimo a seconda che tu stia allenando un club o una nazionale. La capacità di martellare tatticamente i giocatori per un periodo medio-lungo al fine di trasferirgli al meglio le proprie idee tattiche (qualità in cui eccellono Gian Piero Gasperini e Maurizio Sarri, per fare un paio di esempi assai noti in Italia) in una Nazionale potrebbe essere meno utile della bravura nel gestire le partite secche, capendo come e dove colpire l’avversario (caratteristica in cui si è distinto Simone Inzaghi, su tutti, sempre per rimanere nel nostro ambito).

Essere ferrati nella preparazione atletica dei giocatori affinché a maggio possano essere freschi come ad agosto (storico pregio di Antonio Conte, che ha avuto grande successo a Euro 2016 più per capacità di creare un'unità emotiva inscalfibile) potrà servire relativamente rispetto alla capacità di mantenere la barra dritta per un mese facendo rimanere i giocatori anche tranquilli (e Roberto Mancini su questo potrebbe tenere delle lezioni di psicologia collettiva). Puntare su un tecnico che abbia già esperienze pregresse in una nazionale offre più possibilità che questi abbia imparato al meglio come gestire quei fondamentali che, alla guida di una selezione, risultano più importanti che in un club.

Altro aspetto importante che non può che essere proprio dei CT federali, "costruiti" nelle nazionali giovanili", è la conoscenza del gruppo con cui si dovrà lavorare: possiamo ben immaginare che de la Fuente avrà fatto tesoro di tutto ciò che ha imparato nei suoi anni da CT delle giovanili, vedendo quanto la sua Spagna sia stata tatticamente, atleticamente e mentalmente perfetta in Germania.

E in Italia?

Per questa digressione storica sul rapporto tra commissari tecnici “federali” e “non federali” in Italia prenderemo in considerazione gli ultimi cinquant’anni. Il negativo Mondiale tedesco del 1974, che vide l’Italia uscire ai gironi, portò all’addio del CT Ferruccio Valcareggi. A quel punto iniziò un forte ricambio generazionale guidato da Fulvio Bernardini, che dal 1975 venne prima affiancato e poi sostituito da Enzo Bearzot. Pochi potevano definirsi “CT federali” più del Vecio, che era stato allenatore dell’Italia U23 e assistente di Valcareggi.

Quella di Bearzot, come sappiamo bene, fu scelta azzeccata: a un buonissimo Mondiale 1978 in Argentina e un discreto Europeo 1980 in Italia seguì il trionfo in Spagna nel Mondiale 1982. Il Mondiale 1986 in Messico segnò la fine del mandato, ma il suo successore fu un altro CT federale: Azeglio Vicini, che da 10 anni allenava l’Italia U21. Il ricordo di Vicini, nel complesso positivo, sarà sempre legato al bello quanto bruciante Mondiale 1990.

Il vento della rivoluzione sacchiana però iniziava a tirare forte, e quindi nel 1991 il tecnico di Fusignano arrivò in nazionale dopo che Vicini venne mandato via per aver mancato la qualificazione a Euro 1992. L’ottimo secondo posto ottenuto al Mondiale 1994 venne controbilanciato da un gioco mai al livello di quello mostrato al Milan, motivo per cui all’addio di Sacchi, nel 1996, si tornò sulla direzione classica: la FIGC scelse Cesare Maldini, reduce, proprio come Vicini, da 10 anni alla guida dell’U21, che aveva condotto alla vittoria di tre Europei di categoria. I quarti di finale al Mondiale 1998 non furono sufficienti per fargli ottenere la conferma.

Lo sostituì Dino Zoff, che potremmo definire un CT federale atipico: era stato assistente di Bearzot in Messico e CT dell’Italia alle Olimpiadi 1988, ma era reduce da 10 anni di esperienza da allenatore di squadre di Serie A. Il leggendario ex portiere sfiorò la vittoria di Euro 2000, ma le pesantissime critiche dell’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lo portarono a dimettersi pochi giorni dopo la finale persa contro la Francia. 

È qui che si materializza la svolta: invece di andare su Marco Tardelli, CT dell’21, la FIGC punta su Giovanni Trapattoni, reduce dall’esperienza alla Fiorentina e universalmente riconosciuto tra i massimi rappresentanti della scuola italiana di allenatori. Quella del Trap, a ben vedere, è stata un’esperienza negativa: l’eliminazione agli ottavi del Mondiale 2002 e quella ai gironi a Euro 2004 hanno definito un quadriennio con tante ombre e poche luci.

La strada però appariva segnata, tanto che a succedergli fu Marcello Lippi, tecnico del ciclo vincente della Juventus (5 Scudetti e una Champions League a cavallo tra i due millenni). E ancora, dopo il Mondiale 2006 arrivò Donadoni, anch'egli allenatore di club seppur privo di un CV paragonabile a quello del predecessore. Nel periodo successivo al secondo mandato di Lippi la tendenza è stata quella di premiare con la panchina della nazionale chiunque raggiungesse buoni/ottimi risultati nei club: Prandelli, che aveva portato la Fiorentina in Champions League; Conte, reduce da 3 Scudetti consecutivi con la Juventus; Ventura, autore della qualificazione del Torino in Europa League; Mancini, che non raggiungeva risultati di livello da diversi anni ma che aveva alle spalle una grande carriera all'Inter; Spalletti, che ha varcato la soglia di Coverciano da CT a tre mesi dal suo Scudetto con il Napoli.

Insomma, la tendenza consolidata sembra quella di attingere dal calcio di club. Non una scelta campata per aria, considerando l’ottima forma della scuola italiana di allenatori, ma viene da chiedersi se non si possa pensare di cambiare rotta. Posto che Spalletti sarà giudicato da cosa potrà eventualmente fare in America del Nord nell'estate 2026, perché dopo di lui non si potrebbe pensare di andare su un commissario tecnico federale?

Forse verrà fatto un tentativo per Ancelotti, che ha contratto col Real Madrid fino al 2026, e ci mancherebbe, considerando che pochissimi avrebbero qualcosa da ridire se Re Carlo volesse chiudere la sua straordinaria carriera sulla panchina dell'Italia. Ma qualora non andasse a buon fine, perché non puntare sulla soluzione interna? Le nazionali giovanili italiane stanno vivendo un grande periodo, e sia Alberto Bollini, vincitore dell’Europeo U19 dell’anno scorso e tecnico della nazionale U20, sia soprattutto Carmine Nunziata, secondo al Mondiale U20 dell’anno scorso e ora alla guida dell’U21, avrebbero i loro argomenti.

Quest’ultimo in particolare fa parte dei quadri federali ormai dal 2012 e vanta un buonissimo CV: due secondi posti all’Europeo U17, un 3° posto all’Europeo U19 e la vittoria del Torneo Otto Nazioni del 2023, oltre alla già citata medaglia d’argento al Mondiale U20. Per il post Spalletti, quando bisognerà pensarci, sarà il caso di valutare non solo i nomi tradizionali che il calcio di club offre, ma anche allenatori già ferrati in questo mondo che possano mettere la loro esperienza al servizio della nazionale. Chi ci ha provato all’estero spesso ha avuto modo di esserne soddisfatto, perché non buttarci (nuovamente) anche noi?

  • Nato nel 2005, appassionato di allenatori, nazionali e allenatori delle nazionali. Amante dei non luoghi, della torta Sacher e del mare. Vive nel culto di Guillermo Ochoa.

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