Lamine Yamal, Nico Williams e il "letamaio multiculturale"
Lamine Yamal e Nico Williams hanno arato le fasce di Euro 2024 in campo e i razzisti fuori da esso
Il quartiere di Rocafonda - poco distante dal centro di Mataró, suburbia catalana adagiata sulla costa a nord di Barcellona - è da sempre luogo di accoglienza. Lo è sin dal momento della sua creazione: nei primi anni Sessanta, una zona fino a quel momento puramente agricola è destinata alla costruzione di case popolari per accogliere migliaia di immigrati arrivati da Andalusia, Estremadura, Castilla e Murcia. Rocafonda è sinonimo di multiculturalismo e, al contempo, specchio della Spagna che cambia, muta, si evolve.
Come in tutta Europa, negli anni Novanta anche a Rocafonda il fenomeno migratorio ha cambiato le proprie direttrici. Andalusi, estremegni e castigliani si sono integrati, arricchiti, accasati e - nonostante le resistenze dei catalani più anti-spagnoli e conservatori - sono a tutti gli effetti mataronses DOC, e a Rocafonda sono stati sostituiti da nuovi migranti provenienti prevalentemente dall’Africa subsahariana e dal Maghreb.
Proprio Rocafonda - insieme al Raval di Barcellona, Vallecas a Madrid e altre zone ad alto tasso di immigrazione - viene citato da Santiago Abascal e dai sodali di Vox (partito neofranchista strettamente legato a Fratelli d’Italia, di cui condivide le istanze più estreme e razziste) come esempio di estercolero multicultural - letteralmente “letamaio multiculturale” - che Abascal e la sua brigata di fasciobigotti vorrebbe ripulire.
Ironia della sorte (o meglio, dello scontro tra retorica e realtà), la Spagna tanto amata dai nazionalisti ha stravinto Euro 2024 grazie allo straordinario talento di Lamine Yamal - figlio di immigrati maghrebini e subsahariani, orgogliosamente e ostentatamente rocafondeño, il cui padre è fisicamente venuto alle mani con attivisti di Vox. Insieme a lui, nello stesso ruolo ma sulla fascia opposta (lo scontro tra razzismo e realtà si fa sempre più ironico) ha brillato un’altra stella della nuova Spagna. Una stella conterranea del reazionario Abascal, un pamplonese figlio di immigrati ghanesi.
Nico Williams e Lamine Yamal, le due ali che hanno portato la Spagna a trionfare in questo Europeo, protagonisti del gol dell’1-0 nella finale contro l’Inghilterra, sono la rappresentazione plastica, l’incarnazione della vacuità della narrazione goebbellsiana che serpeggia nelle strade e nelle menti di tanti, troppi, cittadini spagnoli ed europei. Una narrazione che chiede muri invalicabili non solo lungo i confini ma persino all’interno delle città.
Una retorica che ripete salmodiando che gli immigranti sono soltanto fonte di criminalità, insicurezza, degrado e disagio, smentita da una realtà - innegabile anche grazie al trionfo della Spagna a Euro 2024 - assai diversa. E le loro parole piene di odio e di paura servono a diffondere questi sentimenti, a creare un culture clash inesistente e utile solo a nascondere decenni di politiche economiche e sociali fallimentari.
Il calcio di Lamine Yamal e Nico Williams, è politica distillata in purezza e offerta a milioni di spettatori attraverso grande tecnica comunicativa, ricchezza di contenuti, dimostrazione di essere pienamente coscienti del loro privilegio, della loro situazione, di quella di tanti altri come loro che non ce l’hanno fatta, delle loro origini, della realtà.
Iñaki Williams, fratello maggiore di Nico, per esempio, ha recentemente raccontato al Guardian che suo padre “ha problemi ai piedi perché ha dovuto camminare sulla sabbia rovente, a 40/50 gradi.” Durante il suo viaggio verso l’Europa “le persone morivano e loro dovevano seppellirle e continuare a camminare. Hanno pagato i trafficanti di esseri umani, e a un certo punto gli hanno detto che il viaggio era finito lì", abbandonandoli al loro destino.
Lamine Yamal che esulta mimando con le mani “304”, codice postale del suo barrio, sancisce globalmente le sue origini e con un semplice gesto delle mani, seguito a complicati gesti dei piedi con il pallone, crea un’immaginario, un senso di identificazione e di riscatto, nei bambini e nelle bambine che stanno vivendo ciò che ha vissuto lui fino a poco tempo fa.
La coscienza politica che gli Mbappè, i Thuram e i due ragazzi spagnoli hanno dato a un calcio, immaginato dalla Uefa e dalla FIFA come prodotto asettico e apolitico il cui unico scopo è non fare annoiare adolescenti abituati a FIFA e COD, è un bellissima dimostrazione della profondità sociale che le nuove generazioni stanno sempre più spesso portando allo scoperto, all’attenzione di una platea globale di giovani e giovanissimi come loro.
La distanza tra i massimi organismi calcistici - incapaci di comprendere o di accettare la portata sociale questo Gioco pensandolo esclusivamente come generatore di introiti fine a sé stesso - e l’anima politica che pervade il calcio a tutti i livelli e che trova sempre più spazio tra le nuove generazioni dei Lamine Yamal - vivissima e densa di immaginario di una nuova umanità collettiva e sociale - è lampante, straniante e deprimente allo stesso tempo.
È anche e soprattutto per questo, per la portata politica e sociale di un semplice gioco, che amiamo ancora irrimediabilmente questo sport. Non solo per le storie individuali dei vari Lamine Yamal e Nico Williams, che spesso rischiano (una volta rimasticate e sputate dai media) di diventare inflazionate, stucchevoli, a loro volta fini a sé stesse, ma per il significato complessivo che il pallone dà a ciascuno di noi e per l’impatto che ha sulla realtà.
¡La pelota no se mancha, nunca!
Questo articolo è uscito originariamente su Catenaccio, la newsletter di Sportellate. Per ricevere Catenaccio gratuitamente o leggere i numeri arretrati, puoi cliccare qui.
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