Logo sportellate
Uruguay-Colombia
, 10 Luglio 2024

Caos, aggressività, intensità


Uruguay-Colombia è semifinale di Copa America tra due formazioni anarchiche

La Copa America 2024 finora ci ha dato sia sorprese che certezze: da un lato l’Argentina si conferma la vera padrona del calcio americano contro un Canada che comincia a vedere i frutti di un movimento che cresce e che ha regalato talenti - Davies, David, Eustaquio e Buchanan; dall’altro la caduta del Brasile, orfano di Neymar, poche volte criticato come quest’anno. La sua eliminazione ha aperto a tante possibilità nella parte bassa del tabellone, possibilità che possono cogliere Uruguay, "colpevole" dello scalpo, e Colombia.

D’altronde dietro ad Albiceleste e Seleção ci sono spesso state queste due nazionali a provare ad inserirsi in questa egemonia secolare: i Cafeteros non sono nuovi a questi palcoscenici soprattutto negli ultimi 10 anni. Se nell'ultima edizione i colombiani sono usciti ai rigori per mano dell’Argentina, la Celeste invece non arriva almeno nel penultimo atto da troppo tempo: 13 anni per l’esattezza, quando vinse la sua 15esima Copa America.

Quella del "Loco" Bielsa è una squadra che non si distingue per un calcio scintillante ma che ha ben chiari i punti di forza: baricentro alto per sfruttare le doti atletiche dei difensori, esterni dentro al campo per permettere ai terzini di spingere, palloni in profondità per Darwin Núñez sfruttando la sua velocità, pressione uomo su uomo grazie alla grande abnegazione degli esterni offensivi, gioco duro in mezzo al campo ideale per due come Valverde e Ugarte.

UN URUGUAY MOLTO "QUADRATO"

L'Uruguay non vuole far stropicciare gli occhi a nessuno: è una squadra che conosce bene i suoi punti di forza, con una chiara identità di gioco e che sembra pronta a tutto pur di portare a casa il risultato.

La costruzione dal basso non è molto utilizzata, il portiere Rochet preferisce andare lungo verso la punta o cercare gli esterni. I due centrali non sono propriamente due conosciuti come dei costruttori come non lo è Valverde, il primo play della squadra.

Il giocatore del Real è infatti la prima opzione per risalire il campo ma, non essendo abituato a svolgere questa funzione, non è molto avvezzo a giocare corto per far fraseggiare la squadra, preferendo soluzioni meno conservative anche per sfruttare la gittata illimitata.

Molto spesso Valverde si smarca inserendosi tra i due centrali, favorendo il loro allargamento: è Ugarte ora a dare supporto alla manovra. Se il pallone va sulla fascia, il centrocampista del PSG può anche appoggiarsi tra le linee.

Le catene laterali sono sempre molto folte: il terzino è sempre in ampiezza, favorito dall’esterno che si accentra e un centrocampista in appoggio.

Bielsa preferisce non attaccare centralmente: l’Uruguay basa molte delle sue sortite offensive sull’attacco laterale anche grazie agli inserimenti di de la Cruz, uomo ovunque nella zona di rifinitura avversaria ed esonerato da compiti di costruzione.

Per favorire i tanti attacchi sulle fasce del campo, spesso possiamo trovare tantissima densità in zona di rifinitura, per avere più uomini possibili in area una volta al cross. Questo porta in primis gli avversari a stringere la linea, favorendo così più spazio per le scorribande dei terzini; inoltre, l'Uruguay costringe gli esterni a ripiegare, togliendo i riferimenti laterali per imbastire eventuali ripartenze e costringendo la controparte ad abbassare il baricentro.

Fondamentale è l’utilizzo del mezzo spazio, soprattutto a destra. Bielsa infatti vuole sempre qualcuno in quella zona di campo per favorire l’avanzamento del pallone: senza uomini tra le linee, la manovra risulta stagnante e mette poco in apprensione i centrali difensivi, permettendogli di potersi concentrare su Núñez togliendogli la profondità. Nel corridoio intermedio si trova spesso l’esterno che si accentra, de la Cruz, addirittura un mediano, ma anche (e soprattutto) il terzino.

Il più delle volte a destra, Nandez si butta dentro internamente anche per favorire la linea di passaggio diretta verso Pellistri per poi attaccare la profondità sulla parallela.

Un possibile punto debole della fase di possesso uruguaiana è la gestione delle preventive in alcuni frangenti della gara. Le catene sono spesso soggette a grandi densità di uomini: se il portatore non trova sbocchi tramite un classico giro palla dal lato debole (dove ci sono, per forza di cose, meno giocatori), allora la retroguardia rischia.

Senza la densità laterale c’è più campo da occupare nel caso in cui si perdesse il possesso, rendendo difficoltosa la riconquista. Quando succede, la Celeste rischia pericolose transizioni, con la maggior parte della squadra ancora in scalata per tornare in posizione.

In fase di non possesso l’atteggiamento non è aggressivo, perlomeno nella zona di costruzione. La prima pressione ha come riferimento l’uomo ed è portata sui centrali da Núñez e dall’esterno Pellistri. Sul terzino sinistro sale direttamente il terzino con conseguente scalata del centrale sull’esterno in ampiezza.

Quando però la squadra di Bielsa abbassa il baricentro, il solo Núñez è mandato in pressione sui centrali avversari per avere i propri difensori concentrati sulla punta.

L’attaccante del Liverpool taglia fuori il portatore, non permettendogli di tornare indietro, inducendolo a condurre o a passare il pallone. L’Uruguay concede tante verticalizzazioni verso la punta, ma lo fa volentieri: oltre la prima linea di pressione Bielsa va uomo su uomo. I centrocampisti vengono spesso portati fuori dagli avversari liberando le tracce centrali dirette.

La difesa è schierata: ognuno ha il proprio avversario da marcare.

Valverde esce sul portatore; Araujo rompe la linea pronto ad andare sull’uomo lasciato dal compagno, l’attaccante di conseguenza attacca lo spazio lasciato vuoto; Olivera lo segue, Ugarte si inserisce nella linea difensiva per coprire un eventuale inserimento del centrocampista; Nandez sale sull’esterno che ha favorito la sovrapposizione del terzino, seguito da Pellistri.

C'è tantissima disponibilità e lealtà al sistema da parte degli uruguaiani in fase di non possesso, fedeli al concetto originario di garra: gli esterni offensivi ripiegano sempre e aiutano la difesa, coprendo l’unico anello debole in de la Cruz, spesso incaricato di seguire il vertice basso. Contro gli USA, per esempio, il diretto avversario del trequartista del River Plate (Adams) ha eseguito tanti tagli profondi, non sempre seguiti.

Da non sottovalutare le transizioni offensive dell'Uruguay: i rioplatensi si muovono benissimo in contropiede grazie soprattutto alle doti in progressione di Núñez, molto bravo anche a lavorare di sponda verso i centrocampisti accorrenti.

COLOMBIA, UNA SQUADRA FRIZZANTE

Se la Celeste ha inflitto il colpo del KO al Brasile, i Cafeteros hanno indebolito le certezze della Seleção arrivandole sopra nel girone e pareggiando nello scontro diretto. La squadra di Nestor Lorenzo ha la possibilità di piazzare un exploit che è mancato a una Golden Generation colombiana: la finale della Copa non è arrivata cogli Ospina, Falcao, Zapata, Cuadrado, Quintero, Guarin, Muriel e soprattutto James Rodriguez.

L’ex Real Madrid è il fiore all’occhiello di una squadra certamente più esplosiva dell’Uruguay, che cerca di rubare l’occhio anche grazie a un Luis Diaz sempre straripante. L’organizzazione di gioco non è il punto di forza per questa selezione, che ha pochi dogmi in fase di possesso. Come i loro prossimi avversari infatti non disdegnano il lancio lungo, ma soprattutto hanno poche "posizioni" fisse.

È complicato spiegare i movimenti dei giocatori, ma partiamo dalle certezze: il play e i centrali. Questi tre giocatori sono la base della costruzione colombiana, gli unici ad avere movimenti codificati nella struttura gialloblù. L’ampiezza a destra la da spesso il terzino Muñoz, a sinistra invece può essere occupata da Luis Diaz, da Mojica o anche da Arias.

Al centro di tutto c’è James Rodriguez, vero "anarchico" della squadra: il resto del centrocampo si muove in base alle sue posizioni.

La heatmap di James nella Copa America 2024: ovunque, dove gli pare.

Richard Rios può smarcarsi in profondità ma soprattutto fuorilinea per allargare la costruzione; Arias può occupare il mezzo spazio destro o abbassarsi per fare il secondo play. Un quartetto di centrocampo, insieme a Jefferson Lerma, senza ruoli predefiniti.

Perché Diaz viene utilizzato così? Il #7 del Liverpool rimane spesso molto accentrato, probabilmente per le caratteristiche della punta Cordoba. Il suo compagno d’attacco tende ad allargarsi sulla destra senza fare da riferimento centrale: l'attacco a due atipico della Colombia può occupare i centrali avversari, ma soprattutto favorire le avanzate di Muñoz in ampiezza.

Come l’Uruguay, anche i Cafeteros possono soffrire le transizioni difensive per mancanza di attenzione nelle marcature preventive. Con i terzini alti in ampiezza e i centrocampisti che si muovono tanto senza palla, c’è il rischio che i colombiani lascino le zone laterali scoperte e attaccabili nel caso di perdita del possesso.

Un esempio: Mojica sale e Arias, giustamente, lo copre e rimane in appoggio. Il centrocampista, una volta presa la palla, si concede la licenza di condurre il pallone e tentare un’imbucata che va male: l’esterno del Paraguay intuisce e attacca lo spazio lasciato vuoto dalla giocata rischiosa finita male. Proprio Arias finirà per prendere il giallo fermando una ripartenza.

La fase di non possesso della Colombia ha similitudini con quella della squadra di Bielsa: una prima pressione non troppo aggressiva, a volte portata in inferiorità numerica, e un sistema uomo su uomo una volta superata la prima.

Diaz e Cordoba sono gli incaricati ad andare sui centrali, James va su vertice basso, quasi a formare un 4-3-1-2.

Quando però la Colombia si chiude, opta per un 4-4-2 con James largo.

Con questa disposizione, vista l’aggressività dei mediani sui centrocampisti avversari, spesso si crea tanto spazio tra i reparti nonostante la linea difensiva comunque molto alta: è un rischio che la Colombia è disposta a prendersi, vista la superiorità numerica nella propria metà campo.

La pecca maggiore è sicuramente la protezione delle fasce, molto più vulnerabili delle zone centrali. Spesso è James a difendere lì e non brilla per effort; la linea difensiva copre poco gli 1v1 dei terzini non accorciando e lasciando spazio tra centrale terzino.

LE CHIAVI DI URUGUAY-COLOMBIA

[n.b.: all'Uruguay mancheranno Ronald Araujo per infortunio e Nandez per squalifica]

In Uruguay-Colombia, quella che sembra avere più armi contro i difetti dell’altra sembra l’Uruguay. Sarà interessante vedere la differenza sul come difenderanno gli inserimenti dei centrocampisti. La Colombia può avere dalla sua il classico palla avanti-palla dietro-palla nello spazio viste le marcature a uomo della Celeste: un approccio alla manovra più verticale rispetto al solito potrebbe essere l’ideale.

L’Uruguay concede palloni diretti verso la punta, ma la Colombia non ha a chi appoggiarsi - Cordoba ama dettare la profondità invece di venire incontro, idem Diaz.

La Colombia, dalla sua, ha comunque una coppia di attaccanti che sa attaccare lo spazio alle spalle della difesa: visto il blocco medio-alto dettato dalla linea dell'Uruguay potremmo vedere tanti lanci lunghi oltre l'ultima linea.

I centrocampisti dovranno buttarsi dentro per liberare la zona di rifinitura: Ugarte e Valverde assorbiranno tutti i movimenti senza palla, svuotando la zona davanti alla difesa, attaccabile soprattutto sulle seconde palle dopo un ipotetico lancio in profondità respinto.

Bielsa può mettere a disagio la scarsa (inteso in termini numerici) difesa delle fasce della Colombia con la densità nelle catene laterali. Se la Celeste assorbe tutti gli inserimenti dei centrocampisti avversari, lo stesso non si può dire per la Colombia, che lascia tanto spazio tra centrale e terzino senza far accorciare i centrali.

Una chiave può essere proprio quella: chi aiuterà il terzino in quelle situazioni? Ripiega il centrocampista o accorcia il difensore?

Quello spazio sarà probabilmente motivo di studio per l’attacco dell’Uruguay, abituato a occuparlo in maniera statica senza mai aggredirlo dinamicamente, se non con de la Cruz o Núñez.

Inoltre è da vedere come si contrapporrà la Colombia alla costruzione larga dell'Uruguay: potremmo vedere James associato a Valverde e Diaz e Cordoba si suoi lati, con i centrocampisti che scalano sui terzini nel caso avessero spazio per salire.

Un problema dello smarcamento dentrolinea di Valverde può essere la mancanza di progressioni centrali: il suo marcatore va ad occupare proprio la linea di passaggio verso il centrocampo, concedendo spesso il lancio in profondità o sulle fasce del centrocampista del Real Madrid.

La certezza in una partita come questa è che il gioco sarà molto spezzettato: Uruguay-Colombia sarà sfida tra due squadre che amano frammentare il ritmo in mezzo al campo, molto aggressive senza palla, col gusto e la necessità di fare fallo per impedire l'avanzata avversaria.

Aspettiamoci dunque un Uruguay-Colombia intenso, proprio come le due formazioni a confronto: chi riuscirà a consacrarsi?

  • Reggino classe 2000, dopo aver mollato l’aspirazione di diventare calciatore sogna di riscendere in campo come Match Analyst, nel mentre scrive articoli.

Ti potrebbe interessare

È possibile andare oltre la narrazione di Bielsa?

Il futuro della Copa

Gli Stati Uniti non se ne andranno

Il tango di Nicolás De La Cruz

1 2 3 6

Dallo stesso autore

L'evoluzione di Roberto De Zerbi

Il Napoli sa dove vuole andare

Juventus e Napoli hanno molto su cui lavorare

Juventus e Roma hanno rischiato poco

La Turchia di Montella è più fluida

Poteva andare peggio, poteva piovere

L'Atalanta può battere il Bayer Leverkusen?

L'unicità del Girona

Newsletter

pencilcrossmenu