Hey amigo, i campioni sono così
Pogačar, Vingegaard ed Evenepoel hanno già nobilitato il Tour 2024
Pogi c'è, Vingo pure - La prima settimana del Tour 2024 ci dice che davanti a tutti, con la maglia gialla, c'è l'uomo più atteso. Tadej Pogačar guida la generale con merito, mostrando - finora - di aver smaltito le scorie del trionfo al Giro d'Italia e di aver raggiunto nuovamente una condizione smagliante. Nelle (fantastiche, divertenti e spettacolari) tappe italiane il SuperMan sloveno c'ha provato senza però riuscire a fare la differenza: lo spazio c'era ma forse non troppo visto anche che il serbatoio delle energie nelle frazioni della Grand Depart era pieno non solo per lui ma anche per tutti gli altri rivali. È bastata, però, la prima vera salita per mettere sotto scacco tutti gli altri: sul Galibier, infatti, Pogačar è riuscito a togliersi tutti di ruota, sfruttando a pieno poi le sue ancora migliorate abilità da discesista per prendersi il successo parziale e la maglia gialla (ceduta per qualche ora all'equadoregno Richard Carapaz). Lo zenith di una prima fase di corsa dove, inevitabilmente, lo sloveno è stato leader e faro, pur non dominando alla stessa maniera del Giro nonostante una squadra, la UAE Emirates, che sembra la squadra olimpica di basket degli Usa, un autentico dream team: ogni volta che c'è stato un minimo spazio per attaccare - anche su terreni non propriamente suoi, come le "strade bianche" del circuito (rivedibile) attorno Troyes -, Tadej c'ha provato. Ma c'è stata una grande, grandissima differenza rispetto alla corsa rosa: in Italia, infatti, non ha trovato rivali in grado di rispondergli. Ora, invece, la situazione è totalmente diversa. I rivali ci sono e, inevitabilmente, fanno un po' paura. Partendo da Jonas Vingegaard, il vincitore degli ultimi due Tour, l'uomo che rappresenta una sorta di kriptonite per lo sloveno visto che è stato l'unico nel corso della sua carriera a metterlo davvero alle corde. Il danese, dopo aver trascorso gran parte della primavera leccandosi le ferite per la devastante caduta al Giro di Catalogna (con tanto di fratture a clavicola e costole oltre a un polmone collassato), era la grandissima incognita della partenza da Firenze: la sua squadra, la Visma-Lease a bike, ha fatto pretattica, sottolineando come fosse un già un miracolo vederlo al via. Pretattica che è stata cancellata in un baleno: come in molti sospettavano - Vingo è uno tosto, coriaceo - il campione in carica non è certo una comparsa. È stato l'unico a riuscire a rispondere agli attacchi in salita di Pogačar, cedendo soltanto negli ultimissimi metri del Galibier: i 35'' accusati nella tappa che ha segnato il ritorno in Francia della più importante corsa ciclistica del mondo sono frutto non tanto di una differenza di forze in salita, ma della gamba ancora non pienamente "rotonda" del danese che in piano e in discesa non riesce ancora a fare la differenza come le giornate migliori. Pogačar o Vingegaard, Vingegaard o Pogačar: anche la prima settimana del Tour rende difficile pensare a un esito finale per il primo gradino del podio di Nizza. Anche con due variabili sullo sfondo: in molti, infatti, temono che i due fenomeni potrebbero arrivare alla terza settimana in riserva d'energie. Pogi potrebbe pagare le fatiche del Giro e Vingo la lunga inattività. Ma è un'altra la variabile più temuta: si chiama Remco Evenepoel.
La variabile Evenepoel e la concorrenza sullo sfondo - L'enfant prodige è probabilmente la più bella sorpresa di quest'inizio Tour. Inaspettata: al Giro del Delfinato, ad esempio, Remco Evenepoel sembrava essere in ritardo di condizione, ancora appesantito e non in grado di lottare con i migliori soprattutto in salita. Sensazioni cancellate in questa prima settimana di Tour: l'ex calciatore delle nazionali giovanili del Belgio, infatti, al momento è soltanto un gradino indietro a Pogačar e Vingegaard ma decisamente superiore rispetto a loro sul passo. La cronometro dominata a Gevrey-Chambertin ha mandato un forte, fortissimo messaggio a tutti gli altri: Evenepoel, adesso, è il favorito per completare il podio. Ma, strada facendo, non è detto che non possa puntare anche a qualcosa in più, soprattutto se i due grandissimi favoriti dovessero incappare in qualche momento di difficoltà. Tirato come non mai e, a differenza del passato, senza quella "spocchia" che non lo rende certo fra i più simpatici del gruppo, Remco sembra essere arrivato al momento giusto per consacrarsi definitivamente fra i grandissimi di questo sport e centrare un altro eccellente risultato in una corsa a tappe: per ora è secondo, a soli 33'' dal leader Pogačar e con meno di un minuto di margine su Vingegaard (il danese è a 1'15'' dalla maglia gialla). Un terzetto di fenomeni davanti a tutti, insomma, capaci di dare spettacolo sulle strade e anche fuori (le polemiche a tre sull'attacco sfumato nella tappa degli sterrati hanno diviso e catturato l'attenzione) che lascia tutta la concorrenza sullo sfondo. A partire da Primoz Roglic, l'esperto sloveno che ha puntato una delle ultime fiches della sua carriera su questo Tour ma che, finora, è stato costretto a galleggiare per non annaspare. Si è salvato in diverse occasioni, infatti, l'ex saltatore con gli sci che ha beccato soltanto un minuto e mezzo da Pogačar: le prossime tappe diranno se la sua condizione è in crescita o dovrà continuare a tenere duro per evitare naufragi. Ben più convincente in salita di Roglic, ad esempio, è stato Carlos Rodriguez, ormai capitano unico della Ineos, uno che sembra in grado di piazzare una zampata importante sulle grandi salite e rimontare dalla settima posizione parziale in una top ten dominata dai gregari di lusso come Juan Ayuso (il giovane spagnolo si vuol giocare le sue carte e non fare soltanto da "mulo" per la UAE di Pogačar), Joao Almeida e il redivivo Mikel Landa. Insomma, tutti gli uomini più attesi in chiave generale sono lì, tranne Carapaz (che, però, può gioire per la maglia gialla indossata per un giorno per il gioco dei piazzamenti) e Simon Yates. È il Tour, signori. E i campioni sono così...
L'eternità di Cavendish e la rivincita dei "vecchietti" - Il Tour 2024, intanto, ha già scritto una storia destinata a restare nella leggenda dello sport. A Saint-Vulbas, infatti, Mark Cavendish ha deciso di entrare definitivamente negli annali, andandosi a prendere la 35esima vittoria di tappa in carriera nella Grand Boucle. Il più vincente di sempre, meglio addirittura di Eddy Merckx. L'ultimo grande velocista "vecchio stampo" ha raggiunto il record dei record, un sogno inseguito ormai da più di due anni e che l'ha portato a prolungare la sua attività sportiva agonistica fino ai 39 anni. Lo sprinter dell'Isola di Mann, così forte e allo stesso tempo così fragile, ce l'ha fatta proprio quando era sul punto di crollare: nella prima tappa, nel fantastico tour fra i colli di Toscana ed Emilia Romagna, (faster than the) Cannonball si è staccato dopo pochi chilometri. Un'agonia infinita per l'inglese che, accompagnato da quasi tutta l'Astana, è riuscito a superare i problemi di stomaco e la lotta contro il tempo massimo per poi andarsi a prendere il successo più atteso, in grado di far felici tutti - proprio tutti - i tifosi ma anche i colleghi del gruppo. La prima settimana del Tour 2024 è anche quella della "rivincita dei vecchietti": perché proprio mentre Cav lottava contro se stesso nella prima tappa, si scriveva il trionfo di Romain Bardet, il folletto francese che all'ultimo valzer nella corsa di casa (si ritirerà nella prossima stagione, chiudendo col "suo" Giro d'Italia) è riuscito a centrare un obiettivo mai agguantato in carriera: indossare la maglia gialla. Ce l'ha fatta, contando anche sull'eccellente opera di gregariato del compagno Frank Van Den Broek, decisivo per far arrivare il capitano con un piccolo margine di vantaggio sul traguardo di Rimini per regalargli tappa e simbolo del primato.
L'esplosione di Girmay, la grande Francia e la piccola Italia - La primissima fase del Tour 2024 è stata anche quella dove si è sancita la consacrazione di Biniam Girmay: il primo africano a vincere una grande classica (Gand-Wevelgem edizione 2022) e una tappa al Giro d'Italia, dopo qualche mese d'appannamento, si è imposto al momento come il miglior velocista. Due successi parziali - e il secondo posto nello sprint che ha visto trionfare il redivivo Dylan Groenewegen - hanno consacrato l'eritreo, trasformandolo anche nei favorito naturale per il successo dell'ambita maglia verde, il simbolo della classifica a punti. Ma nella prima parte del Tour grande protagonista è stata la Francia: detto di Bardet, i transalpini hanno già ottenuto ben tre successi di tappa grazie alle fughe di Kevin Vauquelin a Bologna e a quella di Anthony Turgis nella tappa degli sterrati. E per un'eccellente Francia c'è, invece, un'Italia piccola-piccola: il plotone azzurro (da otto si è passati già a sette, visto il ritiro già nella prima tappa di Michele Gazzoli causa problemi di stomaco) finora non ha dato grandi segnali. Giulio Ciccone si è fatto vedere fra i migliori in salita, cedendo soltanto nel finale del Galibier: è 14esimo in classifica generale, già a oltre 5 minuti da Pogačar. L'impressione è che, forse, sarebbe meglio puntare alle tappe che curare un piazzamento di rincalzo nella graduatoria. Grandi aspettative c'erano su Alberto Bettiol, in particolare nelle tappe italiane, ma il toscano in maglia tricolore non è riuscito a trovare spazio. Tutti gli altri, come previsto, sono dedicati a compiti di gregariato (molto bene, al momento, Gianni Moscon che si è trasformato in una sorta di "regista" per la Soudal-Quick Step di Evenepoel). Difficilmente ci potranno regalare qualche gioia di qui in avanti...
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