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Amarcord Expat Italia Germania 2012
, , 9 Luglio 2024

Essere expat: Italia-Germania, 2012, Bilbao


Il sentimento di un expat durante una gara della Nazionale ha contorni emozionali differenti

L'Ein Prosit è un pub di Bilbao. Gestito da generazioni di tedeschi sfuggiti agli inizi del Reich, trasferitisi sulle rive del Nervión. Un polo d'attrazione di tutti i tedeschi che vivono a Bilbao o che qui trascorrono qualche giorno (sì, a differenza di quanto il pensiero italo-centrico possa farci immaginare, non siamo solo noi a cercare all'estero posti dove godere della propria cucina tipica). Tutto rigorosamente nello stile teutonico: mobilio, cibo e soprattutto birre. Unica eccezione, la lingua parlata - ovviamente, il castigliano. Quale miglior luogo dove vedere Italia-Germania il 28 giugno 2012?

Il prepartita è condito da luppolo a fiumi: sin dall'inizio, i tedeschi, accortisi che ero italiano, con la sicumera che li contraddistingue, già ballavano attorno al cadavere della squadra allora allenata da Prandelli.

Gli Azzurri non si presentavano come una delle migliori versioni che l'Italia avesse mai avuto, benché non mancasse qualità a livello individuale. La Germania di Joachim Löw, invece, forte della magnifica organizzazione della propria federazione, portava sul campo il frutto di anni di lavoro dei settori giovanili, con una formazione piena di talento in ogni zona del campo.

La fascetta di Mesut Özil.

Ora, è noto ai più che nel calcio la ricerca degli aruspici debba essere elemento primario. Poco importa se fattivamente i riti pagani, spesso apotropaici, non impattino fattivamente sul risultato finale e sulla prestazione dei giocatori in campo: la scaramanzia va ciecamente rispettata, un rito salmodiano che ciascuno deve osservare senza porci al suo interno quel minimo di QI pronto a demolirla. Porta sfortuna.

Altrettanto noto è che le sfide nelle varie competizioni tra queste due formazioni hanno quasi sempre visto gli Azzurri vincere. Tre esempi soltanto, ripetuti come un mantra per scacciare la tensione: l'epico 4-3 di Messico '70, El Partido del Siglo all'Estadio Azteca; la finale di Spagna '82 - il Non ci prendono più pertiniano che ruppe ogni etichetta politica di fair play ; la semifinale di Dortmund 2006, dove ai supplementari li sconfiggemmo in casa.

Poco importa il passato, la partita è oggi. Davanti schieriamo due personaggi assolutamente imprevedibili come Cassano e Balotelli supportati da De Rossi, Pirlo, Montolivo e dalla B-BBC juventina. "Ottima squadra" si direbbe col senno del poi: negli occhi si avevano però ancora decenni di talento purissimo in ogni zona del campo, specie nel reparto offensivo. Soli sei anni prima vincevamo con Del Piero, Totti, Toni, Gilardino, Pippo Inzaghi; i Baggio, Rivera, Riva, Vieri abitano ancora le menti azzurre.

Il palato era troppo fine per considerare una squadra solo ben strutturata (qualche anno dopo, alla guida di Conte, calcavano il campo giocatori ben più scarsi). L'atmosfera dell'Ein Prosit era bella calda: l'atlantica estate bilbaina offriva una pausa dalle piogge, quindi schermo all'aperto e tutti in strada pronti al fischio d'inizio. La proporzione era 30 a 3: tutti bardati di bianco-nero-giallo-rosso, tranne io e due miei amici autoctoni che, manco a dirlo, tifavano Italia (la Germania, nel corso degli anni, non si è mai curata di crearsi amici, specialmente nel nord della Spagna).

Quei due baschi parevano, a dispetto del mio pessimismo leopardiano, sicuri che l'avremmo spuntata: avevamo chances soprattutto perché, stranamente, l'ambiente attorno alla nazionale teutonica ci dava completamente per spacciati. Vittime sacrificali della vendetta attesa da ormai troppo tempo.

Ci tenevano tantissimo.

E ci tenevo pure io, molto: sei un expat, gli asti millenari tra popolazioni che condividono lo stesso piccolo continente ritornano alla mente assieme alla profonda denigrazione che i tedeschi hanno sempre malcelato verso di noi.

Ricordi i treni che dal Sud partivano stipati di valigie di cartone con la speranza di potersi guadagnare una vita migliore. In quell'esatto momento il sentimento che assale è sostenere fortemente una squadra che, in fondo, rappresenta e ha sempre rappresentato questo paese. Sgangherata, fatta di follia e tecnica, di tenacia e gioco sporco, pronta a tutto per portarsi a casa quello che gli spetta.

Quando sei un expat questo sentimento di rivalsa ce l'hai a prescindere. Non lo controlli. Ti prende dentro. Ed è per questo motivo che le scene di giubilo per le vittorie nelle competizioni per nazionali sono accolte con enorme calore molto di più all'estero che qui sul suolo italico.

La partita è di inerzia tedesca. Attaccano e giocano decisamente meglio, ma tutto ciò non ci scoraggia. Dopo 20 minuti esatti Cassano s'inventa una piroetta, lasciando sul posto il suo marcatore e pennella con grazia plebea un cross per Balotelli. Ops, ferocemente ops. 1-0.

I teutonici ammutoliscono ma non si scoraggiano. Ci guardano dicendo coi volti Il caso vi ha premiati adesso ma sapremo sicuramente ribaltare questa ingiustizia. Non sanno, però, che sta per abbattersi su di loro un gol la cui esultanza rimarrà iconografia di quell'europeo.

La Germania, quasi percepisse lo stesso sentimento, si lancia furibonda verso la porta difesa da Buffon pronta a rimettere tutto in ordine. Peccato che, perdendo palla, permette a Montolivo di lanciare in campo aperto Balotelli. Fatta rimbalzare la palla quel tanto che basta, non ci pensa due volte a tirare una pietrata di collo pieno verso la porta di Neuer. La palla sibila. Il biondo rimane sbigottito, attonito, imbalsamato.

Non se l'aspettava. Non pensava che quel bresciano matto potesse disegnare con quella forza una traiettoria così sublime: la forza non è mai stata così bella, la forza non è mai bella. SuperMario era solito non esultare: Avete mai visto un postino esultare dopo avervi consegnato una lettera?

Eppure quel gol gli fece d'istinto togliere la maglietta, girarsi verso gli spalti, inarcare le spalle e mettere le braccia in una posa di tensione. L'asciutta muscolatura, il corpo in tutta la potenza delle fibre.

Nulla importava se tutti i suoi compagni gli saltavano addosso, la posa statuaria non veniva in alcun modo scalfita.

https://twitter.com/andpom147/status/1674016786944086018

Esultai. Molto. Sguaiatamente. Sembrava potessi rifarmi di ogni sopruso tedesco: un urlo ancestrale salì dallo stomaco e con ferocia si diresse verso lo sbigottimento intontito dei visi teutonici su cui si palesava, per l'ennesima volta, lo spettro terrificante della sconfitta.

Il rigore di Özil su rigore a pochissimi minuti dallo scadere lo ricordo a fatica. Il triplice fischio, però, a decretare l'ennesima sconfitta della Germania contro l'Italia, ce l'ho impresso come fosse ieri e non quasi 12 anni fa.

Come spiegare a un non italiano Gene Gnocchi che intervista l'Uomo d'Italia?

Essere expat vuol dire anche rivendicare un sentimento popolare che si esprime nel calcio. Questo gioco porta ad amare qualcosa che spesso diamo per scontato o che rifiutiamo per mille motivi, spesso tutti campanilistici.

Del resto, però, questa Italia è così: endemicamente divisa, spezzettata, mai compiutamente conscia di sé stessa. E forse, vedendola da fuori e gioendone insieme da lontano, è proprio la sua parte più bella e l'anima più profonda.


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  • Impuro, bordellatore insaziabile, beffeggiatore, crapulone, lesto de lengua e di spada, facile al gozzoviglio. Fuggo la verità e inseguo il vizio. Ma anche difensore centrale.

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