Non sottovalutate la Svizzera
La vittoria contro l'Italia ha mostrato la qualità del lavoro di Yakin.
A margine dell'eliminazione, anzi umiliazione, subita dalla Svizzera, è partita la solita caccia al colpevole mista alla tipica invettiva populista italiana. Un leitmotiv che in questo decennio di delusioni si è ripetuto più volte. Un loop dal quale non si riesce mai ad uscire perché in questo Paese non si è abituati a prendersi responsabilità (chi ne ha), a fare autocritica, oltre che i complimenti all'avversario, e a comprendere i motivi della sconfitta.
Si finisce sempre col far parlare la pancia invece della testa. E no, non si tratta dei milioni di tifosi della nazionale, ma dei media. Sono proprio coloro ai quali ci si affida per aggiungere un pizzico di razionalità alla nostra rabbia i primi a sparare all'impazzata contro tutti, perfino sui bambini di oggi, rei di giocare poco per strada rispetto al passato. Ogni tanto sarebbe bello svegliarsi in Italia e sorprendersi; ma non è questo il caso.
Al grido di "Ci siamo fatti eliminare da Xhaka e Freuler, mica da Zidane" invocato da Giancarlo Marocchi nel post gara su Sky Sport, ci siamo limitati a insultare, senza mezzi termini, i nostri, siano essi i calciatori o il CT Spalletti. Ancora nel 2024 si fa fatica a capire che in uno sport corale si perde e si vince insieme, che non esiste il colpevole nel tracollo e l'idolo nel trionfo, e che soprattutto i giocatori, come ricordato da Beppe Bergomi in telecronaca, vengono determinati dal contesto.
Nel calcio, 1+1 non fa sempre 2. Una squadra non è la somma di 11 persone che addizionano perfettamente i loro talenti. E forse qualcuno l'avrebbe capito se avesse visto le partite della Svizzera. Un gruppo, guidato da Murat Yakin in panchina, che ci ha dimostrato come si possa andare anche oltre le proprie possibilità individuali grazie al lavoro.
Il tempo è il miglior amico del lavoro, e se l'ex capitano del Basilea ha iniziato la sua avventura da selezionatore dopo l'Europeo del 2021 che ha visto gli Azzurri campioni, Luciano Spalletti ha ereditato solamente da dieci mesi il testimone di Roberto Mancini. Proprio da questo possiamo vedere le prime differenze tra le due squadre: gli elvetici hanno conoscenze condivise acquisite e certezze tattiche, noi le stiamo ancora cercando. Ecco perché, mentre la nazionale rossocrociata si affacciava con convinzione a questo ottavo di finale di Euro 2024, i dubbi dal ritiro di Iserlohn erano molteplici.
Una squadra fluida
Il più grande merito di Yakin è sicuramente quello di aver dato una chiara identità alla sua squadra. Nelle partite sin qui disputate si possono facilmente notare i principi che guidano i prossimi avversari dell'Inghilterra, sia con che senza palla. In fase di possesso, la Svizzera alterna due tipi di strutture in base all'altezza di campo in cui costruisce. Nella prima costruzione è solita alternare un 4+1 e un 4+2. Infatti, pur essendo nominalmente schierata con un 3-4-2-1, il concetto chiave del gioco elvetico è la fluidità. A possesso consolidato, invece, predilige un 3-2-5, schieramento particolarmente in voga in questo torneo.
La personificazione di come i ruoli in questa squadra siano relativi è senza dubbio Michel Aebischer. Il centrocampista del Bologna interpreta la posizione di quinto di sinistra solo in fase di non possesso, mentre, quando la palla è tra i piedi dei suoi compagni, libera la fascia per andare a giocare a centrocampo, occupando il mezzo spazio sinistro.
Una scelta che permette di utilizzare il calciatore in base alle sue caratteristiche senza metterlo in difficoltà, ottenendo anche un'occupazione dei corridoi offensivi più imprevedibile e dinamica. La Svizzera, in questo senso, ha dimostrato che il gioco di posizione non rappresenta un'interpretazione di calcio statica: sono gli spazi da occupare a rimanere fissi, non i ruoli, motivo per cui può essere decisamente più funzionale occupare tali spazi in modo fluido e con continui scambi di posizione.
La ricerca della dinamicità
L'attacco di una squadra si giudica dalla quantità di pericoli creati alle difese avversarie su tre livelli: ampiezza, rifinitura e profondità. Nel caso di una squadra con così poca qualità, quantomeno rispetto alle concorrenti più quotate, è possibile pensare di far male alle avversarie solo essendo imprevedibili. La Svizzera negli ultimi 20 metri non ha particolari fenomeni creativi né tantomeno realizzativi; per questo motivo, la squadra di Yakin è una sorta di democrazia del gol in costante movimento.
Non basta quindi fissare le ampiezze, occupare le zone di rifinitura e minacciare la profondità; a fare la differenza è la dinamicità nell'esecuzione. Il calcio è un gioco di spazi ma anche di tempi, occorre coordinare i movimenti con i compagni per riuscire a disordinare gli avversari. Gli elvetici hanno ben chiaro questo concetto, ed è così che provano a sopperire a una mancanza di qualità individuali sopra la media.
Il gol di Freuler è un manifesto di come muoversi porti a creare pericoli. Infatti, Embolo non aspetta il pallone, ma gli va incontro staccandosi dalla marcatura di Mancini. È poi bravissimo Akanji a trovarlo di prima, dopo che lui si è guadagnato il tempo e lo spazio per controllare e servire Ndoye.
Il calciatore del Bologna allarga subito per Vargas e va a sovrapporsi permettendogli di accentrarsi. Freuler ha seguito l'azione e si inserisce nel buco lasciato libero dagli Azzurri che non riescono a stare dietro al continuo dinamismo degli avversari.
Transizioni artificiali
Negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscere le transizioni artificiali. Con l'aumento dell'abilità tecnica dei calciatori coinvolti nella prima costruzione, sempre più spesso gli allenatori scelgono di sfruttare a proprio vantaggio la pressione avversaria uomo su uomo per aggirarla. In caso di riuscita si aprono spazi enormi, permettendo di attaccare in velocità fino a puntare la porta, ragion per cui quest'azione somiglia a un contropiede nella sua fase conclusiva.
Per riuscirci servono giocatori di qualità e molto a proprio agio sia tecnicamente che mentalmente, vista la necessità di giocare la palla sotto pressione. Yakin ha la fortuna di averli, uno su tutti Manuel Akanji. A lui ad esempio va il merito di tentare con costanza i cosiddetti laser pass tra le linee, come quello che ha trovato Aebischer libero sulla trequarti per servire l'assist a Duah nel primo gol elvetico a Euro 2024. Non sono da meno Fabian Schär, Granit Xhaka, Remo Freuler e Ricardo Rodríguez, tutti abili a garantire un'ottima resistenza al pressing. Aggredirli alti non sembra una grande idea, e non lo è stato nemmeno per l'Italia.
Aggressività
Questa è sicuramente la prima parola che viene in mente pensando alla fase di non possesso della Svizzera. Una condizione necessaria quando si sceglie, come nel caso della Nazionale elvetica, di orientare la propria fase difensiva su dei principi a uomo. Come è stato evidente a tutti, gli Azzurri hanno sofferto molto questa grande intensità nella prima pressione, ma anche la Germania ha avuto un assaggio dell'aggressività rossocrociata. In una partita in cui i tedeschi hanno avuto il 66% di possesso palla, le difficoltà a creare occasioni sono state molteplici.
Difendere in questo modo presuppone la tendenza a spezzare la linea non appena necessario. Che siano i braccetti - per usare un termine caro al nostro CT - che escono sui trequartisti nei mezzi-spazi, o gli esterni che vengono attirati dai dirimpettai avversari, gli uomini di Yakin escono sempre forte sui riferimenti.
Quando l'avversario consolida il possesso e la squadra vuole rifiatare un po', l'alternativa è il 5-4-1, una soluzione con cui si tenta di migliorare nella difesa dell'area rigore, specie sui cross, che hanno rappresentato il più vistoso punto debole di questa Svizzera, specie nella fase a gironi. In particolare, come si nota dai gol di Varga e Füllkrug, è la zona del secondo palo alle spalle del braccetto, in particolar modo dal lato di Rodriguez ed Aebischer, quella in cui gli uomini di Yakin accusano maggiori problemi.
Transizioni difensive
Nel gestire le transizioni difensive i ragazzi di Yakin sono i migliori di tutto Euro 2024. Come segnalato da Calcio Datato prima della sfida contro l'Italia, gli svizzeri non hanno subito un tiro da palla persa nella fase a gironi. La grande densità che fa in zona centrale la Svizzera, soprattutto con questa sorta di box formato dai due mediani e i due trequartisti, torna utile quando si perde palla.
Spesso e volentieri quando gli svizzeri perdono il possesso riescono ad avere tanti calciatori attorno alla zona del pallone. Questo fa scattare la riaggressione immediata, con il portatore di palla che viene circondato allo scopo di togliere opzioni di passaggio in verticale e in orizzontale. Proprio dalla corretta effettuazione di una transizione difensiva nasce la perla di Xherdan Shaqiri contro la Scozia.
Se, come detto, la Svizzera si basa su principi a uomo e non si fa problemi a rompere la linea, è altrettanto vero che spezzare la retroguardia a 5 apre delle opportunità. Una di queste è l'attacco della profondità nello spazio tra il terzino e il centrale di parte. Basta un rilassamento durante la pressione sul portatore, in particolare con una linea difensiva così alta, per lasciare la palla scoperta e avere un'occasione di far male.
Come abbiamo visto, questa squadra è la dimostrazione di come il lavoro e l'organizzazione possano elevare le qualità dei calciatori, coprendone i difetti. Il sistema costruito da Yakin e dal suo staff è riuscito a far sì che 1+1 facesse 3, non solo 2. Chiunque pensava che l'Italia non potesse uscire in questo modo contro la Svizzera solo per una questione di blasone o di curriculum dei giocatori ha solo dimostrato come sia più semplice, e quindi superficiale, giudicare un libro dalla copertina. Aprirlo, leggerlo e capirlo costa molta più fatica.
In questi giorni non abbiamo solo assistito a una mancanza di rispetto nei confronti degli elvetici, ma soprattutto verso il lavoro. Solo chi non ha rispetto del lavoro può pensare che conti meno dei nomi scritti sulle maglie, o che il tempo sia solo l'alibi dello sconfitto invece che la virtù del vincitore. Nessuno ha voluto vedere chi era la Svizzera veramente, in campo, non sulla carta. Uno sbaglio che non l'Inghilterra non dovrà ripetere.
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