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VNL
, 23 Giugno 2024

L'impronta di Velasco sulla VNL di Italvolley


Julio Velasco comincia, tanto per cambiare, con un successo: Italvolley trionfa in VNL a Bangkok e vola a Parigi.

L’Italvolley femminile torna sul tetto del mondo aggiudicandosi la VNL: nella finale di Bangkok, le azzurre sconfiggono il Giappone per 3-1 e sollevano il trofeo mondiale per la seconda volta nella loro storia (dopo l’edizione 2022). Una vittoria che vale tanto, soprattutto se si pensa che, solo pochi mesi fa, la nazionale era reduce da delusioni cocenti ed era in cerca disperata dei punti ranking necessari per qualificarsi alle Olimpiadi, ottenibili solo in questa competizione: missione, quella del pass olimpico, compiuta dopo poche settimane. Ciò che è successo dopo è stato però era più inaspettato: Egonu e compagne hanno convinto sempre di più nelle tappe successive, fino alla fase finale in cui hanno mandato k.o. gli Usa e la Polonia prima delle nipponiche, mostrando che, a Parigi, potranno dire la loro giocandosela davvero con chiunque. Il ciclo di Julio Velasco comincia, manco a dirlo, con una vittoria: il tecnico argentino ha già dimostrato, comunque andrà, di esser stata la scelta migliore per il dopo-Mazzanti. E soprattutto, di non essere solamente un’icona di questo sport, ma di poter ancora essere decisivo, alla grande, sul taraflex. Se è vero che, come in un suo celebre passaggio, la mentalità vincente si costruisce vincendo, questa avventura non poteva iniziare meglio.

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Al di là del successo, questa VNL serviva soprattutto alle azzurre per staccare il pass per Parigi: missione non impossibile e compiuta già qualche settimana fa, perché in questa competizione, a parte la sconfitta iniziale con la Polonia, l’Italia è piano piano cresciuta acquisendo sempre maggiore consapevolezza e garantendosi quei punti necessari alla qualificazione olimpica. Tante le belle prove delle azzurre, ma se dovessimo scegliere le migliori performance, metteremmo in evidenza il quarto di finale eccellente con gli USA, ma soprattutto la vittoria con la Turchia del primo turno, quando la qualificazione era tutt’altro che certa, che ha mostrato come questa nazionale potesse giocarsela e vincere con chiunque. In questo senso, la scelta di Velasco di far riposare nei primi turni le big per averle fresche nella seconda parte è stata un esempio di gestione perfetta: quando sono arrivate, le atlete di punta (Egonu e De Gennaro su tutte, ma non solo loro), hanno trovato una nazionale che già si era espressa su altissimi livelli e ne hanno accresciuto ulteriormente il valore con ultime tappe ed eliminatorie in cui hanno mostrato di poter vincer contro tutte le contendenti (Cina, Usa, Polonia su tutte, ma anche il Brasile con cui si è perso sul filo del rasoio), sino al capolavoro che ha portato alla vittoria finale. La VNL è, classicamente ed al di là del ricco montepremi, un torneo di rifinitura verso trofei estivi più importanti, che siano Mondiali, Europei o, come in questa stagione, Olimpiadi: Velasco aveva detto chiaro che, visto il poco tempo a disposizione, sarebbe stata un allenamento perfetto. E l'esultanza finale, felice ma quasi contenuta, dice esattamente questa: che le azzurre, come il loro allenatore, stanno già guardando avanti.

Sembra ieri che questa nazionale era una polveriera, zeppa di beghe, con un CT di fatto esautorato dal gruppo e poi dalla FIPav, che aveva fallito un Europeo casalingo e di fatto era ancora incerta rispetto alla qualificazione olimpica: cosa è successo da allora al giugno 2024? Sarebbe ingeneroso dire che prima era un disastro ed ora è il giardino dell’Eden, ma questo cambio della guardia ha dato i risultati sperati. Per sua stessa ammissione, Mazzanti non aveva più in mano il gruppo, e questa dinamica non avrebbe portato a ciò che lo sport competitivo richiede, ossia performare come squadra: molti giocatori non avrebbero continuato a vestire la maglia azzurra, e la nazionale era diventata un tabù più che un obiettivo per le nostre campionesse, che di fatto non riuscivano ad esprimere il loro potenziale nelle competizioni internazionali. Solo pochi mesi fa raccoglievamo i cocci, oggi abbiamo battuto tutte le big, a un mese dall’Olimpiade, ottenendo la qualificazione: non vuol dire che la stessa cosa avverrà a Parigi, ma sicuramente chi diceva che l’Italia, se si fosse qualificata, aveva il talento per arrivar tra le prime, non era un visionario.

Il valore della rosa italiana si conosceva, ma la squadra è tornata a esprimersi ai massimi livelli in tutte le sue interpreti: nella prima fase, quando Velasco ha deciso di dare riposo alle big (attirandosi anche qualche critica, che c’era un pass olimpico da staccare), si sono potute mettere in luce atlete già importanti come Antropova (che con le sue prestazioni ha alimentato un presunto dualismo con Egonu, subito stoppato dal CT) e Bosetti, ma anche volti nuovi come Akrari, Nervini, Fersino, e soprattutto atlete recuperate da un inspiegabile dimenticatoio come Cambi, Spirito e Bonifacio, la cui personalità è risultata utilissima. Questa “nazionale sperimentale” è riuscita a vincere gare importantissime, di fatto comunicando due cose a chi sarebbe arrivato dopo: la prima, che per riprendersi i posti in campo avrebbe dovuto dare il massimo, e soprattutto che l’entusiasmo di giocare per obiettivi importanti stava prendendo il sopravvento. In effetti, quando sono arrivate, le top players hanno aggiunto il loro talento come a loro si richiedeva: Egonu ha fatto un finale di VNL strepitoso, De Gennaro ha regolato ulteriormente la retroguardia, Orro ha gestito impeccabilmente le attaccanti, Fahr e Danesi han mostrato di esser insuperabili, al momento. Che le stelle non mancassero era evidente: bisognava solo trovare il modo di farle, nuovamente, brillare.

Quali sono i meriti di Julio Velasco in tutto questo? Tantissimi, e questo è evidente. Il tecnico di La Plata è, prima che un grande allenatore, un uomo intelligentissimo, e ha fiutato da subito che l’occasione era ghiotta, purché avesse avuto delle disponibilità preventive. In primis dalle atlete di prima fascia, che arrivavano da un periodo grigio e non vedevano l’ora di cambiare ma restano tra le migliori al mondo; in secondo luogo dallo staff - che Don Julio ha costruito in modo supremo - con assistenti che sarebbero Head Coach ovunque (Massimo Barbolini e Lorenzo Bernardi, rispettivamente il tecnico italiano più titolato e Mister Secolo) e che gli permettono di svolgere il ruolo che, a 72 anni e con la sua fama, può svolgere meglio, ossia quello del Guru saggio, che sa motivare con un solo sguardo e dalle cui labbra tutti pendono. Emblematico come alcuni dei suoi time out siano subito diventati un cult: è evidente che sia un fuoriclasse assoluto nel trasmettere alle sue squadre convinzione e self-confidence. La sensazione, con l’avvento di Velasco, è un po' che sia entrato in classe il preside: torna il silenzio, si ascolta una persona per l’autorità che rappresenta e che “emana”, i capricci e le chiacchiere si riducono a 0. E questo ruolo, in questo momento storico di Italvolley, al vate argentino calzava a pennello: ora che la prima lezione è finita, bisogna non perdere questa energia in vista del ballo finale.

  • Torinese e granata dal 1984, dopo una laurea in Filosofia, opto per diventare allenatore professionista di pallavolo, giusto per assicurarmi una condizione di permanente precarietà emotiva e sociale. Questa scelta, influenzata non poco dalla Generazione di Fenomeni che vinse tutto a cavallo degli anni 90', mi porta da anni a girovagare per l'Europa inseguendo sogni e palloni, ma anche a rinunciare spesso a tutto il resto di cose che amo fare nella vita: nei momenti di sconforto per fortuna esistono i libri, il mare, il cioccolato fondente e le storie di sport in cui la classe operaia va in paradiso.

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