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, 27 Maggio 2024

L'ultimo ballo di Vincenzo Italiano


Cosa sono stati i tre anni della Fiorentina con Italiano in panchina?

Con una certezza quasi matematica, Fiorentina-Olympiakos sarà - tra le altre cose - anche la partita che segnerà la chiusura di un ciclo importante per i gigliati, quello con Vincenzo Italiano in panchina. Un ciclo che ha visto la Fiorentina riaffacciarsi al palcoscenico europeo, essere protagonista di percorsi anche esaltanti nelle notti del giovedì, e al contempo vivere altalene vertiginose in Serie A, tra periodi di smagliante brillantezza e fasi di insolubile e irritante opacità. Una squadra, nel suo non avere mai vie di mezzo e nel suo vivere di assoluti, perfino prevedibile nella sua imprevedibilità.

Per questo, analizzare il triennio di Italiano a Firenze non è semplice. Tanto più difficile, poi, è darne un giudizio e una lettura univoca, secca e inappellabile, come spesso usa fare in questi casi. Non a caso abbiamo deciso di scriverne prima della finale di Conference League, per evitare che l'emotività travolga definitivamente - in positivo o in negativo - qualsiasi considerazione ponderata. Come lo scorso anno, poi, sarebbe forse riduttivo e ingeneroso ridurre le centosessanta e passa partite del tecnico di Karlsruhe sulla panchina viola ai risultati delle tre finali di Roma, Praga e Atene.

La metamorfosi Fiorentina

Nell’avventura di Italiano alla Fiorentina - come nelle sue squadre in campo - nulla è mai rimasto uguale, statico, immutevole. Queste tre stagioni hanno certamente avuto un tratto di continuità, ma sono comunque state spezzate da caratteristiche distintive, tanto nel gioco quanto negli entusiasmi prodotti.
La prima annata è una ventata di novità ed esuberanza, decisamente la versione più sorprendente anche per le avversarie. Dal punto di vista dell'approccio, del cambio di principi di gioco, l'impatto di Italiano è impressionante su una squadra che veniva da troppe tristi e sconclusionate lotte salvezza, a cavallo tra la proprietà Della Valle e quella Commisso. Italiano ribalta l'approccio alle partite di una squadra che progressivamente si era ridotta a un gioco conservativo, proponendo un calcio aggressivo e dominante. Nel copione ricorrente delle primissime gare, infatti, si vedeva una Viola attaccare le partite con ferocia ed esplosività fuori dal comune, persino al costo di arrivare nei minuti finali con la lingua per terra. Una squadra sbarazzina e adolescente, bella e ingenua. E alla fine non si è mai del tutto tolta di dosso questa immagine.

Subentrano poi i primi grandi problemi, già evidenti con la cessione di Vlahovic nel gennaio 2022 ma emersi in massa all’inizio della stagione 2022/2023. Tra un calendario subito affollato, che ha richiesto fatica fin dal preliminare di Conference League contro il Twente, ma anche un mercato fermo a limiti e adattamento dei volti nuovi, l’ingranaggio non parte per metà dell’annata. Paradossalmente, il percorso europeo si trasforma da salasso di energie a caricabatterie emotivo: la svolta arriva con il 4-0 a Braga, a cui seguono tre mesi di ottimi risultati e di sogni di gloria, infranti nelle due finali perse contro Inter e West Ham.

Poi quest'anno, un pendolo in costante oscillazione, ma forse mai così fragile e discontinuo. Al giro di boa della stagione la Fiorentina si trova addirittura a sognare il quarto posto e la Champions League: all'alba del 2024, dopo 18 gare giocate, la classifica recitava Inter 45, Juventus 43, Milan 36, Fiorentina 33. Eppure, c'era l'intima consapevolezza che sarebbero state solo fantasie nel lungo periodo, a condizioni immutate. Una situazione episodica, grazie o secondo alcuni nonostante il suo tecnico, che la Fiorentina non avrebbe saputo mantenere senza segnali e fatti che lasciassero trasparire ambizioni nell'immediato.

Fatti che sono mancati

A Firenze qualcuno, forse anche Italiano, sperava in un gennaio capace di tassellare la squadra; qualcuno degli altri nella definitiva maturazione di singoli e organico che da tempo si portano dietro la nomea di promessa non mantenuta. Non c'è stato nulla di tutto ciò: dopo il “Niente, a posto così dell'allenatore in merito al mercato di riparazione, si è anzi diffusa l'impressione di un qualcosa oramai rotto, di rapporti di fiducia venuti meno. Mentre la Fiorentina crollava in campionato, proprio come nell’annata precedente, il viaggio ripiega sulle coppe, comfort zone di una squadra capace di esaltarsi con poco, ma non di darsi la giusta continuità di prestazioni.

Ora la terza finale in due anni. Seconda finale europea consecutiva per Italiano nelle prime stagioni da tecnico nelle competizioni continentali. Raggiungimento almeno della semifinale in tutte le competizioni a eliminazione diretta con la Fiorentina (cinque in tre anni). La bacheca viola è ancora chiusa dal 2001 a questa parte, ma i risultati indicano il terreno di caccia del lavoro di Italiano a Firenze. Laddove il campionato non ha permesso il conseguimento di certi obiettivi, per insufficienza di mezzi tecnici financo per scelta consapevole, nelle coppe è cresciuto l’emozionante, talvolta surreale, percorso della squadra. Comunque vada, nel bene e nel male, e senza exploit in campionato ma solo con una ragionevole stabilizzazione nella parte sinistra della classifica, il binomio Fiorentina-Italiano resterà qualcosa di estremamente importante (e divisivo) nella storia dei gigliati.

L'estremismo della Fiorentina

Vincenzo Italiano e la sua Fiorentina sono tacciati di fondamentalismo tattico, tale da aver portato la storpiatura, con più o meno cattivo gusto, del cognome del tecnico in Iraniano. Sono considerazioni semplicistiche e tagliate con l'accetta, spesso mezzo per denigrare il lavoro dell'allenatore a Firenze. Passando a un piano più oggettivo, tuttavia, resta indubbio che Italiano sia un allenatore radicale nei suoi macro-principi: il baricentro estremamente alto in entrambe le fasi di gioco, l'intensità della prima pressione in avanti, l'idea di cercare sempre il controllo del gioco e tenere la palla il più possibile nella metà campo avversaria, portando quanti più uomini oltre la linea di centrocampo. Un insieme di richieste notevoli per la squadra, e al contempo una visione perfino spregiudicata del pallone. Su questi concetti-base Italiano ha trasgredito raramente e malvolentieri, ed è su questo che ha formato - non senza difficoltà - l'identità tattica della Fiorentina in questi tre anni.

La squadra viola però, nelle sue alternanze tra momenti bui e momenti di esaltazione, ha mostrato quasi come una costante criticità nei dettagli, con paure talvolta che parevano riemergere dal passato, carenze strutturali e perfino un senso di rigetto, per inadeguatezza o per frustrazione, ad un approccio sempre e costantemente così proattivo alla partita. La Fiorentina ha dato spesso la sensazione, nonostante tutto, di non riuscire a superare i propri limiti. O forse ha costantemente giocato sopra di essi.

Checché se ne dica, Italiano è dovuto costantemente scendere a compromessi più o meno forzati, per provare a compensare limiti e storture soprattutto nell'impianto d'attacco. Nonostante l'immagine che la Fiorentina evoca nel grande pubblico, quella di squadra esposta a disastrose ripartenze figlie del suo baricentro altissimo, la criticità maggiore dei viola è sempre stata l'efficienza della fase offensiva, nel divario tra la sua capacità di prendere sempre il controllo del gioco e stazionare nelle zone più avanzate del campo, e la sua capacità in termini di occasioni da gol.

Gli allucinanti numeri di Fiorentina-Juventus 0-1, 5 novembre 2023.

A titolo esemplificativo, andando a vedere le statistiche avanzate nell'ultimo campionato, la Fiorentina è rispettivamente prima e seconda negli indicatori di Build-up Disruption Percentage (BDP) e Passes per defensive action (PPDA), utili per dare una misura di quale sia l'efficacia e l'intensità della pressione avanzata dei viola. Inoltre, la squadra di Italiano, pur con il terzo possesso palla della Serie A, è la formazione con il Field Tilt più alto: la gestione della sfera dei viola è prevalentemente offensiva e si svolge soprattutto nella campo avversaria, più di ogni altra squadra. Eppure è "solo" quinta per gol segnati e tiri totali, e resta fuori dalla top-5 per creazione di gol attesi

Evidente è il gap tra lo sforzo che la Fiorentina va nelle zone più avanzate del campo rispetto a quello che poi effettivamente raccoglie. E questo spiega in parte anche le discrasie degli indicatori difensivi: è tra le squadre che concedono meno tocchi in area agli avversari ed è in assoluto la formazione che concede meno tiri. Nonostante questo, ha subito 44 reti in campionato. Un numero non altissimo (7° miglior difesa con gli stessi gol presi dalla Roma, compagine per oltre metà campionato impostata sul ferreo blocco basso mourinhiano), che tuttavia messo a raffronto con gli altri valori evidenzia la facilità con cui la Fiorentina viene bucata nelle poche situazioni in cui concede occasioni. Una squadra estrema che forse viaggia oltre le proprie possibilità, tecniche e soprattutto mentali.

Il calcio non è semplice, le narrazioni sì

Proprio a causa di queste discrasie, dalla seconda annata in poi quando emergono le prime gravi difficoltà di risultati, Italiano finisce al centro della critica per poi non uscirne più. In particolare, in suo riguardo si assiste a sempre più frequenti tipizzazioni dei suoi principi, quasi come raggruppabili nell’insieme delle grandi categorie appartenenti ai "perdenti di successo". La solita noiosa diatriba tra giochisti e risultatisti.

Alcuni difetti della Fiorentina sono bollati come parte imprescindibile del suo credo. Nell’immaginario collettivo, ciò ha portato a una disarmante semplificazione delle sue idee, sicuramente più comoda nelle descrizioni, ma lontana dalla precisione e tutt’altro che gratificante. Un libretto delle istruzioni contenente la frase più giusta da usare all’occorrenza. Non fate finta di essere stupiti, non è certo la prima volta che accade a un tecnico.

Oltre al già analizzato e primissimo in classifica “gli attaccanti non sono valorizzati”, è interessante virare sulla carta “difesa alta”, spesso descritta come se la convinzione di Italiano nel proporre il suo calcio sia una colpa, una dimostrazione di ottusità e talvolta una figura barbina nel voler apparire come splendido. A tutto questo ha risposto l’allenatore stesso, nella sua prima conferenza stampa alla Fiorentina: “Difendere bene, attaccare benissimo”.

Una fase di impostazione propositiva, orientata a prendere il controllo territoriale della metà campo avversaria portando tanti uomini in avanti, richiede anche un’immediata riaggressione della palla persa. L’idea è sempre nascondere agli avversari tutto il campo rimasto a disposizione, asfissiandoli con pressing feroce che rende possibile un recupero avanzato. Un gioco di attimi e di dettagli, ai quali occorre porre maniacale attenzione (un altro fattore ridondante delle prime conferenze di Italiano).

In questo, l'alto baricentro della linea difensiva viola è coerente con l'impianto generale della squadra, e per quanto contenente una discreta dose di rischio da colmare con la reattività e la lucidità nelle marcature preventive, non è nemmeno tra i più estremi visti in Serie A. Si pensi all'Atalanta, che si muove sull'idea delle costanti marcature uomo su uomo a tutto campo, dove la rottura della linea per difendere in avanti è sistematica e i momenti di difesa posizionale di reparto ridotti all'osso.

Il vero problema, spesso si dice, è l'ordine della linea. Non è sbagliato. L’aggressività della Fiorentina porta spesso a situazioni dove la gestione del momento è in mano alle scelte dei singoli. Anzi, l'impianto difensivo viola, sempre improntato a una disposizione a quattro chiamata alla scappata quando la palla viene scoperta dall'avversario, vorrebbe almeno in parte supportare con il lavoro di reparto le responsabilità individuali dei difensori. Tuttavia, i difensori viola in realtà sono apparsi carenti soprattutto in queste situazioni, quando non possono più andare su sfrontati duelli individuali in avanti ma sono chiamati a muoversi e coprirsi a vicenda, specie se a ridosso o dentro la propria area. Vuoi per mancanza di leadership a guida del comparto arretrato, vuoi per anche vistose carenze tecniche o di attenzione individuali.

Spesso è denunciata anche la ripetitività delle situazioni, la somiglianza fra le reti subite dalla Fiorentina. Dopo la sconfitta in semifinale contro l’Atalanta e l’andata contro il Club Brugge, si sono sprecati i paragoni con il famoso gol di Bowen a Praga, valso al West Ham l’ultima Conference League. Le differenze, invece, ci sono eccome. Il momentaneo 3-1 di Lookman subito a Bergamo, fatale per l’eliminazione dalla Coppa Italia, è una rapida transizione offensiva dell’Atalanta dove la difesa viola, in superiorità numerica, ripiega con tempi e scelte sbagliate. Una situazione completamente diversa dalle altre due citate, peraltro ben diverse da loro e accomunate sono dai grossolani errori di uno o più singoli.

La narrazione su Italiano è distorta proprio perché, di fronte alle carenze nella messa in pratica e nei dettagli, contesta i principi assoluti senza cogliere i particolari. La stessa cervellotica direttiva data a Bergamo (cercare il gol in pieno recupero facendo salire in attacco Comuzzo, perché "non possiamo reggere ai supplementari") dà bene l'idea di quello che sia stato, finora, il vero limite di Italiano: l'overthinking, la lettura poco lucida del momento della gara, la difficoltà di uscire dalla frenesia con cui guida i suoi giocatori per restituirgli serenità nei momenti più tirati della gara. Proprio uno di quei "dettagli", quello che spetta a lui nei novanta minuti. Eppure, un fatto che raramente rientra tra i suoi capi di imputazione.

Nel bene e nel male, la verità che emerge è la particolarizzazione di qualunque sfaccettatura che riguarda Italiano. Con lui e secondo lui, il calcio è molto lontano dall’essere un gioco semplice, ma un gioco estremamente complesso, fatto di un'infinita miriade di dettagli e fattori sfuggenti alla volontà del tecnico e dei singoli. Caratteristiche specifiche proprio contro quelle dell'avversario, come Italiano ha raccontato dopo il successo a Napoli, parlando del duello Arthur-Lobotka.

Caratteristiche specifiche, dunque, richiederebbero anche calciatori peculiari per fare il salto in avanti: per portare Italiano al massimo delle sue potenzialità espressive e filosofiche, occorre comprendere la sua mentalità e sposarla. D'altronde, un gioco così riconoscibile avrebbe dovuto facilitare l'individuazione dei profili utili per la crescita sportiva della Fiorentina, ma l'allineamento in questo senso è stato carente. Forse, è stato questo il vero anello mancante per il connubio perfetto, che ha costretto il tecnico a mettere le mani in pasta per avvicinare al suo credo quanto è passato in convento.

Firenze ha imparato a fare la conoscenza, anche suo malgrado, di una cavalletta indemoniata per l’intera durata della partita. Spesso accovacciato a terra, frequentemente saltella o cammina come fosse un trekking in montagna; l’unica certezza è che non lo troverete mai tranquillo a sedere. Anche in questo è certamente un tecnico singolare.

Cosa resterà della Fiorentina di Italiano?

Citando Zerocalcare, la domanda mi devasta. E la realtà è che ogni tifoso della Fiorentina spera di rispondere al quesito la mattina del 30 maggio, con occhiaie pesanti ma sorriso a trentadue denti, potendo vantare un trofeo dopo ventitré anni di astinenza. Sapere di non sapere è il ballo sul cornicione che ha contraddistinto il percorso della squadra nelle coppe. Sicuramente, non si è trattato di un periodo prestigioso come gli anni in Champions League o le semifinali contro Juventus e Siviglia; ma quantomeno, è una dimensione più realistica per questa Fiorentina, che ha reso il tutto più alla portata. Finale di Atene compresa.

L’amarezza di non lasciare prove concrete, come d’altronde successo ai cicli precedenti in viola, è un pensiero che attanaglia la piazza quasi quanto l'idea di dover aspettare ancora per un successo. D’altro canto, vivere una notte così emotivamente forte e struggente, in perfetto stile drama britannico, era tutt’altro che scontato. Ma Italiano ha pensato anche a questo, nel pesare con il bilancino le sue parole tanto ‘da zero a zero’ in molteplici occasioni, così all'apparenza moderate ma spesso adeguate e precise: “Il percorso non si cancella per le emozioni che abbiamo lasciato e fatto vivere ai tifosi”. E questa, per quanto faccia a cazzotti con tante scuole di pensiero, è la prima impronta che la Fiorentina non potrà dimenticare. Al di là di quanto carta, tabelle e classifiche raccontano.

E quando le strade si separeranno? Un’altra domanda alla quale non si può dare una chiara risposta, almeno prima della finale ad Atene, unico pensiero da entrambe le parti. Nella prospettiva di un tifoso viola, c’è anche un certo timore di scorgere oltre il 29 maggio. Sarri ha riacceso una suggestione tuttora improbabile, Palladino e Aquilani restano i principali candidati con tutti i pro e i contro che ne conseguono. Ma il futuro della Fiorentina è a scatola chiusissima, non vi è certezza se non quella di un cambiamento profondo, potenzialmente a tutti i piani. Prima servirà capire come vorranno muoversi i vertici (Roberto Goretti, ex DS della Reggiana, è il primo nuovo tassello) e aspettare da loro chiarezza.

Per Italiano verrà forse il salto, per la Fiorentina chissà. Per lui, ora è un pendolo che oscilla tra Napoli e Bologna, ma non vogliamo scomodare le sue volontà. Dopo la finale di Conference League, sarà quel che sarà. L’impronta del lavoro del tecnico non potrà essere cancellata da dove è passato. A Firenze come a La Spezia e a Trapani, anche in una piazza esigente e difficile come il capoluogo toscano, eternamente diviso e divisivo, è riuscito a toccare le corde del cuore (e del fegato) di molti tifosi. E la sua passione viscerale per il calcio è arrivata, è compresa e finalmente apprezzata. Perché l’orizzonte non è un limite se lo guardi dalla prospettiva giusta.


  • Classe 2002. Firenze. Studente piuttosto scapestrato, più o meno giornalista. Comunica la sua passione per lo sport. Fiorentina, Calcio, Tennis. In that order.

  • Scribacchino schierato sull'ala sinistra. Fiorentina o barbarie dal 1990. Evidenzia le complessità di un gioco molto semplice.

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