Il sogno dei Gaza Sunbirds
La storia del paraciclista Alaa al Dali ci racconta il dramma del conflitto a Gaza.
Partecipare al Giro d’Italia così come al Tour de France è probabilmente il sogno di ogni ragazzino e ragazzina che vuole fare ciclismo. Alaa al Dali, talento cristallino del ciclismo di Gaza, non fa eccezione. Sogna di essere ingaggiato da una squadra italiana anche per poter lasciare l'inferno in cui è costretto a vivere. Tenace e deciso come solo i palestinesi sanno essere, è consapevole che per avere maggiori possibilità deve lasciare la propria terra ed approdare in Italia. Terra di grandi ciclisti come Coppi e Bartali, Gimondi e Pantani. Terra di grandi imprese.
Per provarci ha innanzitutto bisogno del visto. Le autorità occupanti, però, la pensano diversamente e glielo negano, bloccandolo di fatto nella prigione a cielo aperto più grande del mondo. Alaa non è disposto a riporre così giovane il suo sogno in un cassetto né tanto meno ad accettare che la sua vita sia nelle mani di una forza illegittima ed occupante. Due buoni motivi per unirsi alle centinaia di migliaia di abitanti di Gaza che per oltre un anno, nel 2018, protestano pacificamente lungo la barriera di separazione con Israele, per invocare il ritorno delle famiglie palestinesi alle loro case sottratte settant'anni prima, nel 1948.
Alaa vuole inseguire il suo sogno. Ne ha tutto il diritto. O forse no. Perché in Palestina i diritti sono subordinati al volere delle forze di occupazione israeliane che, come un'antica divinità greca o romana, decidono del destino di milioni di persone. E Alaa non fa eccezione. Un cecchino dell'esercito israeliano ha deciso per lui: mira alla gamba destra di Alaa che era lì a protestare e lascia partire un proiettile “dum-dum”, uno di quelli vietati dalle leggi internazionali per intenderci. La gamba di Alaa va in frantumi, proprio come il suo sogno di partecipare al Giro d’Italia.
O forse no. Perché Alaa non fa eccezione neanche in quanto a tenacia e decisione. Cambia la disciplina perché dal ciclismo è costretto a passare al paraciclismo. Ma i risultati, quelli non cambiano. Giovane fenomeno, nel ciclismo come nel paraciclismo. Vince tutte o quasi le gare a cui partecipa. A non cambiare, però, è anche l'atteggiamento delle autorità israeliane che gli negano nuovamente l'autorizzazione a lasciare Gaza per poter prendere parte ad alcune gare internazionali di paraciclismo.
Alaa non si abbatte ed anzi rilancia: nel 2019 riunisce altre 19 persone che - come lui - sono rimaste invalide a causa della violenza disumana israeliana e dà vita ai Gaza Sunbirds, un team di paraciclismo. La via è tracciata. L'orizzonte pure. L'ambizione è quella di rappresentare il Paese ai Giochi Paralimpici del 2024. Cominciano ad allenarsi, a dedicare ore ed ore alla bicicletta, a coltivare il loro grande sogno che comincia a prendere forma. Nonostante le difficoltà di vivere a Gaza. Nonostante il potersi allenare su un percorso che, gioco forza, non può essere lungo più di 33 km. Un percorso fatto di insidie, macerie, cecchini e morte.
Questo, già prima che - ad ottobre di quest'anno - si scatenasse la furia devastatrice di Israele. A quel punto la situazione degenera. Alaa ed i suoi compagni di team sono costretti nuovamente a rivedere i loro progetti, non di certo a mollare. Arrendersi non è un'opzione, non è qualcosa che un palestinese può neanche lontanamente prendere in considerazione. Ce lo dimostrano gli oltre 75 anni di (r)esistenza all’occupazione israeliana.
In una Gaza devastata dai bombardamenti israeliani, dove non possono entrare neanche gli aiuti umanitari internazionali e dove le stesse ONG vengono prese di mira dall'esercito di occupazione, sono proprio i Gaza Sunbirds ad attraversare in bici la città da una parte all'altra sfidando le bombe ed i cecchini, raggiungendo luoghi isolati, per portare beni di prima necessità a centinaia e centinaia di famiglie. Ma non finisce qui. Vogliono fare di più.
Lanciano un crowdfunding per poter comprare - e distribuire - altri generi di prima necessità: cibo, medicinali e tutto quello che può servire. Iniziativa che riscuote un successo incredibile. I Gaza Sunbirds, da “semplice” squadra di paraciclismo diventano un vero e proprio simbolo della dignità e della tenacia di un popolo che, nonostante le mille difficoltà, la violenza dell'occupazione israeliana e la sofferenza quotidiana, trova sempre il modo per guardare avanti con consapevolezza ed - allo stesso tempo - speranza. Senza mai abbattersi. Consapevolezza e speranza che fanno sì che Alaa ed i suoi compagni non abbiamo mai smesso di coltivare il loro sogno: partecipare ai Giochi Paralimpici di questa estate. Neanche con un genocidio in corso. Neanche sapendo che sono stati abbandonati - proprio come la Palestina - da chi avrebbe la pretesa di esportare giustizia e democrazia in giro per il mondo. Per poter disputare le Paralimpiadi, come in una storia che si ripete sempre uguale a sé stessa, hanno bisogno di ottenere i visti per poter prendere parte alle gare di qualificazione che a maggio si disputano in Belgio e in Italia. Paesi che, da quando è scoppiato l'inferno a Gaza, non consentono di fare richiesta dei visti online.
Non dalla Striscia di Gaza.
Perché qui i diritti sono ad esclusivo appannaggio delle forze di occupazione. Se sei palestinese vieni privato di tutto, ma non della determinazione e della tenacia. Quella fin quando ci sarà anche solo un palestinese in vita nessuno mai potrà portarla via. Ed Alaa e gli altri componenti del team non fanno eccezione. Decidono di andare in Egitto - con tutte le difficoltà del caso - e presentare domanda di persona. Dopo settimane di trepidante attesa ed una mobilitazione internazionale dal basso che ha messo pressione alle Istituzioni, i Gaza Sunbirds ottengono i visti per il Belgio, fondamentali per poter prendere parte alla gara di Coppa del Mondo di Paraciclismo di Ostende prevista per il 2 e 3 maggio. Sono ad un passo dal poter rappresentare per la prima volta nella storia la Palestina ai Giochi Paralimpici.
L'ultimo ostacolo che si frappone tra i Gaza Sunbirds e Parigi, sede delle Olimpiadi, è rappresentato - neanche a dirlo - dall’Italia che ancora non ha rilasciato i visti al team palestinese, bloccato per questo in Belgio. Documentazione che deve necessariamente pervenire entro il 16 maggio per consentire ad Alaa e a tutta la squadra di partecipare alla gara di Coppa del Mondo prevista a Maniago proprio dal 16 al 19 maggio. Partecipazione che li potrebbe fare qualificare alle Paralimpiadi di agosto. In caso contrario sarebbe la fine di un sogno. La negazione del diritto allo sport e alla vita che dovrebbe essere garantito a qualsiasi essere umano sulla terra. Ancora di più a chi ha conosciuto - e continua a conoscere - ingiustamente, dolore e sofferenza. Ma non sarebbe di certo la fine di tutto perché Alaa ed i Gaza Sunbirds ci hanno già dimostrato che la dignità, la tenacia e la determinazione possono portare a compiere gesti ed imprese memorabili. Sportive ed umane.
Certo è che suonerebbe strano - per non dire peggio - se proprio l’Italia, le cui strade in questi giorni sono attraversate dalla carovana di corridori, tecnici e staff che partecipano al Giro d’Italia, tra cui anche coloro che indossano la maglia della squadra sponsorizzata da uno Stato illegittimo e genocidario, passasse alla storia come la Nazione che ha disintegrato il sogno dei Gaza Sunbirds, proprio come sei anni fa un cecchino israeliano disintegrò la gamba - e con essa il sogno iniziale - del giovane Alaa. Giorni d'attesa infiniti, resi ancora più pesanti dalle notizie che arrivano dalla Palestina: Israele ha dato il via alle operazioni su Rafah, città dove la gran parte dei corridori e staff dei Gaza Sunbirds ha lasciato i propri cari, i propri affetti, la propria vita.
Il 16 maggio, guarda caso ultimo giorno utile, l’Italia rilascia i visti al team paraciclistico palestinese che così sarà presente in quel di Maniago. Non al completo però. E non per una questione di documenti. Ad eccezione di Alaa e del team coach Hassan, il resto della squadra ha deciso di fare ritorno a Rafah. La situazione è ulteriormente peggiorata. Rimarranno in Belgio con la speranza che i valichi d'ingresso al confine con Rafah possano riaprire e permettere loro di fare ritorno, per stare accanto alla propria gente. Ci penserà Alaa, il loro capitano, a tenere ancora vivo il sogno di un'intera nazione, correndo domenica 19 la gara di qualificazione a nome di una nazione intera. E non sarà solo. A fare il tifo per lui, per loro, ci saranno le decine di centinaia di persone che in questi mesi hanno - idealmente e concretamente - accompagnato e sostenuto il progetto dei Gaza Sunbirds.
Alaa è sempre più vicino a realizzare il suo sogno. Un sogno che, nel frattempo, è diventato collettivo e che vorrebbe dire tanto, tantissimo, per tutta una nazione. Perché la presenza dei Gaza Sunbirds ai Giochi Paralimpici di Parigi sarebbe la più bella prova dell'esistenza della Palestina. Perché proprio come in una storia che si ripete identica a sé stessa, bombardamenti, violenze indicibili, morte, dolore e distruzione non riusciranno mai a cancellare dalla storia e dalle cartine geografiche quella terra, la Palestina, e quella gente, i palestinesi, che hanno insegnato a tutto il mondo cosa voglia dire essere umani, cosa voglia dire dignità, cosa voglia dire resistere, cosa voglia dire essere esempio.
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