Cole Palmer non sente la pressione
L'esterno del Chelsea è stato votato miglior giovane della Premier League.
Nell'epoca in cui il concetto di aura è più inflazionato che mai, a primo acchito Cole Palmer sembra la sua perfetta negazione: fisico sottile come un foglio di carta, viso asciutto, senza barba e con un taglio di capelli assolutamente dimenticabile. Non ha lo sguardo overconfident di Bellingham o l’imponenza fisica da orco di Haaland. Se uno lo incrociasse per strada a Manchester o a Londra probabilmente non batterebbe ciglio, scambiandolo per un maranza qualunque.
Neanche la sua esultanza – a stringersi nelle spalle per farci percepire il freddo – è così epica. E addirittura non è neanche sua, ma di Morgan Rogers, esterno dell’Aston Villa e suo amico, a cui Palmer l’ha copiata quando giocavano insieme nelle giovanili del Manchester City.
La mitopoiesi di Palmer fuori dal campo non si è ancora realizzata del tutto, più per colpe del Chelsea che non sue. In estate, quando i Blues hanno speso 40 milioni di sterline per prenderlo dal City, la reazione del pubblico è stata circa la stessa che ha accompagnato tutti i costosissimi acquisti che lo hanno proceduto. Questo, fin dall'inizio, ha depositato una sottile patina opaca sul suo rendimento, nonostante le sue prestazioni siano state sin da inizio stagione incontestabili.
In questa stagione il Chelsea finirà ancora fuori dalle prime quattro posizioni, con una classifica che ha visto la squadra di Pochettino scorrere fino al dodicesimo posto, prima di una faticosa risalita che l'ha riportata in zona Europa. Nonostante ciò, Palmer ha segnato 22 gol in Premier League, più di qualsiasi giocatore che non si chiami Erling Haaland – con cui, fino a poche settimane fa, era capocannoniere a pari merito.
In una narrazione calcistica sempre più ossessionata dai gol e dagli assist, Cole Palmer è diventato qualcosa quasi esclusivamente per questo motivo. Oltre ai già menzionati 22 gol, Palmer ha fornito anche 10 assist, diventando il terzo giocatore nella storia della Premier a contribuire ad almeno 30 gol in una stagione prima dei 22 anni, dopo due icone del campionato come Robbie Fowler e Chris Sutton. Oggi si parla di lui anche e soprattutto perché questi numeri sono straordinari, ma se avessimo tolto - per dire - tutti i nove gol segnati su rigore, il suo talento avrebbe suscitato lo stesso clamore? Forse no.
Eppure, i gol sono solo la punta dell’iceberg del gioco di Palmer, che invece riempie le sue partite con giocate incredibili praticamente con la stessa frequenza con cui una persona normale sbadiglia il lunedì mattina. Palmer è un giocatore totale in un tempo in cui questa espressione si è quasi svuotata del suo senso: sa fare tantissime cose, con la palla e senza, e Pochettino se ne è accorto praticamente subito dopo averlo preso, in teoria per usarlo come ricambio di Sterling e Mudryk.
A inizio stagione Poch gli ha chiesto quasi solo di muoversi sulla destra, con un meccanismo più simile a quello che aveva nel City, in cui di fatto aveva preso posizione e funzioni di Riyadh Mahrez, ricevendo molto aperto e venendo dentro il campo per invadere la zona di rifinitura o l’area stessa. Da lì in poi, però, la sua posizione si è molto più liberata. A fine ottobre, nel 2-2 contro l’Arsenal, Pochettino ha messo in panchina Nicolas Jackson e lo ha proposto come falso nove, dando a Palmer una maggiore libertà posizionale e usando lo spazio da lui aperto per favorire le corse in profondità di Sterling, con cui il Chelsea ha costruito buona parte delle sue occasioni.
Cole Palmer è forse l’esterno più posizionale che esista, tradendo pienamente tutto il lavoro di formazione fatto con Guardiola nel Manchester City. In questa stagione gli abbiamo visto fare quasi qualsiasi cosa in tutta la trequarti, rispecchiando bene la definizione che lui stesso si è dato qualche mese fa: “Sono un giocatore che vuole sempre la palla, ovunque.”
Il suo gioco è fatto quasi esclusivamente di spazi da occupare e da creare, conscio del fatto che, con le sue capacità di calcio, occupare lo spazio giusto gli consente di fare più o meno tutto che vuole. Nella partita con l’Everton, per esempio, segna il suo primo gol partendo dal centro-destra, bucando l’intervento di Branthwaite con un tocco quasi impercettibile di esterno sinistro e poi aprendo un improbabile triangolo con Nicolas Jackson usando il tacco. Quando il senegalese gli restituisce palla, Palmer è coi piedi sulla lunetta dell’area e pronto ad aprire il piatto sinistro sul secondo palo.
Quello di Palmer non è un tiro forte ma nella meccanica è molto suo, dato che quasi tutti i suoi gol segnati nel City sembrano perfettamente uguali a questo: un tiro dal limite, di sinistro, a giro sul secondo palo, basso ma che ha sempre questa piccola curvatura che arriva a un’ottantina di centimetri da terra e poi si abbassa mortalmente prima di entrare. Un tiro che non è semplicemente a giro, cioè: qualcosa di più velenoso, insito nella tecnica di Palmer.
Palmer in questo senso è un esecutore meraviglioso: nella partita di andata contro il Manchester United, per esempio, segna incrociando il pallone senza dargli praticamente forza ma angolandolo quel tanto che serve per metterlo a qualche centimetro dalla mano di Onana. Contro il Luton, a inizio 2024, calcia di sinistro da una posizione da cui calciare di sinistro è totalmente controintuitivo, piazzandola perfettamente dentro il palo lontano, prendendo perfettamente la parte laterale della rete. Dopo di questo ne fa un altro che abbastanza indiscutibilmente è il più bello della sua stagione e difficilmente non lo sarà della sua carriera.
In questo gol ci sono tanti aspetti del gioco di Palmer che si amalgamano insieme, dall’occupazione degli spazi al suo modo di trattare il pallone: su un movimento incontro di Nkunku, lui scappa con una puntualità svizzera alle spalle di Sambi Lokonga, ricevendo praticamente solo davanti al portiere Kaminski. A questo punto, per aggirare l’uscita bassa del portiere, Palmer usa il sinistro per spostarsi il pallone di lato ma questo rimbalza sulla coscia di Kaminski, ritornando miracolosamente sulla coscia destra di Palmer, che a questo punto è davanti alla porta vuota, con due uomini intorno e il pallone da appoggiare comodamente in porta.
Qui Gabriel Osho, centrale del Luton, sembra essere già pronto per salvare la situazione, arrivando come una palla di cannone per impedire il tap-in ma Palmer congela il tempo, mette l’esterno del sinistro sul pallone e lo tocca leggermente. Osho si materializza una frazione di secondo dopo, senza aver neanche sfiorato il pallone e in procinto di tirare una testata al palo mentre Palmer appoggia in porta di destro, evitando, come ultimo vezzo, anche la scivolata di Sambi Lokonga.
Il dribbling di Palmer è un lavoro geometrico: visualizza il suo corpo, visualizza l’avversario, visualizza il pallone; almeno due di questi devono andare in un certo punto dello spazio e lo devono fare nel modo più efficace e veloce possibile. Con i suoi tocchi d’esterno quasi innaturali, Palmer sembra manipolare lo spazio-tempo e guadagnare esattamente quella frazione di secondo che gli serve per uscire vincente da ogni duello. Il modo in cui ferma la palla per eludere il rientro di Osho contro il Luton è lo stesso con cui si infila in uno spazio preciso al centimetro per evitare l’entrata di Branthwaite contro l’Everton; lo stesso con cui, ogni settimana, evita gli interventi dei difensori avversari.
Queste esecuzioni tecniche appaiono impressionanti tanto per l’efficacia quanto per il loro minimalismo. In alcune cose Palmer sembra un giocatore da campetto, di quelli che sembrano giocare sotto una campana di vetro tanto è impossibile toccargli per gli avversari. Quello di Palmer è uno stile brasiliano impiantato nel corpo di un pallido ventenne della Greater Manchester. E questa estetica inspiegabile in realtà non è altro che una meravigliosa addizione su un impianto di gioco già straordinariamente solido e maturo per un giocatore che ha appena compiuto 22 anni.
Oltre a essere un ottimo occupatore di spazi, Palmer è anche un giocatore straordinario nella creazione di connessioni, qualcosa che è spiegabile solo con una immersione quasi completa nei principi di Guardiola sin dal suo esordio, ma anche con un’intelligenza calcistica sopra la media.
Da quando Pochettino lo ha portato dentro il campo, Palmer ha cominciato a far vedere, oltre alle sue azioni più appariscenti, una serie di tocchi essenziali che prendono un loro significato solo nel modo in cui fanno fluire l’azione. Nel quarto di FA Cup contro il Leicester, per esempio, è lui a farsi incontro per offrire la combinazione – poi chiusa con il tacco – con Chukwuemeka che porta al gol del 3-2.
Poi ci sono altre giocate più luccicanti e da dieci fatto e finito, come il filtrante leggerissimo con cui fa passare il pallone tra le gambe di van Hecke per mettere Jackson davanti alla porta nella partita di Coppa di Lega con il Brighton, o il lancio da quarterback a scavalcare la difesa con cui lancia Jackson in profondità nella vittoria per 4-1 in casa del Tottenham.
Nello spazio di sei mesi, Palmer è diventato prima il miglior finalizzatore del Chelsea e poi anche il miglior rifinitore, conquistandosi uno status quasi messianico in una squadra che, senza di lui, probabilmente sarebbe rimasta a galleggiare a metà classifica. Il suo modo di occupare il campo si è quasi totalmente liberato in funzione degli spazi che sono più utili, come spiega lui stesso: “Mauricio [Pochettino] mi ha dato maggiore fiducia e la possibilità di andare dove voglio in campo e dove sento che posso utilizzare le mie qualità.”
Il discorso sulla fiducia, in particolare, è quello che sembra mettere Cole Palmer su un piedistallo rispetto ai suoi compagni, anche rispetto a quelli come che al Chelsea ci sono arrivati con più hype, come Mudryk o Enzo Fernandez. Nella partita contro l’Everton, con il risultato già sul 4-0, è lui – con il contributo di Gallagher – a mettersi tra Madueke e Jackson che stavano litigando per un rigore, prendendolo e segnandolo per sé. In realtà, questo gesto da adulto nella stanza fa da corredo a una stagione in cui Palmer ha dimostrato una capacità di rimanere concentrato sui propri obiettivi fuori dal comune.
Il fatto di aver segnato quasi metà dei suoi gol stagionali su rigore viene percepito come un malus alla sua credibilità ma non rende meno straordinario il fatto di non averne sbagliato neanche uno, neanche quelli tirati nei derby contro Tottenham e Arsenal o quelli al 95’ contro il Manchester City e al 100’ contro il Manchester United, tutti diventati poi decisivi per il risultato finale. In tutti questi, Palmer ha mostrato una grossa preferenza nei tiri incrociati ma non si è fatto problemi neanche a calciarli ad aprire, ironicamente facendolo proprio contro Arsenal e Manchester City.
Come se tutto il suo status di leader emotivo e tecnico non bastasse, Palmer ha mostrato nel Chelsea di essere anche un pressatore straordinario, come d’altronde è normale quando si viene formati in un sistema ultra-posizionale e attento alla riconquista della palla come quello del Manchester City di Guardiola. In questo senso, nell’impianto di Pochettino, Palmer è cresciuto ancora di più. Ora, l’inglese costituisce con Nicolas Jackson la prima linea del 4-4-2 ma rispetto al suo compagno di reparto è decisamente meno istintivo nelle uscite, cercando piuttosto di completare i movimenti dei suoi compagni. Il suo senso dello spazio, in questi casi, si dimostra vitale tanto quanto lo è in fase di possesso.
Lee Johnson, ex allenatore del Sunderland, ha spiegato a The Athletic: «Serve una certa intelligenza per chiudere le linee di passaggio e capire quando uscire». Ed effettivamente Palmer non sembra mai eccedere nella foga quando va a pressare. Nel suo terzo gol contro l’Everton, per esempio, è molto abile a posizionarsi a metà tra Onana e Tarkowski, aspettando che Jackson esca su Pickford e lo spinga a scaricare verticalmente per poi lanciarsi sul pallone, intercettandolo e tirando poi fuori un bellissimo pallonetto di destro.
La stagione di Palmer è diventata qualcosa di impronosticabile anche solo pochi mesi fa. Il suo talento era senza dubbio riconoscibile anche nel Manchester City – e anche nell’Under 21 inglese, con cui ha vinto l’Europeo la scorsa estate, per altro contribuendo al gol in finale di Curtis Jones – ma nessuno si sarebbe aspettato una crescita così rapida e veemente in una squadra che per diversi mesi è stata completamente disfunzionale.
Oggi il Chelsea è una squadra che ha iniziato, seppur molto lentamente, a costruirsi una credibilità, dovendo fare i conti con la pressione portata dal pubblico e dalla stampa per gli investimenti fatti negli scorsi, a tratti anche ingenerosa se si considera che quasi tutti i nuovi acquisti sono ancora sotto i 23 anni. Nel 2024 la squadra di Pochettino ha raccolto meno punti solo di Arsenal, Liverpool e Manchester City, perdendo solo cinque partite – di cui quattro contro queste tre squadre – e avendo raggiunto un piazzamento in Europa League che sembrava impossibile a gennaio. In questo percorso, nessuno può dire di aver avuto un impatto pesante come quello di Cole Palmer.
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