Giro 2024, Tappe 1-9 - Considerazioni Sparse
Un dominatore incontrastato, qualche sorpresa e alcune delusioni.
Sul lungomare Caracciolo, specchiandosi nel mare di Mergellina in una fantastica domenica quasi estiva di maggio, Tadej Pogacar si è sgranchito le gambe tirando la volata al compagno di squadra Sebastian Molano, fischiettando Pino Daniele. L'omaggio - immaginario - dello sloveno per Napoli: Tadej sembra quasi intonare Yes I know my way, il capolavoro dell'uomo in blues simbolo di Partenope. Il titolo della canzone diventa il messaggio al mondo dell'alieno in maglia Uae al termine della prima settimana del Giro d'Italia 2024: si va al riposo con Pogacar in maglia rosa, come abbondantemente prevedibile. E ciò che ci attende dalla risalita verso il Nord del Paese dalla ripartenza di Pompei sembra ridurre - salvo scongiuri e cartellini pescati dalla pila degli imprevisti - la lotta soltanto alle altre due posizioni del podio. Perché il tiranno Pogacar conosce la sua strada, la sua soltanto, per arrivare al successo...
Nella presentazione, non ci domandavamo se Pogacar avrebbe vinto o meno il Giro 2024. Gli interrogativi erano limitati soltanto sulla modalità in cui lo sloveno avrebbe portato a casa il primo successo nella più importante corsa ciclistica d'Italia. Le opzioni erano tre: la più quotata lo vedeva trionfatore sulla scia tracciata da Gianni Bugno nel 1990, quando indossò la maglia del primato dalla prima all'ultima tappa, vincendo il giusto per lasciare spazio pure agli avversari-comprimari; in tanti se lo attendevano in versione calcolatore, programmato per limitare gli sforzi così da conservare energie fisiche e nervose per andare a caccia poi della clamorosa doppietta Giro-Tour che manca dall'ancor più clamorosa impresa di Marco Pantani nell'anno di grazia 1998; l'estrema sintesi delle prime nove tappe della "festa di maggio", invece, ci offre un Pogacar tiranno. Lo start del Giro 2024, infatti, ha plasmato lo sloveno sui canoni del ciclismo degli eroi, trasformandolo in una sorta di Alfredo Binda del nuovo Millennio. Di tappe ne ha già vinte tre: ha fatto ciò che tutti s'attendevano a Oropa, dominando il primo arrivo in salita nonostante un incidente meccanico a inizio scalata che a tanti ha fatto ricordare l'impresa nella scalata di cui si rese protagonista proprio Pantani nel 1999; si è preso la cronometro di Perugia, rifilando un minuto in soli 6 km di salita a un certo Filippo Ganna, non certo l'ultimo degli arrivati - l'immagine del campione olimpico del quartetto azzurro della pista strabiliato dalla rimontona dello sloveno è diventata il meme della settimana; ha alzato le braccia al cielo di Prati di Tivo, sfruttando a pieno il lavoro dei compagni di squadra per poi spuntarla allo sprint. Tre che potevano essere cinque: Pogacar è stato beffato sul traguardo di Torino dall'ecuadoregno Jhonatan Narvaez, capace di resistere al suo devastante forcing sullo strappo di San Vito per poi batterlo in volata; a pochi chilometri dal traguardo di Fossano, ha colto al volo l'assist di Honoré provando una stoccata da finisseur, saltata - probabilmente - solo per l'incapacità di Geraint Thomas di dargli qualche cambio. Un marchio gigantesco, dunque, sul Giro: senza neanche guardare la classifica generale (la guida con 2'40'' sul colombiano Dani Martinez, Thomas è già a 3'), Pogacar è leader della classifica dei gran premi della montagna (104 punti, il doppio di Martinez secondo) mentre è sesto in quella dei punti, graduatoria in cui solitamente trovano spazio al vertice soltanto i velocisti. Roba da matti, da fenomeno assoluto. Eppure Pogacar, finora, ha dato l'impressione di non aver fatto quasi fatica, di non aver attinto a fondo dalla sua riserva d'energia per far girare al massimo il motore da fuoriserie. Eppure Pogacar, finora, non ha mostrato mai il suo proverbiale sorriso, la consueta serenità: forse scottato dalla beffa della prima tappa o leggermente preoccupato da qualche malanno di stagione che ha detto di aver accusato negli ultimi giorni, qualche segno di nervosismo - lo sbuffo nell'intervista dopo il successo di Prati di Tivo al microfono Rai dell'ottimo Stefano Rizzato non è passato inosservato... - si è notato.
Rebus sic stantibus, la lotta per il podio è limitata alle piazze d'onore. Al secondo posto, adesso, c'è Daniel Martinez: il capitano della Bora, finora, è stato uno dei più solidi in salita e, soprattutto, si è difeso benissimo a cronometro. Non sono certo un inedito gli exploit contro il tempo del colombiano che, se saprà confermarsi anche nelle prossime settimane, sarà un osso durissimo da superare. Così come ci si attende pure un'ulteriore crescita di Geraint Thomas: l'espertissimo gallese della Ineos ha deluso sul suo terreno, risultando il peggiore degli uomini di classifica nella cronometro di Perugia. In salita, però, non ha mostrato particolari segni di cedimento: si attendono conferme, così da liquidare quella brutta tappa a semplice parentesi. L'assalto al podio è l'obiettivo della seconda parte del Giro di Ben O'Connor e Cian Uijtdebroeks: l'australiano è stato l'unico a tentare di seguire Pogacar a Oropa, finendo per esplodere dopo il clamoroso fuorigiri. O'Connor è riuscito nei giorni successivi a gestirsi al meglio, riducendo al massimo i danni dello sforzo per poi difendersi al meglio anche nella crono. Dal belga della Visma, invece, finora non sono arrivati particolari squilli: ma è sempre lì, fra i primi e con i primi. Per il resto - alla situazione dell'Italia e degli italiani sarà dedicato un altro capitolo - con alcuni protagonisti annunciati in chiave classifica già ritirati (vedi Dunbar) o in forte ritardo (Quintana, Juanpe Lopez, Bardet) ha convinto un altro colombiano, Einer Rubio della Movistar, sempre fra i migliori in salita. Dopo una partenza difficile sembrano al rialzo le quotazioni di Thymen Arensman, l'olandese "alternativa di lusso" della Ineos, anche se il distacco dall'ultimo gradino del podio occupato dal capitano Thomas è già di due minuti e mezzo...
Nove tappe e un solo successo. L'Italia non s'è desta nella prima parte di Giro 2024. Anzi: la frazione di Napoli ha regalato un altro record negativo ai nostri colori. Sono 67 tappe, infatti, che un ciclista italiano non veste la maglia rosa (l'ultimo fu Alessandro De Marchi): mai prima d'ora era capitato, cancellando la precedente "astinenza da primato" che durava addirittura dal 1975. Ci si attendeva qualcosa in più ma lo spazio e il tempo per migliorare la situazione ci sono. Partendo da ciò che attende Antonio Tiberi: la più grande speranza per la classifica generale, probabilmente, maledirà la tappa con l'arrivo di Oropa. Il capitano della Bahrein (costretta a fare i conti con gli acciacchi di Damiano Caruso, caduto e lontano delle posizioni di vertice della graduatoria) ha fatto i conti con un doppio problema alla bici proprio all'inizio dell'ascesa finale. La voglia di recuperare l'hanno portato a strafare, a lasciarlo senza energie. Senza quei due minuti abbondanti di ritardo da Pogacar, Tiberi sarebbe saldamente al secondo posto: è stato fra i migliori nella crono di Perugia, l'unico a "stuzzicare" lo sloveno e gli altri avversari con un paio d'allunghi nel finale dell'arrivo in salita di Prati di Tivo. Ottime prestazioni che gli hanno permesso di ritrovare un po' di morale per lanciare l'assalto dalla top five: ora è già 6°, a 4'23'' da Pogacar e un minuto e mezzo dal podio. Alle sue spalle, un po' a sorpresa, c'è Lorenzo Fortunato: diventato capitano dell'Astana per il ritiro di Lutsenko e per le ottime prestazioni in montagna, lo scalatore sembra ormai destinato a curare la classifica e non ai successi parziali, puntando magari a una top 10 che potrebbe essere raggiungibile - con una serie di incastri - anche da Filippo Zana, l'eterno Domenico Pozzovivo e Davide Piganzoli.
L'Italia, dunque, s'aggrappa a Tiberi. E a Jonathan Milan. La prima parte del Giro ha rafforzato il messaggio che in casa - probabilmente - abbiamo il velocista più forte del mondo. Ma gli manca ancora qualcosa, nonostante l'eccellente lavoro della sua Lidl-Trek (in particolare dell'apripista Simone Consonni) per metterlo in condizione di finalizzare: finora, infatti, è riuscito a timbrare il cartellino soltanto sul traguardo di Andora, conquistando per due volte il secondo posto prima a Fossano (battuto da Merlier) e poi a Napoli (superato da Kooij). Entrambi gli sprint che non l'hanno visto prevalere hanno lasciato la sensazione che la vittoria sia sfuggita per una mancanza d'esperienza che potrà acquisire soltanto con il tempo, sbagliando altre volate. La potenza che sprigiona sui pedali è devastante ma ci sono ancora tanti aspetti da migliorare. E miglioramenti, in questo Giro 2024, sono attesi anche dai "fugaioli" azzurri, in attesa che pure un altro grandissimo di questo sport, il francese Julian Alaphilippe, riesca a piazzare la zampata dopo aver provato ad attaccare praticamente ovunque: lo spazio per tentare attacchi da lontano sembra esserci (già due i tentativi a lunga gittata andati a buon fine nelle prime 9 giornate di Giro 2024: a Lucca con la vittoria del francese Benjamin Thomas e nella tappa degli sterrati di Rapolano Terme con il successo dello spagnolo Pelayo Sanchez) e alcuni uomini paiono aver raggiunto la giusta brillantezza, partendo da Andrea Piccolo della Ef, finora fra i più combattivi.
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