Bayer Leverkusen-Roma (2-2) - Considerazioni Sparse
La mistica del calcio quest'anno lambisce anche Leverkusen, e contro di questa si arena una Roma volenterosa ma incapace di piegare a suo favore l'inerzia della sfida.
Ventidue anni fa nasceva la "leggenda" del Neverkusen, ovvero quel Bayer che arrivò in fondo a tutte le competizioni ma finì con un nulla di fatto, avendo perso nel giro di pochi giorni testa della classifica e finali di Coppa di Germania e Champions League. Quest'anno la mistica sta spingendo i rossoneri in tutt'altra direzione, tanto che adesso si può quasi parlare di Neverlosen, vista l'incapacità di questa squadra di perdere anche solo una partita. Merito ovviamente non degli astri, ma del gran lavoro di Xabi Alonso e dei suoi ragazzi, capaci di costruire una squadra che ha una facilità di calcio a tratti disarmante, come hanno scoperto a loro spese in Germania, dove le aspirine hanno già vinto da tempo il campionato, e una Roma volitiva che pure ha sperato nell'impresa.
È appunto dalla forte determinazione della Roma che è giusto partire, perché è proprio questa la più grande qualità che De Rossi, dal suo arrivo, è stato in grado di iniettare nei suoi giocatori, solo lontani parenti degli atleti svuotati di ogni stimolo che si vedevano nella precedente gestione (che sia solo per colpa della guida tecnica oppure no). Da sola però la determinazione non sarebbe bastata, e infatti nella prima frazione i giallorossi sono apparsi parecchio in affanno nel cercare le contromisure adeguate per affrontare a dovere il Bayer, anche stasera autore di una prestazione che fa sbalordire gli appassionati di calcio, qualunque sia la loro fede di appartenenza. Quando a questa si è aggiunta una maggiore fluidità nello sviluppo dell'azione e un pizzico di audacia in più nel tentare la conclusione, ecco che il continuo stress a cui è stata sottoposta la retroguardia avversaria ha pagato, con l'errore banale di Hložek che ha concesso alla Roma il penalty che ha riportato i giochi in parità.
Il calcio però non è una scienza esatta: non ha mai avuto la pretesa di esserlo, nonostante i giusti sforzi che fanno tecnici, addetti ai lavori o più umili cronisti che provano a raccontare cosa succede su un campo da calcio per 90 minuti più recupero, e anche stasera tiene a ricordarcelo, affinché la lezione ci rimanga impressa. Sfugge ad ogni tentativo di razionalità infatti il dato che, proprio nel momento in cui la Roma sembrava in controllo della partita (quantomeno sul piano emotivo), e il Bayer stava iniziando a veder nascere qualche crepa nelle sue granitiche certezze, Svilar in uscita su un corner finisca per tamponare Smalling come un automobilista distratto sul GRA, mancando il pallone che finisce per carambolare goffamente addosso a Mancini e poi rotolare, beffardo, in rete, rendendo vani tutti gli sforzi profusi fino ad allora. Un autentico episodio di romanismo, come sa bene chi ama e segue questi colori, in cui arriva l'involontario ma comunque inevitabile autosabotaggio, che condanna ancora una volta la Roma a rimuginare sui suoi errori. Il gol meraviglioso di Stanisic è buono solo per le statistiche, e per rimpolpare ancor di più l'ego delle aspirine, ancora imbattute in questa stagione.
È stata anche la sfida tra due tecnici giovanissimi come Xabi Alonso e De Rossi (43 anni il primo, 41 il secondo), in quello che è stato solo il primo di - speriamo - tanti incroci che il futuro riserverà loro. Non a sorpresa, è lo spagnolo quello più avanti nel percorso verso l'Olimpo dei grandissimi: nonostante una formazione iniziale priva della stella Wirtz che sembrava presagire il peccato di overcoaching, ovvero la versione calcistica moderna della hybris tanto nota a chi ha condotto gli studi classici; la sua squadra non si snatura, anzi si esalta nel suo gioco classico fatto di scambi veloci del pallone e di posizione, che permettono di trovare sempre delle falle nelle difese avversarie in cui infilarsi, specie nel primo tempo dove forse con una maggiore lucidità sotto porta avrebbe risparmiato tanti patemi d'animo ai suoi tifosi. D'altro canto, De Rossi fa quel che può ma lascia spazio ai dubbi e ai fastidiosi what if? che possono tormentare a lungo i tecnici. Quello di De Rossi ha un nome e un cognome: Paulo Dybala. Un calciatore fondamentale per la Roma, capace di fare la giocata risolutiva anche con pochi minuti a disposizione, ma allora perché non concederglieli? Che sia per sfruttarlo come carta a sorpresa con la soluzione extra che portano in dote i tempi supplementari? Sarebbe stato furbo, ma innanzitutto ai supplementari bisogna arrivarci...
Va in finale la squadra che, nei 180 minuti di gioco, lo ha meritato di più, a prescindere dal cammino che ha portato le due squadre fino a questa doppia sfida divertente e ricca di spunti. Una finale di Europa League che verrà affrontarsi il giovane Xabi Alonso e il suo Bayer Leverkusen contro l'Atalanta di un grande vecchio come Gian Piero Gasperini, in una sfida che solo a immaginarla fa salire l'acquolina in bocca. Novanta minuti, quelli che andranno in scena a Dublino, che si prospettano interessanti quanto quelli dell'ultimo atto della "sorella maggiore": chi ha detto che l'Europa League è una competizione brutta?
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