Logo sportellate
I tifosi del Parma festeggiano la promozione in Serie A
, 9 Maggio 2024

La marcia trionfale tornerà a suonare in Serie A


Il Parma ha sfruttato tre anni in Serie B per gettare le basi di un nuovo corso.

Questa volta, non è stata una marcia trionfale come quella di 6 anni fa. Lì era come se il Parma cavalcasse di ritorno verso casa, veloce come il vento, trasportato dalle note dell’Aida di Giuseppe Verdi, le stesse che accompagnano i giocatori ad ogni ingresso in campo al Tardini.

Questa volta è sembrata più una fuga dalla prigionia, come quella degli Ebrei da Babilonia nel Nabucco. È stata una fuga da una prigionia di tre anni, più di quanti anche il parmigiano più pessimista avrebbe potuto immaginare. È stata una fuga su ali dorate, come dice il Va’ Pensiero e come recita, con discrezione, la piccola appendice di parmigianità che accompagna lo slogan americaneggiante scelto dalla società per festeggiare la promozione.

L’ultima promozione dei gialloblù era stata solo la conclusione di una parentesi, dolorosa, sì, ma che alla fine si era trasformata in un’opportunità, quella di compiere un’impresa mai vista prima: tre promozioni consecutive dalla Serie D alla Serie A. Il passaggio dalla serie cadetta alla massima serie era stata una formalità, la normale e naturale chiusura di un percorso che, in fin dei conti, tutti ricordano con un po’ di nostalgia. C’era stata quella romantica ripartenza dai dilettanti con i soldi degli imprenditori di Parma e con Nevio Scala, eroe del grande Parma degli anni ’90, al timone. C’era stata la lunghissima rincorsa in Serie C, risolta dal taconazo di Calaiò, che sulla linea di fondo del Franchi si liberava per crossare il pallone, morbido ma inesorabile, sulla testa di Manuel Nocciolini, che segnava un gol decisivo nella finale playoff contro l’Alessandria.

C’era stata l’interminabile notte di La Spezia, in cui un romantico errore di Giardino dal dischetto per gli spezzini e, pochi minuti dopo, il pallonetto di Mazzeo a Frosinone, avevano reso realtà un insperato secondo posto. Poi c’erano  state le lacrime di capitan Alessandro Lucarelli - sceso negli inferi con il suo Parma con l’obiettivo di riportarlo lì dove meriterebbe sempre di stare - al compimento dell’impresa e c’era stata una festa improvvisata in piazza a notte fonda, con Ciciretti in versione conquistador sulla statua di Garibaldi che incitava i già eccitati tifosi gialloblù.

Ciciretti sulla statua di Garibaldi alla festa promozione del 2018.
Ciciretti e Garibaldi, strana coppia.

Questa volta è stato un percorso ugualmente lungo, ma molto più tortuoso. Il 4 maggio di tre anni fa, Parma si svegliava indolenzita e piena di vergogna. Sui muri del centro sportivo di Collecchio, i tifosi avevano lasciato uno striscione che non aveva bisogno di altre spiegazioni: “Parma vi schifa”. Il Parma avrebbe chiuso quella stagione all’ultimo posto, dietro a Crotone e Benevento, con 20 punti, solo uno in più che nel 2015, anno del fallimento. L’estate si preannunciava particolarmente movimentata, eppure, sotto sotto, il ritorno in A sarebbe dovuto essere una formalità.

La neo-proprietaria famiglia Krause, in Italia solo da qualche mese, aveva deciso di puntare su un gruppo giovane, confermando gli acquisti di gennaio che avevano deluso al loro primo impatto con il calcio italiano, come Man, Mihaila, Sohm e Balogh e inserendone altri, promettenti, come Bernabé, Benedyczak, Delprato, Coulibaly e Bonny. La gioventù era stata portata anche in panchina, con l’ingaggio di un allievo di Guardiola, Enzo Maresca (e, visti gli ultimi risultati col Leicester, non era poi un’idea così cattiva). Era però stato necessario, per tenere calma la piazza e permettere ai giovani di crescere senza eccessive pressioni, l’ingaggio anche di qualche veterano.

Dopo Buffon - accolto inizialmente come un traditore per il suo passaggio alla Juve di una ventina d’anni prima - erano arrivati Schiattarella dal Benevento e Danilo dal Bologna. Ma il grande colpo dell’estate era stato Franco Vazquez, per tutti El Mudo, che con quel livello del calcio italiano non c’entrava assolutamente niente. Insomma quando Krause predicava la calma e dichiarava che ci sarebbero voluti tre anni per tornare in A, sembrava un pazzo. La squadra era stata palesemente costruita per vincere subito. Almeno, era così per tutti. Invece, era stato necessario un cambio in corsa - l’arrivo ad interim di Iachini - per raggiungere niente più che una salvezza non troppo tormentata.

La stagione successiva, la parola chiave era stata “consolidare”: consolidare un gruppo giovane ma forte, che fosse in grado di giocarsela anche con le corazzate scese dalla Serie A. In effetti, così era stato, ma con un epilogo diverso da quello che tutti sognavano. Dopo una stagione in crescendo, il Parma di Pecchia si era presentato ai playoff nel momento di maggior forma del proprio campionato. La semifinale col Cagliari era partita alla grande, con un primo tempo dominato e chiuso con due gol di vantaggio alla Sardegna Arena.

Poi, i dettagli e l’inesperienza avevano fatto la differenza fra il tornare in Serie A e il restare in Serie BKT. Un pallone perso ingenuamente da Bernabé aveva costretto Estévez a farsi ammonire per interrompere il contropiede della squadra di casa e Pecchia a togliere quest’ultimo per non correre eccessivi rischi. Poi, il crollo. Senza il proprio irrinunciabile equilibratore a centrocampo, il Parma non era riuscito a resistere alla reazione da grande squadra del Cagliari. Risultato: 3-2 con tre errori individuali di Mihaila, Cobbaut e Juric. Al ritorno, l’urlo del Tardini per il gol di Bonny era stato strozzato in gola dal VAR. Risultato: 0-0, Cagliari in finale.

Il Parma gettò al vento addirittura un doppio vantaggio a Cagliari.

A giugno se n’erano andati i due veterani Vazquez e Buffon, ma era tornato Hernani assieme a una serie di giocatori esperti della categoria. Tutti i giovani che erano arrivati tre anni prima, erano e sono ancora lì. Senza Buffon, Delprato è diventato capitano e uomo dei gol pesanti. Senza Vazquez, Bernabé ha acquisto responsabilità e consapevolezza, diventando finalmente il leader tecnico che tutti aspettavano, mentre Man si è imposto come miglior esterno del campionato, mettendo in mostra, senza  le consuete lunghe e inspiegabili pause, tutta la sua classe. Bonny, da acerbo e indisciplinato attaccante, si è trasformato in un centravanti completo e utile in tutte le fasi. Mihaila e Benedyczak sono diventati più decisivi. Sohm, Balogh, e Coulibaly sono ora degli ottimi e affidabili ibridi tra titolari e prime riserve. A loro si è aggiunto Alessandro Circati, nato e cresciuto in casa, vero simbolo della rinascita della sua città, lui che, nonostante la nazionalità australiana, è parmense doc, di Fontanellato, a 20 minuti da Parma.

Ad agosto il Parma si presentava come la candidata numero uno alla promozione. Ed effettivamente così è stato. Dalla prima all’ultima giornata non c’è mai stata storia e un piazzamento fra le prime due non è mai sembrato in discussione. Si è creato anche un entusiasmo nuovo attorno alla squadra. Allo stadio, complici anche i prezzi più contenuti, c’erano diverse facce nuove. A dicembre erano arrivati anche i 110 anni dalla fondazione, con una serie di iniziative di marketing che hanno stretto sempre di più la tifoseria attorno alla squadra. Insomma, dentro e fuori dal campo, si è creato il contesto perfetto per vincere.

Così, una piovosa mattina di maggio, Parma si è svegliata di nuovo in Serie A, ma per festeggiare ha dovuto attendere ancora un pochino. Ha dovuto attendere che il tempo si rasserenasse, che consentisse di godersela al meglio questa promozione, sia perché è stata la più sofferta, sia perché, nella testa dei parmigiani, per un po’ non ce ne saranno altre. Così, dopo qualche giorno anche il cielo si è convinto a festeggiare. È tornato blu, senza interruzioni, mentre la torre del Palazzo del Comune è sembrata più gialla che mai. E ancora più gialloblù era la piazza, stracolma di gente, di fumogeni gialloblù, di maglie gialloblù, di bandiere gialloblù. Domenica c’era un’aria nuova in piazza, c’era una voglia di Serie A inedita, c’era un entusiasmo che, per una promozione, a Parma non si era mai visto. Lo ha detto, rigorosamente in dialetto parmigiano, anche il Frambo, il capo ultrà che a fine festa è stato invitato a salire sul palco: “Credetemi, io di promozioni ne ho viste, ma così piena la piazza non la è mai stata”.

Piazza Garibaldi tinta di Gialloblu.

Questa volta, non è stata una rivoluzione, come nel ’90, in quel derby-spareggio eterno - spartiacque nella storia di Parma e Reggiana - deciso dai gol del “sindaco” Marco Osio e di Sandro Melli, davanti a un Tardini in delirio. Non è stata nemmeno una sofferta formalità, come nel 2009, quando i gialloblù di Guidolin, trascinati dai 24 gol dell’insolita coppia Cristiano Lucarelli - Alberto Paloschi, conclusero al secondo posto un’estenuante rincorsa. Non è stata, tantomeno, l’epilogo di una marcia trionfale, come nel 2018.

Eppure, anche questa volta, per il Parma è stato un viaggio unico: unico perché più lungo, più difficile, più frustrante degli altri, ma anche unico perché, per la prima volta, questa promozione arriva anche assieme alla vittoria del campionato di Serie BKT, uno dei pochi trofei che, nella bacheca del Museo Alberto Ceresini - intitolato proprio al presidente della prima promozione - mancava ancora. Ancora sì, come quella parola su cui il club ha incentrato tutta la campagna marketing legata a questa promozione.

E se ancóra - con l’accento sulla O - indica la persistenza di un’azione duratura, il ripetersi di qualcosa, il fallire ancora, il provarci ancora una volta di più, questa promozione per il Parma è unica anche per un altro motivo. Non l’ha solo rifatto ancora. Questa volta, per la prima volta, il Parma ha intrapreso un percorso, ha sfruttato la propria permanenza in Serie BKT per gettare delle basi, queste sì, durature, per il futuro. Per la prima volta ha gettato un’àncora - con l’accento forte, marcato, sulla A (e dove altrimenti?) - che questa volta sì gli permetterà di tornare ancora una volta dove merita di essere. E di restarci ancora a lungo.

  • Un altro ragazzo col vizio dell’overthinking e la passione per i mediani intelligenti e i mezzi trequartisti inconcludenti.

Ti potrebbe interessare

Adrián Bernabé brilla di luce propria

Quasi gol

Cosa deve fare il Parma sul mercato?

Tomás Esteves può giocare ovunque

Dallo stesso autore

Félix Lebrun: il più sconosciuto fra gli sportivi dell'anno

Parigi val bene una tripla

Guida alla Liga Portugal 2024/25

Cosa deve fare il Parma sul mercato?

Parigi 2024 low cost

Ardon Jashari è il mediano moderno

Liga Portugal 2023/24, la squadra della stagione

Lisa Vittozzi ci farà appassionare al Biathlon

Slavia Praga e colline rossonere

L’Union Saint-Gilloise ha fatto la storia

Newsletter

pencilcrossmenu