Cosa resta di Manuel Locatelli?
Il centrocampista ha cambiato pelle per far fronte alle necessità della Juve, ma a che prezzo?
16 giugno 2021, Stadio Olimpico di Roma. 26' di Italia-Svizzera, seconda partita della fase a gironi di Euro 2020. Manuel Locatelli, poco prima della linea di metà campo, lancia di prima al volo col mancino su una spizzata di Immobile. La palla arriva perfetta sulla destra sui piedi del compagno di club Berardi che s'invola verso l'area, punta Ricardo Rodriguez col mancino e lo lascia indietro portandosi la palla sul piede debole, col quale mette in mezzo un rasoterra indirizzato verso il cuore dell'area piccola. Lì, a due passi dalla porta, c'è Locatelli, che dopo aver avviato l'azione ha tagliato tutto il campo in verticale per 60 metri, sfilando alle spalle della difesa Svizzera e depositando il pallone in rete per il più facile degli 1-0.
Minuto 84. Locatelli sta giocando una partita difensiva di livello eccelso, trascorsa per gran parte sulla propria trequarti a giocare da centromediano metodista vecchia maniera, centrale aggiunto deputato più a incrociare i tacchetti con gli avversari e a lanciare lungo che non a gestire la palla (appena 19 passaggi riusciti in 90') e farsi vivo nella metà campo avversaria. Locatelli sta aiutando de Ligt in area su un raddoppio difensivo, proprio quando la palla sembra riconquistata il giocatore avversario serve un compagno appostato al limite, che si allunga palla e calcia forte in porta, ma in un istante Locatelli piomba su di lui e in scivolata ne respinge il tiro in fallo laterale.
La partita di cui parliamo non è una gara recente: il centrocampista a cui viene murato il tiro è Mateo Kovacic, dato che si tratta di Juventus-Chelsea 1-0, 29 settembre 2021. In tre mesi il mondo di Manuel si è ribaltato: la sua missione di ultimo baluardo (o capro espiatorio, a seconda delle situazioni) della Juventus è appena cominciata, ma lui sembra esservi calato già alla perfezione.
Le credenziali con cui Manuel Locatelli si presenta a Torino sono queste; i tackle difensivi sono sempre stati una sua specialità ("Un fondamentale che mi esalta, quando fai un intervento importante entri in fiducia e le emozioni ti caricano", affermerà dopo Inter-Juve del marzo 2023), ma accompagnati da tante altre che lo avevano reso uno dei migliori centrocampisti della Serie A 2020/21. Pur partendo da mediano del 4-2-3-1 nel Sassuolo di De Zerbi, i compiti di Locatelli sono tutt'altro che conservativi, come dimostrato dal primato nei passaggi completati nella metà campo avversaria e nell'ultimo terzo di campo, nonché negli ingressi in area. Un centrocampista di lotta e di governo nell'accezione migliore del termine, ma anche un incursore prezioso capace di moltiplicare le soluzioni offensive dei neroverdi.
In Nazionale abbiamo ammirato una versione ancora diversa di Locatelli, mezzala destra titolare nelle prime uscite del girone di Euro 2020, sostituto prezioso di Verratti e Barella nelle gare a eliminazione diretta. Con Jorginho in campo, Loca veniva sgravato dai compiti di regia e schermo che assegnatigli a Sassuolo, libero di buttarsi in area o alzarsi fino al limite dell'area per tessere la manovra, per nulla in imbarazzo nel dialogare con i ben più blasonati compagni di squadra, portando assieme a Berardi un po' di neroverde nell'azzurro brillante dell'Italia di Mancini.
Qualche tentativo di sfruttare Locatelli anche in zolle di campo più avanzate in realtà c'è stato anche nel suo primissimo periodo alla Juve, prima e dopo la suddetta gara col Chelsea. Mediano a due nel 4-4-2/4-2-3-1 che ha caratterizzato il primo anno dell'Allegri-bis, quando l'ex Sassuolo è stato schierato in coppia con Bentancur, col quale si divideva i compiti di schermo davanti alla difesa e prima costruzione in mezzo ai centrali, non era insolito vederlo avventurarsi anche nell'ultimo terzo di campo nelle partite in cui era la Juventus a tenere in mano il pallino del gioco.
La licenza di offendere è stata ritirata al calciatore in concomitanza con la cessione di Bentancur al Tottenham: da lì in avanti Locatelli è stato impiegato quasi sempre in coppia con Rabiot, non esattamente a proprio agio nelle letture difensive profonde. Nemmeno l'arrivo di Zakaria, teoricamente acquistato proprio per giocare da vertice basso o comunque da centrocampista difensivo, e non da mezzala com'è stato più volte visto, gli ha permesso di svincolarsi da un'interpretazione più conservativa del ruolo, destinata ad accentuarsi stagione dopo stagione.
Nel 22/23 la Juve era stata pensata, parola del suo allenatore, con Paredes regista, Pogba e Rabiot mezzali titolari e Locatelli prima alternativa dei tre, viste anche le cessioni in prestito di Zakaria e Arthur, due candidati allo slot davanti alla difesa che non avevano mai convinto Allegri. Le difficoltà di ambientamento di Paredes e il passaggio in pianta stabile al 3-5-2 trasformeranno invece Loca in un vero e proprio imprescindibile per Allegri, che da ottobre in avanti lo terrà fuori dall'11 titolare solamente per squalifica o per esigenze di turnover.
La volontà di puntare forte non su un regista classico, o comunque su un calciatore che nasce vertice basso, ma su un giocatore con grandi doti fisiche e dalle buone capacità nel difendere basso e nel lanciare lungo, è testimoniata anche dall'ultima finestra estiva di mercato della Juve. Barrenechea viene mandato in prestito al Frosinone, Rovella ceduto alla Lazio senza una reale possibilità di giocarsi le proprie carte visto l'infortunio occorso nel precampionato, Paredes rispedito a Parigi, Arthur dirottato a Firenze: il vertice basso è Locatelli, con Hans Nicolussi Caviglia a surrogarne le rarissime assenze.
Alla scelta netta fatta da Allegri e dalla società, fanno da contraltare giornalisti, tifosi e alcuni addetti ai lavori, che non reputano Manuel Locatelli in grado di essere il regista della Juve. Un'affermazione che parte da un assunto errato: Locatelli pur giocando davanti alla difesa, non svolge i compiti tipici del costruttore basso. O meglio, la regia è solo una parte (e nemmeno troppo importante) dei tanti compiti che il 5 bianconero deve sobbarcarsi per tenere in equilibrio una squadra disfunzionale e alla ricerca costante della massima efficienza come la Juventus.
Stupisce poco, in quest'ottica, che il centrocampista della Serie A che svolge mansioni più affini a quelle di Locatelli sia André-Frank Zambo Anguissa (rilevazioni e dati MacLachApp), non proprio il fulcro della manovra del Napoli, considerato cruciale più in fase di non possesso che con la palla tra i piedi. Davvero abissale, invece, il confronto tra l'ultimo Locatelli visto in neroverde e la sua attuale versione in bianconero: i loro grafici sembrano raccontare due calciatori radicalmente diversi nel ruolo, nelle caratteristiche e nei compiti in campo, non uno stesso individuo a tre stagioni di distanza.
Agli eloquenti dati visibili in grafica, aggiungiamo quello sui tocchi (fonte FBref): Locatelli ad oggi tocca 65 palloni in media a partita, più di tutti gli altri centrocampisti della Juve ma meno di Anguissa (72) e ad anni luce dalla sua versione del Sassuolo (99). Decisamente impari il confronto con i registi delle altre squadre di vertice, anche per "colpa" dello stile di gioco della Juventus, dodicesima per possesso palla in A: Calhanoglu tocca 85 palloni a partita; Bennacer si ferma a 74, come Freuler; l'ex riserva di Locatelli, Paredes, a Roma tocca 78 palloni ogni 90 minuti.
Sono numeri che sottolineano ancora una volta come il "mestiere" di Locatelli sul campo sia estremamente diverso da quello svolto dai presunti pari ruolo; rovesciando il paradigma, scopriamo che Locatelli è il centrocampista con più lanci lunghi completati in Serie A (4,9), quinto di movimento assoluto dietro a Rrahmani, Patric, Bastoni e Martinez Quarta, tutti difensori centrali. La percentuale di riuscita è piuttosto alta, il 62%, nonostante il grande numero di tentativi; quando vengono sottolineati gli errori di Locatelli in impostazione, è bene ricordare quant'è alto il coefficiente di difficoltà del suo gioco, con la distribuzione corta ridotta al minimo indispensabile e le verticalizzazioni lunghe per esterni e punte esasperate in quanto unica soluzione della Juve per risalire velocemente il campo.
Il gioco senza palla è però il vero motivo per il quale il vertice basso della Juve è Manuel Locatelli, e non qualsiasi altro giocatore. Prima di scendere nei dettagli del suo gioco, va considerata la dote principale che Locatelli ha messo in mostra in questo suo triennio in bianconero: l'attitudine mentale, intesa come lo spirito con il quale il calciatore ha messo da parte tanti di quegli elementi che avevano portato la Juventus a investire oltre 30 milioni di euro su di lui, per mettersi completamente a disposizione dell'allenatore, accettando di limitarsi ed esporsi a prestazioni opache in nome del bene della Juve. Una dote imprescindibile per un calciatore di alto livello, che anche i suoi prossimi allenatori non potranno che apprezzare indipendentemente dal ruolo che gli assegneranno.
Quando gli avversari hanno la palla e la Juve si accomoda nel suo ormai consueto blocco basso, Locatelli galleggia tra il ruolo di schermo davanti alla difesa e quello di difensore centrale aggiunto, soprattutto quando c'è da portare un raddoppio dentro l'area o difendere su un cross alto quando la squadra avversaria porta molti uomini in area. Nella protezione della porta Locatelli non lavora tanto di letture (meno di un intercetto a gara) quanto sfruttando la sua vecchia specialità, il tackle scivolato, e vestendosi quasi da "buttafuori" della Juventus; per spazzate e tiri respinti l'azzurro rientra tra i primi 5 centrocampisti del campionato, mentre è tra i peggiori della Serie A per conduzioni palla al piede nell'ultimo terzo di campo, un fondamentale che sembra non riguardarlo più.
Una riflessione profonda sui cambiamenti e sul rendimento di Locatelli nell'ultimo triennio non può che portare a porsi una domanda: passando dal Sassuolo alla Juve, il giocatore è maturato, acquisendo una maggior consapevolezza di sé e un grande spirito di adattamento, oppure si è snaturato, mettendosi sì al servizio della squadra ma perdendo nel contempo quelle caratteristiche uniche che, paradosso, avevano fatto sì che la Juventus si interessasse a lui?
Per rispondere in maniera compiuta a tale quesito, dovremmo aver la possibilità di vedere il Locatelli del presente nelle vesti di quello del passato, o semplicemente in un contesto tattico che lo lasci libero di giocare il suo calcio, senza incatenarlo nella propria metà campo. Ciò non è ovviamente possibile nell'immediato, ma possiamo invece provare ad analizzare la percezione che abbiamo del calciatore in relazione al momento del suo arrivo in bianconero, alle aspettative che lo circondavano e alla sua dimensione attuale nel campionato italiano.
Loca sbarca a Torino a 23 anni. Tra i migliori centrocampisti emergenti della Serie A. Campione d'Europa. Fortemente voluto dall'Arsenal, al quale però il calciatore ha preferito la squadra di cui è sempre stato tifoso. Dopo tre anni, sarebbe lecito aspettarsi che venga quantomeno incluso nei discorsi relativi ai migliori centrocampisti della Serie A, ma ciò non accade quasi mai. Nel triennio che sta terminando, praticamente tutti i giocatori impiegati in mediana da Milan, Inter e Napoli, le squadre che hanno vinto il titolo, si sono fatti preferire a lui, ma anche Luis Alberto, Pellegrini, de Roon, Éderson e Ferguson, per restare all'alta classifica, possiedono ad oggi uno status superiore a quello di Locatelli.
I calciatori elencati sono ovviamente molto diversi tra loro, le loro prestazioni vanno comunque declinate sullo stile di gioco delle rispettive squadre, ma ad oggi appaiono globalmente superiori alla versione bianconera di Manuel Locatelli senza particolare timore di smentita, non per potenziale, per doti tecniche o per altri motivi, ma semplicemente per il loro impatto sulle gare e sulle sorti delle loro squadre, anche al netto dell'ingente lavoro oscuro del mediano bianconero. Valutare un calciatore in assoluto, estraendolo dal contesto in cui è inserito, è difficile e spesso sbagliato, ma proviamo a chiederci se, ad oggi, qualche squadra preferirebbe Locatelli a Luis Alberto o Pellegrini in qualità di mezzala, a de Roon o Éderson come mediano a due, a Lobotka come vertice basso.
La trasformazione di Locatelli, pur funzionale alle necessità della Juventus, non ha fatto svoltare la carriera del calciatore com'è accaduto, ad esempio, a Calhanoglu, che ha cambiato squadra nello stesso anno dell'ex Sassuolo ed è esploso definitivamente in un ruolo quasi mai ricoperto in carriera. Allo stesso tempo, è diventato davvero difficile scindere Locatelli da questa sua nuova veste da epigono di van Bommel, al punto che è lecito chiedersi se il giocatore (peraltro appesantitosi nel fisico) sarebbe ancora in grado di mostrare la stessa mobilità e la stessa qualità in rifinitura dei tempi migliori. Una parabola che ricorda quella di Bentancur, che in bianconero ha perso certezze una volta spostato in regia da Pirlo, certezze che non è stato in grado di ritrovare nemmeno quando è tornato a fare il mediano a due, a fianco proprio di Locatelli.
Cosa resta di Manuel Locatelli in bianconero, in vista di un (possibile) nuovo corso? Il numero 5 della Juve ha dimostrato di essere un grande professionista, un giocatore che abbina qualità e quantità, dalle spalle larghissime, senza paura di prendersi responsabilità. Nel contempo, non abbiamo ancora capito del tutto cosa potrà essere Locatelli nel prossimo futuro, intrappolato in un vestito stretto che non ha mostrato di soffrire particolarmente, ma che di tanto in tanto ci fa pensare a quanto stava bene nelle maglie larghe dell'abito che ha gradualmente spostato in fondo al cassetto una volta vestiti i colori bianconeri.
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