Scandicci-Conegliano (1-3) - Considerazioni Sparse
La regina non abdica: l'Imoco Conegliano si conferma, per la sesta volta consecutiva, campione d'Italia.
L’Imoco Conegliano resta sul trono: settimo scudetto della sua storia, sesto consecutivo, superando la Savino del Bene Scandicci per 1-3 in gara 4, dopo una serie bellissima e combattuta, grazie proprio alla grande resistenza opposta delle avversarie. Dopo le prime 2 gare in cui le pantere non erano sembrate le solite belve brillanti, con l’avanzare della serie la squadra di Santarelli sembra essersi sciolta, e negli ultimi due match ha messo al tappeto quella di Massimo Barbolini: chi pensava che la pancia dell’Imoco fosse piena dopo tanti titoli consecutivi ha dovuto ricredersi. Alcuni vedevano questa stagione come un crocevia per l'Imoco, dopo che le rivali si erano rafforzate notevolmente, ma le venete hanno costruito, passo dopo passo, con un gran lavoro di squadra, il loro successo. La regina non abdica, e attende la finale di Champions per elevare il suo strapotere anche in Europa.
E dire che Scandicci, in questa serie come in questa gara 4, era partita benissimo. Il primo parziale era stato appannaggio delle fiorentine, che avevano dimostrato di voler prolungare la contesa portando la serie sino a gara 5: nel secondo e nel terzo però Conegliano ha mostrato i muscoli, con due set pressoché perfetti, in cui ha lasciato le padrone di casa a 17 macinando il suo gioco veloce orchestrato da Wolosz e permettendo alle bocche da fuoco Haak e Plummer (29 e 18) di salire in cattedra. Nella quarta e decisiva frazione, la squadra di Barbolini aveva rimesso il muso avanti, conducendo sino ai punti finali, quando però tutta l’esperienza in questo genere di partite e la fame di chiudere i giochi dell’Imoco è esplosa: più volte questa serie aveva regalato rimonte epiche, ma non stavolta, e i giochi si chiudono, ironia della sorte, con l’errore di Antropova, la migliore delle toscane (anche ieri 22 a tabellino). Può partire la festa a Palazzo Wanny, che la ospita con un fair play che il volley abitualmente regala.
La Savino del Bene è stata un’avversaria coriacea, che ha messo in difficoltà non poco le campionesse in carica: dopo una stagione chiusa al secondo posto in Regular Season, le fiorentine hanno eliminato a sorpresa in semifinale la Milano di Paola Egonu con un doppio micidiale 3-0 e, forti del miglior stato di forma, hanno approcciato alla grande questa serie vincendo gara 1 fuori casa. Qualche rammarico, se ci deve essere, sta su gara 2, quando Scandicci davanti al suo pubblico ha avuto la grossa chance di portarsi sul 2-0 nella serie: là Conegliano ha mostrato artigli ed esperienza necessari per restare aggrappata al trono, e di fatto in gara 3 e 4 ha mostrato di meritarlo. Per la squadra del patron Nocentini una stagione comunque memorabile, segnata dall’esplosione di Ekaterina Antropova: il talento italo-russo ora sta sui livelli delle top nel suo ruolo, a soli 20 anni e con un futuro radioso davanti. Non solo Antropova a metter la firma su questa magnifica stagione: Maja Ognjenovic in regìa ha regalato il salto di qualità definitivo, Carol e Nwakalor al centro sono emerse alla distanza, Herbots ha mostrato in queste finali come caratterialmente e tecnicamente sia un’atleta di prima fascia. Saluteranno invece Washington e Zhu Ting: la campionessa olimpica tornerà negli USA, mentre la cinese andrà proprio a vestire la maglia scudettata di Conegliano. Dopo la conquista di due coppe europee (Challenge e Cev) e la prima finale scudetto della storia, saluterà anche Massimo Barbolini, per cui si apriranno le porte della LOVB, la nuova lega pro americana: arrivato da pluridecorato, ha arricchito ulteriormente il suo palmares e portato definitivamente la Savino tra le grandi del volley.
La vittoria di Conegliano ha tanti volti, sia sul lato tecnico sia su quello dirigenziale: sul taraflex, non si può non cominciare dalle due che da anni fanno la differenza con la maglia gialloblù, ossia Asia Wolosz e Moky De Gennaro. Sono loro due il cuore pulsante delle vittorie in serie della Prosecco Doc, protagoniste di un’epopea, capaci di trasmettere i valori necessari nei ricambi generazionali, oltre che di fare magie, in successione, in campo, affermandosi sempre più come le migliori al mondo nei loro ruoli. Decisive, in attacco, Haak e Plummer: l’opposta svedese è stata MVP della serie, stratosferica negli ultimi due match (70 punti in due gare), mentre il martello americano è colei che ha cambiato marcia alla serie, incarnando le difficoltà del team nelle prime 2 gare ma voltando pagina dal tie break di gara 2 in poi. Al centro, Fahr e Lubian hanno mostrato una crescita che le ha fatte diventare certezza, anche per l’azzurro: grazie a loro, si può salutare meno a malincuore la queen Robin De Kruijff, che saluterà il volley giocato. Saluterà anche la classe di Robinson Cook, che tornerà in patria dopo un’annata da protagonista. Cambiano le interpreti, non il risultato: il dna di Conegliano ha portato un altro scudetto in dote.
Se proviamo a misurare la grandezza di ciò che ha fatto l’Imoco, dobbiamo servirci dei numeri, che sono francamente mostruosi: 20 titoli in Italia (7 Scudetti, 7 Supercoppe, 6 Coppa Ialia), a cui vanno aggiunti 1 Champions League e 2 Mondiali per Club. Tale palmares non sarebbe stato possibile senza una programmazione figlia di idee e talento: oggi la società di Pietro Maschio e Piero Garbellotto ha scalato le gerarchie del volley internazionale ed è un esempio di lungimiranza e progettualità, con 270 sponsor a supportare la causa ed una bacheca che si arricchisce ininterrottamente. L’accelerata verso questi trionfi è arrivata con la costruzione di un blocco storico sul campo, ma soprattutto con la fiducia data, in tempi di cambiamento, a Daniele Santarelli, il vero demiurgo tecnico di questa epopea sportiva: il tecnico umbro aveva cominciato il suo percorso come una scommessa della proprietà, sino a diventare un Re Mida della pallavolo moderna, vincente sia sulla panchina veneta sia su quella della nazionali che, negli ultimi anni, ha guidato (Serbia e Turchia). Se Conegliano è arrivata a questi livelli, lo ha fatto sicuramente per meriti sul campo, ma prima di tutto per via di questa abilità societaria nella programmazione e nella costruzione di fondamenta solide: storie di capacità imprenditoriale, di passione, di pazienza e di fiducia. Storie che, nello sport, dovrebbero essere studiate da tutti gli addetti ai lavori.
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