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San Severo
, 25 Aprile 2024

La squadra peggiore d'Europa?


La difficilissima stagione del San Severo Calcio raccontata dal suo allenatore.

Domenica 14 aprile si è conclusa la regular season del campionato di Eccellenza, dando i primi responsi - definitivi e non, vista l'enorme quantità di squadre coinvolte in playoff e playout - dell'annata 2023/2024. Tuttavia, come accade ogni anno, moltissime società sapevano già da settimane, se non da mesi, quale sarebbe stato il loro destino. Tra queste, una in particolare era già certa della condanna all'ultimo posto del girone A pugliese se non da metà ottobre, quantomeno dall'inizio del 2024: il San Severo Calcio 1922.

Nonostante la società avesse costruito una rosa ambiziosa, che ad agosto iniziava il campionato con la speranza di lottare quantomeno per l'accesso agli spareggi per una promozione in Serie D - a San Severo manca dal 2017/2018 - i sogni di gloria si sono spenti sul nascere. Per la precisione il 13 ottobre: con la squadra ferma a 0 punti in classifica, dirigenza e staff tecnico si sono dimessi in blocco a causa dell'insostenibilità dell'impegno finanziario.

In un comunicato pubblicato di concerto alle dimissioni, da giugno a ottobre "i dirigenti hanno coperto oltre 18.000 euro di spese, inclusi vitto, alloggio per i giocatori stranieri, trasporti, organizzazione delle partite e trasferte" con la speranza "che nuovi soci si sarebbero uniti e che il rapporto con l'amministrazione comunale sarebbe migliorato". Purtroppo, però, nulla si è mosso. I risultati negativi della squadra, inizialmente allenata da mister Maffucci, hanno allontanato gli sponsor che sembravano interessati. Né la tradizione né l'attaccamento della città alla squadra locale si sono rivelati strumenti sufficienti a contrastare la terribile gestione societaria degli ultimi anni.

Come sa benissimo chiunque si interessi di serie minori italiane - non solo dilettantistiche, purtroppo - il fallimento di società importanti, storiche e radicate nel territorio è all'ordine del giorno. Dal 2000 a oggi, limitandoci all'ambito del professionismo, sono sparite dal calcio più di 150 squadre - 6/7 di media a stagione, con un picco di 26 (!) nel 2010/2011 - e altrettante sono state prese per i capelli da sindaci, tifosi o cordate di imprenditori desiderosi di salvaguardare il titolo sportivo della loro squadra del cuore. I casi più noti degli ultimi anni? Reggina, Pordenone, Livorno, Novara, Catania, Sambenedettese, Foggia, Siena, Trapani, Lucchese, Como, Cesena, Bari, Fidelis Andria, Avellino, Vicenza, Modena.

San Severo

Qui non possiamo né vogliamo offrirvi un'analisi approfondita della malagestione del calcio in Italia - tema fondamentale a cui continueremo a dedicare ancora grande attenzione - ma vogliamo comprendere cosa significhi davvero vivere una stagione come quella vissuta dal San Severo Calcio. 0 vittorie, 0 pareggi, 26 sconfitte; 6 gol fatti e 173 subiti. Un'annata giocata quasi per intero con in campo la juniores, a volte nemmeno al completo, costretta a ritirarsi perdendo a tavolino perché non raggiungeva il numero minimo di giocatori in campo.

Come si gestisce il gruppo in una situazione del genere? Come si mantiene la voglia di scendere in campo, come si fa non arrendersi, alzando bandiera bianca di fronte alla palese impossibilità di competere? Per capire meglio cosa possa essere vivere lo sport senza possibilità di vittoria, abbiamo intervistato Antonio Napolitano, l'allenatore che ha guidato a testa altissima il San Severo nelle enormi difficoltà di quest'anno.

Buonasera mister, partiamo dalle presentazioni. Raccontaci chi sei e qual è stato il percorso che ti ha portato ad allenare la prima squadra del San Severo?

Sono Antonio Napolitano, ho 27 anni e da quasi 10 faccio l'allenatore. Ho sempre ammirato da vicino il San Severo Calcio: ho provato ad entrare in società come calciatore quasi riuscendoci nel 2016, quando eravamo in D. Purtroppo però non riuscii mai come giocatore e mi rimase sempre il rimpianto di poter indossare quella maglia. Nel 2021, i dirigenti del San Severo mi chiamarono per allenare nel loro settore giovanile nella categoria Under 17, ovviamente non ho potuto rifiutare. Ho iniziato quindi allenando l'Under 17, passando dopo un anno all'Under17, poi alla Juniores e, contemporaneamente collaboratore in Prima squadra.

Quest'anno, quando la società si è dimessa in blocco, per non far fallire il nostro storico titolo, vecchio di oltre cent’anni, abbiamo deciso di continuare un campionato di Eccellenza giocando con i “miei” ragazzi della Juniores, così da terminare il campionato e permettere una nuova rinascita per il San Severo Calcio, con la speranza di ritornare dove merita il prima possibile.

Passiamo subito al vero elefante nella stanza, ovvero la stagione che vi ha fatto diventare “la squadra peggiore d’Europa”. Cos’è successo?

Il San Severo Calcio ha difficoltà societarie da diverso tempo e anche la scorsa stagione è stata difficile, ma la squadra – che era allenata da mister Danilo Rufini, ora al Vittoria – ha fatto un gran finale di stagione ed è riuscita a salvarsi. Mister Rufini, sanseverese di adozione, ci ha dato anche lui una grande mano per indirizzare la squadra verso un 2023/2024 tranquillo. Le aspettative per questa stagione, infatti, erano abbastanza alte, perché c’erano stati dei cambi in società e si era costruita una squadra anche abbastanza ambiziosa.

In panchina era arrivato Roberto Maffucci, allenatore “giovane” con una carriera da calciatore professionista di tutto rispetto; in società, invece, si era insediata la prima DS donna della storia del calcio italiano, la spagnola – ma pugliese d’adozione – Belen Sosa. Con lei sono arrivati diversi giocatori spagnoli o che giocavano in Spagna (Emilio Vega, José Carlos Santana, Nico Cutuli e Dalios Cabrera Osemkienge, ndr) e altri ottimi calciatori.

Purtroppo, dopo le dimissioni in massa della dirigenza il 13 ottobre 2023 hanno portato allo svincolo di praticamente tutti i giocatori della prima squadra, oltre che dell’allenatore. Questa situazione ha portato alla mia “promozione” dalla Juniores alla prima squadra e, soprattutto, a farci giocare gran parte della stagione con in campo ragazzi giovanissimi, che non potevano competere né per atletismo, né per tecnica ed esperienza, con avversari adulti, a volte persino ex professionisti.

Come hai fatto a convincere questi ragazzi a scendere in campo ogni domenica sapendo che andranno a prendere 5-10-15 gol?

Innanzitutto i ragazzi, che comunque continuavano a giocare il campionato juniores e quindi erano costretti a giocare doppio turno ogni weekend, una partita il sabato e una la domenica, hanno sempre fatto gruppo e dimostrato grande attaccamento alla squadra. Il mio ruolo, principalmente, era quello di motivarli e per farlo ho sempre cercato di porre obiettivi alla nostra portata, per esempio di cercare di non subire gol il più a lungo possibile. Contro il Molfetta Sportiva siamo addirittura passati in vantaggio e abbiamo avuto alcune belle occasioni in transizione, anche se poi nel secondo tempo abbiamo preso due gol e perso la partita.

Aver resistito per gran parte della partita ad avversari tecnicamente e soprattutto atleticamente superiori, per noi era già un bel traguardo da raggiungere. Tra l’altro, due dei nostri hanno ricevuto una chiamata dalla Rappresentativa nazionale, a cui purtroppo non hanno potuto rispondere per infortunio.

I ragazzi sono stati di aiuto nei miei confronti tanto quanto lo sono stato io nei loro. Lo stress era tanto, giocavamo due campionati, due partite ogni fine settimana, ti rendi conto? Tanti giocatori hanno anche subito infortuni per colpa di questo carico di lavoro, si sono dovuti operare alle ginocchia. Però, quando c’era un brutto periodo, a qualcuno mancavano le motivazioni, si sentiva giù, l’aiuto arrivava sempre ed era reciproco. E alla fine, come ho sempre detto a loro, non abbiamo fatto neanche un punto… ma quante risate ci siamo fatti!?

Come funziona, nel quotidiano, essere l'allenatore di una squadra rimasta praticamente senza società e senza prima squadra?

Nella situazione in cui mi sono trovato, senza una vera e propria società alle spalle, ho dovuto imparare a fare tutto – anche il segretario – perché non essendoci più dietro una struttura dovevo fare tutto io, comprese le distinte. Per fortuna la dirigenza precedente, quella che ha lasciato il 13 ottobre, ha cercato di lasciarci nelle migliori condizioni possibili: hanno ripianato i debiti, aiutato economicamente quando hanno potuto, e soprattutto hanno spiegato a chi sarebbe rimasto come gestire certe situazioni di cui normalmente l’allenatore non si deve occupare.

Come le trasferte, che ci siamo sempre autofinanziati e autogestiti. Alcune volte dovevamo andare solo che a sessanta chilometri da San Severo, ma con una squadra per lo più formata da minorenni, spesso bisognava fare colletta per affittare il pullmino da nove, magari in appoggio a qualche macchina di genitori, perché i ragazzi non hanno la patente o la macchina e non c’erano soldi per affittare un pullman di squadra, ovviamente.

Il rapporto con i tifosi, sia i vostri che quelli avversari, com'è stato? Siete stati sempre rispettati o avete dovuto subire sfottò? C'è stata contestazione?

I nostri tifosi in casa sono sempre presenti, facendo un gran tifo per i colori giallogranata con torce, bandiere e striscioni. Più rari, purtroppo, in trasferta: come biasimarli? Non sono gli anni della D e della vittoria della Coppa Italia Dilettanti, quando allo stadio c’erano diverse centinaia di tifosi calorosissimi, ma va sottolineato che - nonostante la stagione difficilissima - non hanno mai smesso di trasmetterci il loro sostegno in ogni modo possibile. Le tifoserie avversarie, invece, ci hanno trattato benissimo.

Dopo le sconfitte, spesso ci hanno applaudito, così come i giocatori e i dirigenti. Questo, in particolare, penso sia stato molto importante per mantenere viva la voglia nei cuori dei miei ragazzi, perché una cosa è sentire sempre i soliti complimenti del proprio mister nello spogliatoio, che alla quarta, quinta, decima volta diventano parole vuote, un ritornello che si ripete ma perde significato.

Quando invece ti trovi avversari che si complimentano per la tua tenacia, per il coraggio di continuare a scendere in campo per onorare la storia del San Severo Calcio e per permettere la sopravvivenza del titolo sportivo; quando trovi i tifosi di una squadra rivale, qui dove il campanilismo è molto forte, che ti concedono una standing ovation dopo aver perso tanto a zero, questo vale più di ogni vittoria e ti dà la forza di continuare a giocare il campionato.

Secondo quanto riportano i media locali e gli stessi social del San Severo Calcio, sembra ormai tutto apparecchiato per l’entrata in società di una cordata di imprenditori locali molto seri e affezionati. La pianificazione per la prossima stagione sembra essere già avviata e tutti si aspettano che l’anno prossimo, i giallogranata, lotteranno per un ritorno immediato in Eccellenza. La carriera di mister Napolitano, invece, probabilmente non sarà sulla panchina della prima squadra, né a San Severo né altrove: “Per ora ho ancora tanto da studiare, tantissimo da imparare, prima di fare il grande passo. Preferisco continuare a crescere in questo percorso continuando a fare esperienza, passo dopo passo, finché non sarò pronto”.

Alla fine della chiacchierata, però, nonostante la sua straordinaria umiltà ha concesso un piccolo spazio al suo grande sogno: Uno dei miei allenatori preferiti è Massimiliano Allegri, nonostante tutto [l’altro è Guardiola], e sono juventino. Non posso negare che il mio desiderio più grande è allenare la Juve e magari vincere quella coppa. Lavoro tutti i giorni per quell’obiettivo”. Mi ha promesso che quando succederà, saremo i primi a cui concederà un’intervista.

  • Genovese e sampdoriano dal 1992, nasce in ritardo per lo scudetto ma in tempo per la sconfitta in finale di Coppa dei Campioni. Comincia a seguire il calcio nel 1998, puntuale per la retrocessione della propria squadra del cuore. Testardo, continua imperterrito a seguire il calcio e a frequentare Marassi su base settimanale. Oggi è interessato agli intrecci tra sport, cultura e società.

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