L'Inferno prima della Parigi-Roubaix
Cadute alla vigilia, modifiche al percorso della classica del Nord della Francia, un favorito annunciato.
Il velodromo è pronto, già tirato a lucido per trasformarsi in uno stadio per accogliere l'uomo che meglio degli altri saprà cavalcare le pietre in sella a una bicicletta, chi primo arriverà raggiungerà il traguardo della Parigi-Roubaix. Chi prenderà posto sugli spalti dell'ovale, inevitabilmente si porterà dietro ciò che è accaduto negli ultimi giorni.
Non potrà non pensare a ciò che è successo. Partendo da un'immagine, destinata a restare un simbolo di questa stagione 2024 del ciclismo, finora maledetta e sciagurata per le cadute.
L'immagine è quella di un uomo in maglia Soudal-Quick Step in testa al gruppo che impreca e sbatte il pugno sul manubrio della sua bicicletta dopo essersi voltato e aver visto il disastro alle sue spalle.
C'è quella di Jonas Vingegaard, il vincitore degli ultimi due Tour de France, fermo a bordo strada come tanti altri colleghi in mezzo a un groviglio di pietre e biciclette rotte, sdraiato su un fianco mentre i compagni di squadra atterriti cercano di capire le sue condizioni di salute. C'è sempre quella del danese, immobile su una barella gialla con il collare e l'ossigeno per riprendersi dalla botta tremenda subita. C'è quella di Jay Vine, l'australiano della UAE diventato professionista grazie a Zwift e a quella sorta di "grande fratello" del ciclismo virtuale, praticamente privo di sensi in una cunetta. Ci sono le ambulanze, tante, ferme al centro strada in attesa di capire cosa fare. Come soccorrere così tante persone all'improvviso nel bel mezzo di una manifestazione sportiva.
Il disastro nei Paesi Baschi e i dubbi sulla sicurezza
Il 4 aprile 2024 è il giorno in cui il ciclismo vive un autentico disastro. La quarta tappa del Giro dei Paesi Baschi da trampolino di lancio per i (tanti) big iscritti a una delle piccole corse a tappe più importanti di primavera si è trasformata un vero dramma. A poco più di 30 chilometri dal traguardo, nel corso della discesa dopo il gran premio della montagna di Olaeta, accade qualcosa che nessuno s'aspettava. Una caduta destinata a restare tristemente negli annali: una curva non troppo arcuata e la velocità sostenuta fanno finire a terra praticamente tutta la parte più avanzata del gruppo, tradito - come spiegato successivamente dagli atleti - anche da qualche errore di traiettoria e dall'imprevista presenza alcuni avvallamenti non segnalati, una parte d'asfalto deformato dalle radici di alcuni alberi. Un tratto di strada maledetto in cui le barriere montate dall'organizzazione - probabilmente in modo neanche troppo impeccabile - non sono servite a nulla: i primi, infatti, finiscono sul ciglio della strada, trovandosi di fronte i massi di alcuni parapetti e diversi cartelli stradali.
Un palo lo centra in pieno Vingegaard, quelle pietre invece le evita probabilmente per miracolo divino Remco Evenepoel, il talentissimo belga che riesce a schivare chissà come anche un albero, rannicchiandosi sul sellino prima di finire nell'erba. Un disastro, un groviglio, un dramma infinito. Dal bilancio salatissimo che minerà l'intero prosieguo della stagione del grande ciclismo: Vingegaard, infatti, quasi sicuramente dovrà saltare gli appuntamenti principali dalla sua annata (partendo dalla caccia al tris del Tour) a causa delle fratture multiple a clavicola e - soprattutto - costole mentre Evenepoel dovrà rinviare la caccia al tris di successi consecutivi alla Liegi-Bastogne-Liegi e, probabilmente, non sarà ai nastri di partenza del suo primo Tour de France. L'appuntamento è per il 2025 anche per altri atleti come Vine o Stef Cras, tutti andati a sbattere contro quei massi e finiti in un letto dell'ospedale di Vitoria.
Una caduta che, adesso, mette sotto accusa le misure di sicurezza attuate dagli organizzatori delle corse di tutto il mondo. Già finite nella bufera prima della maxi caduta di giovedì per una modifica "bizzarra" che influirà - in ogni caso - dell'imminente Parigi-Roubaix.
La chicane della discordia
Il "colpaccio" l'ha fatto Stefano Rizzato, voce del ciclismo e che vive tante corse non solo dietro ai microfoni ma pure in moto, in mezzo al gruppo. Il giornalista Rai uno dei primi, infatti, a pubblicare il video - diventato "iper virale" - della modifica del percorso che caratterizzerà (e forse stravolgerà) la Parigi-Roubaix 2024. Gli organizzatori dell'Aso, la società-carrozzone che organizza anche il Tour de France, d'accordo anche con il sindacato dei corridori, ha deciso di modificare l'ingresso al tratto simbolo della corsa del pavé, la foresta di Arenberg. In tutte le precedenti edizioni, infatti, la marcia d'avvicinamento a quei due chilometri e poco più di sampietrini nel fango e all'ombra di tanti alberi è caratterizzato da una sorta di "volata" per prendere le posizioni di testa, così da evitare di essere rallentati da cadute o frenate d'altro tipo.
Quest'anno, invece, sarà impossibile iniziare l'attraversamento della foresta di Arenberg ad alta velocità. Una prima svolta a destra, una curva a gomito verso sinistra e poi l'ingresso sul pavé che, inevitabilmente, sarà approcciato a chilometraggio-orario decisamente più basso. Una modifica che, però, da giorni sta creando discussioni. «It's a joke?», l'interrogativo di Mathieu Van der Poel, il campione in carica e grande favorito per domenica, che su X ha ricondiviso il video del giornalista Rai mostrando tutti i suoi dubbi su questa modifica del percorso. Tanti altri colleghi hanno storto il naso rispetto alla valenza di questa misura attuata per garantire maggiore sicurezza: per molti, infatti, si eviteranno (forse) cadute sul pavé ma, inevitabilmente, nella chicane ci sarà qualcuno che finirà a terra, provando a sfidare e forzare le leggi della fisica per affrontare al meglio il settore di pietre che fa entrare nel vivo la corsa. Ma c'è pure chi promuove questa novità - partendo dai ciclisti più "sindacalizzati" - ponendo l'accento su quello che sembra un paradosso: meglio cadere sull'asfalto rispetto alle pietre. Dando quasi per scontato, in pratica, che qualcuno dovrà pagare le conseguenze di queste situazioni anche con una modifica che, invece, dovrebbe garantire a tutti di restare in piedi. Adesso, dopo il disastro dei Paesi Baschi, l'attenzione è rivolta tutta a questa novità: c'è quasi più attesa per capire cosa potrà accadere alla "chicane della discordia" che nel corso dell'intera Parigi-Roubaix.
Ancora un uomo solo al comando?
Attenzione quasi rivolta altrove, si diceva. Anche perché - come accaduto nel Giro delle Fiandre appena andato in archivio - si rischia d'assistere di nuovo all'assolo solitario di Mathieu van der Poel. L'olandese in maglia iridata alla Ronde van Vlandeeren ha confermato i favori del pronostico, sbaragliando la concorrenza con un formidabile attacco sul Koppenberg. Van der Poel è stato l'unico - di fatto - a restare in piedi sul micidiale muro, prima di iniziare una cronometro solitaria per arrivare al traguardo con oltre un minuto di vantaggio sui primi inseguitori. VdP è in formissima anche se, nel post Fiandre, ha fatto un po' di pretattica: ha detto di essere stanco, di aver coperto i circa trenta chilometri in solitaria della Ronde da "cotto". Che sia soltanto un modo per scaricare la responsabilità di un pronostico tutto a suo favore, vista anche la perdurante assenza (infortunato per un'altra caduta) del grande rivale Wout Van Aert? L'olandese, però, potrà dormire sogni tranquilli.
Perché in caso di giornata storta, infatti, il secondo favorito per la Parigi-Roubaix è un suo compagno di squadra, quel Jasper Philipsen che, contando sull'apporto decisivo nel finale del fenomeno delle classiche, si è già imposto a inizio stagione nella Milano-Sanremo. Anche il velocissimo belga è in condizione, consentendo così alla Alpecin di poter orchestrare una doppia tattica contando sugli gli uomini migliori del gruppo. Varie opzioni che potranno mettere in crisi Mads Pedersen e la sua Lidl-Trek: dopo un'altra caduta, l'ennesima di quest'inizio di stagione, il danese è tornato nelle migliori condizioni. Al Fiandre se l'è giocata male, tentando l'attacco da lontano, forse non fidandosi in pieno della sua condizione. Ora, però, l'unico uomo in grado di battere vdP in questa primavera darà ancora filo da torcere con la sua squadra, l'unica che in questa primavera è stata in grado di mettere in difficoltà la Alpecin. Ma la Roubaix - soprattutto se bagnata: le previsioni dicono sereno ma la pioggia battente degli ultimi giorni farà sì che ci sarà tanto fango lungo il percorso - è la corsa che più d'ogni altra fa affrontare insidie improvvise.
Le pietre sono fatte per smentire ogni pronostico, più d'ogni altra corsa al mondo. E, per questo, bisogna tenere conto anche di altri profili. Soprattutto di quegli specialisti che sui sampietrini fangosi si sentono quasi come dei ballerini che danzano in punta di piedi. Vecchi leoni come i tedeschi John Degenkolb (edit: è caduto nella rifinitura ed è dolorante a un ginocchio) e Nils Politt, l'olandese Dylan Van Baarle, il danese Kasper Asgreen. Per l'Italia, invece, le speranze di un buon piazzamento sono affidate a Luca Mozzato, sorprendente secondo al Fiandre di domenica scorsa e che, dopo quel piazzamento, avrà la mente libera (e la condizione forse della vita) per giocarsela ancora, contando anche su quella saggezza tattica che gli sta consentendo di ottenere tante top 10 concentrando gli sforzi nei momenti decisivi. E c'è curiosità anche per Alberto Bettiol, ancora scottato da podio sfumato al Fiandre dopo un'eccellente corsa: è la sua prima volta sul pavé della Parigi-Roubaix, in settimana ha avuto problemi di stomaco, la sua gara sarà tutto un rebus. Di certo, statene sicuri, non mancherà lo spettacolo che consentirà di cancellare giornate all'insegna delle polemiche, della paura e delle cadute.
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