Super guida alla Copa Libertadores 2024
Tutto quello che volete sapere sulla prossima edizione della Copa.
Martedì 2 aprile inizierà la fase a gironi della nuova Copa Libertadores, con gli ormai tradizionali 8 gironi da 4 squadre l’uno, per un totale di 32 partecipanti. Di queste, 28 si sono qualificate di diritto, mentre Botafogo, Nacional, Palestino e Colo-Colo sono dovute passare per almeno uno dei tre turni preliminari. Ogni nazione si presenta con almeno due contendenti: ci saranno 7 brasiliane, 5 argentine, 4 cilene, 3 ecuadoriane, 3 uruguaiane e 2 squadre a testa per Bolivia, Perù, Paraguay e Venezuela.
Nelle ultime stagioni si è pesantemente accentuato il divario tra le brasiliane - che hanno conquistato le ultime 5 edizioni - e le altre che, a eccezione di qualche argentina e di sporadiche outsider, faticano a competere con club molto più ricchi di denaro e di talento. In una prospettiva storica, è interessante sottolineare l’assenza delle due società che hanno vinto più volte la competizione: l’Independiente (7) e il Boca Juniors (6), che nella finale dello scorso 4 novembre ha perso ai supplementari contro il Fluminense. Partiamo quindi alla scoperta delle squadre e dei calciatori più interessanti del torneo, iniziando con le rappresentanti del Paese più grande e popoloso del continente.
LE BRASILIANE
Fluminense
Dopo aver conquistato, per la prima volta nella propria storia, la Gloria Eterna, il Fluminense allenato da Fernando Diniz ha iniziato la nuova stagione con qualche difficoltà in più del previsto. Sia nella Recopa - vinta con un rigore al 90’ - contro la LDU di Quito, sia nel Campionato Carioca, in cui è stato sconfitto nettamente dal Flamengo in semifinale, il Tricolor ha messo in mostra alcuni difetti piuttosto evidenti. In difesa, dopo la partenza del capitano Nino per San Pietroburgo, Diniz ha ruotato diversi elementi, ma senza trovare un assetto davvero convincente tra l’ex Monza e Sassuolo Marlon, gli esperti Manoel e Felipe Melo, e centrocampisti adattati come Thiago Santos e Matheus Martinelli.
Anche il nuovo acquisto Antônio Carlos, arrivato dall’Orlando City, non ha convinto del tutto nelle prime uscite, mentre sembra che a luglio possa finalmente concretizzarsi il ritorno dopo 15 anni di Thiago Silva, che pare intenzionato a seguire le orme di Marcelo, chiudendo la carriera dove l’aveva iniziata. Anche nella gestione del pallone, la fluidità dei giorni migliori si è vista solo a sprazzi; se il coinvolgimento di molti uomini nella costruzione bassa consente di superare spesso la prima pressione avversaria, in zone più avanzate lo sviluppo della manovra risulta piuttosto farraginoso e finisce per dipendere troppo dalle iniziative individuali dell'inesauribile colombiano Jhon Arias.
Manca in particolare qualcuno che allunghi le difese attaccando la profondità: il centravanti argentino Germán Cano - capocannoniere della scorsa edizione con 13 gol in 12 partite - tende a muoversi incontro ai trequartisti, i quali però per età (Ganso, Renato Augusto, Douglas Costa, Keno) e caratteristiche (David Terans, lo stesso Arias) preferiscono aspettare il pallone sui piedi piuttosto che muoversi nello spazio. In questo contesto potrebbe ritagliarsi un ruolo chiave John Kennedy, già decisivo con i suoi gol da subentrato in tutti i turni a eliminazione diretta che hanno portato il Flu alla vittoria, finale compresa: alla soglia dei 22 anni, in molti si aspettano che sia la stagione della sua consacrazione.
Il sorteggio morbido dovrebbe dare a Diniz il tempo necessario a trovare l’assetto migliore, dato che il blasone delle tre avversarie si scontra con il livello modesto delle rose a disposizione.
Flamengo
Rimanendo a Rio de Janeiro, l’arrivo in panchina di Tite sembra aver finalmente scacciato il fantasma di Jorge Jesus, che ha aleggiato sulla testa di tutti gli allenatori rubronegros dopo la leggendaria stagione 2019. Un effetto taumaturgico necessario anche a eliminare le scorie lasciate dalla burrascosa gestione di Jorge Sampaoli, culminata con l’episodio che vide un suo collaboratore colpire il centravanti Pedro con un pugno in faccia durante un diverbio a fine partita.
Grazie alla sua aura sacerdotale, Tite ha potuto prendere decisioni difficili, come quella di preferire stabilmente lo stesso Pedro a Gabigol senza scatenare un putiferio, anche perché i risultati gli stanno dando ragione. L’ex attaccante dell’Inter sta vivendo il periodo più difficile da quando è tornato in Brasile: nello scorso Brasileirão ha collezionato più espulsioni (2) che gol su azione (solo uno sui 5 complessivi) e nel Carioca in corso è partito titolare soltanto due volte. Proprio in questi giorni, inoltre, è arrivata la conferma della sua squalifica fino ad aprile 2025 per aver ostacolato lo svolgimento degli esami antidoping durante una visita a sorpresa al centro di allenamento della squadra, risalente a quasi un anno fa: oltre a cercare di evitare le regolari procedure, il giocatore avrebbe trattato il personale in malo modo, rifiutandosi ripetutamente di rispettare le loro indicazioni.
La squadra non sembra comunque aver risentito della sua assenza, dato che ha raggiunto la finale del campionato statale da imbattuta e con un solo gol subito in 13 partite; sulla carta, il Fla partirà favorito in tutte le competizioni, anche grazie a un calciomercato d’élite. La già solida linea difensiva - al centro della quale Fabrício Bruno e Léo Pereira si intendono a meraviglia - è stata rinforzata con gli arrivi di Léo Ortiz dal RB Bragantino e Matías Viña dal Sassuolo, mentre sulla trequarti le alternative si sprecano: Everton Ribeiro è stato rimpiazzato con il più fresco Nico De La Cruz, che si aggiunge al connazionale De Arrascaeta e all’esperienza europea di Gerson, Everton Cebolinha e dell’ex Lille Luiz Araújo. Per quanto riguarda il girone, le insidie maggiori hanno a che fare con la logistica delle trasferte, due delle quali ad altitudini considerevoli: la gara d’esordio si giocherà ai 2640 metri di Bogotà contro i Millonarios, mentre il 25 aprile si salirà ai 3637 metri di La Paz per affrontare il Bolívar.
Botafogo
La terza e ultima rappresentante della Cidade Maravilhosa ha dovuto superare ben due turni preliminari, l’ultimo dei quali contro i connazionali del Bragantino, per evitare che una ulteriore beffa acuisse il disturbo da stress post-traumatico conseguente allo scorso catastrofico finale di stagione. Partendo dalla quarta fascia, oltretutto, c’erano alte probabilità che il sorteggio riservasse al Fogão un’altra connazionale, ma non è stato così; le tre avversarie designate sono relativamente abbordabili, anche se preoccupa la trasferta ai 2734 metri di Quito, dove troveranno la vincitrice dell’ultima Sudamericana.
La rosa ha perso alcuni elementi importanti - su tutti il portiere Lucas Perri e il difensore centrale Adryelson, trasferitisi all’Olympique Lione, che fa parte dello stesso gruppo di proprietà dell’inglese John Textor - ma è stata rinforzata con acquisti di altissimo livello, soprattutto sulle ali dove, per supportare il centravanti Tiquinho Soares, sono stati prelevati il venezuelano Jefferson Savarino (dalla MLS) e i brasiliani Jeffinho (tornato in prestito proprio dal Lione) e Luiz Henrique, che con i 12 milioni di euro versati al Betis è divenuto l’acquisto più caro nella storia del calcio brasiliano.
A causa di qualche problema fisico, gli ultimi due finora hanno visto poco il campo, dove comunque non sarà facile superare la concorrenza del travolgente Júnior Santos, che ha segnato in tutte le 4 partite dei preliminari per un totale di 8 gol, la metà dei quali nel 6-0 casalingo contro i boliviani del Club Aurora.
Il clima che si respira al Nilton Santos è quindi tutto sommato positivo, anche se rimane da sciogliere il nodo relativo all’allenatore. Dopo l’esonero di Tiago Nunes - a causa dei pessimi risultati nel campionato statale - l’incarico è in mano da quasi due mesi all’interino Fábio Matias, ma è atteso per i prossimi giorni l'annuncio del nuovo tecnico, che con ogni probabilità verrà dall’Europa: i nomi più caldi sarebbero l’ex Barcellona Quique Setién e il portoghese Pedro Martins, attualmente in Qatar con l’Al-Gharafa.
Atlético Mineiro
A proposito di allenatori, è notizia di questi giorni l’arrivo sulla panchina del Galo di Gabi Milito in seguito alla poco amichevole separazione con Luiz Felipe Scolari, sollevato dall’incarico nonostante il brillante finale della scorsa stagione e la qualificazione, pur tra alti e bassi, per la finale del campionato Mineiro Nella scelta ha pesato il rapporto non idilliaco con parte della tifoseria, ma anche il maggiore appeal di uno dei più interessanti tecnici emergenti del Sudamerica a scapito del vecchio santone, che nell’idea della dirigenza doveva fare da semplice traghettatore in una stagione iniziata male.
Mentre con Felipão la squadra si esaltava soprattutto in transizione, l’argentino promette di ricercare uno sviluppo della manovra più articolato e paziente, adottando alcuni principi caratteristici del gioco di posizione: il ricorso costante alla costruzione dal basso, la distribuzione geometricamente ordinata dei giocatori allo scopo di superare le linee avversarie e la riaggressione immediata in caso di palla persa.
Sarà quindi interessante osservare come le caratteristiche dei calciatori si coniugheranno con le richieste del Mariscal, soprattutto in attacco dove la velocità e le doti realizzative di Paulinho si sono esaltate negli attacchi in campo aperto, grazie anche alla collaborazione di Hulk, il quale a 37 anni ha chiuso l’ennesimo campionato straordinario con 15 gol e 11 assist.
A questi si è recentemente aggiunto il mago delle punizioni Gustavo Scarpa, di rientro dall’Europa dopo le deludenti esperienze con Nottingham Forest e Olympiakos; l’ex Palmeiras però finora non ha entusiasmato e dopo 9 partite è ancora in attesa di segnare il suo primo gol in bianconero.
Quanto al sorteggio, un’eliminazione ai gironi sarebbe sorprendente, ma tra il Rosario Central campione della Copa de la Liga Profesional e il Peñarol a punteggio pieno (dopo 5 giornate) nella Primera División uruguaiana, non si può dare nulla per scontato.
Palmeiras
Rotolando verso sud, nella città più popolosa dell’America Latina troviamo il Verdão, guidato dall’ormai leggendario Abel Ferreira. Nei suoi tre anni e mezzo di mandato, il portoghese ha vinto due Copa Libertadores (2020 e 2021), due campionati nazionali (2022 e 2023), una coppa nazionale (2020) e due campionati statali (2022 e 2023), oltre a qualche trofeo minore.
Una squadra ormai esperta, che ha fondato i propri successi sulla costruzione di un gruppo solido e stabile nel corso degli anni in diversi elementi chiave: il portiere Weverton, i centrali difensivi Gustavo Gomez, Murilo e Luan, i terzini Marcos Rocha, Mayke e Piquerez, i centrocampisti Zé Rafael, Gabriel Menino, Dudu e Raphael Veiga, l’attaccante Rony.
A questi si sono aggiunti nel corso degli anni alcuni giovani del florido vivaio, in cui Abel ha dimostrato di credere molto: oltre ai vari Vanderlan, Fabinho, Jhon Jhon e Luis Guilherme, assisteremo agli ultimi mesi sudamericani di Endrick, che non ancora maggiorenne ha contribuito in modo decisivo alla rimonta finale per il titolo del Brasileirão.
Dando per scontato il passaggio del turno, con la partenza del craque il tecnico sarà chiamato a trovare nuove soluzioni, come ha già saputo fare brillantemente in passato cambiando più volte sistema di gioco a seconda degli interpreti a disposizione. Nominalmente, il momento dovrebbe coincidere con il rientro in campo di Dudu, reduce da un intervento al crociato che lo tiene fermo da agosto; a 32 anni e dopo un infortunio del genere, però, non è detto che riesca a tornare decisivo come un tempo. Per il momento, le migliori notizie di questo inizio di stagione riguardano due argentini.
Il primo è Anibal Moreno, arrivato dal Racing di Avellaneda per riempire - con un anno di ritardo - la casella lasciata vuota dalla cessione di Danilo al Nottingham Forest: un cinco tipicamente argentino, abile in interdizione ma anche molto educato nella gestione del pallone su varie distanze.
L’altro è José "El Flaco" López, centravanti classe 2000 che dopo un anno e mezzo di apprendistato sta finalmente dando un senso ai quasi 10 milioni di euro versati al Lanús; alto e segaligno, è dotato di un buon mancino e sembra stia acquisendo più determinazione nell’uso del fisico e nella ricerca del gol, come dimostrano i 10 gol realizzati in 12 partite nel Paulista. Relativamente al girone, è opinione comune che sia quella a cui è andata peggio tra le brasiliane. L’Independiente del Valle ha mietuto vittime importanti nelle ultime stagioni e lo stadio del San Lorenzo è tra i più caldi del continente, mentre il Liverpool di Montevideo, pur avendo iniziato male la stagione, ha conquistato pochi mesi fa il primo titolo nazionale della propria storia.
San Paolo
L’urna di Luque, in Paraguay, non è stata particolarmente benevola neanche con il San Paolo, che con il Talleres e il Barcelona di Guayaquil ha pescato due tra le avversarie più temibili delle rispettive fasce. L’addio improvviso di Dorival Jr, che a gennaio ha sostituito Diniz sulla panchina della Nazionale, sembra non essere stato ancora del tutto metabolizzato dalla squadra, che nonostante abbia iniziato il 2024 vincendo ai rigori la Supercoppa nazionale - disputata in quanto vincitrice della Copa do Brasil - contro il Palmeiras, non è poi stata mai del tutto convincente nel campionato statale, da cui è stata eliminata ai quarti di finale dal Novorizontino, squadra della seconda divisione nazionale. La società per il momento ha confermato la fiducia al trentanovenne Thiago Carpini, che nel 2023 ha scalato rapidamente la piramide del calcio brasiliano prima raggiungendo la finale del Paulista con il modesto Água Santa, poi riportando in Série A lo Juventude.
Carpini si ritrova quindi a iniziare la Copa Libertadores e il Brasileirão già in bilico, e con l’aspettativa che in queste due settimane di pausa sia riuscito a risolvere alcuni problemi tattici. In particolare, la costruzione bassa è apparsa meno fluida rispetto allo scorso anno, anche a causa della partenza del giovane Lucas Beraldo, che con la qualità del suo sinistro si è imposto da subito come titolare anche a Parigi; per ovviare alla mancanza di un centrale mancino è stato da poco ingaggiato lo svincolato Sabino, molto valido tecnicamente ma con evidenti limiti atletici. In zone più avanzate di campo, inoltre, troppo dipende dalle iniziative individuali di Lucas Moura: arrivato lo scorso agosto con la prospettiva di un breve cameo prima di trasferirsi in MLS, ha invece deciso di rimanere almeno un altro anno nella sua squadra del cuore.
Pochi giorni prima del suo arrivo, c’era stato quello altrettanto elettrizzante di James Rodriguez, il quale però al momento è ricordato soprattutto per aver sparato alle stelle il rigore costato l’eliminazione dalla scorsa Copa Sudamericana. Negli scorsi mesi il colombiano è stato al centro di una lunga telenovela: prima ha chiesto e ottenuto la risoluzione del contratto dopo la mancata convocazione per la Supercoppa; due settimane dopo è tornato sui suoi passi, chiedendo scusa e rimettendosi a disposizione dell’allenatore ma alimentando l’interpretazione maligna per cui fosse convinto di trovare una sistemazione migliore, ma non ci sia riuscito.
Nonostante i risultati altalenanti e le tante incertezze, i tifosi non hanno mai fatto mancare il loro supporto: nelle sette partite giocate in casa dall’inizio dell’anno, il San Paolo ha fatto registrare il più elevato numero medio di spettatori del Paese, quasi 47000 a partita.
Grêmio
La settima e ultima rappresentante del país do futebol si presenta ai nastri di partenza con il solito Renato Gaúcho in panchina, ma senza il carisma e la classe di Luis Suárez, che nonostante i 36 anni di età e qualche chilo di troppo ha lasciato un marchio indelebile nella memoria dei gremisti, trascinando la squadra neopromossa a un sorprendente secondo posto con i suoi 17 gol e 11 assist. Per sostituirlo è arrivato un altro vecchio corsaro dell’area di rigore come Diego Costa, reduce da un semestre difficile con il Botafogo.
La Bestia non va oltre i 5 gol stagionali ormai dal 2018, ma le sue prime apparizioni nel campionato statale stanno facendo ben sperare, visto che ne ha segnati altrettanti nelle sole 4 partite disputate, seppur contro avversarie modeste. Desta ulteriori preoccupazioni la linea difensiva, dove resistono gli ormai attempati Geromel e Kannemann, ormai ben lontani dalla forma che li consacrò come eroi della Copa vinta nel 2017. Quel trionfo consolidò la fama del Grêmio copeiro, tradizionalmente più avvezzo alle coppe che ai campionati in quanto vincitore di ben 3 Copa Libertadores e 5 coppe nazionali a fronte di soli 2 titoli del Brasileirão.
Alla quarta esperienza sulla panchina del club, dove trascorse anche 4 anni da giocatore, Renato è l’unico brasiliano ad aver vinto il trofeo in entrambe le vesti ed è ormai considerato un’istituzione da queste parti, dove si presenta in campo e in conferenza stampa con l’allure del padrone di casa. Dal punto di vista tattico, è solito incentivare le associazioni spontanee dei propri calciatori, invitandoli a scambiare nello stretto e cercando con insistenza l’uno contro uno sugli esterni, dove il mercato ha portato due giocatori rapidi come il venezuelano Yeferson Soteldo e l’argentino Cristian Pavón, mentre dalle giovanili è stato aggregato il diciottenne Gustavo Nunes, già imprendibile nel campionato statale dove ha completato oltre 5 dribbling per 90’, con una percentuale di riuscita del 70%.
A parte la sempre insidiosa visita in altura al The Strongest, sarà intrigante la sfida contro l’Estudiantes, revival della leggendaria Batalha de La Plata del 1983, quando gli argentini, rimasti in nove uomini, riuscirono a recuperare due reti di svantaggio, in un clima violento alimentato da dispute geopolitiche relative alla guerra in corso nelle Malvinas.
LE ARGENTINE
In rappresentanza dell’Argentina troviamo un pacchetto di squadre molto variegato per quanto riguarda proposte di gioco e provenienza geografica. Sorprendentemente, solo due delle cinque qualificate vengono da Buenos Aires con il Rosario Central che si presenta ai nastri di partenza come campione argentino e l’Estudiantes detentore della coppa di Argentina.
Talleres
Il nome più insolito fra le squadre albicelesti nella prossima Copa Libertadores è quello del Talleres di Cordoba. Prima di questa edizione la T aveva partecipato solo altre tre volte alla Copa Libertadores (2002, 2019, 2022) senza mai superare i quarti di finale, ma grazie al grande lavoro di Walter Ribonetto in panchina e di Andrés Fassi dietro la scrivania i cordobesi si candidano come una delle squadre più interessanti di tutta la competizione. Gli albiazules sono partiti con un passo falso in campionato perdendo la prima contro un sorprendente Gimnasia La Plata, ma da lì non si sono più fermati mettendo insieme nove risultati utili nelle undici giornate fin qui disputate (cinque vittorie e sei pareggi), dato ancor più sorprendente se aggiungiamo che la T non perde in campionato dal 19 febbraio.
Ribonetto imposta la sua squadra su un 4-2-3-1 nel quale i quattro terminali offensivi sono un misto di esperienza e giocatori che cercano la spinta giusta per fare il salto intercontinentale. Alla prima categoria possiamo ascrivere: Rubén Botta (ex Inter, Bari e Sambenedettese) che ha il compito di creare per tutti partendo dalla fascia destra e combinando con il trequartista, oppure provando la palla a tagliare dietro alle spalle del difensore per cercare un inserimento sulla fascia opposta. A completare l’arsenale offensivo troviamo tre ragazzi molto diversi tra loro e per questo estremamente adatti a giocare insieme.
Sulla fascia sinistra il paraguagio Ramón Sosa che ha iniziato la sua carriera in patria con il River Plate di Asunción per poi attirare le attenzioni del Gimnasia La Plata, che lo ha portato in Argentina nel 2017, non ancora maggiorenne; Girotti, centravanti che ogni volta lo si vede giocare, da quando è iniziato il 2024, ci si chiede: possibile che nessuno lo abbia ancora chiamato dall’Europa? Il terzo nome è Nahuel Bustos, ex Girona, da poco trasformato in trequartista da Ribonetto.
Estudiantes
L'immagine che riassume meglio la condizione del Pincha per questo inizio di Copa Libertadores è quella del suo ultimo acquisto nel mercato invernale, Enzo Pérez. Ovvero di una squadra che cerca un’ultima grande occasione per riaccendere i bagliori di un antico passato di gloria continentale. Consultando per un attimo sulle pagine dei libri di storia l’Estudiantes risulta essere una delle squadre che più volte a partecipato alla Copa Libertadores, con diciassette presenze inclusa quella di quest’anno, e una delle più vincenti, con un’egemonia costruita sulla scoccare degli anni settanta grazie a Carlos Bilardo e Verón (padre).
Quando il Pincha dominava il Sudamerica, e il Mondo, Enzo Pérez non era ancora nato ma c’era eccome quando l’Estudiantes ha vinto la sua ultima Copa Libertadores, nel 2009 dopo la doppia sfida in finale contro il Cruzeiro, questa volta guidati da un altro Verón, figlio del leggendario Juan Ramón e consacratosi leggenda a sua volta grazie a quel trionfo. Come c'era nel 2018, nella leggendaria River - Boca. Pérez è il volto di una rosa dove il talento di certo non manca - altrimenti non si spiegherebbero il terzo posto in campionato e i nove risultati utili consecutivi nelle prime nove giornate - ma dove sembra non si sia puntato più di tanto a svecchiare un organico pieno di vecchie conoscenze: Federico Fernández (ex Napoli e Swansea), Luciano Lollo (ex River e Racing), José Sosa (ex Milan e Bayern).
Il Pincha ha l’obbligo di provare a fare una Copa Libertadores quanto più gagliarda possibile, sfruttando al massimo il fattore campo e il calendario che è stato benevolo, designando la prima sfida contro il The Strongest – tremenda squadra boliviana che grazie alle condizioni atmosferiche potrebbe far saltare il banco – a La Plata e il ritorno - auspicabilmente - a qualificazione già avvenuta o quasi. Questa è l’occasione per l’Estudiantes - e per Enzo Pérez - di regalarsi un’ultima, prolungata, milonga sotto le stelle sudamericane: sarebbe un peccato non sfruttarla.
San Lorenzo
Una delle tre squadre – insieme a River e Atletico Nacional – a insediare il dominio brasiliano in Copa Libertadores degli ultimi dieci anni. Nonostante quest’analisi riguardi prettamente gli aspetti tecnici, è impossibile prescindere da quanto successo a Boedo, anche fuori dal campo.
Infatti, il presidente Marcelo Moretti ha dichiarato di aver ricevuto un club “svuotato” dalla gestione precedente, che ha lasciato un buco di 30 milioni di dollari che la nuova presidenza sta cercando di ripianare. Grazie alla riscossione di alcuni crediti la presidenza è riuscita a pagare una prima tranche di quattro milioni per poter far fronte alla gestione quotidiana e quindi, anche se lentamente, il Ciclón si sta incamminando verso un risanamento finanziario. Questa situazione si riflette anche sulla parte calcistica e in particolare sulle risorse messe a disposizione dell’allenatore Rubén Insúa e del coordinatore dell’area tecnica Matías Carruzzo, che hanno deciso di costruire una rosa low cost cercando di abbassare l’età media e, di conseguenza, anche gli ingaggi.
In particolare, nel 3-4-1-2 di Insúa spicca la catena di sinistra composta da Insaurralde, Giay e Leguizamón. Gli ultimi due sono, senza dubbio, l’arma in più del San Lorenzo quando si tratta di attaccare una difesa schierata: il primo è un toro di un metro e novanta che sovrasta fisicamente tutti i pari ruolo del campionato e quindi è ottimo per creare superiorità numerica anche quando gli spazi sono stretti; il secondo è un’ala classica – una wing direbbero in Argentina – che fa della creatività il suo punto forte: ogni volta che ti punta lo fa a passo di marcia e cambia passo proprio nel momento in cui l’avversario sta impostando l’intervento, lasciandolo sul posto.
Fra le argentine il San Lorenzo è quella con il sorteggio peggiore, con tutte squadre abituate a giocare la Copa Libertadores e spesso ad arrivare anche alla fase ad eliminazione diretta. Questo, però, può essere anche un vantaggio per i giovani del Ciclón che potranno scendere in campo più liberi e meno condizionati dall’obbligo di vincere il girone.
Rosario Central
Dopo aver vinto il campionato lo scorso dicembre, i ragazzi di Miguel Ángel Russo hanno subito una flessione, alternando vittorie pesanti a sciocche sconfitte contro squadre nettamente inferiori. La rosa del Central è infarcita di giovani e l'obiettivo di Russo è di valorizzare l’enorme mole di talento di cui dispone. I Canallas tornano in Copa Libertadores dopo cinque anni ma forse, vista l’età media dell’organico, sarebbe meglio considerare questo come un debutto. Tutta l’esperienza che manca in campo è però bilanciata dalla presenza del tecnico di Lanús, uno di quelli che meglio conoscono la competizione, che ha vinto con il Boca nel 2007. Russo imposta la squadra con un 4-2-3-1 votato alla compattezza più che allo spettacolo; in due parole “meglio non prendere gol perché non è detto che possiamo farne uno in più degli avversari”.
Il centro tecnico della squadra è Il Pibe Malcorra, classico giocatore tanto odioso da affrontare quanto bello da guardare dalla tribuna. Un numero dieci piccolo e spigoloso che quando è in giornata trasforma la partita in un’esibizione. Ha “purgato” gli odiati cugini del Ñuls con una punizione recobiana e il Central si aggrappa a lui ogni volta che può, dandogli libertà assoluta. Il supporting cast è, invece, composto da una nidiata di giovani, fra cui i più interessanti sono: Tomás O’Connor, centrocampista box to box di origine irlandese; al suo fianco Kevin Ortiz, che non sottilizza molto quando c’è da entrare duro e Francesco Lo Celso, nel tentativo di ripercorrere le orme del fratello verso il calcio europeo.
Davanti troveremo una vecchia conoscenza del calcio italiano come Abel Hernández, appena arrivato proprio dal Peñarol. A Rosario l’eccitazione per la Copa è palpabile – anche perché quegli altri non la giocano – e ancor di più se alle ambizioni si aggiunge l’attesa quasi maniacale per un probabile ritorno di Di Maria a luglio. Il Fideo ha dichiarato più volte di voler tornare ad indossare la maglia della sua squadra del cuore e a quasi vent’anni dal suo debutto, anche se la trattativa sembra essersi frenata a causa di minacce ricevute dal giocatore e dalla sua famiglia.
River Plate
La squadra di Demichelis arriva al debutto in Copa Libertadores sull’onda lunga di un campionato fin qui dominato sia dal punto di vista dei risultati (ancora imbattuta) che del gioco, imponendosi sempre contro ogni avversario e dominando il possesso palla e l’iniziativa. La stella di questo nuovo ciclo millonario è il centravanti colombiano Miguel Borja - passato una decina di anni fa da Livorno senza lasciare il segno - che fin qui ha segnato dieci gol in altrettante partite. Echeverri, invece, è stato al centro di una polemica per quanto riguarda il suo passaggio al City: al River erano preoccupati che potesse abbandonare la nave a metà competizione, ma pare che rimarrà in biancorosso per tutta la durata della Copa Libertadores, dando a Demichelis la dose di talento giusta dietro le punte.
Insieme a lui, fra i giovani cresciuti in casa, il River può schierare Franco Mastantuono, che contro il Colón è diventato il più giovane marcatore di sempre nella storia del club, ad appena 16 anni e 177 giorni; merita una menzione anche Agustín Ruberto, che a suon di gol si sta prendendo la maglia numero nove delle selezioni giovanili argentine. A dare qualità a centrocampo troviamo l’etereo Nacho Fernández e la fantasia di Esequiel Barco, bilanciati dall’uomo-ovunque Aliendro e dai rocciosi Paulo Díaz e Funes Mori, tornato nella sessione invernale.
Forse, però, il più interessante fra i giocatori del River è Pablo Solari, che Demichelis ha avvicinato alla porta per sfruttarne al meglio la capacità di muoversi senza palla leggendo i movimenti della difesa e aprendo molti spazi a Borja, che può inserirsi usando tutta la sua fisicità. Demichelis ha dimostrato di saper gestire bene una competizione breve e con tante partite ravvicinate e quindi il suo apporto sarà fondamentale per far affacciare al calcio continentale questa nuova generazione di fenomeni millonarios.
LE ALTRE
Ecuador
Se dovessimo scommettere su possibili outsider, i risultati delle ultime stagioni ci suggeriscono di puntare sul movimento ecuadoriano, la cui crescita è testimoniata dagli ottimi risultati non solo della nazionale maggiore, ma anche di quelle giovanili. Risultati strettamente legati al progetto dell’Independiente del Valle, che attraverso strutture e metodi di formazione all’avanguardia ha sfornato in pochi anni talenti del calibro di Moisés Caicedo, Willian Pacho, Piero Hincapié e Gonzalo Plata. L’ultimo in ordine di tempo è il trequartista Kendry Páez, che dovendo ancora compiere 17 anni è troppo giovane per lasciare il Sudamerica, ma fa già parte stabilmente della Nazionale di cui è diventato il più giovane esordiente e marcatore di sempre. Il talento di Páez è strabiliante al punto che il Chelsea ha versato 10 milioni di euro per assicurarselo a luglio del prossimo anno, quando raggiungerà la maggiore età.
Nel 2023 però la squadra dell’anno è stata la LDU di Quito, che ha portato a casa sia la Liga nazionale, sia la Copa Sudamericana, battendo ai rigori i brasiliani del Fortaleza. La LDU ha costruito le sue fortune internazionali soprattutto sull’altura dell’Estadio Rodrigo Paz Delgado, dove impone alle avversarie un’intensità impareggiabile grazie a freak atletici come Jhojan Julio, Leonel Quiñónez e Óscar Zambrano, mediano classe 2004 già ribattezzato il nuovo Moisés Caicedo. A gennaio Zambrano sembrava vicino a trasferirsi al Luton Town ed è probabile che lascerà il Sudamerica dopo la fase a gironi.
La terza e ultima rappresentante dell’Ecuador è il Barcelona di Guayaquil, club più titolato del Paese con 16 campionati nazionali in bacheca. Nonostante venga da una stagione storta, dal 2017 a oggi il Barcelona è stato l’unica squadra non argentina o brasiliana a raggiungere le semifinali di Copa Libertadores, e per due volte. Allenata dall’uruguaiano Diego Lopez - ex di Cagliari, Bologna, Palermo e Brescia -, la rosa è stata rinforzata con numerosi nuovi arrivi, ma le chiavi della creatività restano in mano al capitano classe ‘86 Damián Díaz, che ha chiuso il 2023 con 10 gol e 6 assist.
Colombia
Dopo l’exploit dell’Atlético Nacional nel 2016, nessuna squadra colombiana è più riuscita a raggiungere i quarti fino allo scorso anno, quando il Deportivo Pereira è stato preso a pallonate dal Palmeiras dopo aver eliminato con una buona dose di fortuna l’Independiente del Valle agli ottavi. A questa edizione si sono qualificate il Junior di Barranquilla - vincitore del Torneo Apertura - e i Millonarios di Bogotà, campioni del Torneo Finalización, mentre l’Atlético Nacional, sconfitto in entrambe le finali, è uscito ai preliminari contro il Nacional di Montevideo. Junior e Millonarios si sono poi affrontate nella Supercoppa a fine gennaio, decisa a favore dei primi da un gol su rigore di Carlos Bacca, già miglior marcatore della seconda parte di stagione con 16 gol.
Tornando dove la sua carriera ebbe inizio. El Pescador si è ritagliato un finale di carriera a suo modo glorioso, da capitano di una squadra che può contare anche su altri elementi esperti come l’estroso esterno Yimmi Chará e il regista di centrocampo Victor Cantillo, rientrato dopo quattro stagioni al Corinthians. Per quanto riguarda la squadra della capitale, tanto dipenderà dall’ispirazione degli esperti centrocampisti David Macalister Silva e Daniel Cataño, leggende minori del campionato locale dove hanno trascorso l’intera carriera. La loro classe sarà importante soprattutto nelle partite di casa, dove la disabitudine delle avversarie - Bolívar escluso - a giocare in altura dovrebbe abbassarne l’intensità del pressing.
Perù
Non è un buon momento per il calcio peruviano: la Blanquirroja fa ancora affidamento sui vari Gallese, Zambrano, Advincula, Trauco, Cueva, Yotún Carrillo e Guerrero, in attesa di un ricambio generazionale che, alla luce dei magri risultati delle selezioni giovanili - la Sub-20 ha perso tutte le partite nelle ultime due edizioni del Sudamericano di categoria - si prospetta problematico. Una crisi evidente anche dai risultati dei club, che non superano la fase a gironi ormai dal 2013.
Se anche quest’anno l’Universitario sembra spacciato, il gruppo A potrebbe lasciare qualche spiraglio all’Alianza Lima visto che, Fluminense a parte, con le altre due potrebbe giocarsela alla pari, o quasi. Dominatori dello scorso Torneo Apertura, gli Aliancistas hanno poi perso la finale della Liga nazionale proprio contro la U, vincitrice del Clausura. In campionato, dopo otto giornate l’Alianza sta arrancando a cinque punti di distanza dalla capolista, ma nel frattempo ha avuto l’opportunità di lanciare alcuni giovani interessanti come i centrocampisti Juan Freytes e Catriel Cabellos, arrivati in prestito dall’Argentina. La classifica è guidata proprio dall’Universitario, che si sta confermando come la miglior difesa, avendo concesso appena due gol: nel reparto spicca l’esperienza dell’argentino Matías Di Benedetto e del paraguaiano Williams Rivero. L’attacco invece per il momento non è tra i più prolifici, ma sulle fasce può contare su due ex promesse ancora nel giro della Nazionale come Edson Flores (due gol e tre assist) e Andy Polo (due gol e un assist).
Paraguay
Benché raramente si spingano oltre gli ottavi di finale di Copa Libertadores, le squadre paraguayane risultano spesso ostiche da battere, anche per avversarie molto più attrezzate, grazie a uno stile di gioco tipicamente ruvido e aggressivo. In assenza del plurititolato Olimpia, a rappresentare Asunción ci saranno Cerro Porteño e Libertad. Quest’ultima lo scorso anno ha vinto con ampio margine sia Apertura che Clausura alternando, in coppia con il classe ‘90 Melgarejo (ex Benfica e Spartak Mosca), due attaccanti i cui nomi vi faranno tornare indietro di almeno dieci anni: Óscar Cardozo e Roque Santa Cruz, nati rispettivamente nel 1983 e nel 1981 (!). Se quest’ultimo si limita ormai a qualche comparsata, il Tacuara è ancora sulla cresta dell’onda: capocannoniere dello scorso campionato con 21 reti, a novembre è tornato a giocare in Nazionale dopo due anni. La presenza di tante vecchie glorie - tra gli altri, il terzino ex Roma Iván Piris.
A pochi isolati di distanza dall’Estadio Tigo La Huerta troviamo il General Pablo Rojas, casa del Cerro Porteño. Perso il motore del centrocampo Bobadilla, ceduto al San Paolo, la rosa può contare ancora sull’esperienza internazionale del terzino Arzamendia (in prestito dal Cadice) e del mediano Piris da Motta, mentre gli acquisti più interessanti del mercato sono stati Jorge Morel, ventiseienne difensore con un passato da centrocampista, e Juan Manuel Iturbe, che a trent’anni ha deciso di chiudere il cerchio del suo lungo pellegrinaggio tornando nella casa che aveva abbandonato nel 2011.
Bolivia
Fra i paesi più affascinanti e più sudamericani del continente c’è senza dubbio la Bolivia, che quest’anno viene rappresentata in Copa Libertadores da The Strongest e Bolivar. Come accennato in precedenza, queste due squadre non sono insidiose tanto per la qualità tecnica di cui dispongono, quanto per le condizioni atmosferiche a cui gli avversari devono sottoporsi nell’affrontarle. Entrambe giocano le partite casalinghe allo stadio Hernando Siles che non presenta un clima particolarmente ostico - nessuna delle due fa quasi mai il tutto esaurito - se non fosse che l’impianto è situato nel centro di La Paz, a un’altitudine dove l’ossigeno diventa merce rara.
Le squadre boliviane sfruttano molto bene questo vantaggio territoriale e conquistano quasi tutti i punti delle loro Copa Libertadores in casa, così come fa la nazionale nelle qualificazioni mondiali. Ci ha pensato il sorteggio a riequilibrare le carte in tavola dato che al The Strongest è toccato un girone con due colossi del calcio sudamericano come Estudiantes e Gremio, mentre il Bolivar – costola del City Football Group – dovrà affrontare Flamengo e, in una doppia sfida montana, i Millonarios. Nonostante non abbiano molte chance di passare il girone sarà interessante, come sempre, osservare come le boliviane proveranno a mettere in difficoltà gli avversari più blasonati tra le mura di casa.
Cile
Varcando il confine a sud-ovest, oggetto di disputa nella guerra del Pacifico protrattasi dal 1879 al 1884, passiamo in Cile, eccezionalmente presente in questa Copa Libertadores con quattro squadre. Sicuramente sono due le storie che spiccano su tutte quando osserviamo il calcio cileno: il ritorno di Vidal al Colo Colo e la qualificazione storica del Palestino alla fase a gironi. Vidal è stato accolto come un re, tanto che durante la presentazione a cavallo è stato anche incoronato, ed è chiamato a fare da mentore a uno dei giovani più interessanti del calcio cileno come i due Pizarro: il centrocampista 2002 Vicente e il centravanti 2004 Damián.
Visto il girone – Fluminense, Cerro Porteño ed Alianza Lima – il Colo-Colo si presenta con discrete possibilità di qualificazione, forte anche di una rosa molto esperta, per regalare a King Arturo un ultimo giro di giostra nel calcio che conta e con la maglia del suo cuore addosso. La grande storia di questa Copa Libertadores è però il Palestino. Qualificatasi dopo aver eliminato Portuguesa e Nacional di Asunción, la squadra fondata dagli esiliati palestinesi a Santiago si sta facendo veicolo di battaglie politiche e sociali ancor più che calcistiche. Non è raro vedere i giocatori uscire dal tunnel con indosso la kefiah, e quando Los Árabes giocano in casa c’è sempre una bandiera bianco-rosso-verde-nera che colora la tribuna. Visto quanto sta succedendo in Medio Oriente è difficile non simpatizzare per una squadra che non avrà paura di usare la visibilità della competizione per lanciare messaggi di sensibilizzazione.
La delegazione cilena viene completata dallo Huachipato e dal Cobresal. Quest’ultimo rappresenta la comunità mineraria di El Salvador, nel deserto di Atacama, ed è solito ospitare le sue partite in uno stadio che sembra situato su Marte, senza nulla intorno se non sabbia; uno scenario suggestivo che purtroppo non ha ricevuto l’approvazione della Conmebol, per cui i Mineros dovranno spostarsi a sud di circa 600 km per giocare la Copa Libertadores nel più ordinario Estadio Zorros del Desierto di Calama.
Uruguay
Chiudere senza passare da dove tutto è iniziato, dal paese dove – insieme all’Argentina – è fatto germogliato il calcio nel continente sudamericano, è impossibile. I charrúa hanno conquistato otto volte la Copa Libertadores (cinque il Peñarol e tre il Nacional) e dopo uno sciopero che ha paralizzato il campionato a novembre sono tornati con una delegazione di tre squadre per affermarsi come terza forza continentale dietro ad Argentina e Brasile. A livello di mistica le squadre uruguayane non hanno nulla da invidiare alle corrispettive albicelesti e verdeoro ma, come logico, sono supportate da un sistema che è anni luce indietro rispetto a quello di Argentina e Brasile.
Delle tre, la squadra con meno tradizione è il Liverpool di Montevideo, che ha davvero pochi giocatori oltre i trent’anni di età. Tenete d'occhio Luciano "Lucho" Rodríguez, esterno destro classe 2003 Convocato in nazionale da Bielsa per la prima volta il 2 giugno scorso, Lucho è già uno dei migliori prospetti del calcio celeste, corteggiato da mezza Europa. In rappresentanza della parte “ricca” di Montevideo c’è il Nacional, allenato da Álvaro Recoba e con in campo il figlio dello stesso Chino, nato a Como nel 2003. All’inizio Recoba ha faticato ma adesso è imbattuto da cinque partite in campionato e la proposta di gioco migliora di partita in partita. Nella periferia della città troviamo la squadra uruguayana che più volte ha conquistato la Copa Libertadores: il Peñarol. Il Manya è un’autentica schiacciasassi in campionato e questo è un bel segnale visti gli anni difficili trascorsi.
Venezuela
A chiudere la rassegna troviamo le squadre forse meno attrezzate del lotto: le difficili condizioni economiche del Paese si riflettono sul livello dei club e, secondo Transfermarkt, le rose con il valore più basso nella competizione sono proprio Caracas FC e Deportivo Táchira. Dato che il passaggio del turno sembra per entrambe una chimera, anche considerando il rendimento finora altalenante in campionato, i possibili motivi d’interesse per seguire i loro percorsi riguardano le storie particolari di alcuni singoli calciatori.
Nella squadra della capitale ruba l’occhio la presenza del portiere classe ‘98 Wuilker Fariñez: un tempo considerato tra i portieri più interessanti della sua generazione, dopo essersi guadagnato una maglia da titolare al Lens è stato vittima di un infortunio al crociato le cui complicazioni lo hanno tenuto fermo per quasi due anni. Un altro con un passato da stella delle giovanili è il numero dieci Anderson Contreras, che col suo mancino fatato aveva trascinato la squadra a un passo da una storica qualificazione agli ottavi nella Copa Libertadores 2020, a soli 19 anni. Anche lui, come il compagno, è stato poi falcidiato dagli infortuni.
Con sede a San Cristóbal, il Deportivo Táchira prende il nome dallo Stato di appartenenza. Vincitore dell’ultimo campionato venezuelano, si presenta in Copa Libertadores con l’obiettivo di strappare qualche punto a Nacional e Libertad, pensando anzitutto a non subire delle imbarcate e poi, eventualmente, a sognare un eventuale terzo posto. L’elemento più interessante della rosa sembrerebbe il ventenne esterno d’attacco Yerson Chacón, autore di 5 gol e 8 assist nella scorsa Primera División e già nel giro della Nazionale maggiore.
Ti potrebbe interessare
Dallo stesso autore
Newsletter
Iscriviti e la riceverai ogni sabato mattina direttamente alla tua email.