Manchester City-Arsenal (0-0) - Considerazioni Sparse
Una partita dura e tesa ma che non cambia gli equilibri della Premier League.
L'ultima volta che l'Arsenal è uscito dall'Etihad con dei punti era il 18 gennaio 2015, quando Cazorla e Giroud avevano firmato un 2-0 sul Manchester City di Manuel Pellegrini. Il peso della partita che si gioca all'Etihad è triplice anche per questo: Arteta ci arriva con la squadra più in forma del 2024 - solo vittorie in Premier League - contro una squadra che non perde da inizio dicembre - contro l'Aston Villa - e che con Rodri in campo è imbattuta da 60 partite. Entrambe le squadre sanno di avere più da perdere che da guadagnare e le scelte di formazione lo confermano già da prima che la palla si muova. Guardiola opta per una squadra maggiormente di controllo: le mosse a sorpresa sono Gvardiol e Kovacic titolari, entrambe scelte mediamente conservative, in quanto tolgono dal campo due acceleratori formidabili come Julian Alvarez e Jeremy Doku. Anche Arteta fa scelte conservative: Martinelli, non al meglio, viene sostituito da un pressatore di qualità come Gabirel Jesus; Kiwior, nonostante il recupero di Zinchenko, viene confermato titolare a sinistra e Jorginho - tra i migliori sia nella partita di andata che nella vittoria di gennaio contro il Liverpool - rimane titolare in mezzo al campo per avere una circolazione di palla più pulita.
I primi minuti di partita sono incredibilmente tesi, con poche occasioni e molta poca voglia di prendersi rischi da entrambe le parti. Gabriel Jesus mostra subito perché è stato messo in campo e scala sistematicamente sulla sinistra per offrire supporto a Kiwior, in discreta difficoltà contro Bernardo Silva. L'inizio è più favorevole ai campioni in carica, che provano da subito a schiacciare l'Arsenal negli ultimi metri di campo, facendo circolare ossessivamente il pallone al limite e cercando di riempire l'area il più possibile. Le intenzioni del City, però, si scontrano prima con le scelte del loro allenatore e poi con la prestazione difensiva dell'Arsenal, che a oggi può vantare forse la miglior fase difensiva d'Europa. Foden, portato a giocare come esterno alto di sinistra tende spesso a invadere il mezzo spazio, lasciando l'esterno a Gvardiol, spesso seguito in modo blando da un Bukayo Saka in condizioni fisiche abbastanza drammatiche. Il croato, però, non è un creatore come Robertson o Dimarco ma neanche come il suo compagno Aké (uscito per infortunio a metà primo tempo) e alla fine non può che limitarsi a sparacchiare qualche cross in mezzo, spesso facilmente controllato da Gabriel e Saliba. Per paradosso, alla fine, l'occasione migliore del primo tempo - e poi della partita - per un City con il 70% di possesso palla arriva su un colpo di testa fortunoso di Aké, che stacca bene in mezzo all'area ma di fatto schiaccia la palla nelle mani di David Raya. Per il resto, le occasioni più interessanti cadono quasi tutte sui piedi dei giocatori dell'Arsenal e in particolare di Gabriel Jesus, che però si conferma un finalizzatore decisamente perfettibile.
Il secondo tempo non si discosta troppo dal ritmo del primo. L'Arsenal entra più convinto in campo, Saka recupera un po' della sua tipica energia e si mostra molto abile a forzare qualche errore in costruzione del City, con Martin Ødegaard che si trova spesso pronto a far sfoggio delle sue incredibili qualità di pressatore per forzare, senza grandi risultati, qualche transizione favorevole. I cambi del City sono sostanzialmente il momento in cui la partita sembra prendere una svolta: gli ingressi di Doku e Grealish - per Kovacic e Foden, di netto i due peggiori in campo - portano la squadra di Guardiola a guadagnare fluidità, con Bernardo e De Bruyne spesso chiamati a creare triangoli sugli esterni con cui mettere sotto pressione White e Kiwior. Arteta però rimedia subito, sostituendo l'ex Spezia con Tomiyasu e e ristabilendo l'equilibrio iniziale. Il finale rimane più o meno teso allo stesso modo di tutto ciò che lo ha preceduto: Doku, con la sua caoticità riesce a forzare qualche situazione di pericolo rientrando dalla destra ma nei fatti nessuno riesce a metterci il piede come dovrebbe e lo 0-0 finale, tutto sommato, si rivela un risultato corretto per esprimere il poco volume di occasioni viste. Il risultato finale, va detto, esprime anche la paura, sia di Guardiola che di Arteta, di una sconfitta che avrebbe potuto compromettere più l'inerzia emotiva della stagione che non la classifica - entrambe hanno perso punti sul Liverpool, primo e vincente con il Brighton poche ore prima.
Manchester City-Arsenal, va detto, non è stata una partita bella come ci si aspetterebbe quando in campo vanno due delle migliori squadre del mondo ma è stata una partita fatta di sfumature. Il duello cardine di tutta la partita è stato quello tra Erling Haaland e il duo Gabriel-Saliba ed è stato stravinto dalla coppia dell'Arsenal, così come accaduto nella partita di andata a ottobre e nella finale del Community Shield ad agosto. Su Saliba e Gabriel si potrebbero dire molte cose ma al momento è difficile trovare difensori in Europa capaci di garantire un livello alto come il loro; il francese è uscito dal campo con 8 duelli vinti su 10 - molti dei quali con quello che oggi è il miglior attaccante del pianeta - e una partita in possesso straordinariamente solida, con solo 4 passaggi sbagliati e una calma estrema nel giocare contro la pressione del City. Per il resto l'Arsenal ha tenuto fede alla sua qualità di squadra che, pur non essendo sempre efficace nella produzione, è incredibilmente difficile da piegare, specie quando mette in campo gran parte dei suoi giocatori più fisici - ricordiamo che i due terzini, White e Kiwior, sarebbero dei difensori centrali. Probabilmente questa non sarà ancora la stagione del titolo per Arteta ma il fatto di essere uscito da due partite contro il City con 4 punti e zero gol subiti - dopo le tre sconfitte con 8 gol presi nella scorsa - è forse il segnale più chiaro di una squadra che sta arrivando alla maturazione.
Anche la partita del Manchester City ha confermato sostanzialmente quello che ci si aspettava. La formazione messa in campo da Guardiola era quasi inedita e aveva come chiaro obiettivo quello di controllare il ritmo della partita anche a costo di una certa sterilità in campo, una strategia adottata più o meno precisamente sia nella partita dell'Emirates che nei due scontri diretti contro il Liverpool. Pochi rischi col pallone, insomma, e un'aggressione forsennata a inizio partita, forse con l'intento di intimidire anche gli avversari. Certo, il fatto che da queste partite il City sia uscito con tre punti e zero vittorie forse ne dimostra anche i limiti in creazione. Il settimo anno di Guardiola, forse, è quello del salto dello squalo: in questo momento il City non è lontanamente brillante come un anno fa; la cessione di Gundogan ha privato la squadra di un giocatore in grado di controllare il ritmo della squadra nel modo giusto, lasciando Guardiola nel continuo dilemma tra sbilanciarsi per essere produttivi e controllare per non esporsi in transizione. I cambi di Doku e Grealish hanno segnato il momento in cui Guardiola ha di fatto abiurato l'idea con cui ha approcciato la partita e questa non è stata la prima volta in cui ciò è accaduto in stagione. Detto questo, la partita del City è stata quasi allegriana nel suo controllo dei danni e non ha comunque impedito a molti singoli di far vedere il loro talento: Bernardo Silva è uscito dal campo con la sua ennesima partita da fenomeno, con una pressione portata alla perfezione e una serie di giocate straordinarie sia in controllo che in creazione. Due note positive vanno anche per Josko Gvardiol e Rico Lewis, chiamati in campo per due infortuni (Stones e Aké) e in grado di fornire due prestazioni sorprendentemente solide, anche visto il contesto. Da loro potrebbero passare anche le innovazioni che servono a Guardiola per riordinare la sua squadra, ora come ora nella versione più vulnerabile di questo ciclo perfetto.
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