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Giro delle Fiandre
, 31 Marzo 2024

Il Giro delle Fiandre è già deciso?


Solo una sciagura separa van der Poel dalla terza Ronde della carriera. O forse no.

Mathieu van der Poel è cresciuto in una casa dove (in parte) il padre e (soprattutto) il nonno hanno vissuto sempre con l'incubo del tweede plaats. In olandese, lingua madre del campione del mondo in carica, significa secondo posto. Essere l'uomo dopo il primo è stato un comune denominatore nell'avventura ciclistica del padre Adrie (piazza d'onore al Mondiale del 1983, preceduto soltanto da Greg LeMond) e, in particolare, del nonno Raymond Poulidor. Pou Pou si trovò sulla strada dei mostri come Eddy Merckx che lo relegarono fra gli sconfitti, al Tour come altrove: Poulidor è stato così tante volte secondo che è diventato un simbolo degli eterni battuti, non solo in Francia e fra gli appassionati di ciclismo. Adesso, invece, il destino del nipote si è rovesciato. Sembra esserci in atto una sorta di legge del contrappasso per Mathieu che, alla vigilia del Giro delle Fiandre - la gara che ci consentirà di santificare sull'altare delle due ruote anche questa Pasqua - è quasi impossibilitato dal fare secondo.

Può arrivare soltanto primo. I principali bookmaker italiani, termometro quasi sempre affidabile per comprendere come andranno le cose in qualsiasi disciplina che passano in analisi, inseriscono nei loro palinsesti il suo trionfo con una quota che varia fra 1.50 e 1.66. In pratica van der Poel è come la capolista di un qualsiasi campionato di calcio che, sfruttando il fattore campo, affronta in casa una squadra di metà classifica. Una autentica anomalia per il ciclismo che, difficilmente, vede pronostici con pronostici sulla carta così scontati. Numeri che, però, danno il senso di ciò che ci si potrà osservare nella Ronde van Vlaanderen, festa nazionale per un Belgio che sente quest'appuntamento come poche altre cose: il nome da aggiungere all'albo d'oro, mai come quest'anno, sembra scontato. Anche perché di rivali non sembrano essercene.

Van Aert, le cadute e altre sciagure

Il Belgio attende l'appuntamento dell'anno. E, intanto, ancora lacrima, piange di dolore insieme al suo Wout Van Aert. Il grande ed eterno rivale di van der Poel, l'uomo con cui l'olandese si scontra da anni su strada così come nel fango del ciclocross, è fuori dai giochi. Si è rotto clavicola, qualche costola, addirittura lo sterno, cadendo alla Dwars door Vlaanderen, una delle semiclassiche di preparazione. È finito sull'asfalto a più di 70 chilometri all'ora, mandando in frantumi le ossa, il body della Visma-Lease a Bike, le speranze di battere – finalmente – il rivale in uno scontro diretto. Un altro ruzzolone, dopo quello arrivato alla E3 Harelbeke proprio per provare ad inseguire l'attacco di van der Poel, che chiude la sua primavera e mina il suo futuro: niente Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix, quasi impossibile la sua presenza al Giro d'Italia ma a questo punto diventa complicatissima pure la marcia d'avvicinamento a uno dei suoi grandi obiettivi stagionali, le Olimpiadi di Parigi.

Una primavera sfortunata, quella di Van Aert, nella speranza che le voci di una carriera addirittura a rischio sfumino nel nulla. Una primavera anche sciagurata: non ha convinto la scelta di fare una preparazione diversa rispetto al solito, decidendo di rifugiarsi in altura sul Teide, tornando sulla Terra dal vulcano delle Canarie - casa dei mesi freddi di gran parte del mondo delle due ruote - soltanto per qualche corsa selezionata. Una scelta diversa, che ha portato Van Aert a rinunciare anche ad alcuni appuntamenti – Gand-Wevelgem su tutti – che l'avrebbero visto protagonista.

Ora resterà a casa, in attesa di recuperare, con un pugno di mosche in mano. E forse anche con tanti dubbi nella testa: il belga dovrà fare valutazioni sul suo futuro. Dovrà pensare anche all'idea di approdare in altri lidi rispetto a quelli della sua Visma-Lease a Bike, lo squadrone che non sembra tutelare al massimo la sua punta di diamante per le classiche, intruppata in discorsi che dirigono buona parte dell'attenzione sulle corse a tappe. Dove Van Aert, a cadenza praticamente ritmica, si è dovuto trasformare in mulo, in “super gregario” per i suoi capitani.

Pogi resta a guardare

E non ci sarà neanche l'ultimo vincitore del Fiandre, la “cosa” che sta facendo stropicciare gli occhi da più di un mese. Tadej Pogacar ha deciso di rinunciare e di non difendere il suo numero uno. Si è concesso qualche giorno di riposo, poi riprenderà la preparazione e affronterà soltanto la Liegi prima del Giro d'Italia in cui è favorito praticamente unico. Eppure, fino all'ultimo, si è sperato in un ripensamento guardando a ciò che ha fatto, soltanto qualche giorno fa, al Giro di Catalogna. Ha vinto quattro tappe su sette, in classifica generale ha rifilato distacchi che si vedono soltanto nelle corse di tre settimane. Ha dominato, ha cannibalizzato la corsa simbolo della regione di Barcellona a modo suo: dando spettacolo. L'ultimo successo parziale se l'è preso addirittura in volata, in salita ha vinto attaccando ancora una volta da lontano, così come fatto – in maniera straordinaria – alle Strade Bianche.

Una risposta, secca e netta, al suo grande rivale, il danese Jonas Vingegaard che lo attende sulle strade del prossimo Tour. Tadej, intanto, ha ottenuto già un primo risultato: sulle strade spagnole del Gran Camino così come su quelle italiane della Tirreno-Adriatico, il vincitore delle ultime due maglie gialle ha “imitato” Pogacar, salutando la compagnia - e annichilendo ogni avversario – a tante miglia dalla linea d'arrivo. Aspettando il maggio italiano, il luglio francese già promette scintille...

Il rebus del “terzo incomodo”

Fuori due, dunque. E il terzo incomodo neanche se la passa troppo bene. In questa primavera, infatti, c'è stato soltanto un uomo capace di battere van der Poel: Mads Pedersen che dopo il Mondiale dello Yorkshire vinto da “underdog” sotto la pioggia battente - facendo sfumare la grande chance di trasformare da buona a ottima la carriera di Matteo Trentin - in questa stagione sembra ormai pronto alla definitiva consacrazione. Forte, concentrato, supportato da una squadra – la Lidl-Trek – capace di mettere su strada tattiche vincenti, è riuscito a trionfare alla Gand-Wevelgem, superando allo sprint il campione del mondo olandese. Pedersen, in quella che fino a qualche anno fa era la vetrina al Nord per i velocisti, anche grazie alla collaborazione del sempre più positivo Jonathan Milan e alla regia di Jasper Stuyven, è riuscito a imballare le gambe dell'avversario.

Al resto c'hanno pensato le sue di gambe: sui muri sembrava volare, addirittura in uno degli ultimi passaggi sul Kemmelberg pareva potersi togliere dalle ruote Van der Poel. Poi l'arrivo in duo in cui ha fatto valere il suo ottimo spunto veloce. Eccolo, allora, il rivale per il Giro delle Fiandre.

Eh, no.

Anche Pedersen, nella maledetta Dwars door Vlaanderen 2024, è finito a terra. Acciaccato ma non rotto, a differenza del compagno – e altra carta validissima – Stuyven. Ma, inevitabilmente, quell'infortunio potrà avere ripercussioni sulla sua Pasqua. Le sue condizioni sono tutte da valutare: se starà bene, potrà dare davvero filo da torcere a Van der Poel?

Il poco che resta

Chi resta, dunque? Matteo Jorgenson che un po' a sorpresa (da caratteristiche è uno che si farà valere in particolare nelle corse a tappe) sta salvando il bilancio della Visma-Lease a Bike di questa campagna del Nord col trionfo alla (maledetta) Dwars. L'americano quest'anno si è aggiudicato pure la Parigi-Nizza, sembra essere nella condizione della vita.

E poi? Poco altro: qualche vecchio leone – come l'australiano Michael Matthews – cercherà di piazzare una zampata, magari attaccando da lontano così da costringere la squadra di Van der Poel, la Alpecin-Deceunink, a doversi assumere la responsabilità di tenere chiusa la corsa e consumare energie che potrebbero essere utili nel finale; c'è qualche giovane che non ha paura d'attaccare - come il neozelandese Laurence Pithie o il basco Oier Lazkano - e che sicuramente si farà vedere, cercando magari l'effetto-sorpresa per tentare di cancellare gli scontati pronostici. C'è qualche underdog, come il nostro Alberto Bettiol, già vincitore nel 2019 del Giro delle Fiandre e che spera di ritrovare la giornata della vita (la condizione è buona, anche se alla Dwars il piemontese è stato fermato dai crampi dopo un bell'attacco. Come nella gara in linea di Tokyo 2020...) per trionfare ancora.

Il vero rivale di Mathieu è se stesso

Il vero, grande rivale di van der Poel al Giro delle Fiandre è VDP stesso. Nulla fa pensare a un esito diverso: il Fiandre 2024 lo può davvero soltanto perdere. Anche se gli assenti fossero stati presenti, sarebbe stato il favorito numero uno. Dalla sua ha una condizione fisica eccezionale: dopo aver lavorato per consentire al compagno Jasper Philipsen di vincere la Milano-Sanremo, la scorsa settimana si è preso con una facilità quasi imbarazzante la E3 Harelbeke. A modo suo, che poi nelle modalità è simile a quello del Pogacar versione 2024: ha iniziato a frantumare il gruppo con un primo attacco già a 80 chilometri dal traguardo, continuando a tirare il collo agli avversari fino a quando di chilometri all'arrivo ne mancavano 43. In quel momento ha salutato la compagnia, piazzando l'affondo decisivo: tutti l'hanno rivisto soltanto al traguardo, pure Van Aert che aveva provato un disperato inseguimento, arrivando a pochi secondi fino a metterlo nel mirino prima di essere piegato dallo sforzo e dalla fatica di una corsa resa massacrante dalla pioggia. Van der Poel poteva attendere i "muri" più prossimi al traguardo e far esplodere tutta la sua potenza su quelle brevi ma micidiali salite col selciato che caratterizzano il Belgio, Paese che – fra l'altro - mal digerisce vedere un “oranje” esultare in casa sua. Sprizzava talmente tanta potenza in quelle brevi salite che la bicicletta pareva spaccarsi da un momento all'altro sotto i suoi rilanci. Mathieu quel giorno aveva deciso che non voleva solo vincere. Voleva far capire qualcosa in più: dire agli appassionati di ciclismo (e agli avversari) che si è di fronte a qualcosa di unico.

Van der Poel ha raggiunto una maturità mentale incredibile: ha abbandonato quelle tattiche spesso scriteriate dell'inizio carriera, limitando gli affondi nelle fasi clou. È diventato grande anche con la testa, abbandonando quello spirito che lo portava ad attaccare e riattaccare fin quando non riusciva a staccarsi tutti di ruota. Lo fa ancora ma in maniera più “studiata”. Forte nel fisico, forte nella testa. C'è un dettaglio, piccolo ma significativo, che dà il senso di quanto sia cresciuto il campione del mondo: dopo aver esultato come un soldato, mettendosi “agli ordini” sul traguardo di Harelbeke, sul podio si è reso protagonista di un gesto che ha fatto storcere un po' il naso agli amanti di Ipa, Weiss e Pilsner. Ha consegnato un maxi boccale di birra a uno spettatore che lo onorava dopo il trionfo: il giovane ha fatto un lungo sorso e ha diviso quel trofeo con alcuni amici. Mathieu non si è bagnato neanche le labbra: non si è concesso neanche uno sgarro nel momento decisivo della sua stagione che lo chiama ad altre imprese. Ad altri appuntamenti, Giro della Fiandre in primis, in cui non ci potranno essere tweede plaats.


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