Anche Cose Buone - Enzo Barrenechea e tutto il resto
8 giocate dalle ultime due settimane di Serie A che la generazione highlights si è fatta sfuggire.
Requisiti per far parte di questa carrellata: essere una giocata di una squadra del fondo della classifica di Serie A; non essere inserita nei riassunti da 3.05' di DAZN o quasi 4' di Serie A perché vanificata da errori altrui o perché di una bellezza più difficile da cogliere rispetto a tutto ciò che circonda un'espulsione, un'occasione da gol o una chiamata del VAR. Una carrellata necessaria, però. Perché la classifica di Serie A è sostenuta da una parte destra - in alcuni casi estrema - che fa, davvero, Anche Cose Buone.
Elia Caprile (Empoli, @Salernitana) - Un magnete su rimessa laterale
Ci sono solo due possibilità per cui un portiere possa figurare qui: rinvii millimetrici dall'arco di parabola superiore ai 30 metri o uscite, siano esse basse o in presa alta. Per Elia Caprile dobbiamo barrare la seconda: nella trasferta dell'Arechi, la squadra di Nicola ha preparato meticolosamente le rimesse laterali avversarie, che soprattutto con Bradaric a sinistra si trasformano in corner battuti con le mani. Oltre a questa, dove per togliere Jerome Boateng dalla traiettoria è sufficiente anche solo un leggero body check della difesa, in altri 2 casi nel primo tempo e altrettanti nella ripresa è Caprile stesso ad alzare il baricentro della linea. In corrispondenza del vertice dell'area di rigore, per togliere tempo e spazio alla battuta, con anche le braccia alzate per ridurre quanto più possibile il campo visivo del battitore.
Bonus: la perdita di tempo sull'atterraggio, utile alla produzione di bile della tifoseria di casa e a sporcare i gomiti dopo 24 minuti ai limiti dell'inoperosità.
Niccolò Pierozzi (Salernitana, vs Empoli) - Disperazione fatta contrasto
La prima pressione dell'ultima Salernitana di Inzaghi fa acqua: Maggiore implora che qualcuno si avvicini alla ricezione di Maleh, ma niente da fare. La rotazione sulla fascia sinistra dell'Empoli porta Luperto a cercare il passaggio taglialinee non per Cacace, che fissa l'ampiezza venendo seguito da Zanoli, ma nel corridoio intermedio, dove Cerri attacca la profondità e Cambiaghi viene incontro per ricevere sui piedi. Dove termina la lucida comprensione dei meccanismi di marcatura e dove incomincia l'istinto disperato di sopravvivenza di un difensore della bassissima classifica di A?
Dove finisce la bravura di Niccolò Pierozzi nell'anticipare la corsa di Cambiaghi, rompere la linea per contrastare Maleh e costringerlo a scaricare all'indietro e recuperare la posizione come terzo di destra nell'ultima linea granata? Dove si manifesta l'angoscia di poter fare poco di più, se non in quel tentativo di chiudere la traccia alla destra di Maleh con un movimento a incrociare della gamba destra, perfettamente comprensibile nella coreografia di Footloose ma innaturale sul prato dell'Arechi?
Nicolas Benito Viola (Cagliari, vs Lazio) - Come resistere alla pressione alle spalle
Da inizio stagione, il Cagliari di Ranieri si sta confermando una squadra catapultata nel 2024 direttamente dagli anni '70: fase difensiva demandata a non più di 8 giocatori, trequartisti e attaccanti a una tenuta fisica decente dall'essere fuoriclasse, passaggi sbagliati anche di diversi metri che rendono ogni singola giocata un'esecuzione dal massimo coefficiente di difficoltà. L'uscita sulla pressione alta della Lazio si orienta verso la fascia destra: l'appoggio di Mina verso Dossena è leggermente schiacciato, l'apertura verso Nandez è troppo potente per lo stop orientato dell'uruguagio.
L'8 riesce, nell'ultima frazione di secondo a disposizione, a tentare la risalita alla sinistra della pressione di Hysaj e trovare Viola. Il trentaquattrenne di Oppido Mamertina ha tutti i chili e i tacchetti di Alessio Romagnoli sulle caviglie, sulla schiena, sulle spalle. Serve una grandissima sensibilità tecnica per ricevere con l'esterno del piede più lontano dal difensore laziale, orientare la sfera verso l'interno del campo e frapporre una gamba, la destra, tra il recupero del capitano di Sarri e il pallone. Fallo guadagnato, grazie a tutto il minimalismo specialistico e atletico di un trequartista d'altri tempi, catapultato nella Serie A 2024.
Luca Lipani (Sassuolo, vs Torino) - Prevenire è meglio che curare
La nuova e più coerente versione del Sassuolo si basa – forse incoscientemente, vista l'esperienza tra i professionisti e la carta d'identità – sulle interpretazioni senza palla di Luca Lipani. Quasi controculturale per gli stereotipi che si associano a un diciottenne alla 2° presenza in Serie A della carriera, Lipani risulta già oggi il centrocampista con le più spiccate doti di lettura difensiva dei neroverdi: per giocare in campo lungo, così come Dionisi sta cercando di innestare in una vigna dal raccolto scarno come quello del Sassuolo 2023/24, e fare da contraltare a un invasore come Thorstvedt, anticipare le giocate in costruzione degli avversari è basilare per reggere il sistema. Dagli accoppiamenti tra gli attaccanti del Sassuolo e il terzetto dei centrali del Torino sfugge Adam Masina: Thorstvedt non lo assorbe, Bajrami segue le indicazioni del mister senese di allargarsi sull'esterno in caso di palla avanti-palla indietro-palla nello spazio e così Masina avrebbe il mezzo spazio di sinistra da battere sul lancio immediato di Lazaro.
Già, avrebbe: Lipani è già arretrato addirittura al di sotto della linea di difesa, nello spazio svuotato dall'aggressione di Erlic su Zapata. Ha già letto la giocata che Lazaro farà quando la sfera è ancora tra i piedi di Duvan, sapendo che il Torino sa che cosa fare sul riciclo sul quinto. Si prepara già a proteggere – grazie al contributo in transizione negativa di Pedersen – l'uscita del pallone oltre la linea di fondo. Con anche il lusso di scambiare due chiacchiere col nuovo acquisto del Toro, magari sulla tesina su Schopenauer e Platone in vista della maturità 2024 (il Mondiale U20 e l'Europeo U19 della scorsa estate gli avranno riempito l'estate scorsa da rinviare il conseguimento del diploma? In rete non si trovano notizie in merito)
Enzo Barrenechea (Frosinone, @Fiorentina) - Il senso della posizione
Per FBref, alle spalle di due mediani corazzati ormai di un certo status in Serie A come Walace e Lobotka, alla voce "Palle Recuperate" c'è Enzo Barrenechea. Questa sul filtrante di Nico Gonzalez non è propriamente un recupero – la distanza tra i reparti del Frosinone di Di Francesco una volta perso il possesso nella propria metà campo si misurano in anni luce – ma dice molto del senso della posizione del centrocampista in prestito secco dalla Juventus: preso tra i fuochi di un'ellisse viola formata da Beltran alla sua destra e Duncan alla sinistra, battezza il passaggio verso quest'ultimo senza accennare prima il movimento, come fosse un portiere sulla linea durante un calcio di rigore.
A prescindere da chi sarà la guida tecnica della Juventus 2024/25 – a maggior ragione qualora fosse Allegri, con tutte le capacità di bilanciamento richieste al mediano nel sistema difensivo del mister livornese – che Barrenchea torni a indossare il bianconero e svestire il gialloblù è solo questione di tempo. E di altre intuizioni come questa, tra trequartisti e centrocampisti che "vengono fuori dalle fottute pareti."
Andrea Carboni (Monza, vs Hellas Verona) - The Art of Defending
Cosa si prova a essere il terzo Carboni più attenzionato e discusso della tua squadra, pur essendo quello che gioca di più? Che il potenziale degli argentini Valentìn e Franco sia maggiore è sine dubio, che il sardissimo Andrea sia quello dall'attuale ruolo più importante nelle gerarchie di rosa di Palladino lo è altrettanto. Contro l'Hellas Verona, tutta la resa degli insegnamenti della scuola difensiva italiana: sulla palla scoperta giocata di Folorunsho copre la profondità e, mentre Marì segue Swiderski che si defila, l'ex Cagliari non perde minimamente la cognizione su dove si trovi il 90 gialloblù.
Gli dà le spalle ma non lo fa realmente: si gira una, due, tre volte per sentirlo anche senza toccarlo. La palla di Swiderski è velenosa, senza eccessivo effetto a rientrare ma potente al punto da incrociare l'attacco del secondo palo. Carboni non interviene col piede forte, il mancino, quello più vicino alla provenienza del rasoterra, perché avrebbe mezzo passo in meno per deviare il pallone in angolo e rischierebbe un tocco maldestro. Interviene col destro, a togliere dai carboni ardenti - scusate, ndr - la difesa del Monza.
Mohamed Kaba (Lecce, @Torino) - PogKaba
Chi segue assiduamente il Lecce di D'Aversa ha imparato ormai a lanciare la monetina e sperare che compaia la faccia giusta di Mohamed Kaba in campo: non solo di partita in partita ma anche nell'arco dei 90' – o meno, visto che 2 volte su 3 in cui il francese ha giocato in stagione o è subentrato o è stato sostituito – ci sono sprazzi e momenti di dominanza tecnica e atletica alternati a segmenti di assenza ingiustificata dal cuore della gara. Contro il Torino sono stati decisamente più i secondi, ma quando i primi emergono passano difficilmente inosservati: Masina (due volte) e Linetty paiono sbalzati da un'onda d'urto dalla possanza di Kaba, sia in recupero che in conduzione; la lingua di terreno dove far filtrare per Almqvist è in rapido assottigliamento, con le porte dell'ascensore mosse da Vojvoda e Ilic a restringersi e ridurre la presenza di Piccoli a un riferimento fastidioso.
Senza apparente fatica spesa nel risalire 30 metri di campo, con quella facilità di corsa iperatletica e superiorità tecnica che ricorda alla lontana quella di un altro centrocampista francese della Serie A, Mohamed Kaba è a una continuità di rendimento dallo scalare l'ultimo gradino. Mica poco, ma l'attrezzatura è già in dotazione.
Karol Swiderski (Hellas Verona, vs Juventus) - Due tocchi, un contropiede
Il colpo di testa di Tchatchoua non è definitivo, quello di Cabal nemmeno. Dal fallo laterale di Alex Sandro la palla è sì uscita dall'area del Verona, ma nei pressi della lunetta antistante i 16 metri scaligeri ci sono Locatelli, Danilo e McKennie attorno a un solo giocatore dell'Hellas. Il gennaio extracampo da meme della squadra allenata da Baroni rischia di soverchiare ciò che invece il Verona è diventato dal termine del mercato invernale, facendo passare in secondo piano l'arrivo di giocatori effettivamente forti per delle entità cartonate buone solo per i giochi di parole simpatici con cognomi esotici o carriere rapsodiche. Il rischiatutto della società di Setti (o chi per lui) fa quasi dimenticare che siano arrivati giocatori dalla recente esperienza in Premier o attaccanti da 28 presenze e 10 reti nella stessa Nazionale di Lewandowski e Milik.
Come sarebbe stato percepito l'arrivo di Karol Swiderski se fosse stato acquistato dal Monza o dal Torino? Non ci si sarebbe forse concentrati sulle qualità di centravanti da raccordo dell'ex PAOK e Charlotte, grazie alle quali ammortizza il rimbalzo del pallone col pettorale sinistro ed elude il pressing di tre giocatori con un tocco di mezzapunta per la corsa di Dani Silva? Anche per il suo impatto in sostituzione di Djuric, l'Hellas di Baroni farebbe momentaneamente parte della Serie A 2024/25. Per la gioia di troppo pochi e il dolore di troppi, società compresa.
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