Aurelio De Laurentiis e l'arte di scontentare tutti
Le sue ultime dichiarazioni hanno scontentato sia i tifosi del Napoli che quelli del Bari.
Avere una percentuale di gradimento plebiscitaria è impresa pressoché impossibile, a maggior ragione se si è in posizione di dover prendere decisioni impopolari. Avere una percentuale di gradimento molto bassa lo è altrettanto, anche se in un certo senso è più facile arrivarci. Ma come fa Aurelio de Laurentiis, proprietario della Filmauro - e quindi di Napoli e Bari - a scontentare trasversalmente tutti ogni volta in cui lascia libero sfogo alla propria vena oratoria? A pensarci bene, anche questa è un'arte. Nel primo caso, dopo aver rilevato il titolo sportivo del Napoli nel 2004, ha riportato in città uno scudetto che mancava da 33 anni. Nel secondo caso, invece, ha acquistato il titolo della società pugliese, fallita nel 2018, per riportarla nel calcio nazionale.
Queste operazioni hanno permesso a due società che vantano una tradizione sportiva secolare (il Napoli è all'8° posto e il Bari al 17° secondo i criteri elaborati dalla FIGC) anche solo di affacciarsi a quelli che erano gli antichi splendori. Se i successi sportivi del Napoli sono noti, anche il Bari nella scorsa stagione è andato vicino alla Serie A dopo 12 anni di assenza. Solo un gol di Pavoletti, segnato al 94' nella gara di ritorno della finale play-off, ha gelato il San Nicola dopo una bella stagione della squadra pugliese.
Al di là dell'esito parzialmente sfortunato, si può dire che il 2022/23 sia stato vincente su tutti i fronti per i De Laurentiis. Il Napoli, in una stagione dalla conformazione mai vista per via di Qatar 2022, ha offerto una lezione di finanza degna dei migliori manager neo-liberisti. In un colpo solo, la dirigenza partenopea ha sfalciato il monte ingaggi - anche se è significato liberarsi di giocatori cardine come Koulibaly, Insigne e Mertens - ed è riuscita ad arricchire la bacheca con il terzo Scudetto. Per non parlare del bilancio societario, che segna un utile pari a 79,7 milioni di euro al 30 giugno 2023. Alla faccia, insomma, di chi tappezzava i social con l'hashtag #A16.
Il Bari, nonostante fosse una squadra neopromossa, è andato vicinissimo al proprio obiettivo (probabilmente anche prima rispetto a quanto preventivato nella programmazione societaria) con giocatori già presenti in rosa nel precedente campionato di C. Soprattutto, non può passare inosservato il riavvicinamento di tutta quella parte della tifoseria barese disillusa dalle vicissitudini societarie degli anni pre-2018. Basta sottolineare le presenze medie al San Nicola, attestate sui 24.587 spettatori (4.000 unità superiori a quelle del Palermo), con un picco di presenze (58.206 spettatori) nella sfortunata partita contro il Cagliari di Claudio Ranieri. Ma com'è possibile che nonostante tutto questo De Laurentiis sia sempre sulla graticola?
Se con «intuito imprenditoriale» intendiamo la capacità di creare valore economico, non si può dire che Aurelio de Laurentiis non ne abbia. La vera domanda è a chi giovi tutto questo valore creato. La parabola di De Laurentiis ricorda il mito di Re Mida: le squadre che tocca si trasformano in oro, ma i tifosi delle sue squadre non sembrano apprezzare questa dote. Il patron Filmauro ha indossato i panni di Luigi XIV, un sovrano rifugiato e rinchiuso nel proprio castello convito di fare il bello e il cattivo tempo. Tutto questo, ovviamente, non si ripercuote solo sui risultati sportivi delle squadre, ma anche e soprattutto nella disastrosa comunicazione.
A partire dal famoso «Sono io il vostro Cavani», passando per l'ultima uscita narcisistica – «Io sono la società» ha detto di recente in conferenza stampa – De Laurentiis sembra ricercare moderne versioni dialettiche di L'État, c'est moi! Come se non ci fosse nessun altro di indispensabile, fatta eccezione per lui.
L'ultimo disastro comunicativo targato DeLa è la conferenza stampa del 7 febbraio, in cui si è lanciato in una sorta di j'accuse generale. Si è parlato di Spalletti, di Garcia e di molti altri temi. Ma la gaffe più grande - siamo abbastanza sicuri sia stata involontaria - riguarda il declassamento del Bari a «seconda squadra», come fosse un serbatoio del Napoli. Nei fatti, che il Bari potesse essere considerato come vivaio del Napoli si poteva preventivare dal momento esatto in cui la Filmauro acquistava il titolo sportivo della squadra del capoluogo pugliese: è uno dei rischi delle multiproprietà in ambito calcistico. Sentirlo dire, però, fa tutto un altro effetto. La dichiarazione, tra l'altro, si pone in contrasto con tutto quanto lo stesso De Laurentiis aveva assicurato nel 2018 ai tifosi del Bari: «Dovete stare tranquilli, il Bari non sarà mai un’appendice del Napoli».
Come prevedibile, questa dichiarazione non ha fatto altro che scatenare l'ira dei tifosi baresi, già non esattamente allineati alla posizione della proprietà. Proprio qualche settimana fa, dopo la sconfitta interna con la Reggiana, i tifosi hanno bloccato le uscite dello stadio con all'interno ancora dirigenti e calciatori. Dopo la sconfitta di Palermo, invece, la dirigenza ha deciso di sollevare dall'incarico Pasquale Marino (già chiamato in corsa per subentrare a Michele Mignani) e di affidare la guida tecnica biancorossa a Beppe Iachini. Attorno alla squadra pugliese, che sta facendo parecchia fatica in questo campionato di B, non si respira una buona aria e la frase di De Laurentiis non ha fatto altro che gettare altra benzina sul fuoco.
Lo stesso figlio del patron, formalmente presidente del Bari, ha subito smorzato i toni e si è pubblicamente dissociato dal padre: «Voglio credere che le parole di mio padre siano state mal interpretate o che lui stesso non si sia espresso con chiarezza, perché ovviamente non è possibile parlare del Bari derubricandolo a seconda squadra del gruppo non solo perché non è vero ma, inoltre, non rende giustizia alla storia di questa piazza». Anche il sindaco di Bari, Antonio Decaro, è intervenuto per difendere il club della sua città, costringendo Aurelio De Laurentiis a scusarsi pubblicamente tramite un post su X.
Sulla gestione economica delle squadre, diciamolo chiaramente, difficilmente si può eccepire qualcosa. Ma tra la gestione di un imprenditore illuminato e quella di un uomo solo al comando il confine è sempre troppo labile. Il concetto è stato riassunto nella domanda del quasi novantenne giornalista Mimmo Carratelli a margine della conferenza stampa: «L'ambiente Napoli non è tranquillo, si è chiesto se per caso la causa di tutto questo non sia il brutto carattere?». La risposta di De Laurentiis, ovviamente, non poteva che riportare sé stesso al centro dell'attenzione, come imprenditore che «vi portato diverse volte in Europa, anche sopra la Juventus, senza imbrogliare».
Una cosa è certa: fin quando il leitmotiv di De Laurentiis sarà Lo Stato, sono io!, né Napoli né Bari faranno il salto di qualità che entrambe le piazze meritano e tutti gli sforzi, anche lungimiranti, dello stesso patron di Filmauro saranno vanificati.
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