Lazio-Roma (1-0) - Considerazioni Sparse
La Lazio ha la meglio in una sfida calcisticamente desolante.
Come da pronostico, all’Olimpico va in scena quello che da due anni è ormai il consueto Lazio-Roma brutto, sporco e bloccato, che può essere deciso solo da un episodio. Dopo 50’ arriva ed è l’avventato intervento di Huijsen, ma dare la colpa al 18enne alla prima da titolare sarebbe come guardare la pagliuzza senza accorgersi della trave, dal momento che in 90’ la Roma ha offerto una prestazione disarmante, producendo solamente una chance nel finale con Belotti su rimpallo;
Sarri sceglie di assecondare da subito la tendenza della gara a inclinarsi verso una zuffa da calcio fiorentino, optando per il centrocampo più muscolare possibile con Cataldi in regia e Vecino e Guendouzi (perfetto animale da derby) come mezzali. Mourinho risponde con il solito 3-5-2, con la raffazzonata difesa Kristensen-Mancini-Huijsen e davanti Dybala e Lukaku a cantare e portare la croce. La Lazio fa densità in mezzo e lascia l’ampiezza agli avversari, conscia delle ataviche difficoltà dei quinti giallorossi nel proporre qualcosa di calcisticamente sensato. I primi 45’ minuti si trascinano così stancamente all’intervallo, complice anche l’assenza degli attacchi alla profondità di Immobile, che avrebbe potuto quantomeno creare qualche grattacapo a un difensore aggressivo ma non sempre efficace nelle letture come Mancini;
Nella ripresa il match comincia e di fatto finisce con il rigore trasformato da Zaccagni. Quello che avviene dopo è qualcosa che risulta difficile ricondurre al gioco del calcio. La Roma ci prova senza uno straccio di idea di cosa fare con il pallone, la Lazio si chiude con ordine -del Sarriball non c’è nemmeno l’ombra e comunque può aspettare- e senza nemmeno troppa fatica, tanto che tirando le somme vanno più vicini i biancocelesti al 2-0 che la Roma al pari. Mourinho cambia 3 volte modulo o posizioni dei giocatori in campo e inizia ad inserire attaccanti a profusione, non rassegnandosi alla triste conclusione che il tempo passa, lo sport si evolve, e non basta appellarsi agli Dei del calcio come se fosse ancora il 2009;
Trovare un migliore in campo in una sfida del genere è un esercizio complesso, ma va evidenziata la prova della coppia centrale Romagnoli-Patric, sempre attenta nel contenere l'esuberanza fisica di Lukaku e nell'impedirgli di dialogare efficacemente con Dybala prima e con il fantasma di Pellegrini poi. Anche Vecino, preferito un po' a sorpresa al mistero Kamada, gioca una gara di grande sostanza e risulta fondamentale nel dare centimetri preziosi per evitare il mismatch nel gioco aereo. Castellanos si vede poco ma sullo stretto mostra colpi interessanti, nelle rare occasioni in cui si aprono dei barlumi di spazio nelle zone centrali. Gli uomini di Sarri hanno avuto il merito di lanciarsi nella battaglia nel fango senza perdere di lucidità, mostrando buona capacità di gestione e un'ottima dose di maturità. Per il calcio spettacolo non era partita, e probabilmente non è nemmeno stagione;
Risulta quasi impossibile esprimersi sui calciatori di una Roma ottava in campionato e giunta seconda in un abbordabilissimo girone di Europa League, che aveva la grande occasione di provare a puntare su un trofeo abbordabile (quantomeno per numero di match) come la Coppa Italia. Le speranze si sono dissolte però repentinamente, nell'ennesima prova sfiancante da seguire, proprio in una di quelle notti di coppa in cui era lecito attendersi che la stella di Mourinho dovesse brillare. A crescere è solo il numero dei derby persi, di pari passo con quello dei confronti con le squadre di alta classifica, sul quale il bilancio è persino peggiore di quello del vituperato Fonseca. Per il resto, la squadra sembra essersi appiattita su una mediocrità imbarazzante, non mostra alcuna forma di crescita sul piano del gioco o della solidità, e il fatto più grave è che nessun calciatore appare migliorato dal suo arrivo a Roma. Lo striscone "con Mourinho fino all'inferno" è ormai una dichiarazione d'intenti che si avvicina pericolosamente alla realtà.
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