I nostri articoli preferiti del 2023
Sedici pezzi che vale la pena leggere o rileggere.
Il 2023 sta per terminare e insieme a lui un pizzico degli sforzi che abbiamo fatto per offrirvi ogni giorno due pezzi ricchi, approfonditi, cercando di differenziarci dalla pigrizia solita che sequestra gran parte del giornalismo, sportivo e non solo, in Italia. Dall'anno scorso Sportellate è diventata un'associazione culturale, ed è scontato ricordarvi quanto il vostro contributo al nostro lavoro fa, e farà, la differenza per garantirvi un racconto analitico, strutturato, profondo.
Quest'anno, dicevamo, abbiamo scritto in media due articoli al giorno: in un anno fanno più di 500 pezzi. È stata dura, ma alla fine abbiamo scelto i migliori 16 di quest'anno. Inoltre, in questi giorni, potete votare sulla nostra pagina Instagram quello che vi è piaciuto di più; nel frattempo, se vi siete persi una di queste piccole arterie dell'anno di Sportellate, avete ancora tempo per rimediare! Ve li ho riassunti qui sotto: ciascuno ha un taglio particolare, qualcuno letterario, qualcuno divertente, qualcun altro ancora tattico. Ce n'è per qualsiasi tipo di lettore siate.
Buona lettura, e grazie: è stato un bel 2023 per merito vostro. Ci sentiamo presto, sempre qui.
Il calcio a Venezia visto da fuori
di Rocco Nicita
Per tutto l'anno ci siamo impegnati a raccontare il calcio da una prospettiva più intima, profonda, per qualcuno "nerd", per altri semplicemente troppo pesante. Eppure senza uno sforzo continuo, un impegno quotidiano nel cercare di parlare meglio di calcio – di letteratura sportiva – sono certo che non nascerebbero pezzi come questo reportage di Rocco Nicita. Nel 2023 abbiamo coperto spesso la Serie B le sue partite pazze, con i giocatori che sembrano usciti da un film di Vittorio De Sica, reali fino allo sfinimento, e speriamo di farlo ancora meglio nell'anno che verrà. Magari proponendovi altri reportage.
«Avvicinarsi allo stadio Penzo, quindi, non è più solo un'esigenza dei tifosi, ma un'esperienza che i non-tifosi vogliono vivere. Già dal tragitto si percepisce che non si tratta di un ambiente comune: si può scegliere se attraversare Via Garibaldi e poi proseguire a piedi fino all'Isola di Sant'Elena o, in alternativa, di prendere il Vaporetto fino alla fermata Sant'Elena. Un clima da gita delle superiori, in cui all'adrenalina della partita si mischia l'eccitazione del provare una cosa nuova. Se, invece, a piedi si decide di avventurarsi su un percorso secondario, percorrendo per esempio la Fondamenta de la Tana, si può incontrare gente che ormeggia la propria imbarcazione e che scavalca i muri (non proprio bassissimi) per arrivare sulla terraferma, scena ovviamente non replicabile in qualunque altra parte del mondo».
Ricomincio da tre
di Michele Cecere
Sembra passato un secolo dalla città in festa, bardata di nastri bianchi e azzurri come se volesse celebrare un momento che non sarebbe più tornato, una celebrazione laica del momento in cui il Napoli, e quindi Napoli, è tornato campione d'Italia. Provai a raccontare quella vittoria dal punto di vista emotivo, senza indugiare strettamente sul campo. Oggi che il Napoli vive la parentesi più delicata dell'era De Laurentiis, potrebbe farvi bene ricordarvi da dove siamo partiti, cosa ha significato per la città un trionfo del genere, e anche se i fatti di questi mesi ci hanno dimostrato che c'è un motivo se è una cosa che non è successa per 33 anni.
«L'estasi per il terzo Scudetto si nutre del bisogno fisico ed esistenziale che i tifosi hanno di sentirsi vivi in questo momento, tutti insieme. Per ricordare chi c'era, per abbracciare chi c'è, per raccontare a chi ci sarà il fascino inquietante di questa volta.
Di questa prima volta, cioè, in cui il Napoli è tornato campione».
Jannik Sinner è stato di parola
di Francesco Garamanti
Jannik Sinner si era già affermato come uno dei migliori tennisti del mondo nel 2021, ma la conseguente esposizione mediatica ha indotto a pensare che un normale processo di crescita avesse a che fare con una regressione tecnica. Non bastavano le parole di stima di campioni come Novak Djokovic o Rafael Nadal, il pubblico voleva una vittoria, un timbro con cui marchiare Sinner. Quel momento è arrivato a fine anno, con la vittoria della Coppa Davis, certo, ma ancora prima con la vittoria al China Open contro Daniil Medvedev con due set vinti al tie-break.
«Forse aveva ragione lui. Come aveva avuto ragione nell’estate del 2021, con la scelta rinunciare all'Olimpiade di Tokyo per prepararsi al meglio alla seconda parte di stagione. Un titolo 500, la top 10 in classifica e il debutto dalle Finals da alternate. Forse proprio l’Olimpiade mancata è stata la grande colpa agli occhi di quella stampa che pochi giorni fa, con lessico da regime di guerra, gli ha rimproverato di aver «disertato» la Nazionale con la enne maiuscola. Lo ha intimato di «chiedere scusa al Paese», magari cospargendosi il capo di cenere per fare ammenda in quanto traditore della patria.
Alle critiche più o meno autorevoli, però, Sinner ha sempre risposto coi fatti. I fatti sono ciò che contano nella sua visione pragmatica dello sport e della vita. Tutto si può affrontare con il lavoro e c’è sempre uno spigolo da limare. Fatti. Anche dopo esser stato di parola. Spostando un po’ più in là il prossimo impegno da mantenere».
Ma quindi il Manchester City è una squadra meccanica o creativa?
di Damiano Primativo e Matthias Galbiati
Il dibattito più radicale scoppiato in quest'anno di profonde trasformazioni tattiche. Il gioco di posizione reprime l'immaginazione dei giocatori o la moltiplica, facendoci sembrare normali azioni che non lo sono per niente? Il pensiero calcistico può essere allenato? Quand'è che la ricerca di Guardiola per il controllo degli eventi in una partita diventa un'ossessione? Matthias Galbiati e Damiano Primativo, partendo da posizioni opposte sull'argomento hanno riflettuto su questi argomenti e non solo.
«Adesso parliamo di calcio. E di come alcune squadre, e quelle allenate da Pep Guardiola in particolare, sembrino riverberare della stessa “intelligenza immortale” della Ravenna bizantina. Squadre che appaiono come “organismi” finemente pianificati, “insiemi molteplici senza disordine” che si prefiggono di sottomettere al loro controllo l’aleatorietà del calcio, in un modo molto simile a come le città (ma più in generale le civiltà) sono nate per contenere l’aleatorietà della natura».
L'Italia Under-20 è una boccata d'aria fresca
di Massimiliano Bogni
La Nazionale Under-20 allenata da Nunziata, arrivata in finale del Mondiale poi persa contro l'Uruguay, è stata un antidoto al racconto dell'apocalisse che a volte dipingiamo sul calcio italiano e la sparizione dei talenti. Il talento c'è, è sembrato dirci questa nazionale di giocatori poco popolari ma colmi di qualità, basterebbe puntarci e provare a valorizzarlo.
«È il 22 settembre e Carmine Nunziata, allenatore dell'Italia Under 20, già sa. Sa che Coppola, Miretti, Fabbian, Terracciano, Fazzini, Nasti e Volpato sarebbero potuti non essere del gruppo della Nazionale in Argentina e che, ormai, Scalvini e Gnonto sono fuori portata. Insomma, sa che i nomi con cui dovrà costruire la sua rosa per il Mondiale Under 20 sono da cercare tra quelli meno glamour del panorama italiano. Eppure, se ai primi di giugno del 2023 siamo a parlare di "esaltazione della battaglia" che "non può essere la via maestra nel percorso formativo" dopo la terza panchina consecutiva di Simone Pafundi nella FIFA U-20 World Cup 2023, Carmine Nunziata ha avuto ragione» come ha scritto Massimiliano Bogni.
Metti un giorno a vedere la Pro Recco
di Gabriele Moretti
A metà giugno siamo andati a vedere Pro Recco - Olyimpiakos, partita di Champions League di pallanuoto che ha fatto breccia nella testa e nel cuore di Gabriele Moretti. Non è un pezzo per tutti: è una riflessione personale, forte e dolce insieme, come solo certe grandi pagine di narrativa sanno essere.
«Nella mia infanzia di bambino nato e cresciuto sulle rive del Levante genovese e che non ha mai giocato a pallanuoto, la pallanuoto non era un semplice sport. Ai miei occhi ingenui, quei quattordici bestioni che facevano friggere l’acqua della piscina a furia di bracciate, stavano compiendo la reiterazione di un rituale arcaico, una specie di titanomachia che vedevo raffigurata tutti i giorni sulle pareti della mia stessa casa. All'epoca vivevo in un palazzo che se ne stava aggrappato sul versante della collina, stretto tra la spiaggia, una viuzza tortuosa e lo Sturla, il torrente che dà nome al quartiere. L'edificio era conosciuto da tutti come “il palazzo degli atleti”, perché le pareti esterne ed interne erano, e sono tutt’ora, decorate con stucchi e bassorilievi raffiguranti nuotatori e pallanuotisti che io osservavo con la stessa fascinazione del contadino medioevale di fronte ai racconti biblici scolpiti sulla facciata di una cattedrale. Affacciandomi dalla finestra della cameretta o dal balcone, poi, vedevo la spiaggia interrotta dalla sagoma della piscina e le bandiere verdi e bianche della Sportiva Sturla sventolare fradice di salsedine davanti alle mareggiate».
L'Aston Villa è uno spettacolo
di Federico Sborchia e Francesco Bonsi
Unay Emery si è rivelato ancora una volta il maestro delle underdog, un allenatore capace di ottenere il massimo da se stesso e dalle squadre che allena se parte sfavorito. Tra novembre e dicembre di quest'anno l'Aston Villa ha battuto: Arsenal, Manchester City e Tottenham. Federico Sborchia e Francesco Bonsi hanno dedicato un'analisi rigorosa e profonda ai pattern di gioco dei villans, una squadra temibile per tutti in Premier League.
«Capire dove possa arrivare l’Aston Villa oggi rimane difficile, ma non possiamo non notare come poche squadre siano riuscite a integrare così bene e così rapidamente i concetti di un nuovo allenatore. Se i Villans oggi possono giocare per l’Europa, molto del merito passa soprattutto dal lavoro di Emery, che nel prendere questa squadra si è messo nuovamente in gioco e che, a oggi, sta ottenendo dei risultati incredibili».
La questione palestinese sta dividendo alcune tifoserie
di Simone Tommasi
Una panoramica sulle divisioni interne alle tifoserie europee dopo l'invasione israeliana della Striscia di Gaza. «Nel reagire all'esposizione dei simboli pro-Palestina sugli spalti del proprio stadio, il Celtic ha ricordato di essere "una squadra di calcio e non un'organizzazione politica". Qual è però l'accezione in cui si può parlare di politico o meno?» ha scritto Simone Tommasi.
John Stones: il primo falso centrale
di Michele Cecere
Il 2023 è stato l'anno di alcune invenzioni tattiche peculiari, dicevamo, e quella più celebre è sicuramente stata quella del "falso centrale" cucita da Guardiola addosso alle qualità di John Stones. Lo ricordavamo come difensore elegante, un po' superficiale nella marcatura, e ce lo siamo ritrovati a dominare in Champions League come mediano o addirittura mezzala in fase di possesso.
La delicatezza di Riccardo Saponara
di Federico Castiglioni
Il ritratto del giocatore italiano più originale che abbiamo visto negli ultimi anni, scritto poche settimane dopo l'annuncio dell'addio di Saponara dalla Fiorentina. Ogni tanto ancora subentra nelle partite del Verona, ed è sempre un piacere meravigliarci di ciò che Saponara è in grado di fare su un campo da calcio.
«Sarà l'aria della piana fiorentina. O sarà per la comune idea di calcio dei due allenatori, evidentemente adeguata a metter in risalto le sue qualità. O forse per la loro capacità empatica, o magari per un particolare fiuto, quel feticcio che certi tecnici hanno per i talenti delicati e meravigliosi. E in effetti Saponara è quel tipo di giocatore: estroso e intelligente in campo, tagliato su misura per il calcio concepito dai due tecnici. Il giocatore ideale per un gioco di tipo posizionale, dove lui è il fantasista che può permettersi la libertà di illuminare il sistema con assoli geniali, tali da esaltare l'armonia del tutto».
Federico Dimarco, bravo a cadere
di Alex Campanelli
Alla fine del 2023 è facile riconoscere il talento estroso di Dimarco, la sua trasformazione in un terzino completo, capace di giocare titolare nell'Inter finalista di Champions League. Fino a qualche anno fa, però, sarebbe stato utopico solo pensare a tutto questo: Alex Campanelli ci racconta la parabola umana e calcistica di Dimarco, tra i prestiti in provincia e il ritorno in nerazzurro.
«Eppure sono stati davvero tanti i momenti in cui in molti avevano pensato che Dimarco potesse essere un bluff, un fuoco di paglia, un giocatore fumoso o, nel migliore dei casi, un ottimo calciatore per una squadra da metà classifica. Il numero 32 dell'Inter condivide con Rkomi l'infanzia trascorsa a Calvairate, ma è un pezzo di un cantautore cresciuto in un altro quartiere di Milano, Fabio Rizzo da Barona in arte Marracash, a riassumere efficacemente la sua storia: se Dimarco è arrivato in alto, è anche perché è stato bravo a cadere».
La tragedia greca alle ATP Finals
di Matteo Petrera
David Foster Wallace ha reso i reportage sul tennis una specie di Bibbia per la letteratura sportiva, riuscendo a spaziare dal particolare al generale, e rendendo le sue pagine narrative un incrocio tra generi diversi. Noi non siamo David Foster Wallace ma ci abbiamo provato lo stesso: Matteo Petrera è andato a vedere le ATP Finals nel giorno in cui Tsitsipas si è ritirato al terzo game contro Rune. Ne è uscito un articolo scritto come una tragedia greca, in cui si intrecciano frustrazione, tennis e vita vera. Insomma, una di quelle cose divertenti che non faremo più.
«Tsitsipas entra per secondo. Ha un'espressione seria, e adesso che lo riguardo sembra pensieroso. Prende per mano la bambina che lo stava aspettando e si dirige verso la sua postazione. Con i miei amici commento il colore rosso della sua sacca Wilson; dal maxischermo dà l'impressione di essere nettamente più acceso e squillante di quanto effettivamente sia».
Nessuno gioca come il Catanzaro
di Rocco Nicita
Ci siamo dedicati molto alla Serie B, dicevamo. Eccone un altro esempio: un pezzo rigoroso sul Catanzaro di Vivarini e la sua originalità tattica per il contesto della serie cadetta. Il pezzo contiene: lunghe digressioni sul significato musicale di "dinamica", la trasformazione del modulo del Catanzaro da 4-4-2 a 3-2-2-3, e soprattutto Jari Vandeputte.
Il meglio e il peggio del cibo da stadio
di Simone Tommasi
Se c'è una cosa che ho imparato leggendo i pezzi di Simone Tommasi è che si fa domande a cui non hai mai pensato, e che a un certo punto iniziano a infilarsi nella tua corteccia cerebrale fino a farti concludere l'articolo e volerne sapere molto di più. Ecco un breve trattato sociologico su cosa mangiano i tifosi delle squadre di calcio quando vanno allo stadio, con tanto di ranking "quanto volentieri lo mangerei". Se non è da top 16 questo, non so cosa potrebbe esserlo.
«Che voi siate al Renzo Barbera o al Druso di Bolzano, c'è un campionario più o meno definito di pietanze che finiscono sotto il cappello di "cibo da stadio": pop corn, patatine, noccioline, panini vari, hot dog, forse qualche specialità locale come strappo alla regola. Ma nel resto del mondo? Cosa mangiano i tifosi dei campioni del Giappone, i fan di una squadra di metà classifica guatemalteca o gli accaniti sostenitori di un team di non-league britannica?».
Vivere il Clasico a Rosario
di Rosa Scamardella
Ormai lo avrete capito: ci piacciono gli articoli intimi, quelli in cui è impossibile slegare il contenuto dall'esperienza dell'autore. Il giornalismo – siamo giornalisti? siamo scrittori? – che tracima nella letteratura, insomma, e senza tirarcela tanto quest'anno possiamo dire di aver ospitato molte belle pagine. Tra queste il pezzo di Rosa Scamardella sull'ultimo derby Rosario Central - Newell's Old Boys, giocatosi a ottobre.
«Cala la notte e Rosario sta per addormentarsi. Le stelle sembrano serene e so pure che la Luna è in Ariete. Lo so perché Juan Cruz Sirius, l’astrologo che aveva previsto il trionfo ai mondiali in Qatar, dopo aver studiato le carte natali delle due squadre, ne ha parlato come di un fatto rilevante. Dal 1970, dieci classici si sono giocati con la Luna in Ariete: sei finiti in parità, i restanti quattro vinti due per uno. È la luna che più tende alla parità. Quindi pareggio. Le stelle si sono sbagliate, penso rientrando a casa dopo il mio primo asado, il mio primo “Fernandito” (quel mix di Fernet e Coca-Cola che fa impazzire gli argentini), il mio primo mate, insomma dopo aver inanellato tutte le pratiche per la cittadinanza in questo posto che mi accoglie e che amo».
Qual è la migliore canzone di FIFA?
di Federico Sborchia, Simone Tommasi
Scommetto che chiunque di voi che è arrivato alla fine di questo pezzo sui pezzi – mi ero ripromesso di scrivere questo disgustoso gioco di parole almeno una volta – ha giocato a FIFA. Anzi, rilancio: sono sicuro che ci avete giocato così tanto da aver inconsciamente memorizzato la colonna sonora delle varie edizioni, e magari vi ricordate la vostra canzone preferita. Noi abbiamo cercato di raggruppare le migliori canzoni della storia di FIFA, adesso che non si chiama più così, e le abbiamo classificate.
«Quanto è difficile trovare un appassionato di calcio nato dopo gli anni Ottanta che non abbia preso almeno una volta in mano un joystick per una partita a FIFA? Che fosse per una scintillante carriera in cui ha portato lo Zulte Waregem a vincere tre Champions League di fila, per avere l'ebbrezza di controllare Ronaldo in campo durante una partita tra amici o per giocare la Weekend League, FIFA è stato forse il più grande esempio di esperienza collettiva intergenerazionale. Il prodotto di punta della EA, che negli anni è finita per attirare un certo odio per il modo in cui ha trasformato il suo gioco in una gallina dalle uova d'oro, ha comunque segnato un'epoca durata quasi trent'anni, a cui ogni giocatore ha legato dei ricordi unici».
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