L'uomo che lasciò in eredità un attaccante a sua moglie
Storia del principe Raimondo Lanza di Trabia, che possedeva personalmente l'attaccante del Palermo Enrique Martegani.
Sbadiglia una finestra / sul fiume silenzioso / e nella luce bianca / galleggiando se ne van / un cilindro / un fiore e un frack.
Domenico Modugno, Vecchio Frack (1955)
Un frac, probabilmente, Raimondo Lanza di Trabia non lo ha mai indossato. Lo sapevano bene i suoi amici, tra cui anche Domenico Modugno, che si prende questa piccola licenza poetica per raccontare gli ultimi istanti di vita del nobile palermitano, l'uomo che gli aveva a suo tempo aperto le porte degli ambienti romani e del successo. Si presentava infatti ai ricevimenti in tuta da pilota, ai matrimoni con i vestiti di tutti i giorni, accoglieva gli ospiti in vestaglia o di sovente completamente nudo. Ed è nudo che viene ritrovato sull'asfalto di via Ludovisi a Roma, sotto una finestra spalancata dell'Hotel Eden. Tra i primi ad accorrere, sconvolti dalla tragedia, ci sono alcuni dei suoi frequentatori abituali: Gianni Agnelli, Curzio Malaparte e molti altri.
Il principe Raimondo Lanza di Trabia è morto - suicidandosi? Non lo sapremo mai con certezza - il 30 novembre del 1954, a soli 39 anni. In vita era stato tutto, nel senso più assoluto del termine. Amico dei più grandi gerarchi fascisti, informatore dei partigiani, presenza fissa nei salotti romani e nei party di Hollywood, buona forchetta, gran bevitore, dandy, amante, marito. Ma anche abile spadaccino, gran pescatore, pilota di auto da corsa, prima semplice dirigente e poi presidente del Palermo, inventore del calciomercato per come lo conosciamo oggi, proprietario a titolo personale di un giocatore di calcio. Ricordando la sua scomparsa, Domenico Modugno dirà: "La interpretai come il segno struggente della fine di un’epoca."
Chi era Raimondo Lanza di Trabia?
L'11 settembre 1915, mentre ai confini dell'Italia infuriano le prime battute della Grande Guerra, nasce nella tranquillità della campagna lombarda Raimondo, figlio di Maddalena Papadopoli Aldobrandini. Il padre è il nobile siciliano Giuseppe Lanza Branciforte Florio di Trabia - impegnato in quel momento al fronte come volontario - ma, di fatto, nessuno dei due genitori può riconoscerlo. Maddalena è sposata con un altro uomo e quindi per Raimondo - e per il fratello Galvano - niente cognomi altisonanti, niente infanzia tra ville e servitù e niente titoli nobiliari. A cambiare il destino di Raimondo sarà, come in un ideale seguito de I Leoni di Sicilia, sua nonna Giulia Florio, figlia di Ignazio. Alla morte di Giuseppe nel 1927, la Principessa di Trabia riconosce i nipoti, anche grazie ad una legge fatta promulgare ad hoc da Mussolini: Galvano resterà con la madre, mentre Raimondo scenderà a Palermo con la nonna.
Divenuto a tutti gli effetti un Lanza Branciforte di Trabia, Raimondo cresce nella villa di famiglia, immerso in un'atmosfera da romanzo di Tomasi di Lampedusa. Da ragazzino preferisce l'avventura allo studio, innamorato del mare della sua Sicilia, da ventenne è già U Principi negli ambienti dell'aristocrazia palermitana, che frequenta con un ruolo da protagonista, ma che lo annoia terribilmente. "Il miglior medico di Palermo è l'Alitalia" suole ripetere, e a metà degli anni '30 atterra a Roma, dove non ci mette molto a farsi strada nei salotti bene, trascinato dal suo fascino e dalla sua personalità. Convinto fascista ai tempi, nella capitale stringe una salda amicizia con Galeazzo Ciano e Edda Mussolini. Con la seconda si narra ci sia stata più di una notte d'amore, all'insaputa dell'amico Galeazzo.
Anche in virtù del rapporto con il genero del Duce, allo scoppio della Guerra Civile spagnola Raimondo Lanza di Trabia parte alla volta di Guadalajara come agente segreto del regime fascista. Alla fine del conflitto fa ritorno nei suoi salotti - tra politici, artisti e belle donne - con una medaglia al valore in più e fa la conoscenza di Susanna Agnelli, con la quale inizia una relazione. Scriverà di lui in Vestivamo alla Marinara: "Quando entrava in una stanza era come un fulmine. Tutti smettevano di parlare o di fare quello che stavano facendo. Gridava, rideva, baciava tutti, scherzava. Divorava il cibo come un giardino assetato in un deserto, suonava il pianoforte, telefonava e mi teneva la mano, tutto contemporaneamente". Entusiasmo sfrenato e una personalità straripante, che celano dietro di loro una latente malinconia e i primi segnali di una probabile depressione.
La Seconda Guerra Mondiale interrompe la "Dolce Vita" di Raimondo Lanza di Trabia, che per i primi tre anni del conflitto è tenente del Règio Esercito. Nonostante la sua convinta adesione al fascismo, dopo l'armistizio cambia casacca, curando il collegamento tra l'esercito italiano e le forze alleate e divenendo addirittura informatore dei partigiani. A cavallo del conflitto mondiale frequenta Curzio Malaparte, Alberto Moravia e Luchino Visconti, è presenza fissa alle feste di Ranieri di Monaco, fa amicizia con Anna Magnani e Aristotele Onassis, siede spesso alla tavola dello Scià di Persia, Tazio Nuvolari gli dà lezioni di guida. Sono gli anni in cui presenta Domenico Modugno - conosciuto in Sicilia - alla Roma bene, aprendogli le porte del successo. Quando è Raimondo ad avere ospiti, li riceve nel Castello di Trabia, che ha fatto personalmente ristrutturare.
Spinto dalla sua voglia di avventura, di novità e di stimoli viaggia spesso negli Stati Uniti e finisce per entrare nel mondo di Hollywood. Lì diventa buon amico di Errol Flynn - con cui condivide il carattere spavaldo e sopra le righe e la passione per l'alcool - e ama numerose attrici, tra cui Rita Hayworth, Carroll Baker, Joan Crawford e Olivia de Havilland. L'attrice che conquista definitivamente il suo cuore è però l'italiana Olga Villi, da cui avrà due figlie e a cui sarà legato fino alla morte. Padrino della secondogenita è Gianni Agnelli, con cui Raimondo Lanza di Trabia ha mantenuto uno stretto rapporto anche dopo la fine della relazione con Susanna e che contribuirà ad avvicinarlo al mondo del calcio.
Il Palermo, la vasca da bagno e la nascita del calciomercato
Gli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale sono anni di grande fermento in Italia, c'è voglia di ricostruire e tornare a vivere. Raimondo Lanza di Trabia, in nome del suo spirito intraprendente, abbraccia appieno questa stagione di rinascita e lo fa buttandosi sullo sport. Inizia con una delle sue passioni - le auto - e nel 1948 fa rivivere la Targa Florio, che non si teneva dall'inizio del conflitto, ma quasi in contemporanea entra anche nella dirigenza del Palermo, guidato ai tempi da aristocratici siciliani. Questo suo ingresso nel mondo del calcio non fa che rinsaldare l'amicizia con Gianni Agnelli, che Lanza di Trabia prende come modello: il sogno è far diventare il Palermo la Juventus del Sud Italia.
Al Palermo il principe di Trabia si occupa della compravendita dei giocatori, guidato da una sconfinata ambizione nel cercare il miglior giocatore al mondo per il suo Palermo. Uno molto forte, ma dal carattere intrattabile, glielo consiglia l'amico Gianni Agnelli: si chiama Helge Bronée e gioca per il Nancy. 40 milioni di lire ed è del Palermo. Assieme a lui Lanza di Trabia prende in prestito dalla Lazio un gigantesco turco che una volta fece scansare un portiere per quanto forte tirava: Şükrü Gülesin, con cui il nobile palermitano si trova subito in sintonia. Sono trattative condotte durante la stagione, nei luoghi più disparati, non è il calciomercato come lo intendiamo oggi. O meglio, non lo è ancora: Raimondo Lanza di Trabia lo sta per inventare.
Assieme al suo allenatore, Gipo Viani, e a due sue buone conoscenze, il presidente della SPAL Paolo Mazza e quello del Cesena Conte Alberto Rognoni, ha l'intuizione di concentrare tutte le trattative di compravendita dei giocatori a fine stagione e tutte nello stesso luogo: l'Excelsior Hotel Gallia di Milano. Il lussuoso albergo diviene un crocevia di dirigenti, calciatori, allenatori, giornalisti e presidenti. Viene soprattutto eletto dal principe a sua residenza milanese, con la suite che diventa parte integrante dello scenario del calciomercato. Riceve i suoi interlocutori in vestaglia, o direttamente nudo nella vasca da bagno. A uno stupito Luigi Bonizzoni (allenatore del Palermo nella stagione 1952/53) risponderà: "Cosa vuole? Che la riceva in frac forse?".
Nel 1951 assume la carica di presidente del Palermo, che mantiene per circa un anno. Neanche nella nuova posizione perde l'animo spavaldo e giocoso. I suoi scherzi gli costano una sfida a duello da parte del barone Arcangelo Alù, che mette in palio anche la guida del Palermo. Raimondo accetta, ma chiede ad Emilio Salafia di dargli una mano nella preparazione. Chi è Salafia? La medaglia d'argento nella sciabola ai Giochi Olimpici del 1928 e del 1932. Il duello viene interrotto dopo poche stoccate, perché lo sfidante rischia seriamente la vita sotto i colpi da professionista di Lanza di Trabia.
L'anno successivo lascerà la presidenza dei rosanero, rimanendo una delle personalità di spicco della dirigenza e a tessere i fili del calciomercato da lui inventato. Raimondo Lanza di Trabia in quegli anni è all'apice assoluto: benvoluto, ammirato, famoso, immerso nel lusso e protagonista delle feste. Spregiudicato ed edonista, gestisce in modo molto leggero i suoi soldi e appare sempre sopra le righe, portando però ancora con sé un notevole bagaglio di demoni che lo tormentano da dentro. Paillettes e tappi di champagne che saltano, mentre dentro e fuori tutto lascia quasi presagire una fine. Di un'epoca e di una vita.
Un calciatore in eredità
Torniamo all'inizio del nostro racconto. Il corpo senza vita del Principe di Trabia giace sull'asfalto romano, precipitato dalla finestra dell'albergo dove alloggiava. È appena finita così una vita vissuta ai 100 all'ora, terminata per mano della stessa persona che l'aveva condotta guidando come il suo amico Nuvolari. O meglio, questa è la versione ritenuta più probabile. Raimondo Lanza di Trabia ha deciso di uccidersi per problemi di salute mentale e degli affari in costante peggioramento. C'è chi afferma - aiutato dalla mancata autopsia e da altre incongruenze - che la morte sia legata alla mafia o a quello che sarà il delitto Mattei.
L'unica cosa certa è che l'ex presidente del Palermo è morto e che c'è un consistente patrimonio da spartire tra gli eredi. Lanza di Trabia, per un ultimo coup de théâtre e stupire la moglie da morto, le farà sentire dal notaio: "Signora, ha ereditato un calciatore". Sì, un calciatore. Per la precisione un attaccante di un metro e ottanta per ottanta chili, argentino, di nome Enrique Martegani. Raimondo lo aveva acquistato nel 1952 dal Padova con i suoi soldi e dunque Martegani faceva parte del patrimonio personale del Principe di Trabia. Forse il lascito più significativo di quel calciomercato condotto tra serate e feste con scene alla Babylon inventato proprio dallo stesso Raimondo Lanza di Trabia
Martegani ha terminato la stagione 54/55 come proprietà di Olga Villi vestendo la maglia del Palermo, per poi andare a chiudere la carriera alla Lazio. È morto a 81 anni nel 2006. La già sufficientemente romanzesca vicenda del suo passaggio in rosanero ha alimentato voci e leggende.
Una sosteneva che Lanza di Trabia tenesse Martegani nel cortile della sua residenza per allietare gli ospiti con i suoi palleggi. L'assurda storia è nata dalla risposta data dal Principe di Trabia al suo allenatore, che non voleva Martegani e non sapeva dove inserirlo. "Vorrà dire che lo terrò a palleggiare in giardino" si dice sia stata la chiosa del presidente del Palermo.
L'ultimo colpo di teatro di Raimondo Lanza di Trabia è anche sconfinato nel vero teatro. Garinei e Giovannini a lui si ispirano per la commedia La padrona di Raggio di Luna, che si sviluppa dalla scoperta di una donna di aver ereditato un calciatore. Un ulteriore sigillo ad una vita che si può facilmente definire teatrale a tutti gli effetti. Lo stesso Raimondo Lanza di Trabia l'ha riassunta così:
"Se avessi seguito le regole sarei stato sempre bastardo. Non avrei buttato piatti di vermeil e reliquie di santi tra i flutti. Non avrei amato Magdalene. Non avrei fumato oppio. Non avrei amato la morfina e l’alcol. Non avrei risparmiato la vita a un comandante repubblicano in cambio del suo impermeabile. Non avrei fuso 72 motori. Non avrei comprato un uomo. Non avrei ballato coi tonni in punto di morte. Non saprei che gusto si prova ad andare in giro nudo. Non saprei se le americane baciano meglio delle italiane. Be’, mi sarei perso molte cose"
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