La Roma femminile ha fatto una piccola impresa
Il pari contro il Bayern Monaco in Women's Champions League è un capolavoro.
L'aria d'Europa non ridimensiona la Roma femminile di Alessandro Spugna, unica compagine italiana ammessa tra le sedici squadre disputanti la Champions League. Anzi, il 2-2 in rimonta nel match d'esordio della fase a gironi non è solo un risultato da "Davide contro Golia", ma può essere un altro segnale di maturazione e crescita della squadra giallorossa, sulla carta Cenerentola del Girone C ma alla prima prova sul campo capace di mostrare un livello tecnico e tattico degno, se non a tratti superiore, rispetto alle avversarie.
Livello che il Bayern Monaco fissa alquanto in alto, come punta di diamante insieme al Wolfsburg del calcio femminile tedesco. Le bavaresi, oltre ad essere campionesse di Germania e in quanto tali una delle sole quattro ammesse di diritto alla fase a gironi, è una squadra che dal 2019 ha sempre raggiunto almeno i quarti della Champions League femminile.
Nella scorsa annata, fu l'unica squadra a battere - ai gironi - le future campionesse d'Europa del Barcellona, compagine con la quale, in riferimento all'ultimo triennio, potrebbe bastare una mano per contare le volte in cui è uscita sconfitta dal terreno di gioco, tanto in campionato quanto in coppa. Lo ha constatato anche la Roma sempre nella scorsa Champions, battuta di misura 0-1 all'Olimpico ma poi travolta 5-1 in terra catalana.
Una partita alla pari
Eppure, la partita ci ha mostrato un'immagine del divario tra Bayern e Roma alquanto ridotta. Anche nelle statistiche: possesso palla, numero di conclusioni, passaggi tentati e riusciti, duelli vinti; tutti valori pressoché in parità. Secondo Fbref, il Bayern spicca solo sugli xG (2.2 contro l'1.3 delle giallorosse), ma è comunque indicativo che il valore più alto (0.53) per le conclusioni del Bayern sia la prima rete di Damjanovic, arrivata dagli sviluppi di una punizione laterale.
Le due squadre si sono in buona sostanza equivalse nella prestazione, pur con la sensazione che la Roma abbia portato la partita sul terreno che voleva, tarpando il Bayern nei suoi concetti di gioco più usuali e obbligando le tedesche a un gran numero di giocate forzate.
Lo stesso doppio vantaggio del Bayern, che poteva dar l'impressione di una partita irrimediabilmente indirizzata, è stato in buona sostanza episodico. Al di là del vantaggio al 26' di Damjanovic - rete probabilmente viziata da offside, ma la fase a gironi della UWCL non prevede il VAR -, le tedesche sono riuscite a sviluppare con efficacia solo a cavallo dell'intervallo e nel finale di gara, frangenti di partita dove la sofferenza fisica e mentale della Roma era al picco e arrugginiva i suoi meccanismi difensivi.
Se da una parte è vero che la centrale giallorossa Minami, oltre ad aver giocato complessivamente un'ottima partita, ha sventato un paio di occasioni al limite dell'irreale (salvataggio sulla linea ai danni Lohmann al minuto 86: quattro minuto dopo Giugliano fa il 2-2), dall'altra il raddoppio tedesco a trenta secondi dalla fine del primo tempo arrivava su autorete con doppia deviazione, senza che Ceasar tra i pali avesse avuto seriamente, fino a quel momento, occasione di sporcarsi i guantoni, e fosse stata alla fine la Roma ad aver creato più situazioni offensive pericolose.
Il maggiore rimpianto del Bayern, oltre all'occasione di Lohmann, sta forse nell'avvio di ripresa, con le due grosse chances sventate da proprio Ceasar che potevano valere il ko. Al rientro il campo la Roma è apparsa ancora frastornata dal 2-0, ma dopo la sbandata dove le bavaresi hanno peccato di cattiveria sottoporta, le giallorosse hanno ripreso il filo del loro piano gara. Piano al quale Bayern, forse senza rendersene del tutto conto, ha finito per adagiarsi senza prendere contromisure, forte del parziale e di una apparente sensazione di controllo.
L'analisi tattica: pressione ed esterni
Come il match analyst Nicola Lozupone ha scritto per Ceretta, una chiave della gara per la Roma poteva essere quella di portare una sistematica pressione sul portatore di palla cercando di non scoprire i mezzi spazi. Ed è proprio quello che Spugna ha chiesto alle sue ragazze, dove in fase di non possesso sono state capaci di compiere un pressing molto intenso sui novanta minuti, ben orientandolo e sempre tenendo le linee tra difesa e centrocampo ben strette e sature.
L'aggressività del forcing senza palla della Roma ha condizionato la capacità di trovare soluzioni in avanti da parte del Bayern, frustato nelle possibilità di ricevere tra le linee (cattedratica la prova di Kumagai a schermo della difesa) e solo con difficoltà capace di sfogare sugli esterni, grazie alla ricercata spinta sistematica delle terzine Naschenweng e Gwinn.
Non a caso, l'altra chiave della gara della Roma è stato il mismatch tra le laterali tedesche e le proprie ali offensive, Emilie Haavi e soprattutto Evelyne Viens, peraltro autrice del momentaneo 2-1. Le due esterne sono state il deus ex machina dell'impianto tattico di Spugna: hanno giocato una gara di enorme sacrificio, chiamate a seguire in ripiegamento le rivali fino alla propria area, e nonostante questo sono riuscite ad esser soluzione efficace nell'uscita bassa, tanto in costruzione quanto nelle transizioni.
Se il Bayern, in linea con il suo approccio sempre offensivo, è più volte riuscito a recuperi alti nella zona centrale, sui lati si è invece trovato spesso scoperto, grazie proprio alla facilità negli 1vs1 di Haavi e Viens.
Questo fattore per il Bayern è stata una matassa non districabile: per quanto concetto giusto in astratto, l'orientare la costruzione della Roma sugli esterni è stata una situazione che ha favorito le giallorosse, capaci proprio in quella zona di superare la linea di pressione avversaria. Questo, sia prendendo "in mezzo" le terzine avversarie con combinazioni in superiorità numerica (importante l'apporto di Di Guglielmo a supporto a destra), sia strappando in dribbling, principalmente con l'esuberanza atletica di Haavi.
Molto indicativo a tal proposito un particolare dato statistico, l'unico veramente divergente tra Roma e Bayern: i 17 dribbling tentati e 10 riusciti delle giallorosse, contro gli appena 6 e 2 riusciti delle bavaresi. La Roma ha da un lato mostrato di avere qualità per creare superiorità numerica, riuscendo oltretutto ad essere più efficace nella finalizzazione, dall'altro è stata sempre abile e attenta a non concedere situazioni del genere alle avversarie, limitandone la maggior caratura tecnica complessiva.
Manuela Giugliano, eccellenza nazionale
In tema di qualità, nelle file romaniste va menzionata la gara di Manu Giugliano. La numero 10 ha giocato per certi aspetti una partita minimale, almeno per quanto riguarda il contributo nel palleggio, eppure decisiva e non solo a causa della firma sul 2-2.
Per chi ha seguito regolarmente la Roma e la Nazionale femminile, fa strano vedere Giugliano così poco coinvolta nella costruzione bassa: negli ultimi due anni in giallorosso con Spugna, sembrava essersi portata a compimento l'evoluzione della calciatrice veneta in metronomo davanti alla difesa. Invece ora, con l'arrivo in estate della giapponese Kumagai e il suo posizionarsi come vertice basso di busquetsiana memoria, l'allenatore ha rivisto raggio d'azione e compiti di Manuela. Da play a mezzala rifinitrice: se possibile, esaltandone ulteriormente le qualità.
La parziale riduzione degli incarichi in fase ripiegamento e l'avvicinamento all'area di rigore stanno evidenziando le abilità creative di Giugliano. Nella gara di ieri, il peso delle sue giocate nell'ultimo terzo di campo è stato decisivo: 1 gol, 1 assist, 5 passaggi chiave (due su azione), 7 Shot-Creating Actions. Giugliano ha galleggiato abilmente nei mezzi spazi lasciati scoperti dal Bayern nelle fasi di pressione, spazi risaltati dai dribbling delle esterne della Roma.
E da lì, sguardo alla porta, ha trovato spesso le giuste imbucate e i giusti tempi di inserimento per far male alle avversarie. Tutto questo, non lesinando la propria partecipazione alla fase di riaggressione soprattutto sulle seconde palle, architrave su cui Spugna ha preparato la gara. Ordine al caos, direbbe qualcuno.
Contro la diffusa impressione di pochezza del calcio femminile italiano, Manuela Giugliano appare l'unica vera eccellenza, maturata e compiuta, che l'Italia può sfoggiare a livello internazionale. Lei e la Roma stessa, mostratasi così capace di mettersi a sedere con personalità al tavolo delle grandi, nel più prestigioso dei ristoranti. Andata la prima portata, è da scoprire se e come le giallorosse saranno capaci di proseguire: Ajax e PSG sono due pietanze che facilmente potrebbero diventare indigeste. Ma per quanto ridotto, c'è un piccolo margine affinché questo pareggio non rimanga uno squillo isolato degno di applausi, ma il primo tassello per di una nuova importante avventura europea.
Ti potrebbe interessare
Dallo stesso autore
Newsletter
Iscriviti e la riceverai ogni sabato mattina direttamente alla tua email.