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Domenico Tedesco sulla panchina della nazionale del Belgio
, 18 Ottobre 2023

Il nuovo Belgio parla Tedesco


C'è l'impronta del tecnico sulla qualificazione anticipata a Euro 2024

"Il primo tempo è stato molto difficile, non potevamo sfuggire al loro pressing alto, poi ci siamo messi a impostare a 5 da dietro ed è stata una grande scelta tattica dell'allenatore, visto che ci siamo portati subito sullo 0-3" dice Jan Vertonghen, 36 anni, recordman di presenze in nazionale della storia del Belgio, con tre mondiali e due europei disputati. Se un gigante del genere, allenato, tra gli altri, da Mourinho e Pochettino si sbilancia così tanto nell'elogiare un tecnico, e se questo tecnico è un suo quasi coetaneo dato che ha compiuto 38 anni da poco, forse siamo davanti a un allenatore speciale. E Domenico Tedesco, che ha restituito gioco, risultati ed entusiasmo a un Belgio spaventato dal crepuscolo ormai prossimo della sua generazione d'oro, si sta davvero dimostrando un allenatore speciale.

Il declino del Belgio dopo Russia 2018 è stato inesorabile ma non impronosticabile; già prima di arrivare al mondiale i diavoli rossi avevano mostrato inquietanti segni di cedimento perdendo con l'Olanda e con l'Egitto e rivelandosi sempre meno capaci di mettere sotto avversari ad essi qualitativamente inferiori, adagiandosi sulla propria superiorità tecnica quasi fosse diventato uno status immutabile. Il logorio dei senatori, i giovani ricambi non sempre all'altezza e le scelte suicide di Martinez, su tutte la cervellotica formazione mandata in campo contro il Marocco, con De Bruyne spostato sulla fascia e il fantasma di Eden Hazard a vagare in mezzo al campo, hanno partorito la peggior fase a gironi del Belgio in una competizione internazionale dal 2000 a questa parte, quando però le stelle si chiamavano Emile Mpenza e Marc Wilmots, non Kevin De Bruyne, Dries Mertens e Romelu Lukaku.

Tanti erano i nomi circolati per la panchina dei Diavoli Rossi: Thierry Henry, viceallenatore con Martinez e apprezzato dalla vecchia guardia, Preud'Homme, van Gaal e addirittura Andrea Pirlo; alla fine la federazione ha spiazzato tutti scegliendo Domenico Tedesco da Rossano, il tecnico che ha portato il Lipsia a vincere il primo trofeo della sua storia e che dallo stesso Lipsia era stato esonerato all'inizio del campionato successivo, complice una partenza negativa con 2 sole vittorie nelle prime 8 gare.

Già nella conferenza stampa di presentazione, Tedesco ha smontato diversi luoghi comuni che girano sul suo conto: "Laptop trainer è una parola che amo, ma non la userei per definirmi, uso un computer come molti altri allenatori ma la cosa importante per me è il rapporto coi calciatori - ha sottolineato il tecnico in un perfetto inglese - Io troppo giovane per una selezione nazionale? Non è importante l'età, ma ciò che fanno i calciatori in campo".

Il rapporto coi calciatori, e con tutte le persone che ruotano intorno all'ambiente, è un tasto su cui Tedesco preme anche in altre occasioni, ed è proprio dal gruppo che è ripartito per costruire il suo Belgio. Lo spogliatoio frammentato, la delusione post eliminazione e l'addio di diversi membri della Golden Generation rappresentavano ostacoli insidiosi in mezzo ai quali l'ex allenatore del Lipsia si è mosso agevolmente, addirittura trasformando i problemi in un'opportunità per creare un gruppo di lavoro coeso e collaborativo.

Sin dal primo giorno, Tedesco ha cominciato a costruire la squadra attorno ai big rimasti, ovvero Courtois, De Bruyne e Lukaku, "approfittando" degli addii di Eden Hazard, Witsel e Alderweireld ed escludendo Meunier e Mertens, nel tentativo di eliminare gelosie e lotte intestine che avevano zavorrato la nazionale nell'ultimo periodo (Alderweireld e De Bruyne, per esempio, erano in pessimi rapporti). Attorno alle poche stelle rimaste, Tedesco ha sperimentato, inserendo diversi giocatori dalla grande fisicità e con caratteristiche adatte al suo calcio aggressivo e verticale: Dodi Lukebakio, solo una comparsa con Martinez, è diventato un tassello fondamentale; Doku è tornato importante dopo un inspiegabile biennio di ostracismo; in difesa Theate e Faes hanno approfittato del ricambio generazionale diventando titolari fissi. Il calciatore forse più importante per gli equilibri del Belgio è, però, Amadou Onana, intravisto ai mondiali e ora fulcro della mediana dei diavoli.

L'intervista rilasciata al canale ufficiale della federazione belga contiene una vera e propria dichiarazione di intenti relativa al suo modo di intendere questo sport: "Amo avere il possesso del pallone e giocare nella metà campo avversaria, voglio una squadra che segni molto e crei tante occasioni chiare. Prima di tutto vorrò parlare coi giocatori, anche se non intendo cambiare completamente la mia idea". I modelli a cui si ispira Tedesco sono tutti suoi connazionali: Lippi, Sacchi e Conte (con particolare riferimento al suo periodo sulla panchina dell'Italia), dai quali il suo Belgio ha mutuato il grande ordine tattico e la volontà di tenere in pugno la partita senza cedere il pallino del gioco agli avversari.

I risultati, ad oggi, stanno dando ragione a Tedesco in maniera incontrovertibile: escludendo la gara sospesa contro la Svezia, a causa dei tragici fatti avvenuti a Bruxelles, il Belgio è la seconda miglior squadra delle qualificazioni europee per media punti (dietro alla Francia) e la quarta con più gol segnati, 16, a fronte di solamente 3 reti subite, miglior differenza gol dopo l'Inghilterra, dati che fanno da gradito contorno alla qualificazione matematica a Euro 2024 arrivata con due turni d'anticipo.

La missione di Tedesco è stata tutt'altro che semplice, anche considerando che l'allenatore nato a Rossano non ha quasi mai avuto a disposizione, e mai in condizione ottimale, tutti insieme i big sui quali aveva (e ha tuttora) intenzione di edificare la squadra: De Bruyne ha giocato solo (dominando) l'amichevole con la Germania e la prima gara di qualificazione in Svezia, Courtois è sceso in campo per due partite del girone su 6 prima di infortunarsi, Lukaku veniva da una stagione sin lì molto deludente con l'Inter, costellata di problemi fisici e prestazioni negative.

Il lavoro fatto da Tedesco sul centravanti della Roma è stato notevole: messo al centro del progetto sin dal primo giorno, insignito della fascia di capitano ed elogiato non solo per le doti sportive, ma anche e soprattutto per quelle umane e di leadership ("è il nostro collante, è molto forte mentalmente e assicura che i giovani si integrino bene", ha recentemente affermato il CT), Lukaku ha risposto da campione, trascinando la squadra quando gli altri senatori erano ai box, con 10 reti in 7 partite più quella segnata su rigore nell'unico tempo giocato con la Svezia.

Nei fatti, il Belgio, nella decisiva gara dell'Ernst Happel di Vienna, schierava contemporaneamente Doku, Lukebakio, Orel Mangala, Onana, Openda, Theate, Faes e il portiere Sels, che in 8 contano attualmente 77 presenze in nazionale complessive, contro le 111 del solo Lukaku, unico veterano in campo assieme a Vertonghen e a Timothy Castagne, che spicca sui tanti esordienti nonostante gli appena 36 gettoni collezionati. Ne è uscita una gara combattuta nel primo tempo e dominata nella ripresa, fino al rosso di Onana che ha costretto i ragazzi belgi a soffrire per oltre un quarto d'ora, riuscendo comunque a reggere l'urto dell'ottima squadra allenata da Ralf Rangnick e a portare a casa la vittoria che significa qualificazione matematica con ottime chance di primo posto del raggruppamento.

Parliamo di numeri semplici, ma che dipingono perfettamente l'enorme lavoro di Tedesco su una nazionale che ci siamo abituati a veder vincere sempre nelle qualificazioni solo perché si chiama Belgio, ma che in realtà è una compagine quasi completamente nuova e interessantissima da analizzare, in chiave futura per Euro 2024 ma anche per ciò che sta producendo nell'immediato.

Dal punto di vista tattico, in campo si è visto un po' di tutto, anche all'interno della stessa gara non è insolito vedere il Belgio cambiare spartito, come sottolineato da Vertonghen, a seconda delle fasi di gioco e dell'atteggiamento degli avversari. La linea difensiva titolare, composta da Wout Faes e Vertonghen al centro e Castagne e l'adattato Theate ai lati, può trasformarsi in una linea a 3 in fase di impostazione con Castagne che diventa la mezzala di destra e l'ex Bologna da braccetto di sinistra, portando Lukebakio e Doku ad agire da quinti iperoffensivi e permettendo al Belgio di occupare nel migliore dei modi la metà campo avversaria, utilizzando almeno sei uomini (i due esterni, le due punte e le due mezzali).

Dalla metà campo in su, quando la retroguardia resta a 4, la squadra può scivolare continuamente dal 4-4-2 al 4-3-3, in cui uno tra l'esterno e la seconda punta si ritrova ad agire da mezzala, come accaduto nella gara d'andata contro la Svezia, compito solitamente svolto da Carrasco o da Trossard, tra i giocatori più calcisticamente intelligenti e duttili a disposizione di Tedesco. Un'altra variante sul tema della disposizione della linea difensiva è lo scaglionamento a 3 asimmetrico, con uno dei terzini che si alza immediatamente a sovraccaricare un lato, salendo all'altezza dei centrocampisti, e i tre dietro a far partire la manovra con l'obiettivo di attrarre gli avversari su un lato per mandare in isolamento l'esterno opposto.

Screen della partita tra l'Estonia e il Belgio di Domenico Tedesco
Il 3+1 difensivo può scattare anche in fase di non possesso: nella prima foto Theate (in alto a sx) sale altissimo a contrastare l'avversario di testa su rinvio dal fondo, in una normale difesa a 4 il suo compito si esaurirebbe lì, invece il difensore del Rennes, che non è nemmeno un terzino naturale, si sovrappone a raccogliere la sponda di testa dell'esterno di riferimento, Carrasco, e va al cross propiziando il gol di Lukaku.

Tali automatismi difensivi, mandati a memoria ma nel contempo sempre propensi al mutamento, sono alla base delle sole 3 reti subite nel girone, pur con una retroguardia che non presenta più nomi di grande spessore e che deve fare a meno del nume tutelare Thibaut Courtois: oltre al già citato Theate, convincente nel doppio ruolo di terzino-braccetto, e a un Vertonghen ormai prossimo al ritiro, vi sono Castagne, che sta ritrovando fiducia al Fulham dopo una stagione negativa a Leicester, e Wout Faes, che ha sin qui sistematicamente vinto la concorrenza di Dendoncker (per la verità più adatto a una linea a 3 pura), Vanheusden e del ventenne Zeno Debast dell'Anderlecht, che in molti vedono titolare nel prossimo futuro.

Proprio su Faes è doveroso aprire una parentesi: per diversi media belgi, il centrale del Leicester è risultato sin qui l'anello debole del reparto, responsabile delle poche reti subite e in affanno nella gestione del pallone quando viene pressato. Nonostante ciò, Tedesco non l'ha mai messo in dubbio, e a prendere le sue difese, nonché a spiegare i vantaggi che la sua presenza porta alla squadra, è stato il compagno di reparto Castagne, che fino alla scorsa stagione giocava con lui a Leicester.

"Al mister piace Wout perché non ha paura di essere aggressivo quando pressiamo - ha affermato l'ex laterale dell'Atalanta - è molto forte sull'uomo ma è anche veloce, contro un 9 rapido può sia provare ad anticiparlo che contenerlo in un duello in velocità, e credo che la sua aggressività si sposi bene con l'intelligenza e l'abilità nel posizionamento di Vertonghen. Mi piace giocare con lui perché so che, se presso alto, ci sarà sempre lui ad accompagnarmi, impedendo che gli avversari sfilino alle mie spalle".

L'altro segreto dell'equilibrio di una squadra vorticosa e imprevedibile come il Belgio ha un nome e un cognome: Amadou Onana, 22 anni, il giocatore più importante sia della mediana dell'Everton che di quella dei diavoli rossi, due squadre agli antipodi come principi di gioco, ma che hanno come denominatore comune l'imprescindibilità del centrocampista nato a Dakar. Dall'alto del suo metro e 92, Onana è imbattibile nei duelli aerei, copre ampissime porzioni di campo offrendo un contributo notevole sia dal punto di vista dei contrasti che da quello degli intercetti, non ha un tocco raffinato ma sa giostrare efficacemente da vertice basso di una squadra che attacca spesso con entrambe le mezzali, le quali non hanno paura di lasciarlo solo a gestire i palloni che sfuggono alla prima pressione belga.

Non si pensi però a Onana come a un calciatore esclusivamente conservativo: a dispetto delle lunghe leve, il classe 2001 ha un gioco di gambe semplice ma rapido ed efficace, sa spostare gli avversari e partire in progressione, ma anche giocare spalle alla porta a due-tre tocchi in maniera pulita. Titolare sin dalla prima gara della gestione Tedesco, Onana ha saltato (per infortunio) solo le partite contro Estonia ed Austria, quest'ultima non a caso è stata la gara che i diavoli sono andati più vicino a perdere, salvati da Courtois e da un gran gol nato sull'asse Lukaku-Lukebakio.

Tra le tante giocate dell'ottima gara di Onana contro l'Arsenal spicca il suo marchio di fabbrica, il tackle in scivolata, preciso e tentacolare, come Momo Sissoko ai tempi della Juventus.

Proprio Dodi Lukebakio, che coi suoi primi due gol in nazionale ha deciso il match qualificazione contro l'Austria, è un altro dei protagonisti a sorpresa del Belgio di Tedesco. L'esterno mancino in estate è passato dall'Hertha Berlino al Siviglia per 10 milioni di euro, operazione che somiglierà a un furto con scasso quando il ragazzo riuscirà a traslare in maglia biancorossa il tremendismo che lo pervade ogniqualvolta indossa la casacca dei diavoli rossi. Prima dell'approdo di Tedesco, Lukebakio aveva giocato solamente 182' in nazionale, spalmati su 5 partite tra il 2020 e il 2022; col nuovo commissario tecnico, l'esterno classe '97 ne ha già disputati 300, restando fuori solo a Tallinn contro l'Estonia e incidendo costantemente con le sue accelerazioni brucianti e la sua abilità nell'1 contro 1.

In attesa di Doku, che si sta finalmente ritrovando a Manchester, con Carrasco a corrente alternata e De Bruyne infortunato, Tedesco ha affidato a Lukebakio il compito di sparigliare le carte, e il calciatore ha reagito in maniera più che positiva, risposta non scontata da parte di un calciatore per nulla abituato a prendersi responsabilità in contesti di livello internazionale e che, a 26 anni, ha ripreso d'improvviso il suo percorso di crescita.

Quando non riesce a creare pericoli verticalizzando velocemente su Lukebakio o Doku, e quando gli avversari impostano la gara su blocco basso e lanci lunghi, impedendo al Belgio di far male con il pressing alto e le ripartenze, la nazionale di Tedesco si dispone coi già citati 6 uomini (punte, mezzali ed esterni), che possono arrivare fino a 8, per occupare tutti i corridoi del campo e/o sovraccaricare un lato; Onana solitamente resta più basso, qualche metro avanti ai difensori centrali, nella doppia veste di appoggio per i compagni e primo calciatore a dover leggere l'eventuale transizione negativa.

Quando non riesce a trovare con efficacia le ali, il Belgio prova a verticalizzare su Lukaku, che funge da pivot di calcio a 5 per tenere impegnati i centrali, invitando le mezzali ad andare a rimorchio sui suoi palloni di ritorno o provando la combinazione nel breve con l'altro attaccante, forse una reminiscenza dell'accoppiata con Lautaro Martinez nel suo periodo in nerazzurro.

Screen della partita tra il Belgio di Domenico Tedesco e l'Estonia
Qui è direttamente Vertonghen ad armare Lukaku, Carrasco e Doku sono già alti ai vertici dell'area, le mezzali invece arrivano a rimorchio: a segnare sarà l'invasore di sinistra, Trossard, che riceve il rimorchio di prima di Lukaku, si allarga serpeggiando tra gli avversari e fa partire un potente destro nel sette.

Quali sono dunque i limiti e i margini di miglioramento di questa versione del Belgio? Innanzitutto, un impianto così ambizioso è da verificare contro avversari di caratura superiore: Austria e Svezia, entrambe battute in trasferta, sono state certamente test più probanti di Azerbaigian e Lettonia ma non si avvicinano al gotha europeo, mentre l'ultima Germania di Flick era una squadra sfilacciata e fragile, quasi troppo facile da perforare per i diavoli rossi. Nessuno in federazione, all'inizio del nuovo ciclo, si immaginava che il Belgio potesse risultare una delle migliori squadre della fase a gironi, ma ora non va fatto l'errore inverso; inserire gli uomini di Tedesco tra le favorite alla vittoria di Euro 2024 sarebbe una forzatura, vista la caratura tecnica e i progetti tecnici in stadi ben più avanzati di concorrenti quali Spagna, Francia, Inghilterra e Portogallo.

Allo stesso tempo, però, le possibilità di crescita di questa squadra sono importanti, e passano sia dalla maturazione dei talenti già in rosa che dall'integrazione di quelli solo intravisti o dei giovani provenienti dall'Under 21. In mezzo potrebbe presto arrivare una chance per Debast, ma non è detto che Tedesco non decida di inserire tra i convocati anche l'ex bianconero Koni de Winter, partito bene col Genoa e più di altri adatto al ruolo di falso terzino, sapendo indifferentemente giostrare sia a destra che al centro.

Sul versante opposto è ancora in lista d'attesa Maxim De Cuyper, terzino del Bruges messosi in mostra allo scorso europeo U21, già giunto a quota 8 assist stagionali tra Jupiler League e preliminari di Conference League. In mezzo, in attesa del recupero del diciannovenne Romeo Lavia, Tedesco ha buttato nella mischia Mandela Keita, classe 2002 in forza all'Anversa, mentre sugli esterni Cyril Ngonge e il giovanissimo Duranville del Dortmund pagano la concorrenza qualificata e le gerarchie già piuttosto definite dall'allenatore, tanto che nemmeno un veterano come Thorgan Hazard riesce a trovare spazio.

C'è poi il nodo legato a Charles De Ketelaere: CDK ha iniziato bene la stagione con l'Atalanta, ma nello scacchiere di Tedesco sembra non esserci spazio per lui se non da seconda punta al fianco di Lukaku, ove deve guardarsi dalla concorrenza di Openda e Trossard. L'ex milanista, che contro l'Estonia ha ritrovato quel gol in nazionale maggiore che gli mancava da due anni, potrebbe agire anche da incursore ma, come Gasperini, Tedesco finora ha provato a utilizzarlo il più vicino alla porta possibile, per sfruttare al massimo le sue qualità nello smarcamento e nel dribbling stretto atto a liberarsi al tiro o all'appoggio per i compagni.

Tanto è il lavoro fin qui svolto in maniera più che egregia da Domenico Tedesco, e tanto è ancora il materiale umano sul quale il CT può lavorare per innalzare ulteriormente il grado della competitività della sua nazionale; e se alla generazione d'oro del calcio belga ne seguisse una, cesellata dalla sapiente mano del tecnico italiano, ancor più interessante e magari per la prima volta vincente?


  • Alex Campanelli, made in Senigallia, insegnante di inglese e di sostegno, scrive e parla di Juventus e di calcio (che spesso son cose diverse) in giro per il web dal 2012. Ha scritto il libro “Espiazione Juve - il quinquennio buio della Signora”.

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