Come Postecoglou ha rilanciato il Tottenham
Dopo quattro anni drammatici, il tecnico australiano ha riportato entusiamo, qualità e risultati agli Spurs.
Primo posto in classifica insieme ai rivali dell’Arsenal; volti nuovi che sembrano giocare a Londra da una vita e calciatori completamente revitalizzati: il Tottenham di Ange Postecoglou è la sorpresa più rumorosa di questa Premier League. Al termine della peggior stagione dal 2009 ad oggi e dopo la cessione del suo giocatore più importante di sempre, Harry Kane, immaginare un inizio di stagione così brillante sarebbe stato pura utopia.
Non a caso, il board degli Spurs è andato con i piedi di piombo nel presentare il nuovo tecnico, predicando calma e tranquillità, elementi fondamentali per ribaltare una situazione tutt’altro che rosea. Invece, cento giorni dopo l’insediamento dell’ex allenatore del Celtic, è cambiato tutto ed è stato nominato coach del mese sia ad agosto che a settembre. Gli incubi delle passate gestioni vivono nei ricordi più remoti del pubblico dell’Hotspur Stadium che sembra viaggiare all’unisono con il suo direttore d’orchestra. Ma chi è Ange Postecoglou? In che modo ha trasformato il Tottenham? Abbiamo provato a rispondere in questo articolo.
Slow start, glow up
Tra le ragioni per cui le alte sfere del Tottenham chiedevano tranquillità e pacatezza c’è lo storico del tecnico australiano. Ogni volta che si è seduto su una panchina, Postecoglou ha avuto bisogno di un certo lasso di tempo per poter trovare il giusto equilibrio tra le sue idee tattiche e la rosa a disposizione. Al Brisbane Roar, dove subentrò a Frank Farina, leggenda del calcio australiano trovata a guidare in stato d’ebbrezza, visse un inizio horror: perse quattro delle prime otto gare e cinque delle ultime sette. La squadra era ancora fortemente unita dietro la figura di Farina e bisognava convincere a costruire dal basso un gruppo di veterani old style. Dopo questo rodaggio iniziale, però, il gruppo sembrò totalmente rinato e nella stagione 2010-2011 arrivò il loro primo titolo.
Anche la sua esperienza allo Yokohama Marinos iniziò subito in salita. La partita di debutto fu la finale di Coppa dell’Imperatore, persa 2-1 contro il Cerezo Osaka. La barriera linguistica e un po’ di scetticismo verso un allenatore che non si era mai allontanato dall’Australia, portarono ad un inizio molto lento. La squadra migliorò partita dopo partita ma c’erano giocatori troppo distanti dalla sua idea di gioco, tra cui Yuji Nakazawa, centrale 40enne a cui risultava difficile difendere con tanto campo alle spalle. La cessione di questi giocatori e l’acquisto di alcune pedine più funzionali, alla fine, gli permetterà però di portare la squadra alla vittoria del campionato giapponese nella stagione successiva.
La sua ultima esperienza è iniziata con tutti i crismi delle precedenti. Si è seduto sulla panchina di un Celtic arrivato secondo dopo undici anni di dominio incontrastato, a venticinque punti di distanza dal Rangers. La situazione che Big Ange si è trovato davanti era disastrosa: il board dirigenziale e lo spogliatoio ‘caotici’, come elegantemente definiti dallo stesso Postecoglou, e l’avvio non fu dei migliori. Le tre sconfitte ed il pareggio nelle prime sette gare resero nitido l’incubo di vivere un’altra stagione non da protagonisti. Il resto è storia recente: double casalingo in entrambe le annate e cancellato lo spettro che si aggirava all’ombra di Celtic Park.
Nonostante ciò, al Tottenham le cose hanno seguito un copione completamente diverso. Sei vittorie e due pareggi nelle prime otto gare di Premier League e una sola sconfitta, arrivata in Carabao Cup contro il Fulham, ai rigori. Eppure i presupposti per un inizio turbolento c’erano tutti: uno spogliatoio alla deriva dopo l’esperienza con Antonio Conte; un gruppo dirigenziale che non era riuscito a prendere decisioni nette e, soprattutto, la cessione di Harry Kane. Proprio quest’ultimo punto potrebbe essere la chiave di volta del successo di Postecoglou: con l'addio di Kane, ormai diventato riferimento assoluto della squadra, tutti gli altri giocatori hanno dovuto assumersi maggiori responsabilità. Naturalmente, ciò non vuol dire che l’approdo al Bayern dell'inglese abbia migliorato la squadra, sarebbe folle pensarlo, ma sicuramente l’ha resa diversa e in questa nuova versione i giocatori sembrano trovarsi molto bene.
Il sistema di gioco con cui il Tottenham si schiera in campo a palla ferma è composto da una linea di quattro difensori con due centrocampisti davanti, una punta centrale con un giocatore di raccordo alle sue spalle e due esterni offensivi che possono occupare lo spazio in ampiezza. Un 4-2-3-1, insomma, ma pronto a mutare in ogni situazione di gioco, come si vede nella foto sottostante. Nel momento in cui il portiere scarica al difensore centrale di destra (in questo caso Cuti Romero) il centrocampista centrale sinistro (Yves Bissouma) e il terzino sinistro (Destiny Udogie) si muovono contemporaneamente.
Bissouma diventa vertice alto del triangolo con i due centrali e, nel frattempo, vertice basso del rombo che si è venuto a formare con l’accentramento di Udogie. Questo permette al centrale di sinistra, Micky van de Ven, di avere molto più margine di manovra in caso di pericolo e iniziare a sovraccaricare la fascia destra per lasciare campo libero all’esterno sinistro, in questo caso Richarlison. Naturalmente, se Vicario avesse dato la palla a van de Ven, la situazione sarebbe stata speculare.
La struttura della squadra viene completamente ribaltata in una delle fasi che conducono con maggiore efficienza, quella del pressing, in particolare sul primo portatore di palla. Il Tottenham è la seconda squadra della Premier per PPDA - che indica l’intensità del pressing sulla base del numero di passaggi per azione della difesa avversaria. Come si vede nella foto, il trequartista (Maddison) e l’ala più lontana dal pallone (Richarlison) prendono il centrale non in possesso e il terzino.
Il centrocampista di destra (Sarr) si abbassa sul mediano avversario e Kulusevski, alto a destra, occupa la linea di passaggio, costringendo van Dijk a giocare il pallone nell’unico spazio apparentemente visibile. Il passaggio è indirizzato a Curtis Jones il quale è, però, disturbato dal pressing a tutto campo portato dal terzino destro del Tottenham, Pedro Porro. Jones è dunque costretto a dare di nuovo il pallone a van Dijk, il quale, nel frattempo, è stato marcato stretto dal centravanti, Son, e deve dunque calciare lontano cercando una traiettoria estremamente complicata che, nella maggior parte dei casi, vuol dire dare un nuovo possesso agli uomini di Postecoglou. Anche qui, se a giocare il pallone fosse stato Matip l’azione si sarebbe evoluta in maniera speculare.
In entrambe le soluzioni ricoprono un ruolo fondamentale i terzini, a cui Postecoglou chiede un lavoro costante nel corso della partita. Durante lo svolgimento dell’azione offensiva è estremamente probabile vedere uno dei due esterni difensivi all’interno dell’area di rigore avversaria. Nella clip sotto il paragrafo vediamo proprio un esempio di tutto ciò: Pedro Porro parte da una posizione centrale in mezzo al campo, scarica veloce il pallone su van de Ven e inizia a proiettarsi in avanti. Il movimento di Richarlison permette a van de Ven di avere una linea di passaggio facile per Son.
Appena riceve, Son è pronto a pescare l’inserimento proprio di Porro, che si ritrova ad essere l’uomo più avanzato, nonché il giocatore che andrà a calciare. È importante notare anche la posizione di Udogie, che inizia l’azione a centrocampo salvo poi staccarsi e tornare verso la fascia di appartenenza. Appena Richarlison accorcia, l'ex Udinese fa un breve scatto in avanti, sufficiente a costringere il suo marcatore a tenerlo d’occhio e lasciare quindi libera la linea di passaggio per Son.
Destiny Udogie ha iniziato alla grande il suo percorso in Premier League, al punto da meritarsi la prima convocazione nella Nazionale di Spalletti. Membro di spicco in entrambe le fasi, l'italiano riesce, con il suo atletismo, a essere una costante spina nel fianco avversario in pressing; con la sua tecnica, invece, riesce a trasformarsi rapidamente nel primo giocatore in grado di far ripartire l’azione. Il video sottostante ne è un esempio: Udogie recupera il pallone dopo un buon pressing di squadra e serve subito Maddison che, senza pensarci troppo, piazza il pallone alle spalle del portiere.
Questo è stato il secondo assist stagionale dell’ex esterno dell’Udinese, anche se a colpire di più sono le sue prestazioni a tutto tondo: rispetto alla scorsa stagione, per esempio, Udogie ha sensibilmente aumentato il numero di passaggi a partita (da 37.6 a 51.3, dati FbRef) riuscendo comunque a migliorare le percentuali di quelli riusciti (da 82.6 a 86.0). Il numero di tocchi è cresciuto (da 50.1 a 65.1) proprio a testimonianza di questa sua maggiore centralità nel gioco degli Spurs. Anche in fase difensiva, l'ex Udinese si sta esprimendo al meglio: ha raggiunto il suo apice in carriera per tackle (3.33 per 90’), intercetti (1.33) e palle allontanante (3.33).
Il primo vero banco di prova della sua esperienza inglese è stata la partita contro l’Arsenal, dove è stato costretto a limitare uno dei migliori giocatori del campionato, Bukayo Saka. La gara dell'italiano è iniziata male, con un'ammonizione dopo 18 minuti per un intervento proprio su Saka e un errore che ha quasi regalato un gol all'Arsenal. Da quel momento, però, la sua prestazione è salita di livello: ha iniziato lui ad attaccare il giocatore dei Gunners, costringendolo a sprecare maggiori energie in difesa anche grazie al lavoro senza palla di Brennan Johnson, abbassato da Postecoglou per portare raddoppiare Saka.
Alternativamente, era Bissouma a staccarsi dalla linea di centrocampo per raddoppiare sull'inglese, lasciando van de Ven in copertura su Ødegaard. In questo modo, Postecoglou è riuscito a ingabbiare uno dei giocatori più pericolosi dell'Arsenal, permettendo a Udogie di esprimersi al meglio anche in fase offensiva, risultato evidente soprattutto nel secondo tempo.
Proprio Micky van de Ven è una delle sorprese più belle di questo avvio. Dopo una stagione in Bundesliga che lo ha visto crescere fino ad imporsi come uno dei migliori centrali del campionato, il centrale olandese si è conquistato il salto in Premier League per 40 milioni di euro. L’investimento degli Spurs è stato già ripagato dalle prestazioni: van de Ven incarna proprio ciò che Postecoglou cerca in un difensore centrale: così veloce da poter difendere anche molto distante dalla porta; forte fisicamente (193 centimetri) ma anche dotato di un sinistro molto raffinato, come testimoniato dal 94.6% di passaggi riusciti sui 64.6 tentati a partita.
Oltre alle sue qualità individuali, c'è da sottolineare che la coppia con Romero funziona a meraviglia. Se quest’ultimo è molto più irruento e falloso (nonostante si sia molto limitato rispetto alla passata stagione), il suo nuovo compagno di reparto è decisamente più pulito nel contrasto e chirurgico negli anticipi.
La sua presenza anche nel vivo dell’azione è testimoniata anche dai suoi tocchi. Dei 72.4 palloni che van de Ven tocca a partita, 38.5 avvengono nella propria trequarti e 32.1 a metà campo. Le sue progressioni palla al piede hanno già scaldato il cuore dei tifosi degli Spurs. Statisticamente, l'olandese occupa il 92esimo percentile per conduzioni progressive nei 90’ (1.28) a cui aggiunge il 96esimo percentile per dribbling riusciti (0.66) e un 86esimo per passaggi progressivi ricevuti. Insomma, Postecoglou si è trovato tra le mani un vero e proprio gioiello e lo sta facendo rendere anche meglio delle già alte aspettative.
Ma van de Ven non è l’unico gioiello che è atterrato a Londra. Con un tragitto più breve rispetto all’olandese, è arrivato da Leicester l’ingranaggio che ha fatto fare il salto di qualità alla squadra: James Maddison. Eletto come giocatore del mese di agosto in Premier, il nazionale inglese si è presentato all’esordio contro il Brentford con i due assist risultati poi decisivi nel 2-2 finale e da quel momento non è più sceso di livello, risultando sempre uno dei migliori giocatori degli Spurs. Se il Tottenham è riuscito a pareggiare il primo North London Derby all'Emirates dal 2020, permettendo così a Postecoglou di fare già meglio di Conte, Mourinho ed Espirito Santo, c’è lo zampino proprio del trequartista inglese, capace di piazzare Son due volte contro il portiere.
Eppure, la sfida con l’Arsenal non era iniziata nel migliore dei modi neanche per l'ex Leicester. Sotto 1-0, ha perso un pallone sanguinoso al limite della propria area di rigore chiamando Vicario al mano a mano con Gabriel Jesus. Il brasiliano ha calciato alto ma in quel momento è successo qualcosa. In una situazione di estrema difficoltà sarebbe stato normale cercare di trovare delle soluzioni alternative, utili quantomeno per limitare i danni. Invece no, il Tottenham non ha tradito i propri principi e ne è uscito alla grande.
Postecoglou ha insistito molto su questo punto nella conferenza stampa post-partita: “Quando giochi contro una squadra di vertice è normale avere dei momenti in cui il gioco ristagna e le cose non vanno come dovrebbero. Sbagli qualche passaggio e puoi avere timore per la giocata successiva. Non è successo, la reazione è stata spettacolare, i ragazzi hanno continuato a giocare come sanno e non si sono fatti condizionare”. Un fatto decisamente non banale se si pensa che sette giocatori degli Spurs erano all’esordio nel North London Derby. A guidare questa reazione è stato proprio James Maddison. Ha regalato a Son un cioccolatino per l’1-1 con una finta di corpo che ha lasciato sul posto Saka. Un minuto dopo il nuovo vantaggio dei Gunners, ha poi sradicato il pallone dai piedi di Jorginho, regalando sempre a Son il più facile dei gol.
Il primo assist nasce da uno dei più visibili cavalli di battaglia di Maddison: la finta di corpo. Due settimane dopo ha ripetuto l’azione nella sfida contro il Luton e, come si vede nel video sottostante, le similitudini sono tante. Questa sua capacità di muoversi negli spazi più angusti sta diventando vitale per il Tottenham, quando gli arriva il pallone ha già visualizzato la posizione di tutti gli avversari e sa quello che deve fare.
Per sua stessa ammissione, “prima di ricevere la palla – specialmente se, come me, si riceve spesso tra le linee – devi sapere dove sono tutti i difensori avversari, che tipo di tocco dovrai fare, se dovrai andare avanti o tornare indietro perché il pressing non dà scampo. Queste immagini devono apparire nella tua testa”. Fantasia al servizio dell’efficienza, questo suo ruolo di raccordo è imprescindibile per il Tottenham. In alcune situazioni in fase di costruzione, si abbassa fino alla linea dei centrali di difesa ma è poi il primo a ripartire e fare da collegamento con un centravanti che sta vivendo un momento magico, Heung-min Son.
L’eredità di Kane
Dopo la cessione di Harry Kane era inevitabile che a prendersi la leadership vacante fosse proprio Heung-min Son. Il fenomeno coreano è stato il meraviglioso partner d’attacco dell’inglese per tantissimi anni, scrivendo pagine pregne di bellissimi ricordi per i tifosi Spurs. Ma visto l’addio del suo amico e compagno, nonché erede della fascia di capitano, serviva qualcuno che ne prendesse il posto anche in campo. Dopo alcuni esperimenti con Richarlison, Postecoglou non ha avuto dubbi: Son non ha raccolto solo l’eredità carismatica ma anche la posizione in campo di Kane. Possono due giocatori così diversi, tanto per stile di gioco quanto per caratteristiche tecniche, occupare la stessa posizione? La risposta è sì.
L’ex Leverkusen riceve il pallone molto più in alto rispetto al nuovo attaccante del Bayern ma ha una facilità nel mettere il proprio compagno davanti al portiere molto simile a quella del suo ex compagno. Sotto porta, il coreano è spietato ma questa non sarebbe una novità se non fosse legata al fatto che sta segnando in maniera differente rispetto alle annate precedenti. Secondo i dati di The Athletic, infatti, Son tira in media da appena 12.5 metri dalla porta, un dato in netto calo rispetto ai 17.7 della stagione 2018/19.
Il dubbio più grande che pendeva sulla testa di Son riguardava la sua capacità di occupare l’area di rigore. Kane poteva galleggiare negli ultimi sedici metri di campo e, sfruttando una struttura fisica favorevole, costruire i gol per sé stesso e per gli altri. L’attaccante coreano ha una minore capacità di assorbire i contatti, ma è dotato di una rapidità e un’accelerazione che gli permettono di anticipare costantemente il difensore sui cross tesi. La sua agilità costringe gli avversari a pensarci due volte prima di intervenire, anche perché è in grado di spostare il pallone in una frazione di secondo, prendendo falli con una facilità incredibile. Inoltre, è passato dai 3.30 tocchi nell’area di rigore avversaria della scorsa stagione ai 7.39 di questa, aumentando anche le sue azioni che portano alla costruzione di un tiro (da 3.80 a 4.32).
Anche visivamente la presenza di Son al centro dell’azione è notevole. Nella partita vinta contro il Liverpool, primo successo da quando il Tottenham gioca nella sua nuova casa, c’è stata una dimostrazione di come l’ex Leverkusen stia interpretando il nuovo ruolo. Gli era stato richiesto di occupare lo spazio tra i due difensori centrali, così da poter liberare campo a Maddison e, contemporaneamente, impedire ai due centrali dei Reds di fare un ampio pressing. Son ha eseguito il compito magistralmente, timbrando anche il cartellino. Il suo gol, per quanto semplice, dimostra proprio la nuova versione di Son: Maddison pesca Richarlison con un filtrante delizioso, il brasiliano la mette subito al centro per il coreano che anticipa i difensori e buca Alisson, completando una splendida azione e appagando tutti coloro che sognavano di vedere una triangolazione tra giocatori il cui cognome termina per -Son.
Il compromesso tra nuova versione e vecchia identità è però ben visibile. Son ha accettato questo nuovo ruolo senza perdere neanche una briciola di quello straordinario talento che ha sempre messo in mostra. Se prima era più visibile grazie a quei dribbling in cui, spostando il pallone, mandava a vuoto l’avversario o con i tiri a giro che sembravano traiettorie da biliardo, adesso lo si può vedere in maniera diversa. Nella clip sottostante c’è un esempio di questa eleganza abbacinante, lo scavino con cui mette il pallone in rete appaga prima lo spirito e poi il corpo restituendoci la dimensione onirica di un giocatore che oltre ad essere fortissimo è incantevole, proprio come sta diventando il ‘suo’ Tottenham.
È inevitabile che tutto ciò che brilli non sia oro e così anche gli Spurs hanno parecchie cose da limare. Se prima è stato scritto dell’abilità dei difensori quando sono molto distanti dalla propria porta, il discorso è differente nella propria area di rigore, dove la squadra concede un po’ troppo. Diverse volte i guantoni di Vicario hanno salvato i compagni ma la facilità con cui gli avversari giocano negli ultimi sedici metri è sicuramente un argomento che farà riflettere Postecoglou. Molto spesso queste situazioni vengono sventate preventivamente, anche grazie al lavoro enorme svolto da Sarr e Bissouma, ma c’è più di qualcosa da registrare.
È inevitabile che, giocando in quel modo offensivamente, ci si esponga a dei rischi nella propria metà campo, però è altrettanto vero che una maggiore cura in questa fase, soprattutto con le due ali che dovrebbero scendere di più per seguire il proprio uomo, potrebbe far fare un ulteriore salto di qualità a una squadra che in questo momento sta già volando.
Resta da capire cosa succederà quando le cose non seguiranno lo stesso copione con cui è iniziata la stagione ma, da fuori, la sensazione è quella di un gruppo particolarmente unito, come testimoniato anche da Maddison, che ha descritto il feeling speciale che si prova all’interno dello spogliatoio. Senza gli impegni europei e con la Carabao Cup abbandonata al primo turno, il Tottenham ha la possibilità di pensare alla sua stagione giocando una gara a settimana, un dato che la pone in vantaggio rispetto a tutte le avversarie.
L’obiettivo non può essere il primo posto e neanche il secondo, la distanza da City e Arsenal è ancora notevole, ma che il Tottenham possa tornare in Champions League al termine di una stagione brillante è uno scenario che già ad oggi appare estremamente probabile. Due mesi fa non ci avrebbe scommesso nessuno, forse neanche i giocatori stessi. Il capolavoro di Postecoglou sta proprio in questo: nessuna promessa di stravolgimenti, nessun proclamo di mentalità da costruire, ma tanta empatia verso giocatori che ne avevano veramente bisogno.
Per cancellare, si augurano definitivamente, quella stucchevole e ridondante retorica che accompagna il Tottenham da sempre e che non permette di costruire nulla, la dirigenza ha scelto un tecnico chiaro, con i suoi calciatori e con la stampa, che non si fa problemi a dire di copiare Guardiola sull’utilizzo dei terzini, o a parlare candidamente di quanto sia difficile per un australiano arrivare nella posizione dove si trova. Come detto da David Foster Wallace: “La vostra cultura è realmente il lavoro di una vita e comincia… adesso […] Farlo, in modo consapevole, adulto, giorno dopo giorno, è di una difficoltà inimmaginabile”. Postecoglou ha superato tutte quelle difficoltà ed è pronto a farle superare anche al Tottenham.
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