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Real
, 2 Ottobre 2023

Il Real Madrid logora chi non lo è


A Girona Jude Bellingham ha sostenuto il peso della storia del Real.

Dietro a uno stadio, il tempio profano per eccellenza, si nascondono sempre riti e culti, storie e aneddoti che creano la mistica attorno alla manifestazione plastica degli stadi d'animo umani più vicino al paradiso o all'inferno vissuti da vivi. Ci sono anche però eccezioni, in cui non c'è davvero nulla da inventarsi e millantare per legare chissà quali ricordi, quale destino ultraterreno che ha imposto che spalti e prato verde si unissero per formare un connubio così magico. Capita, a volte, che i quattro lati del rettangolo di gioco siano circondati da qualcosa di normale, nella media. L'Estadi Municipal de Montilivi di Girona appartiene, finora, a questa reietta categoria. Costruito nel 1970, posseduto per quasi un quarto di secolo dal comune e concesso alla squadra di casa solo perché navigava tra la terza e la quarta serie, senza la pretesa di gestirlo con l'adeguata attenzione.

Nel 2008, quasi per sfortuna, il Girona di Raül Agné ritorna in Segunda División a 49 anni di distanza dall'ultima volta e, di conseguenza, anche la casa gerundense deve tornare a farsi bella. Non abbastanza per essere quella anche della Roja, però: dal 2018, anno della conclusione dei lavori di ammodernamento e della firma della concessione dell'Ajuntament de Girona ai biancorossi per 50 anni del terreno nel quartiere universitario a sud-est del centro cittadino, a oggi, la Nazionale ha giocato sostanzialmente ovunque in Spagna, ma non a Montilivi. Ha giocato ad Alicante, Saragozza, Badajoz, Leganés, Elche, Murcia. Ma Girona (o Gerona, a seconda di quanto catalani o quanto spagnoli vi sentiate) no.

Il Girona è fiorito prima che il fertilizzante del City Football Group rendesse i semi ancor più redditizi. Nel 2017 raggiunge per la prima volta la Liga prima che, in agosto, il 44% delle quote entrino nell'orbita Guardiola, tra la presidenza di Pere e il sistema calcistico creato da Pep nella casa madre da coltivare anche in Catalogna. Non è nemmeno una crescita immediata e continua, vista la retrocessione e le successive 3 annate in Segunda.

Nel 2021, tuttavia, collide con il pianeta Girona colui che, a tutti i concreti effetti, ha cambiato la percezione e il livello dei catalani nel calcio spagnolo ed europeo. Michel ha riportato il Girona in Liga al primo tentativo, così come aveva fatto nelle due uniche esperienze precedenti con Rayo e Huesca, e dopo un 10° posto con rammarico finale della scorsa stagione sta spremendo ogni singolo goccio di calcio nei piedi e nella testa del suo Girona. Perché, a oggi, non è il Girona di nessuno se non di Michel.

Che un Girona-Real Madrid possa veder coinvolta la capolista all'ottava giornata di Liga non dovrebbe far alzare nessun sopracciglio. A essere coinvolte, però, sono la prima e la seconda e, incredibilmente, il Real di Ancelotti non è quella davanti tra le due.

La scelta apparentemente conservativa di Michel è in realtà una dichiarazione d'intenti assai coraggiosa. Anche nella vittoria di Granada i catalani sono partiti con David López al centro della difesa, con sia Eric García che Daley Blind al suo fianco. Tre giocatori che, a maggior ragione impiegati nell'ultima linea di difesa in non possesso, sembrano la versione base di un qualsiasi videogioco con tutti gli attributi destinati a passaggio e visione e con velocità e fisico non aumentabili da qualsiasi allenamento o piano di crescita.

Uno di scuola Ajax, uno catalano di nascita e di formazione, il capitano ex Napoli riconvertito a difensore centrale dopo l'esperienza all'Espanyol: la matrice d'impostazione, ontologica e calcistica, dei tre e del calcio di Michel dovrebbe essere a questo punto chiara. Tenere il pallone, gestirlo e coccolarlo sino a trovare il momento giusto per scatenare la forza degli invasori in campo aperto. "Caro Real, anche se i 14.624 delle tribune scoperte di Montilivi non saranno un contorno all'altezza dell'astronomico Bernabeu, fate come se foste a casa vostra. Veniteci a prendere. Non abbiamo paura." I primi 15', infatti, sono un manifesto parlante di ciò che il Girona sta mostrando di essere da quasi due mesi.

Miguel Gutiérrez percuote il mezzo spazio di sinistra in ogni sua altezza: si abbassa al fianco di Aleix García per formare il 3+2 in prima costruzione; quando Carvajal e Valverde prendono Savio è lui a sovraccaricare il lato; quando viene azionato il cambio gioco sull'altro lato, dove Yan Couto e Tsygankov vorrebbero attaccare in corsa Camavinga e il rientrante Bellingham per sfruttare lo scivolamento della difesa madrilena, Miguel è all'altezza di Dovbyk, costringendo la coppia centrale di Ancelotti a curarsi non solo del centravanti ucraino ma a una parità numerica che, con gli inserimenti di Herrera controllati a distanza da Kroos, si trasforma in potenziale superiorità.

Il leitmotiv della partita è - spoiler: sarà - questo: riempire l'area costantemente con almeno 4/5 uomini e, lavorando con i cambi di gioco, attaccare la difesa del Real in movimento, non da fermo o con le combinazioni sulla trequarti. Fino al momento del cross la squadra di Michel è encomiabile, ci arriva con una costruzione più articolata o più verticale, ma ci arriva per tutti i 90'. Sta ai piedi di Miguel, Yan Couto, Sávio e Tsygankov fornire la pulizia tecnica adatta a un confronto col Real Madrid.

Yangel Herrera manda alto a rimorchio, Tsygankov si divora Camavinga sul lato debole ma la manda sul palo opposto della porta di Kepa: la strategia funziona, e Montilivi aumenta i giri. Nei primi 5' non è chiaro il motivo per cui il Real Madrid non sia in svantaggio, stordito dal palleggio del Girona. Nel secondo tempo le altre occasioni saranno ancora per Herrera e per David López, uno di poco sopra la traversa e l'altro che chiama Kepa all'unico vero intervento delicato del sabato sera catalano. Non è chiaro perché il Real torni nella capitale con la porta inviolata, se la memoria a breve termine oblitera tutto ciò che significa giocare con e contro il Real Madrid.

Lo si ha più presente in primavera, quando i riflessi del Bernabeu disperdono quella famosa mistica sulla squadra di Ancelotti. Giocarci contro, anche a un orario da aperitivo di fine settembre, è essere uno schizofrenico a cui viene prescritta la camicia di forza, con la quale ci si può dimenare quanto si vuole, ci si illude di poter esprimere sé stessi in tutta la propria essenza ma, in fin dei conti e da un occhio esterno, sarà la cura ad averla vinta. Nel caso specifico, a ricordare al resto dell'équipe le dosi e i tempi della sedazione è un 20enne arrivato da pochi mesi e con ottime referenze, qualcosa che non si era mai visto prima.

Col passare dei minuti, il Real Madrid inizia a rispondere al Girona con le sue stesse armi: quel palleggio ai limiti dell'arroganza che provoca e spezza le distanze nei reparti avversari. Il Girona si schiera in non possesso col 4-1-4-1, con David López ad annusare da vicino l'odore delle orme di Jude Bellingham nel terreno di Montilivi. La strategia di Ancelotti è quella di variare il moto armonico del pendolo difensivo biancorosso, avvicinando Bellingham a Vinicius sull'esterno per svuotare il centro e creare vantaggio tecnico sulla fascia sinistra del 4-4-2 madrileno. L'area del Girona ha meno riferimenti, pane per i denti di Joselu e kryptonite per marcatori non irresistibili come Blind.

Ridurre il Real Madrid a mistica e magia sarebbe un torto clamoroso. La sensazione di pesantezza e irremovibilità delle esecuzioni tecniche e tattiche delle Merengues è condensata in Dani Carvajal, che se si tratta esclusivamente di fase difensiva - e non di espressioni in conferenza stampa a sostegno di ex presidenti federali - sarebbe da idolatrare per applicazione e intensità mentale. Parte come terzino destro dedicato alla marcatura della variabile impazzita Savinho, curandolo in single coverage come se volesse mettergli la museruola. Trasformata la difesa su Sávio in un 1vs1 e non un 1vs2, esponendo i limiti associativi che il brasiliano non aveva ancora realmente mostrato in Liga, Ancelotti è diabolico nell'aggiustare la posizione del terzetto sul centrodestra di fronte a Rüdiger.

Disinnescata la minaccia Sávio, il Girona è comunque squadra forte per davvero, riesce a leggere lo spazio che si crea alle spalle quando Tchouaméni esce ad aggredire García con Gutiérrez a buttarsi tra il terzino e il centrale tedesco. Soluzione? Carvajal accentrato in costruzione - con Valverde a dare ampiezza non con scopi offensivi ma conservativi - e pronto a riaggredire la seconda palla in una zona più impellente del campo e smorzare le transizioni catalane.

Tchouaméni sulla fascia, Valverde non copre il centro ma scala da terzino destro, Carvajal tampona.

Il dominio psicologico della squadra di Ancelotti è tale che il secondo tempo si trasforma in uno stillicidio: Savinho è dirottato a destra, tolto dalla comfort zone a sinistra ed esposto alle debolezze del piede debole nell'andare sul fondo; Michel si sbilancia ulteriormente, inserendo Portu per fissare, con un secondo uomo, l'ultima linea difensiva del Real e trasformando Miguel da regista aerobico a controllore del palleggio sulla trequarti. Per 74', però, il Real Madrid è un discepolo fedele dello stoicismo, per il quale l'amare il destino cui non ci si può sottrarre e il far coincidere la propria volontà col corso degli eventi va oltre ogni rassegnazione o accettazione passiva della casualità.

Che il filosofo dell'amor fati madrileno, primo a mettere in pratica i principi professati e dalle cui labbra pendono anche altri accademici ben più esperti, sia un 20enne appena arrivato all'università calcistica spagnola dopo decenni nelle scuole anglosassoni. Qualcosa che non si era mai visto prima.


Extra Time

(Tutto quello che non si è visto ma che non è passato inosservato)

Francisco Goya, Il 3 maggio 1808, (dettaglio)
Applicazione del concetto di "controllo del campo" sin troppo letterale.
Al 93', sullo 0-3: non si poteva tacere, ma più spazio dell'ultima istantanea sarebbe sbagliato.

  • (Bergamo, 1999) "Certe conquiste dell'anima sarebbero impossibili senza la malattia. La malattia è pazzia. Ti fa tirare fuori sentimenti e verità che la salute, che è ordinata e borghese, tiene lontani."

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