Luis Suarez, capitano del Gremio capolista del Brasileirao, esulta baciandosi le dita dopo un gol.
, 26 Settembre 2023
15 minuti

Come sta andando il Brasileirão 2023


Un campionato caotico ma che conserva il suo predominio sul Sudamerica.

Passata la sosta per le nazionali – uno dei rari momenti in cui il fittissimo calendario del calcio brasiliano per club si ferma per almeno una settimana – è giunto il momento di fare il punto sul Brasileirão, di cui si sono giocati 23 turni sui 38 complessivi. Nonostante l’enorme disparità con i grandi club europei e la crescente concorrenza sul mercato della MLS e delle monarchie del Golfo Persico, il buon livello medio del campionato brasiliano è garantito soprattutto dall’inesauribile bacino di calciatori locali e dall’ormai netta egemonia sugli altri campionati sudamericani, che permette di acquistarne i migliori calciatori a prezzi relativamente contenuti, o di attrarre i loro campioni a fine carriera, come nei casi recenti di Luis Suárez, Enner Valencia e James Rodríguez.

Le ultime tre finali di Copa Libertadores sono state tutte brasiliane e ci sono buone probabilità che sarà così anche quest’anno, a meno che il Boca Juniors non elimini il favorito Palmeiras in semifinale – nell’altra si affronteranno Fluminense e Internacional.

Cambiamenti strutturali

In una prospettiva più ampia, il calcio brasiliano sta attraversando una fase storica di rinnovamento, in cui molti club stanno abbandonando il tradizionale modello associativo per convertirsi in Sociedades Anonimas de Futebol (SAF), una nuova forma giuridica creata ad hoc nel 2021 per favorire l’afflusso di capitali esterni e una gestione più professionale delle società.

Il modello associativo implicava infatti lo sviluppo di reti clientelari che spesso portavano ai vertici dei club personaggi poco competenti e lungimiranti, le cui gestioni sconsiderate hanno sommerso di debiti alcune grandi storiche come Botafogo, Vasco da Gama e Cruzeiro, poi di fatto costrette a cedere le proprie quote di maggioranza a gruppi di investitori già proprietari di altri club all’estero. Il Botafogo è finito così tra le mani dello statunitense John Textor, aggiungendosi a Crystal Palace, Olympique Lione, RWD Molenbeek e, notizia di questi giorni, Everton; il Vasco fa parte del controverso gruppo 777 Partners, insieme a Genoa, Standard Liegi, Red Star FC e Melbourne Victory; il Cruzeiro è stato rilevato nientemeno che da Ronaldo, già presidente e azionista di maggioranza del Valladolid. A queste si aggiungono il Red Bull Bragantino e il Bahia, recentemente divenuto la decima squadra del City Football Group.

Si tratta di una trasformazione profonda dello scenario calcistico nazionale, coerente con una tendenza in corso nel calcio mondiale che, a fronte di gestioni finanziarie più oculate – almeno sulla carta – rischia però di ridurre molti club tradizionali a meri ingranaggi al servizio di holding multinazionali.

Panchine girevoli

Una testimonianza lampante del dilettantismo di molti dirigenti brasiliani è la gestione degli allenatori. Secondo un rapporto pubblicato un anno fa dal CIES, gli allenatori del Brasileirão rimangono mediamente in carica per 120 giorni. Per avere dei termini di paragone, in Premier League la permanenza media è di 332 giorni, nella Liga 448, in Bundesliga 276 e in Serie A 243. In questa stagione, dopo poco più di metà campionato, solo 5 allenatori su 20 sono rimasti sulle rispettive panchine: Abel Ferreira (Palmeiras), Fernando Diniz (Fluminense), Juan Pablo Vojvoda (Fortaleza), Pedro Caixinha (Bragantino) e Renato Gaúcho (Grêmio). Questa instabilità è deleteria non solo per le squadre, ma anche e soprattutto per gli allenatori stessi, condannati ad assecondare logiche di breve periodo e a gestire rose costruite senza tenere conto delle loro idee.

È anche per questo motivo che negli ultimi anni non sono emersi allenatori brasiliani di alto livello: lavorando in ambienti così frenetici, i tecnici non hanno il tempo né per implementare il proprio stile di gioco, né per imparare a gestire le crisi, dato che alle prime difficoltà vengono esonerati. Per limitare il fenomeno, per prima cosa si potrebbe introdurre una regola che impedisca a un allenatore di sedersi su più panchine nel corso dello stesso campionato, come in questa stagione è già successo a Eduardo Coudet (esonerato dall’Atlético Mineiro, ora all’Internacional), a Rogério Ceni (San Paolo e Bahia) e al povero Paulo Turra, che è riuscito a farsi cacciare prima dall’Athletico Paranaense e poi dal Santos.

La capolista se ne va?

La nuova stagione era iniziata con molto hype per il ritorno in Série A di quattro squadre blasonate e dalle grandi ambizioni: il Cruzeiro di Ronaldo, che ha dominato la scorsa Série B, la quarta versione del Grêmio di Renato, il Bahia targato City e il Vasco della nuova proprietà.

Il livello medio del torneo si è indubbiamente alzato, e nessuno si aspettava che a prendere il largo potesse essere il Botafogo, reduce da un anonimo undicesimo posto dopo essere a sua volta risalito dalla seconda divisione. Il Fogão ha disputato il miglior girone d’andata da quando il campionato è a venti squadre (dal 2006), eguagliando il record stabilito dal Corinthians nel 2017 con 47 punti. Eppure la stagione era iniziata male, con la mancata qualificazione alle semifinali del campionato Carioca che era quasi costata la panchina al portoghese Luís Castro. Poi, con l’inizio del Brasileirão, il tecnico ha saputo assemblare una squadra solida e capace di imporre il proprio pressing alto contro qualsiasi avversario, ruotando numerosi elementi senza perdere di efficacia.

Sui soli 15 gol subiti pesa l’eccezionale overperformance del portiere classe ‘97 Lucas Perri - che secondo FBref ha “evitato” 11.6 gol con le sue parate e si è guadagnato la convocazione in nazionale - ma anche l’ottimo assortimento tra i centrali Carlos Cuesta, eccellente in impostazione col suo mancino, ma un po’ macchinoso, e Adryelson, veloce nei recuperi e forte nell’uno contro uno. A questi si aggiunge una robusta coppia di mediani in cui, al fianco di Marlon Freitas - da anni tra i migliori centrocampisti del Brasileirão, arrivato a parametro zero dal retrocesso Atlético Goianiense - si alternano Tchê Tchê e Gabriel Pires, noto in Italia per essere stato acquistato in gioventù dalla Juventus, che poi per qualche stagione lo fece girovagare in prestito nella nostra Serie B.

L’attacco si regge invece sui gol dell’eterno sottovalutato Tiquinho Soares - capocannoniere con tredici gol - e sulla classe del sorprendente trequartista classe ‘89 Eduardo: sconosciuto al grande pubblico brasiliano, è arrivato lo scorso anno dopo sette stagioni tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi e si è rivelato un elemento fondamentale non solo in termini di gol (4) e assist (4) ma anche per il raffinato lavoro da enganche tra i reparti.

A inizio luglio, però, ecco un fulmine a ciel sereno: Luís Castro non ha resistito al denaro saudita e alla prospettiva di allenare il connazionale Cristiano Ronaldo, e ha accettato la proposta dell’Al-Nassr. In questa strana situazione, il Botafogo ha deciso di puntare su un altro portoghese, il quarantasettenne Bruno Lage, che nelle ultime stagioni aveva allenato Benfica e Wolverhampton. Lage ha cercato di cambiare il meno possibile, trovandosi nella paradossale posizione di avere sì un vantaggio di dieci punti da gestire, ma con la pressione derivante dal rischio di rovinare tutto; in altre parole, se vince il campionato ha solo portato avanti il lavoro del predecessore, se perde sarà ricordato per aver mandato tutto in fumo.

Con 12 punti nelle prime 9 partite, comunque, Lage finora è riuscito a mantenere quasi intatto il vantaggio, anche perché le avversarie non corrono. Tuttavia, dopo la sconfitta nell’ultimo turno prima della sosta contro il Flamengo - che ha seguito l’eliminazione dai quarti di Copa Sudamericana per mano del Defensa y Justicia - ha sfogato la sua insofferenza in conferenza stampa, mettendo provocatoriamente l’incarico “a disposizione”. Al rientro sono arrivate altre due sconfitte - entrambe per 1-0, in casa di Atlético Mineiro e Corinthians - ma per il momento Lage è rimasto in carica e senza il doppio impegno avrà più tempo per preparare le partite, anche se il campionato è ancora lungo e iniziano a circolare articoli su come, alla guida del Benfica, nel 2019 si fece recuperare 7 punti di vantaggio dal Porto.

Le avversarie più attrezzate

Alle spalle della capolista la classifica è molto serrata, con otto squadre in sette punti. Le candidate sulla carta più credibili per la rimonta sarebbero Palmeiras e Flamengo, che si sono equamente spartite le ultime quattro Libertadores e quattro degli ultimi cinque campionati - l'unico a spezzare questo duopolio è stato l’Atlético Mineiro nel 2021 - ma che stanno vivendo momenti di forma molto diversi.

Il Verdão può contare sulla stabilità della guida tecnica - Abel Ferreira con i suoi due anni e mezzo di permanenza è l’allenatore più longevo del Brasileirão - e anche di molti elementi chiave della rosa, ma quest’anno sta pagando la scelta di intervenire pochissimo sul mercato, nonostante le pesanti cessioni di Danilo e Gustavo Scarpa. L’idea era di responsabilizzare alcuni giovani molto talentuosi - Endrick, Luis Guilherme, Jhon Jhon, Fabinho, Kaiky Neves, Vanderlan - che però non sono finora riusciti a garantire con costanza un livello vicino a quello dei titolari, spesso costretti a fare gli straordinari. Nelle ultime settimane è poi arrivata la rottura del legamento crociato di Dudu, il principale faro creativo della squadra, che ovviamente salterà anche le fasi finali della Libertadores.

Da quest’ultima è stato invece eliminato già agli ottavi il Flamengo di Jorge Sampaoli, in un rocambolesco doppio confronto con l’Olimpia di Asunción. Subentrato dopo poche giornate al portoghese Vitor Pereira, col suo stile burbero e passionale El Hombrecito ha come di consueto preteso rinforzi importanti come il centrocampista Allan (che conosce dai tempi dell’Atlético Mineiro) e l’esterno mancino ex-Lille Luiz Araujo. La rosa è nel complesso stellare, ma tutti gli allenatori che si sono avvicendati nelle ultime stagioni hanno dovuto fare i conti con uno spogliatoio difficile, anche per il peso dell’ormai leggendario quarteto offensivo formatosi nel 2019 e composto da Everton Ribeiro, De Arrascaeta, Bruno Henrique e Gabigol: i quattro si intendono a memoria e sanno produrre trame offensive ammalianti, ma condizionano pesantemente la fase difensiva della squadra e il loro status influenza le scelte degli allenatori nelle partite decisive, a discapito di alternative come Everton Cebolinha, Pedro e il giovane Victor Hugo.

Il rendimento altalenante rende decisamente improbabile che il Fla rientri in corsa per il titolo, e la sconfitta in finale di Copa do Brasil contro il San Paolo ha ulteriormente complicato la situazione del tecnico argentino, il cui addio a fine stagione (o prima) sembra ormai certo. Risultati a parte, alcuni episodi hanno lasciato trasparire come il suo rapporto con la squadra sia tutt’altro che idilliaco.

A luglio Arturo Vidal, durante la conferenza stampa di presentazione all’Athletico Paranaense dopo la risoluzione col Flamengo, ha definito Sampaoli “un perdente, che non sa apprezzare i propri calciatori”. Un paio di settimane dopo, al termine della partita contro l’Atlético Mineiro, il club ha dovuto licenziare il preparatore atletico Pablo Fernández per aver colpito con un pugno in faccia il centravanti Pedro, reo di aver interrotto il riscaldamento nonostante ci fosse ancora un cambio a disposizione.

La scorsa domenica, infine, dopo la citata sconfitta contro il San Paolo, Gabigol si è affacciato alla porta durante la conferenza stampa del tecnico avversario Dorival Jr. per mandargli un bacio affettuoso. Dorival non solo è l’allenatore con lui l’attaccante esplose ai tempi del Santos, ma ha anche guidato lo stesso Flamengo alla vittoria della Libertadores nella stagione passata, prima di essere stranamente esonerato a causa di un finale di campionato altalenante; il gesto di Gabi quindi andrebbe interpretato in chiave polemica nei confronti della dirigenza e, secondo alcuni, anche di Sampaoli.

Le altre inseguitrici

Al terzo posto troviamo il Grêmio, che puntando sull’eterno ritorno dell’idolo di casa Renato Gaúcho è riuscito a risalire immediatamente dopo la drammatica retrocessione del 2023. Renato ha disegnato una squadra più reattiva rispetto alle sue versioni passate, in grado di variare tra diversi sistemi di gioco mantenendo una certa fluidità posizionale e scommettendo sulle doti associative dei propri interpreti. Fondamentale in questo senso la permanenza di Luis Suárez - che sembrava intenzionato a raggiungere Messi a Miami: non solo per i 6 gol e 5 assist messi insieme fin qui, ma anche per il suo prezioso gioco di raccordo; da un mese a questa parte, poi, gli è stato affiancato l’ex-Cagliari João Pedro, arrivato in prestito dal Fenerbahçe.

A un solo punto dal Tricolor di Porto Alegre si trova il sorprendente Red Bull Bragantino. Con l’età media più bassa del campionato, il club dell’interior paulista sta scalando le gerarchie del calcio brasiliano tenendo fede ai principi di gioco della casa madre: in particolare spicca l’altissima intensità in fase di non possesso, come dimostra l'indice PPDA (passaggi concessi per azione difensiva) più basso del campionato. Col pallone, l'ordine posizionale della costruzione della manovra è abbinato a una tensione verticale che rende il Bragantino la prima squadra del Brasileirão per tiri totali, passaggi lunghi (il centrale difensivo Léo Ortiz è uno specialista assoluto in questo fondamentale), passaggi progressivi, tocchi in area avversaria e nell’ultimo terzo di campo e la seconda per cross, dribbling tentati e calci d’angolo.

In cambio della propria identità, del proprio logo e dei propri colori, in pochi anni il Bragantino si è guadagnato un posto stabile in Série A - fatto inedito nella sua storia - e chissà che non venga ricordato come pioniere di un nuovo calcio popolato da franchigie all’americana.

Chi forse non è riuscito a mantenere in pieno le aspettative generate dalla vittoria del campionato statale - primo trofeo nella carriera da allenatore di Fernando Diniz - è il Fluminense, frenato da una rosa non sufficientemente profonda per giocarsi campionato e Libertadores, dove naturalmente si concentreranno gli sforzi principali nella fase finale della stagione. L’elezione a tecnico ad interim della Seleção ha comunque certificato la bontà del lavoro di Diniz, che all’occorrenza si è dimostrato più flessibile di quanto non si dicesse, sorprendendo gli avversari con uno stile di gioco più “posizionale” per affrontare difese chiuse, con un’occupazione più rigida degli spazi e le ali a ricercare continuamente l’uno contro uno in ampiezza.

Nel cammino verso la Gloria Eterna, il Tricolor Carioca affronterà l’Athletico Paranaense, che da ormai un decennio riesce a galleggiare piuttosto stabilmente nelle zone medio-alte della classifica, e che nello stesso periodo si è tolto grandi soddisfazioni in competizioni parallele, come testimoniano i successi in Copa Sudamericana (2018 e 2021) e Copa do Brasil (2019) e la finale di Libertadores persa l’anno scorso. La rosa presenta un buon mix tra esperienza - Thiago Heleno, Vidal, Fernandinho - e gioventù, su cui spiccano il 10 argentino Bruno Zapelli, appena arrivato dal Belgrano, e soprattutto il centravanti classe ‘05 Vitor Roque, che la prossima estate sbarcherà a Barcellona e ha già sensibilmente migliorato la propria media-gol rispetto al 2022, scendendo da uno ogni 262’ a uno ogni 141’, per un totale di 11 quest'anno (senza rigori).

Ottavo in classifica, il Fortaleza sta vivendo la fase migliore della propria storia grazie alla perseveranza nel confermare la fiducia all’argentino Vojvoda, in carica ormai da più di due anni: un’eternità da queste parti. Lo scorso anno, nonostante un pessimo girone d’andata che sembrava condannare il Fortaleza alla retrocessione, la società ha avuto la forza di lasciare Vojvoda al suo posto ed è stata ripagata con un incredibile girone di ritorno da 40 punti.

A differenza della stagione passata, oggi il Leão do Pici riesce a gestire brillantemente i doppi impegni settimanali e, nonostante si appresti ad affrontare il Corinthians in semifinale di Copa Sudamericana, risulta incredibilmente primo nella classifica degli expected points del Brasileirão (calcolati da Wyscout sulla base degli expected goals prodotti e concessi) grazie anche a un calciomercato che ha intelligentemente ampliato le opzioni a disposizione.

Avere una rosa profonda è un presupposto essenziale per il gioco di Vojvoda: un gioco molto intenso che prevede continui attacchi alla profondità per disordinare le difese avversarie. In un contesto così verticale, a fare la differenza è un centrocampista d’ordine come Caio Alexandre: arrivato in prestito dai Vancouver Whitecaps nell’agosto del 2022, gestisce i ritmi della manovra a tutto campo, alternando sapientemente gioco corto e gioco lungo.

Chiude il gruppetto di inseguitori l’Atlético Mineiro, autore di una seconda stagione consecutiva anonima dopo il titolo del 2021, che interruppe un digiuno di 50 anni. Pesa il fisiologico calo del 37enne Hulk - che non gli ha impedito di segnare due gol su punizione da distanze impensabili - nonostante la rosa sia ricca di talenti come Paulinho, Pedrinho e Zaracho. Dopo l’eliminazione ai quarti di Libertadores contro il Palmeiras, l’obiettivo rimasto è la qualificazione per la prossima edizione. Per riuscirci in teoria servirebbe arrivare tra le prime sei, ma in base a quali squadre vinceranno la coppa nazionale e quelle continentali potrebbe bastare, nel migliore dei casi, anche un nono posto. E' quasi certo che Felipão Scolari si farà da parte a fine anno, dopo essere subentrato a Coudet a stagione in corso nonostante avesse annunciato che non avrebbe più allenato.

La lotta salvezza

Partendo dall’ultimo posto troviamo il Coritiba, che appare ormai spacciato ma ha deciso di dare un tocco esotico al proprio finale di stagione ingaggiando il centrocampista greco Andreas Samaris e gli attaccanti Jesé Rodríguez e Islam Slimani. Nelle ultime settimane ha invece dato qualche segno di vita l’América Mineiro allenato dall’argentino Fabián Bustos, che si trova davanti due grandi decadute. Una è il Vasco, che sembra in grado di risollevarsi grazie all’impulso dei nuovi acquisti: l’esperto bomber argentino Pablo Vegetti ha segnato 6 gol in 7 partite, il 21enne centrocampista mancino Bruno Praxedes sta finalmente trovando continuità di rendimento dopo alcune stagioni da talento incompiuto, mentre sta iniziando a entrare nelle rotazioni Dimitri Payet, il cui arrivo è stato accolto con enorme entusiasmo.

Il Santos, al contrario, naviga nella disperazione tra una società sommersa di debiti e una squadra che ha ottenuto solo due vittorie nelle ultime ventidue partite. L’arrivo del tutto inatteso di Alfredo Morelos potrebbe però fornire qualche opzione in più a un attacco che al momento dipende quasi totalmente dall’ennesimo Menino da Vila Marcos Leonardo, capace di segnare 9 gol pur giocando in un contesto caotico e deprimente.

In questo momento la squadra da recuperare per salvarsi sembra essere il Goiás, dato che gli investimenti della proprietà hanno aiutato il Bahia a tirarsi un po’ fuori dal pantano, con il recente arrivo in panchina di Rogério Ceni e acquisti di spessore come il terzino ex-Benfica Gilberto e l’attaccante esterno Rafael Ratão, arrivato per 2.5 milioni di € dal Tolosa. Il giocatore-chiave resta però Cauly, 28enne fantasista brasiliano cresciuto in Germania, che aveva trascorso le ultime tre stagioni al Ludogorets: elegante e creativo, è tra i migliori del campionato sia per expected assists, sia per dribbling riusciti (quasi 3 ogni 90’).

Poco più in alto, devono fare attenzione le tre grandi delusioni stagionali - almeno per quanto riguarda il campionato, dato che ognuna di loro può ancora “raddrizzare” la stagione alzando un trofeo. Il Corinthians è il caso più emblematico di quanto i dirigenti brasiliani adorino affidarsi all’atavica figura del “santone” per placare le crisi; figure mistiche, che con il loro carisma e il loro carico di successi - non importa quanto lontani nel tempo - riescono a mettere d’accordo gli interlocutori e imbonire il pubblico, almeno per un po’. Vanderlei Luxemburgo, chiamato in panchina lo scorso maggio, è uno dei migliori rappresentanti della categoria. Tra una conferenza stampa lisergica e l’altra, però, non è ancora riuscito a dare un’identità di gioco a una squadra che sembra costantemente appesa al talento infinito del 35enne Renato Augusto, il quale però a causa dei continui acciacchi ha raccolto solo nove presenze (cinque da titolare). Dati anche i recenti importanti arrivi del difensore Lucas Verissimo e del fantasista paraguaiano Matías Rojas, il livello della rosa sembra troppo alto per pensare che il Timão non riesca a salvarsi.

Discorso simile può valere per il San Paolo, che ha accolto il ritorno temporaneo di Lucas Moura - a fine anno si trasferirà al Los Angeles FC - in attesa che ritrovi la forma migliore anche James Rodríguez, già protagonista in negativo con il rigore decisivo calciato sopra la traversa nei quarti di Sudamericana contro la LDU di Quito. In rosa ci sarebbe anche Alexandre Pato ma, dopo il gol all’esordio, è scivolato ai margini della rosa.

Parlando di grandi acquisti, è impossibile non citare l’Internacional di Porto Alegre, che nell’ultima sessione è riuscito ad aggiudicarsi il centrocampista cileno Charles Aránguiz ed Enner Valencia, capocannoniere della scorsa Süper Lig turca; nonostante abbia già segnato quattro gol nella Libertadores, però, in campionato l’ecuadoriano è ancora a secco dopo otto presenze.

A pari punti con il Colorado troviamo, infine, il Cruzeiro e il Cuiabá, che sta sfidando tutti i pronostici nonostante il fatturato più basso tra le venti partecipanti. Il solo punto conquistato nelle ultime sei ha però sollevato un campanello d’allarme, giustificato anche dal fatto che l’unico giocatore ad aver segnato più di due gol è il centravanti Deyverson: noto principalmente per il carattere istrionico e il grande lavoro lontano dalla porta, in questa stagione è già arrivato a quota nove gol, tre dei quali di testa. Se il Dourado si salverà, nella capitale del Mato Grosso dovranno costruirgli una statua.


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