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Paul Pogba nel 2023
, 20 Settembre 2023
7 minuti

Chi ha incastrato Paul Pogba?


La sua carriera è un romanzo d’autore, e adesso si trova nel capitolo più complicato.

Nella vita basta veramente poco, nel calcio ancora meno di quel poco. Ci si può perdere per delle scelte forzate, o ancora per altre di cui si era fermamente convinti e che invece si rivelano assolutamente sbagliate. Ci si perde per errori, vizi, per essere semplicemente “fuori dagli schemi”. Perché si è costantemente alla ricerca della perfezione, quando del buono, anzi, dell’ottimo è già stato costruito. E ancora perché si rimane troppo legati ad un luogo e non si riesce a “scorgere” del bello anche in altro. Oggi vi raccontiamo la storia di Paul Pogba, un ragazzo che per la paura di non essere ricordato fra i “migliori”, si è perso definitivamente.  Senza volerlo, senza accorgersene, senza nemmeno sapersi spiegare il perché.

Pogba I

In quell’afoso luglio del 2012, Beppe Marotta lancia la canna e pesca Paul Pogba, tra le file di un Manchester United stizzito dal comportamento dello stesso “ragazzino”.

Sir Alex, che di talenti sotto gli occhi ne ha visti passare a bizzeffe, era tanto desideroso di trattenere il Principe dalle lunghe leve cresciuto nella periferia orientale di Parigi per integrarlo, in pianta stabile, in prima squadra. Non fu però possibile perché, come annunciato da un indiavolato Ferguson in conferenza, Il francese aveva già firmato da tempo per la Juventus. Lo avevano sedotto, amato, cresciuto, ma non l’avevano trattenuto.

Poco meno di 300 mila euro nelle casse dei Red Devils, poco più di 2 milioni nelle tasche dell’uomo mercato che viaggiava anni luce in anticipo rispetto agli altri (Mino Raiola), e aristocrazia calcistica pura per il centrocampo della Juventus. Paul Pogba era il nuovo che avanzava, un diamante che brillava di luce propria collocato fra il centrocampo e la trequarti, una spina nel fianco per le difese avversarie, che non avevano ancora ben compreso come si potesse fermare tutta quest’eleganza, raffinatezza, tecnica, potenza ed estro.

Pogba
Pogba eletto Golden Boy nel 2013. (Foto: Juventus FC)

Pogba era il sinistro al volo con palla che scende dai cieli contro il Napoli di Cavani, era l’elastico che nasconde tempo e pallone alla difesa nerazzurra, era il missile travolgente che spacca le mani di Padelli e la traversa dello Stadium. Era dribbling, cannonate, sforbiciate nei derby. Era look e pettinature rivedibili per alcuni, inimitabili per altri, evitabili per Max Allegri. Quel Paul Pogba aveva in mano tutto, forse anche il gradino più basso del podio dei migliori al mondo (in quel momento). Guardava le spalle di Leo Messi, Cristiano Ronaldo e pochissimi altri eletti. Gli bastava solo preservare tutto ciò che si era guadagnato, facendo parlare il campo.

Pogba II - Il ritorno

Invece giunse un‘altra estate, quella del 2016, quella successiva all’amarezza di Berlino e all’aver visto la squadra blaugrana più dominante del pianeta mettere mano sulle grandi orecchie proprio davanti a lui. Proprio nella notte in cui non gli venne fischiato un intervento dubbio in area, dopo uno dei suoi agganci spettacolari e dopo aver consumato dalle lacrime di chi non è riuscito ad incidere, una delle ultime casacche bianconere che pensava di aver indossato.

Quell’estate non è come le altre, è una di quelle in cui a Paul Pogba frulla nella testa qualcosa: per vincere deve migrare non troppo lontano da dove è arrivato. Per far sì che ciò accada, c’è bisogno ancora dell’impeccabile intermediazione di Raiola e della lungimiranza della Juventus (in questo specifico caso) nell’essere precorritrice del Moneyball secondo cui, degli 11 in campo, nessuno è realmente indispensabile alla vista di un assegno irrinunciabile.

Pogba
(Foto: Manchester United)

7 agosto 2016: il PogBACK si concretizza e diventa realtà. Il purosangue transalpino torna a vestire il rosso intenso dei Diavoli in cambio di ben 110 milioni di euro. É il trasferimento più costoso nella storia del nostro calcio fino a quel momento. Spazzati via CR7 e Bale, tutto il mondo si chiede se sta vedendo in azione il più forte centrocampista (o tuttocampista, vista la sua capacità di incidere a 360°) di sempre.

Nelle prime tre stagioni con la nuova/vecchia maglia i numeri, le giocate, i minuti trascorsi in campo parlano chiaro: Pogba è un giocatore fantastico anche al fianco di Josè Mourinho. In Premier, il suo United proprio non riesce a decollare, ma l’Europa finalmente inizia a sorridergli e nel 2017 ottiene la vittoria dell’Europa League ai danni di un Ajax in ascesa, mettendo a referto un goal in finale e dominando la competizione in lungo e in largo, tanto da giudicarsi il titolo di miglior giocatore di quest’ultima. Pogba è decisivo, non lo contieni.

Proprio quando è chiamato a prendere Manchester per mano e riportarla a frequentare l’Olimpo, iniziano gli incubi del francese. Schiena, caviglia, Covid, ancora caviglia, coscia e poi polpaccio. Per un totale di 431 giorni ai box e 71 partite lontane dal rettangolo di gioco nelle ultime 3 stagioni.

Allarme. Dov’è finita quella macchina perfetta che armonizza qualsiasi centrocampo? E’ stata solo una lunga, sfortunatissima parentesi della sua carriera, o il Paul Pogba di mezz’età è diventato un campione “in convalescenza”?

Pogba III Pog-back-back

Nella vita calcistica de La Pioche risulterà decisiva un’altra estate, quella del 2022. Stavolta è ancora giugno, però si tratta di un altro ritorno. Quello con la maglia bianconera che l’aveva fatto diventare grande, enorme, indistruttibile. Ancora un mancato rinnovo con lo United, che in questo caso aveva decisamente tentennato. Ancora dialoghi, ripensamenti, scelte del club juventino. E poi… la mano sul cuore davanti al J Medical che profuma di déjà-vu ed il 10 sulla schiena lasciato in eredità da un suo grande amico (Paulo Dybala) lasciano presagire che, alla fine, tutto è bene quel che finisce bene.

https://twitter.com/juventusfc/status/1545687046701944833?s=20

Pogba sembra pronto a lasciarsi alle spalle quella maglia rossa stregata che nasconde infortuni e oscuri ricordi e a ripartire fra le braccia della gente che l’aveva amato, rispettato e idolatrato. Il francese si vuole riprendere la Juventus e vuole riattaccarle lo scudetto addosso, proprio come fecero assieme quell’ultima volta, in quel tempo che sembra davvero troppo distante per essere reale. Ma c’è qualcosa di più: Paul vuole essere protagonista al Mondiale in Qatar e tornare a far ammattire la sua gente a suon di giocate con le lunghe leve. Per farlo deve riconquistarsi la fiducia di Didier Deschamps, che tra l’altro, sogna di averlo con sé nell’isola in cui il calcio non c’è.

Tutto è tornato in ordine, tutto sembra essere a posto. Tranne il menisco del francese che fa crack già agli inizi della tournée americana, nelle primissime settimane di agosto. Passa qualche ora e il francese, con il suo entourage, non ha dubbi: si sceglie la terapia conservativa e si evita di finire sotto i ferri ancora una volta. Obiettivo? Tornare al più presto in campo con Les Bleus e con la maglia bianconera. Risultato? 161' in stagione, intervento indispensabile, Mondiale mai neanche annusato e altro problema alla coscia che si aggiunge a quelli già ampiamente esistenti e preoccupanti.

Eppure la Juventus, quest’estate ha guardato negli occhi il suo principe e ci ha trovato quella voglia, quella fame, quella grinta già presente 11 anni fa. In quei 161' con la “solita” maglia, non ce n’era stato neanche 1 in cui non aveva smesso di brillare, in cui non era stato “porto sicuro” per gli altri 10 compagni. Era certamente troppo poco per giudicare l’operato stagionale di un calciatore, però sarebbe stato certamente un peccato “legittimo” giudicare il Pog-Back-Back notevolmente scadente. Ma la Juve si ferma, gli parla, si accorda e riparte con Paul al centro, sempre più motivato.

I post sui social che facevano pensare ad un fisico ormai apposto, un’altra estate passata ad immaginare cosa sarebbe potuta essere una Juve con Pogba titolare per 40 gare, i sogni di gloria, l’attesa di vederlo debuttare, i rimorsi per non averlo potuto osservare… si infrangono tutti, ancora, come sempre, fra quei documenti resi noti lo scorso 12 settembre in cui si può leggere fra le numerose righe che "Paul Labile Pogba sarebbe risultato positivo al testosterone"

Pogba IV - E ora?

Adesso non ci restano che delle controanalisi per salvare o dare definitivamente in pasto ai detrattori una delle carriere più strane nella storia del gioco che amiamo. Probabilmente, per alcuni sarà già abbondantemente tardi, per altri Pogba dovrebbe gettare via gli scarpini perché il fisico non gli regge più da tempo, per altri ancora invece, la Juventus dovrebbe crogiolarsi nell’errore di averlo rimesso sotto contratto e voltargli le spalle una volta per tutte.

Proprio nessun pensiero rivolto a come si possa sentire e a cosa possa sentire un ragazzo inerme di fronte a questa situazione. Nessun rispetto per un calciatore in grado di vincere tanto già dalla tenerissima età. Nessuna vicinanza per quello che improvvisamente, nel bel mezzo della sua carriera, si è trovato ad affrontare. Come uno tsunami che spazza tutto indistintamente. Come un supereroe a cui vengono revocati i superpoteri. Paul si è perso non per sua volontà. Si è perso quando ha visto le certezze sgretolarsi di fronte a sé.

Potrebbe essere stata la bellezza che aveva elargito a Torino. Lo status di Golden Boy in campo e di ragazzo d’oro, buono, pacato che si era guadagnato da chi andava oltre collane e capigliature. Potrebbero essere stati i ritorni, i contro-ritorni, i ferri, le operazioni, le analisi, le contro-analisi. Potrebbero essere stati i 110 milioni o l’anima buona di Mino Raiola che l’avrebbe difeso di fronte a qualsiasi attacco spregiudicato, talvolta anche esagerando. Potrebbe essere stati i suoi compagni o il suo modo di chiedere troppo alle giocate. Quando gli riuscivano con estrema naturalezza, lo facevano sorridere anche mentre danzava sulla sfera. Potrebbero essere stati Antonio Conte o Max Allegri, Sir Alex Ferguson e chissà anche Jose Mourinho. Potremmo essere stati persino noi, tifosi e seguaci di questo sport, a far perdere Paul Pogba.

Ciò che non dobbiamo assolutamente dimenticare però, è il fatto di essere stati testimoni di un giocatore “spettacolare” per antonomasia. Un giocatore talentuoso per dono e forte per dedizione. Paul Pogba resta patrimonio del calcio del nostro tempo. E solo per questo, andrebbe preservato.


  • Studente di Comunicazione pubblica e d’impresa. Italiano di sangue e cibo. Amante della Rossa, del calcio e del tennis. Con la pallina gialla ci ha anche giocato, poi ha capito che fosse meglio scriverci su.

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