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Considerazioni sparse post Braga-Napoli (1-2)


Il Napoli inizia la Champions League con una vittoria. Le buone notizie per Garcia però finiscono qui.

- Le brutte gare contro Lazio e Genova, e le polemiche scaturite nel post gara - a partire dall'insofferenza di Kvaratskhelia - hanno creato una situazione già incandescente, nonostante sia ancora settembre: un risultato diverso dalla vittoria non era contemplato;

- Il Napoli viene via da Braga con quello che cercava, ovvero i primi tre punti nel girone di Champions. Le buone notizie per Garcia, però, finiscono qui: il Napoli parte con la giusta aggressività, creando più di un'occasione che solo un provvidenziale Matheus - migliore dei suoi nel primo tempo - ha impedito si trasformassero in gol, ma le palle gol arrivano solo grazie a episodi che l'inerzia della gara ha fatto pendere a favore degli azzurri. Della brillantezza, della fluidità di gioco, della facilità di calcio dello scorso anno, non è rimasta traccia;

- Il Napoli manca forse anche di fiducia in sé stesso e, consapevole dei propri limiti, nel secondo tempo si adagia sul vantaggio finalmente arrivato a fine primo tempo, quando Di Lorenzo riesce a spezzare l'incantesimo che protegge la porta dei portoghesi. Così facendo però finisce per concedere lentamente campo e coraggio ai suoi avversari, che si affacciano sempre più spesso dalle parti di Meret, prendendo fiducia e trovando il pari sfruttando una cattiva gestione di palla da parte di Ostigard, subentrato all'infortunato Rrahmani;

- Il Braga resta un avversario modesto, che finisce per farsi male da solo con Niakaté, incolpevole match winner del Napoli. Una rete che salva i partenopei, tirandoli fuori da una situazione difficile dalla quale probabilmente non ne sarebbero mai usciti da soli. Di certo non lo avrebbero fatto con le manovre macchinose viste nella seconda frazione di gara;

- Una partita che è solo un mero palliativo per gli azzurri, che continuano ad essere una squadra sofferente e in crisi di identità: la palla gira con una lentezza inconsueta e a tratti snervante, manca la riaggressione immediata ad ogni pallone perso, mancano i colpi di genio di Kvaratskhelia, persino Osimhen sembra avere le polveri bagnate. Manca soprattutto un'idea su cosa voglia essere, davvero, questo Napoli: Garcia, come ogni allenatore, non ha bacchette magiche e ha bisogno di tempo, una merce che però deve anche guadagnarsi più di quanto non stia facendo.


  • Nato per puro caso a Caserta nel novembre 1992, si sente napoletano verace e convinto tifoso azzurro. Studia Medicina e Chirurgia presso l'Università degli studi di Napoli "Federico II", inizialmente per trovare una "cura" alla "malattia" che lo affligge sin da bambino: il calcio. Non trovandola però, se ne fa una ragione e opta per una "terapia conservativa", decidendo di iniziare a scrivere di calcio e raccontarne le numerose storie. Crede fortemente nel divino, specie se ha il codino.

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